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Οἱ γειτονιὲς τοῦ κόσμου

Spyros Samoïlis / Σπύρος Σαμοΐλης
Langue: grec moderne


Spyros Samoïlis / Σπύρος Σαμοΐλης

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I ghitoniès tou kosmou
Στίχοι: Γιάννης Ρίτσος (1949 - 1951, Πρώτη έκδωση 1957)
Μουσική: Σπύρος Σαμοΐλης
Πρώτη εκτέλεση: Νίκος Περγιάλης
LP « Οἱ γειτονιὲς τοῦ κόσμου», 1977

Testi di Yannis Ritsos (composti dal 1949 al 1951, prima ed. 1957)
Musica di Spiros Samoìlis
Prima esecuzione di Nikos Perghiàlis
LP « I ghitoniès tou kosmou/I quartieri del mondo», 1977


« Οἱ γειτονιὲς τοῦ κόσμου», cioè «I quartieri del mondo», non solo per la dimensione sono un cospicuo poema, che Yannis Ritsos compose lentamente nel corso di due anni angosciosi, durante i quali si trovò dapprima ristretto nel famigerato campo di concentramento allestito sull'isola di Makronissos e deportato poi in quello di Ai-Stratis. Per quanto inadatto e poco propenso a portare le armi, Ritsos - comunista fin dagli anni Trenta - non era stato in disparte nel decennio orribile che va dal 1940 al 1949, e che vide prima l'occupazione italo-bulgaro-tedesca e poi la guerra civile. Aveva dato il suo contributo di poeta, attore, drammaturgo e semplice cronista di strada; come i suoi concittadini e i suoi compagni, aveva patito la fame, la malattia, la paura: ma anche si era nutrito dell'esaltazione di contribuire a una lotta giusta, necessaria e ritenuta decisiva per il riscatto del suo piccolo popolo antico e sempre oppresso da tirannidi esterne o interne: popolo misero e affamato, ma fiero, e capace di grandi slanci sia di odio sia di amore. Popolo-emblema, popolo-cavia ancor oggi: quello che faranno ai Greci - sempre ce lo ripete il nostro Marco Valdo V.I. - lo faranno anche agli altri. In quegli anni di lotte, nell'oscuro lavorio clandestino e come testimone delle battaglie a viso aperto, aveva conosciuto la fratellanza tra i compagni e tra i compagni e il loro popolo; e anche di questa egli si nutriva e nutriva la sua poesia.
Un tema, quello della fratellanza, ben presente anche nella "Cantata per Makronisso" e nella "Pignatta affumicata" ma nei "Quartieri del mondo" lo sguardo si allarga, trascendendo l'ambito personale; la rappresentazione della diuturna lotta assume un respiro corale e il filo del discorso si allunga fino ad avvolgere il mondo.
Erano anni quelli, in cui l'esistenza dell'Unione Sovietica e l'eroico sforzo prodotto dai suoi popoli per ricacciare e schiacciare il nazismo bastavano a dare speranza al secolare sogno di giustizia di milioni di "damnés" e di "olvidados" della Terra e a muovere al canto i Pablo Neruda , i Louis Aragon, i Nazim Hikmet. Oggi è assai facile guardare a quegli anni e a quelle passioni, dominati dalla sinistra ombra di Giuseppe Stalin, con tutta la riprovazione e l'avversione che solo una minoranza, tra i rivoluzionari del mondo, già allora aveva saputo elaborare. Ma, mettendosi in moto come masse sul terreno politico, quasi tutti i proletari del mondo avevano per stella polare quella rossa stella posatasi nel 1918 sulla cuspide più alta del Cremlino. Oggi può essere facile leggere il Ritsos di quegli anni, quello che in catene e nella quotidiana incertezza di vedere sorgere non il sole dell'avvenire, ma semplicemente quello del giorno dopo, raccoglie dalla memoria ancora rovente tanti spunti poetici da farne un poema intero: e sentenziare quindi che il poema è prolisso, che la scrittura non è