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Kanaouenn soudard

anonimo
Lingua: Bretone


Lista delle versioni e commenti


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Chanson de François Quenechou
(Gilles Servat)
Celle que je n'aurais pas voulu faire
(Claude Vinci)
Son an everien gwad
(Gilles Servat)


[ca. 1840]
Testo ripreso da Kanaouennou Breiz-Vihan
di H. Laterre (Bodlann) [1887-1918]
e F. Gourvil (Barr-Ilio) [1889-1984]
Prefazioni di Anatole Le Braz e Maurice Duhamel
Prima pubblicazione nella rivista Ar Vro, aprile 1908

‎Episodio della conquista francese ‎dell’Algeria in una stampa dell’epoca.‎
Episodio della conquista francese ‎dell’Algeria in una stampa dell’epoca.‎


La canzone ("Canzone del soldato") ha un tema comunissimo nelle ballate popolari bretoni: l'addio di un giovane che deve partire soldato (ricordiamo che -in media- il servizio militare durava sette anni, dai quali moltissimi non tornavano non solo per le eventuali e frequenti guerre) ai luoghi e alle persone che lo hanno visto crescere. In questa canzone il giovane soldato deve partire per l'Algeria, ma non si tratta della più nota guerra per l'indipendenza algerina del dopoguerra (una guerra nel dopoguerra, un tragico bisticcio...), ma della prima guerra coloniale francese che, nel 1830, portò alla conquista dell'Algeria. A causa di precisi riferimenti testuali, infatti, la canzone deve infatti essere situata attorno al 1840. La inseriamo adesso, pur conoscendola da tempo, dopo una riflessione dovuta alle sue ultime due strofe.

Si tratta di due strofe sorprendenti e senz'altro sgradevoli. Le riportiamo in traduzione italiana:

Ma una cosa mi consola,
è che abbiam sentito dire
che là dove andiamo a combattere
non ci sono che dei negri

Ammazzarli non è peccato
perché non sono cristiani,
non sono come gli inglesi
che sono i nostri peggiori nemici.


Una volta...digerite, queste due strofe devono essere situate nel loro giusto contesto. Fanno infatti capire esattamente che cosa veniva detto ai giovani coscritti mandati a combattere e a morire nelle guerre coloniali dei paesi "civili e cristiani". Veniva detto loro che uccidere altri esseri umani "non era peccato", perché "non erano cristiani" ed erano, in una parola, dei negri, cioè degli esseri inferiori da sterminare. E i giovani contadini bretoni ci credevano come tutti gli altri, magari aiutati dal signor parroco. Si tratta quindi di una testimonianza assai preziosa di ciò che è stato esattamente il colonialismo. Può darsi che queste due terribili strofe siano maggiormente "contro la guerra" del resto della canzone, anche se in modo indiretto.

Ricordiamo che, secondo le più recenti statistiche sociali e demografiche, in proporzione abitanti la Bretagna è attualmente la regione francese con il più alto tasso di emigrazione ed anche quella dove l'integrazione è meglio proceduta (con l'elezione addirittura di sindaci di colore, come ricordato da Gilles Servat nella sua requisitoria contro il Front National in seguito allo "scippo" de "La blanche hermine"). E invitiamo anche a leggere il testo di Délivrance di Alan Stivell.

La canzone fu raccolta e pubblicata nel 1908, cantata da Pauline Le Moël, di Carhaix, che la aveva sentita cantare da sua madre. Dovrebbe essere originaria della zona di Quimper. Fu poi pubblicata nell'aprile del 1908 nella rivista Ar Vro, per approdare nel 1911 alla raccolta Kanaouennou Breiz-Vihan curata da Laterre e Gourvil. Riproduciamo qui il testo tratto da tale pubblicazione. [RV]
An diweza youhadenn
’N em goll war ar mene’,
Adieu ‘ta kanaouenn
Euz bro gaer a Gerne.

Adieu eta kaer iliz,
A Gemper-Korantin,
Adieu,ma yaouankiz
N’am-eus mui da hoarzin.

Euz Palud Santez Anna,
Euz a grehennou kreh,
Ne welim mui pesketa
E mor Douarnenez.

Nag ivez e Sant Kadou,
Nag e-barz Kerhaez,
Ne zañsfom d’ar biniou,
‘Barz al leuriou nevez.

Euz Santez-Anna Wened,
Ne zeufom mui en-dro,
Gand kroaziou drezennet,
En aour kaer ha golo’

Ne zeufom mui ahane,
Disputi d’oll Breiziz,
Gand kroaziou Sant-Serve’
Kernevoded hardiz.

Kenavo da Rumengol,
Kenavo daVulad,
Kenavo da Gastell-Paol,
Kenavo d’ar Veaj vad.

Kenavo da Zant-Tujan,
D’an Aotrou sant Urlou,
D’Itron Varia-Sklêrder
Ha da’n oll bardoniou.

