Gustav Kulke war zu Kaisers Zeiten
ein berittner Schutzmann in Berlin.
Gustav durfte durch die Straßen reiten
und am Ersten Mai den Säbel zieh'n.
Gustav ritt die schneidigsten Attacken.
Manche Schwarte hat er abgepellt.
Grimmig kriegte er den Feind zu packen,
denn er war ein Preuße und ein Held.
Kam sein Kaiser in die Ordenswochen,
war für Gustav auch ein Blech dabei.
Dieses ward ihm dankbar angestochen
von dem Präsident der Polizei.
Aber ach, sein Kaiser kam abhanden.
Gustav Kulke wurde abgebaut.
Zähneknirschend stand er nun am Branden-
burger Tor und räsonierte laut.
Gustav kaufte eine Bierbudike
in der Krümelstraße Nummer drei.
Und er fluchte auf die Republike
und die schlappe grüne Polizei.
Ach, und immer, wenn der Erste Mai kam,
putzte er sein Polizistenschwert.
Und bei jeder Fahne, die vorbeikam,
scharrte er wie ein Soldatenpferd.
Gustav spülte seinen Kummer runter.
Aber Gustav spülte allzuviel.
Und auf einmal war er nicht mehr munter
und begab sich auf den Sterbepfühl.
Eines Tags, schon wollte seine Seele
still entflieh'n - es war der Erste Mai -,
da vernahm er preußische Befehle.
Durch die Straßen schoß die Polizei.
Gustav ging ein Ruck durch alle Glieder,
als er morgens in die Zeitung sah.
Gustav sprach: Nun kommt mein Kaiser wieder!
Denn der Preußengeist ist wieder da!
Gustav ließ sich seinen Säbel reichen,
griff noch einmal um den Messingknauf,
schlug aufs Bett und gab mit einem weichen
Lächeln seinen Polizeigeist auf.
ein berittner Schutzmann in Berlin.
Gustav durfte durch die Straßen reiten
und am Ersten Mai den Säbel zieh'n.
Gustav ritt die schneidigsten Attacken.
Manche Schwarte hat er abgepellt.
Grimmig kriegte er den Feind zu packen,
denn er war ein Preuße und ein Held.
Kam sein Kaiser in die Ordenswochen,
war für Gustav auch ein Blech dabei.
Dieses ward ihm dankbar angestochen
von dem Präsident der Polizei.
Aber ach, sein Kaiser kam abhanden.
Gustav Kulke wurde abgebaut.
Zähneknirschend stand er nun am Branden-
burger Tor und räsonierte laut.
Gustav kaufte eine Bierbudike
in der Krümelstraße Nummer drei.
Und er fluchte auf die Republike
und die schlappe grüne Polizei.
Ach, und immer, wenn der Erste Mai kam,
putzte er sein Polizistenschwert.
Und bei jeder Fahne, die vorbeikam,
scharrte er wie ein Soldatenpferd.
Gustav spülte seinen Kummer runter.
Aber Gustav spülte allzuviel.
Und auf einmal war er nicht mehr munter
und begab sich auf den Sterbepfühl.
Eines Tags, schon wollte seine Seele
still entflieh'n - es war der Erste Mai -,
da vernahm er preußische Befehle.
Durch die Straßen schoß die Polizei.
Gustav ging ein Ruck durch alle Glieder,
als er morgens in die Zeitung sah.
Gustav sprach: Nun kommt mein Kaiser wieder!
Denn der Preußengeist ist wieder da!
Gustav ließ sich seinen Säbel reichen,
griff noch einmal um den Messingknauf,
schlug aufs Bett und gab mit einem weichen
Lächeln seinen Polizeigeist auf.
Contributed by Dead End - 2012/8/14 - 10:55
Nel 1935 i nazisti ordinarono ai prigionieri del campo di concentramento di Lichtenburg di preparare uno spettacolo per celebrare il compleanno di Hitler. Uno dei detenuti, l'avvocato ebreo Hans Achim Litten, che ad Hitler si era opposto fieramente in ogni aula di tribunale prima di essere arrestato nel 1933, partecipò all'evento interpretando la canzone Die Gedanken sind frei, incurante delle eventuali conseguenze del suo gesto...
Pare tuttavia che i nazisti nemmeno capirono la provocazione...
Litten fu poi comunque trasferito e Buchenwald e quindi a Dachau, dove fu ucciso nel 1938.
Dead End - 2012/8/14 - 11:24
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Parole di Erich Weinert
Musica di Hanns Eisler, sulla melodia della popolare “Der Mai ist gekommen”
Karl Friedrich Zörgiebel (1878-1961) era un politico socialdemocratico che, negli anni immediatamente precedenti all’avvento del nazismo, fu capo della polizia di Berlino. Nel 1929, quando il clima era già molto teso e quasi ogni giorno accadevano scontri violenti tra i nazisti membri del NSDAP (Nationalsozialistischen Deutschen Arbeiterpartei) e i militanti comunisti, Zörgiebel pensò bene di vietare anche la manifestazione del 1° maggio che a Berlino si teneva ogni anno ininterrottamente dal 1889. Il corteo – ovviamente – si tenne lo stesso e Zörgiebel ordinò ai suoi poliziotti di reprimerlo, cosa che quelli fecero con la brutalità che spesso contraddistingue la polizia di ogni angolo del mondo, di ogni regime, in ogni epoca: 33 morti e centinaia di feriti tra i manifestanti ed i semplici spettatori, decine di persone arrestate ed incriminate per adunata sediziosa, devastazione e saccheggio.
La difesa degli imputati fu assunta da un comitato di intellettuali guidato dall’avvocato ebreo Hans Achim Litten e costituito da personalità eminenti come gli scrittori Alfred Döblin ed Heinrich Mann ed il giornalista e pacifista Carl von Ossietzky. Litten era stato anche un testimone diretto della carneficina, avendo partecipato al corteo ed essendo stato a sua volta picchiato da un poliziotto mentre raccoglieva testimonianze dell’accaduto, benchè si fosse chiaramente identificato come avvocato. Litten accusò Zörgiebel di aver dato ordini illegali e criminali alla polizia e di aver agito solo per un tornaconto politico e non per motivi di ordine pubblico. Ovviamente la strategia difensiva di Litten non ebbe successo. Eppure lui non si diede per vinto e continuò anche negli anni successivi, attraverso le sue arringhe – arrivò addirittura a citare in giudizio Hitler nel 1931 - a denunciare il fascismo crescente, il terrore nazista e la concreta minaccia dell’esplosione di una guerra civile o di una sanguinaria dittatura.
Nessuno pagò per i 33 morti del “Blutmai”, il maggio di sangue del 1929.
Hitler salì al potere nel 1932.
Litten fu arrestato l’anno seguente nel corso della repressione seguita al rogo del Reichstag. Fu ripetutamente picchiato e torturato e venne poi ucciso nel 1938 nel campo di sterminio di Dachau.
Carl von Ossietzky subì la stessa sorte, anche se nel 1935 era stato insignito del premio Nobel per la pace: pure lui morì nel 1938 a causa del trattamento subìto in prigionia.
Alfred Döblin ed Heinrich Mann fuggirono esuli all’estero.
Karl Friedrich Zörgiebel continuò a fare il dirigente di polizia anche dopo la fine della guerra e morì nel suo letto, circondato dall’affetto dei suoi cari, nel 1961.