abbastanza studiata, che prevale l'ideologia, che si tratta di un "opus oratorium maxime", tanta è la cronaca, la partigianeria e la declamazione di cui è intriso, eccetera eccetera. Ma poi basta leggere - e si leggono d'un fiato - le sue 137 pagine per contrarre la sensazione indelebile di avere noi stessi partecipato a quelle lotte, con gli stessi sogni e gli stessi miti, le stesse speranze e le stesse paure, gli stessi odi e lo stesso amore di chi davvero le combatté: soprattutto l'amore per la vita, per l'umanità umiliata, per la luce, per la vegetazione che erompe, per la sigaretta condivisa, per il canto, la poesia, la giustizia, la dignità.
C'è un nucleo purissimo nei versi immaginosi di Ritsos che nessuna atrocità di Stalin o porcheria del socialismo realizzato riesce neppur oggi a sporcare.
In ogni buona poesia che si sia misurata con la storia ci sono sempre nuclei purissimi che vanno al di là della storia stessa. Si faccia avanti qualcuno che non legge Dante perché non riesce a condividere la sua ideologia imperiale, la sua teologia, la sua filosofia, la sua partigianeria, la sua inclinazione didascalica e perché non gliene importa una sega dei nomi di miriadi di illustri sconosciuti come Ciacco o Mosca dei Lamberti. Si faccia avanti, perché ben volentieri lo tratterei per quel gran bischero che sarebbe. Gli farei semplicemente notare che anche Firenze valeva per il Fiorentino come un "quartiere del mondo".
La materia del poemetto tocca, dal punto di vista storico, la Resistenza, la ritirata dei Tedeschi, l'arrivo dei tank Inglesi, le Dekemvrianà , la guerra civile con l'invettiva contro John, il britannico pilotato da Churchill, e contro Tom, l'americano che ne ha preso il posto. Ansimiamo con gli stessi i respiri dei combattenti, e il nostro polso batte all'unisono con le loro pulsazioni: quelle di Alekos, di Pavlìs, di Vanghelis, che viene ucciso il 3 febbraio 1943, il giorno dopo la vittoria di Stalingrado, di sua madre, la Kirà Leni, e della zia Kalìs che cadono poi durante la guerra civile; esultiamo nel giorno della provvisoria liberazione del 12 ottobre 1944, ci battiamo ancora una volta a Kessarianì nelle Dekemvrianà, ripercorriamo gli orrori, i tradimenti, le prigionie, le uccisioni. Risentiamo e ci uniamo al canto che inneggia alla "laokratìa" , il potere popolare. E sentiamo pure noi un gran vento che soffia, che raggela i tiranni, che grazie ai poeti diventa voce dei popoli, e che apre le porte del futuro.
Al poemetto attinsero, per le loro musiche, sia Mikis Theodorakis (vedine alcune qui), sia il meno noto, ma attivissimo compositore e pittore Spiros Samoìlis, corfiota. Pure quella di Samoìlis è un'opera assai più che degna. Non per niente è stato allievo di Theodorakis e di Leondis: due musicisti che, con Mikroutsikos, hanno profondamente "sentito" la musica della poesia dell'autore di "Epitafios ", di "Romiosini" , delle "18 canzonette della patria amara ", insomma: di questo dirompente e insostituibile patrimonio di ogni umanità chiamato Yannis Ritsos. (gpt)
1) Τοῦτο τὸ καλοκαίρι

Τοῦτο τὸ καλοκαίρι, σὰν καὶ πέρσι μᾶς ἧρθε θυμωμένο.
Εἶναι βαρὺ τὸ σακκὶ τοῦ ἥλιου στὴν πληγιασμέμη ράχη.
Κι οἱ καρποὶ μὲς ἀπ’ τὰ φύλλα δείχνουν σφιγμένες τὶς γροθιές τους.
Δὲν ξέρεις κὰν τί μήνας εἶναι.
Κανένας δὲν ὄργωσε φέτος, κανένας δὲν ἔσπειρε.
Δὲν ξέρεις κὰν τί καιρὸ κάνει.
Τὸ καλοκαίρι ἔχει χάσει τὸ δρόμο του ἀνάμεσα στοὺς σκοτωμένους
κι οἱ Ἐποχὲς κάθονται ἀμίλητες μὲς στὸ βομβαρδισμένο δάσος.


2) Πικρὸ πρωινό

Πικρὸ πρωινὸ μέσα στὸ ντουφεκίδι. Πικρὸ τὸ ψωμί.
Καθόλου ψωμί. Πικρό τὸ στόμα.
Τὸ τσακισμένο ἀξούριστο ἀπόγευμα. Πενήντα σκοτωμένοι.
Κανένας δὲν ἤθελε νὰ πεθάνει. Κι εἴταν ἀνοιξιάτικο Σαββατόβραδο.


3) Ἐρχόταν ἡ Ἄνοιξη

Ἐρχόταν ἡ Ἄνοιξη -
καθόταν στὸ σκουριασμένο ντεπόζιτο τῆς αὐλῆς μας
καὶ κουνούσε τὰ πόδια της.
Κι εἶταν ἕνα χαμόγελο στὸν ἀέρα,
ἕνα μεγάλο παράνομο χαμόγελο,
ἀντιφεγγίζοντας ἀπὸ μάτια σὲ μάτια,
ἀντιφεγγίζοντας ἀπὸ στόμα σὲ στόμα -
Ἐτοῦτο τὸ χαμόγελο τοῦ προλετάριου.
Ἕνα παράνομο χαμόγελο
ἀντιφεγγίζοντας ἀπὸ μάτια σὲ μάτια,
ἀπὸ στόμα σὲ στόμα, ἀπὸ ὄνειρο σὲ ὄνειρο -
ἕνα παράνομο χαμόγελο, σιωπηλό,
πιὸ σιωπηλό ἀπ’ τὸ σπίρτο ποὺ ἀγγίζει τὸ φιτίλι.
Ἐτοῦτο τὸ χαμόγελο τοῦ κόσμου.


4) Φοιτηταριό

Μὰ κιόλας τὸ μουρλὸ φοιτηταριὸ μελισσολόγαγε στοὺς δρόμους καὶ στὰ στάδια,
σφεντονίζοντας μὲ μεγάλες χειρονομίες τὰ καπέλα του στὸ μέλλον,
ξεβουλώνοντας στὶς πλατεῖες μεγάλες μποτίλιες σφραγισμένα ὄνειρα,
παλεύοντας σῶμα μὲ σῶμα μὲ τὰ παλιὰ ἀγάλματα καὶ μὲ τοὺς ἀστυφύλακες,
ἀνεβοκατεβαίνοντας τὶς σκάλες τοῦ Χημείου,
σφίγγοντας τὸν ἐνθουσιασμό τους μὲς στὰ δόντια τους,
παίζοντας καρπαζιὲς μὲ τὸ θάνατο σὲ κάθε βῆμα καὶ γελώντας,
σφίγγοντας τ’ αὔριο μὲς στὶς φοῦχτες τους
πιὸ δυνατὰ ἀπ’ τὸ κατσαρόλι τοῦ συσσίτιου.


5) Ἄλλαξαν οἱ καιροί

Ἄλλαξαν, μάτια μου, οἱ καιροί· - δεκάχρονα παιδιά
κρατᾶνε τὸ ντουφέκι καὶ πολεμᾶνε γιὰ τὸν κόσμο,
[πιὸ σωστὰ πράματα κι ἀπ’ τὸ βαγγέλιο γράφουν οἱ προκήρυξες]
κι οἱ γριὲς κουβαλᾶνε σφαῖρες καὶ παράνομο τύπο μὲς στὰ ξεθωριασμένα τους φουστάνια,
κουβαλᾶνε τὸ μέλλον στ’ ἀχαμνὰ τους χέρια
τόσο ἐλαφρά, τόσο εὔκολα καὶ σίγουρα
ὅπως κουβαλᾶνε ἕναν κουβὰ νερὸ τὸ λιόγερμα γιὰ νὰ ποτίσουν τὰ λουλούδια (τους).


6) Περπάτα

Δὲν ἔχουμε καιρὸ νὰ πεθάνουμε. Ὄχι. Ὄχι.
Καὶ δὲ θὰ φύγουμε ἀπ’ τὸν κόσμο - νὰ τὸ ξέρεις -
πρὶν ἀγαπήσουμε ὅσο ζητᾶ ἡ καρδιά μας
πρὶν τραγουδήσουμε ὅσο ζητᾶ ἡ ἀγάπη.
Περπάτα. Περπάτα. Περπάτα.
Ποιὸς εἶπε πὼς δὲν ἀγαπούσαμε τὴ ζωή;
Ποιὸς εἶπε πὼς δὲ λογαριάζαμε τὸ θάνατο;
Ἐμεῖς ὅταν βλέπαμε ἕνα φύλλο νὰ σκάει
εἴτανε σὰ νὰ βάζαμε τ’ αὐτί μας στὴν καρδιὰ ἑνὸς φίλου μας ποὺ κοιμάται
σὰ νὰ στηθοσκοπούσαμε τὸν κόσμο. Περπάτα.


7) Φτάνει νὰ μὲ λὲς σύντροφο

Φτάνει νὰ μὲ λὲς σύντροφο – σύντροφο,
καὶ τότε τὸ φῶς θὰ μυρίζει
ὅπως μυρίζει τὸ πρωινὸ τὸ γάλα
στὸ φτωχόσπιτο τῆς γειτονιᾶς.

Φτάνει νὰ μὲ λὲς σύντροφο – σύντροφο,
καὶ τότε θὰ κρατᾶμε τὴν πληγή μας
τρυφερὰ στὰ δυὸ μας δάχτυλα
καὶ θὰ χαμογελᾶμε.

Καὶ θὰ χαμογελᾶμε σὰν νὰ κρατᾶμε
ἕνα κόκκινο τριαντάφυλλο
στὸ πρώτο ραντεβοῦ μας
μὴ τῆ λευτεριά – λευτεριά.


8) Γειὰ σοῦ σύντροφε

Ἄ, ἐκεῖνοι οἱ ἀτέλειωτοι δρόμοι,
γειὰ σου σύντροφε, τὸ μεσημέρι, ναί, στη γωνιά.
Τρέχαμε, τρέχανε οἱ προκηρύξεις,
τρέχαμε, τρέχανε, τρέχαν τὰ τραμ.

Ἄ, ἐκεῖνοι οἱ ἀτέλειωτοι δρόμοι,
γειὰ σοῦ σύντροφε, τὸ μεσημέρι, ναί, στὴ γωνιά.
Μερμύγκιαζε ἡ Καισαριανή
ἀπὸ τὶς λαϊκές σημαῖες.
Ἕνα μεγάφωνο στὶν πλατεῖα,
τὸ ἀνακοινωθὲν τοῦ ΕΛΑΣ.


9) Βασανισμένες γυναικούλες

Βασανισμένες γυναικούλες μπροστὰ στὸ συρματόπλεγμα
γυρνᾶνε τὸ σούρουπο στὴ γειτονιά (του κόσμου). Τὰ μαῦρα τους φουστάνια
σέρνουνται στὸ χῶμα ὅπως σέρνεται ἡ σπασμένη φτερούγα τοῦ χελιδονιοῦ,
μέσα στὶς τσέπες τῆς ποδιᾶς τους κάθουνται τὰ χέρια τους λιωμένα ἀπ’ τὶς μπουγάδες
κάθουνται σὰ δυὸ μικρὰ παιδιὰ μαλωμένα
καὶ μελετᾶνε [τὴ ζωή], μελετᾶνε τὸν κόσμο
μελετᾶνε [μιὰν ἐκδικηση,] μιὰν εὐτυχία, [λίγη] (τὴν) λευτεριά.


10) Αὐτὸς ὁ άνεμος

Ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν
πῶς τραγουδάει αὐτὸς ὁ άνεμος,
ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν
στὰ στόμια τῶν ἀνθρακωρυχεῖων.

Στὶς μπαμπακοφυτεῖες τῆς Νότι’ Ἀμερικής,
στις συνοικίες τῆς Βαρσοβίας,
τῆς Πράγας καὶ τῆς Ἀθήνας,
στὸ Πεκίνο, στὶς φυτεῖες τοῦ ρυζιού.

Ἀκοῦστε τόν – ὰκούστε τόν – ἀκοῦστε τόν
πῶς τραγουδάει αὐτὸς ὁ άνεμος,
ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν – ἀκοῦστε τόν
στὰ στόμια τῶν ἀνθρακωρυχεῖων.

Στὸ μετρὸ τοῦ Παρισιοῦ καὶ στὶς πλατεῖες τῆς Ρώμης,
στὴ Βουδαπέστη, στὴ Σόφια, πάνω στὸ Βουκουρέστι.

Ἐτοῦτο τὸ τραγοῦδι ποὺ τὸ παῖζει ὁ Σοστάκοβιτς
ἀπάνω στὰ χαλύβδινα τὰ πλῆκτρα τοῦ φράγματος τῆς Κανχόνκα
κι ὁ Ρόμσον τὸ τραγουδάει στὶς συνοικίες τῶν νέγρων
κι ὁ Νερούντα τὸ φωνάζει
πάνω – πάνω – πάν’ ἀπὸ τὰ δάση
μὲ τοὺς ξυλοκόπους.

Κι ὁ Ναζίμ τὸ λέει στοὺς ἀπεργοῦς ναυτεργάτες,
κι ἐγὼ τὸ τραγουδάω, συντρόφια μου
μέσα – μέσα – μέσ’ ἀπὸ τ΄ἀντίσκηνο
τοῦ Ἄη – Στράτη.


11) Μᾶς σκοτώνουν κάθε μέρα

Οἱ σκοτωμένοι ξεκουράζονται κάτου ἀπ’ τὸ χῶμα,
μὰ ἐδῶ, πάνου ἀπ’ τὸ χῶμα μᾶς σκοτώνουν κάθε μέρα,
σκοτώνουν κάθε μέρα τὴν ἐλπίδα μας
σκοτώνουν κάθε μέρα στὸ κατώφλι μας τὸ φῶς
καὶ τὴ μικρὴ γαλήνη τοῦ στρωμένου τραπεζιοῦ
καὶ τὸ φιλὶ ποὺ κλάει στὴν ἄκρη τῶν χειλιῶν μας
κι ἀκόμα δὲν μποροῦμε νὰ πεθάνουμε -
δὲν μποροῦμε.


12) Ἄν νιώθεις τα κότσια σου

Ἄν νιώθεις τὰ κότσια σου μεῖνε στὶς γραμμές μας,
ἄν νιώθεις τὸ καθῆκον σου πράξε τὸ μαζὶ μᾶς
- εἶναι χιλιάδες τὰ ἄστρα μέσα μᾶς
πρέπει νὰ γίνουν δικά μας -
Ἐδῶ τὰ μάτια εἶναι αὐστηρά
-πόλεμο κάνουμε -
ἐδῶ ἡ ἀγάπη εἶναι ντυμένη τ' ἄρματα - δὲ λέει τ' ὄνομά της .
Αὔριο μπορεί - μὰ τῶρα ἔχουμε πόλεμο
- θέ μου, τὶ ἀπέραντος ποὖνε ὁ κόσμος.


13) Μαγιακόφσκι

Ἄ, Μαγιακόφσκι, Μαγιακόφσκι, τρέξε, τρέξε, πρόφτασε -
πῶς νὰ τὸν πεῖ κανείς μονάχος του τοῦτον τὸν ἄνεμο
ντελάλης μὲ ντελάλη, σάλπιγγα μὲ τύμπανο, ντελάλης,
ἕνας ντελάλης ὄρθιος στὴν κορφὴ πανύψηλου βουνοῦ χειρονομεῖ, φωνάζει,
κραυγάζει ἕνα χαρούμενο ἄγγελμα στὸν κόσμο - πνίγεται ἀπὸ τὴ χαρά του, λαχανιάζει
χειρονομεῖ, φωνάζει, κλαίει,
ο ἄνεμος παίρνει τὴ φωνή του - δὲν ἀκούγεται -
χρειάζονται χιλιάδες στόματα μαζί, χιλιάδες σάλπιγγες - φωνάζει
δίνει σινιάλα μὲ τὰ χέρια του, ἀνεμίζει
ἕνα μεγάλον οὐρανό, ἕνα σύγνεφο, μιὰ κόκκινη παντιέρα,
ὁ ἄνεμος μπλέκει τὶς χειρονομίες του - δὲν ξεχωρίζουν τὰ σινιάλα,
οἱ ἄνθρωποι κλαῖνε ἀπ’ τοὺς νεκρούς - δὲν καλοβλέπουν
ὁ ἄνεμος τοὺς στεγνώνει τὰ βρεγμένα τσίνορα· - λάμπουν τὰ μάτια του,
ὁ ἄνεμος τινάζει πίσω τὸ σακκάκι του σημαῖα
φουσκώνει τὸ πουκάμισό του σὰν πανὶ καραβιοῦ μεσοπέλαγα
ἀναστατώνει τὰ μαλλιά του σὰν τὸ καπνὸ τοῦ καραβιοῦ πού σφιρίζει σιμώνοντας τὸ μέγα λιμάνι
ἐνῶ τὸ φῶς ἀνεβαίνει ἀπ’ τὰ τέσσερα σημεῖα τοῦ ὁρίζοντα
κι οἱ σάλπιγγες σημαίνουν ἐγερτήριο στὴν Κόκκινη Πλατεία τῆς Μόσχας
κι οἱ λαοὶ ἀνεμίζουν τὶς σημαῖες τους στὶς προκυμαῖες.
Ἄ, τρέξε Μαγιακόφσκι νὰ τὸν πούμε αὐτὸ τὸν ἄνεμο.
Τρέξε, Σικελιανέ, τρέξε Ἀραγκόν, τρέξε Νερούντα
τρέξε Ναζὶμ Χικμὲτ νὰ τραγουδήσουμε τοῦτον τὸν ἄνεμο.

envoyé par Gian Piero Testa - 8/8/2012 - 16:38



Langue: italien

Versione italiana di Gian Piero Testa


Metto tra parentesi quadre le poche omissioni rispetto al testo originale, e in parentesi tonde le aggiunte. Poiché alla prima incisione discografica partecipò lo stesso Ritsos come voce recitante, è da presumere che le une e le altre siano state "autorizzate" (gpt).
I QUARTIERI DEL MONDO



1) QUESTA ESTATE

Questa estate, come l'anno scorso ci è giunta piena d'ira.
E' pesante lo zaino del sole sulla schiena piagata.
Anche i frutti da dentro il fogliame mostrano i pugni chiusi.
Non sai neppure che mese sia.
Nessuno ha arato quest'anno, nessuno ha seminato.
Non sai neppure che tempo faccia.
L'estate ha smarrito la sua strada in mezzo ai morti ammazzati
e le stagioni sostano taciturne nel bosco bombardato.


2) COLAZIONE AMARA

Colazione amara in mezzo alla sparatoria. Amaro il pane.
Non ce n'è proprio di pane. Amara la bocca.
Il pomeriggio sfinito la barba ispida. Cinquanta ammazzati.
Nessuno voleva morire. Ed era un sabato sera primaverile.


3) ARRIVAVA LA PRIMAVERA

Arrivava la primavera -
si sedeva sulla cisterna rugginosa del nostro cortile
e dondolava le gambe.
E c'era un sorriso nell'aria,
un grande sorriso illegale,
che si rifletteva da uno sguardo all'altro,
che rimbalzava di bocca in bocca -

Questo sorriso del proletario. (*)
Un sorriso illegale (**)
che si riflette da uno sguardo all'altro,
da una bocca all'altra, da un sogno all'altro -
un sorriso illegale, silenzioso,
più silenzioso del fiammifero che sfiora la miccia.
Questo sorriso del mondo.

(*) Nel testo a stampa qui si legge: "del comunista".
(**) Il "topos" del sorriso illegale è presente anche nella "Pignatta affumicata", già musicata nel 1975 da Hristos Leondìs. In questo passaggio Samoìlis "cita" musicalmente il suo maestro.


4) GOLIARDIA

Ma già l'incosciente goliardia sciamava nelle strade e negli stadi
scagliando con ampi gesti i suoi cappelli nel futuro,
stappando nelle piazze grandi bottiglie sigillate di sogni,
battendosi corpo a corpo con le vecchie statue e con le guardie,
salendo e scendendo le scalinate della Facoltà di Chimica,
stringendo tra i denti il suo entusiasmo,
ad ogni passo giocando a schiaffo del soldato con la morte e ridendo,
stringendo il domani nelle sue palme
stringendolo più forte della gavetta della sussistenza.


5) I TEMPI SONO CAMBIATI

I tempi, caro mio, son cambiati: - ragazzi di diciannove anni
impugnano il fucile e combattono per il mondo,
[cose più giuste perfino dei vangeli scrivono i proclami]
e le vecchie trasportano munizioni e stampa clandestina nelle loro sottane scolorite,
trasportano il futuro nelle loro braccia infaticabili
con tanta leggerezza, tanta facilità e sicurezza
come al tramonto trasportano un secchio d'acqua per bagnare i loro fiori.


6) CAMMINA

Non abbiamo tempo per morire. No. No.
E non ce ne andremo dal mondo - sappilo -
prima di aver amato ciò che il nostro cuore chiede
prima di aver cantato ciò che l'amore chiede.
Cammina. Cammina. Cammina.
Chi ha detto che non amavamo la vita?
Chi ha detto che non davamo peso alla morte?
Noi quando vedevamo erompere una foglia
era come se ponessimo l'orecchio sul cuore di un amico addormentato
come se auscultassimo il mondo. Cammina.


7) BASTA CHE MI CHIAMI COMPAGNO

Basta che mi chiami compagno - compagno,
e allora la luce avrà un profumo
come profuma a colazione il latte
nella povera casa del quartiere.

Basta che mi chiami compagno - compagno,
e allora terremo la nostra ferita
delicatamente tra due dita
e sorrideremo.

E sorrideremo come se reggessimo
una rosa rossa
al nostro primo appuntamento
con la libertà - libertà.


8) SALVE COMPAGNO

Ah, quelle strade interminabili,
salve, compagno, a mezzogiorno, all'angolo.
Correvamo, correvano i proclami,
correvamo, correvano, correvano i tram.

Ah, quelle strade interminabili,
salve, compagno, a mezzogiorno, all'angolo.
Formicolava Kessarianì
di bandiere popolari.
Un megafono nella piazza,
il comunicato dell' ELAS.


9) SEMPLICI DONNE TORMENTATE

Semplici donne tormentate davanti al filo spinato
ritornano al tramonto nel quartiere (del mondo). Le loro sottane nere
si trascinano sulla terra come si trascina l'ala spezzata della rondine,
nelle tasche del grembiule stanno le loro mani consumate dai bucati
stanno come due bimbetti maltrattati
e pensano [alla vita], pensano al mondo
pensano [a una vendetta], a un giro della fortuna, a un po' di libertà.


10) QUESTO VENTO

Ascoltatelo - ascoltatelo - ascoltatelo
come canta questo vento
ascoltatelo - ascoltatelo - ascoltatelo
alle bocche delle miniere di carbone.

Nelle colture di cotone del Nordamerica,
nei quartieri di Varsavia,
di Praga, di Atene,
a Pechino, nelle risaie.

Ascoltatelo - ascoltatelo - ascoltatelo
come canta questo vento
ascoltatelo - ascoltatelo - ascoltatelo
alle bocche delle miniere di carbone.

Nella metropolitana di Parigi, nelle piazze di Roma,
a Budapest, a Sofia, lassù a Bucarest.

Questa canzone eseguita da Šostakovič
sui tasti d'acciaio della cortina di Kanchonka (*)
e che Robeson canta negli slum dei negri
e che Neruda grida lassù, sopra le foreste
con i boscaioli.

E Nazim canta ai marittimi scioperanti,
e io la canto, compagni miei
dentro - dentro - dentro il tendone
di Ai-Stratis.

(*) Qui casco come l'asino e non mi riesce di identificare il luogo. Qualcuno può aiutare?


11) CI UCCIDONO OGNI GIORNO

I morti ammazzati si riposano sotto la terra,
ma qui, sopra la terra ci uccidono ogni giorno,
uccidono ogni giorno la nostra speranza
uccidono ogni giorno la luce sulla soglia di casa nostra
e la minuscola bonaccia della tavola apparecchiata
e il bacio che piange affiorando sulle nostre labbra
ma ancora non possiamo morire -
non possiamo.


12) SE SENTI LA TUA ENERGIA

Se senti la tua energia resta nelle nostre fila,
se senti il tuo dovere compilo insieme a noi
- ci sono migliaia di stelle dentro di noi
occorre farle nostre -
Qui gli sguardi sono severi
- stiamo facendo una guerra -
qui l'amore è rivestito di armi - non pronuncia il suo nome.
Domani forse - ma adesso abbiamo una guerra
- dio mio, come è immenso il mondo.


13) MAJAKOVSKIJ

Ah, Majakovskij, Majakovskij, corri, corri, arriva in tempo -
come può uno da solo cantare questo vento
araldo con araldo, tromba con timpano, araldo,
un araldo dritto sulla cima di un altissimo monte col gesto, la voce,
il grido annuncia al mondo una buona novella - soffoca di gioia, ansima
col gesto, la voce, il pianto,
il vento afferra la sua voce - non si sente -
occorrono migliaia di bocche unite, migliaia di trombe - grida
lancia segnali con le braccia, sventola
un vasto cielo, una nuvola, una bandiera rossa,
il vento confonde i suoi gesti - i segnali non si distinguono,
gli uomini piangono per i loro morti - non vedono chiaro
il vento asciuga le loro palpebre umide: - splende il suo sguardo,
il vento agita la falda della sua giacca come una bandiera
gli gonfia la camicia come vela di nave in alto mare
gli arruffa i capelli come il fumo della nave che fischia
avvicinandosi al grande porto
mentre la luce sale dai quattro punti dell'orizzonte
e le trombe suonano la sveglia nella Piazza Rossa di Mosca
e i popoli sventolano le loro bandiere sulle banchine.
Ah, corri Majakovskij a cantare questo vento.
Corri, Sikelianòs, corri Aragon, corri Neruda
corri Nazim Hikmet (*) per cantare tutti insieme questo vento.

(*) Majakovskij e Hikmet furono poi tradotti in greco dallo stesso Ritsos.
Per Anghelos Sikelianòs vai a Αρκαδία V - Πνευματικό εμβατήριο. Direi che lo stile di questo passo riecheggi quello di Sikelianòs.

envoyé par Gian Piero Testa - 8/8/2012 - 16:52




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