C’hwi, ma mignoned devod,
Euz a barrez Erge,
Ti ‘n Itron Varia-Kerzeot
C’hwi ‘yelo adarre.

Alumit diou houlaouenn,
‘Tal an aoter eno.
Ha lavarit eur bedenn,
Evid paotred ho pro.

Red eo eta partial
Ha mond d’an Alger,
Inutil eo deom soñjal,
Da zond en-dro d’ar gêr.

Hag hervez profesiou
‘Benn ar bloaz daou-ugent,
Gand brezel ha kleñvejou,
Ar bed ‘cheñcho a benn.

Eun dra ‘deu d’am hoñsoli,
Rag ni on-eus klevet
E-leh iam da gombati
N’eus nemed Morianed.

O laza n’eo ket pehed
Rag n’int ket kristenien,
Nompas evel Saozoned,
Or gwall enebourien.

inviata da Riccardo Venturi - 24/6/2006 - 20:04




Lingua: Bretone

Il testo in grafia e lingua normalizzata dato da Son ha Ton.

kansoud


Il testo dato da Son ha Ton, oltre ad essere in grafia e lingua normalizzata, non presenta la terza strofa della canzone data dalla raccolta del 1911. Per il resto è assolutamente identico alla versione originale (a parte, naturalmente, la grafia dell'epoca). Fino alla data odierna (8.3.2016) è stato l'unico testo presente nella pagina. [RV]
KANAOUENN SOUDARD

An diwezhañ youc'hadenn
'N em goll war ar menez
Adieu 'ta kanaouenn
Eus bro gaer a Gernev

Adieu eta kaer iliz
A Gemper Korantin
Adieu ma yaouankiz
N'am eus mui da c'hoarzhin

Nag ivez e Sant-Kadou
Nag e-barzh Karaez
Na zañsfomp d'ar binioù
Barzh al leurioù nevez

Eus Santez-Anna-Wened
Na zeufomp mui en-dro
Gant kroazioù drezennet
En aour kaer ha gouloù

Na zeufomp mui ac'hane
Disputiñ d'holl Breizhiz
Gant kroazioù Sant-Serve
Kernevoded hardiz

Kenavo da Rumengol
Kenavo da Vulad
Kenavo da Gastell-Paol
Kenavo d'ar Veaj-vat

Kenavo da Sant-Tujan
D'an Aotrou Sant Urlou
D'Itron Varia Sklaerder
Ha d'an holl bardonioù

C'hwi ma mignoned devot
Eus a barrez Ergue
Ti 'n Itron Varia Kerzeot
C'hwi yelo adarre

Alumit div c'houlaouenn
Tal an aoter eno
Ha lavarit ur bedenn
Evit paotred ho pro

Ret eo eta partial
Ha monet d'an Alger
Inutil eo deomp soñjal
Da zont en-dro d'ar gêr

Rak hervez profesioù
Benn ar bloaz daou-ugent
Gant brezel ha kleñvejoù
Ar bed cheñcho a benn

Un dra teu d'am c'hoñsoliñ
Rak ni hon eus klevet
E-lec'h yamp da gombatiñ
N'eus nemet Morianed

O lazhañ n'eo ket pec'hed
Rak n'int ket kristenien
Nompas evel Saozoned
Hor gwall enebourien.

inviata da Richard Gwenndour - 8/3/2016 - 20:35




Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
(Dal testo originale del 1908/1911)
8 marzo 2016

Due parole del traduttore. Prima delle due «famose» strofe finali della canzone (che, lo ripeto, sono un perfetto esempio di quel che veniva messo in testa ai soldati che andavano a combattere le guerre coloniali francesi), il canto è una sequela di addii; ma, più che altro, gli addii del giovane soldato bretone riguardano una serie infinita di feste e pardon, vale a dire ciò che più si rimpiangeva. La vita spensierata fatta di canti e balli alle feste parrocchiali, insomma. A parte una strofa dedicata agli «amici devoti», in questo canto non c'è neppure l'ombra del classico addio alla famiglia e/o alla fidanzata.
CANZONE DI UN SOLDATO

L'ultimo lamento
si perde sul monte,
addio, dunque, al canto
della bella Cornovaglia.

Addio dunque, bella chiesa
di S. Corentino a Quimper, [1]
addio, giovinezza mia,
ho molto di che piangere.

Da Sainte-Anne-la-Palud, [2]
dalle alte colline, [3]
non vedremo più pescare
nel mare di Douarnenez.

Né più a San Cadou [4]
e né a Carhaix balleremo
al suono della cornamusa
sulle nuove aie da ballo

Alla Sant'Anna di Vannes
non ritorneremo più
con le croci a bandello
in bell'oro, e con i ceri.

Né da là torneremo più
a fare a gara con tutti i Bretoni
con le croci di San Servazio [5],
dei cornovagliesi arditi

Addio a Rumengol [6]
addio a Bulat-Pestivien [7]
addio a Saint-Pol-de-Léon [8]
e addio al Bon-Voyage [9]

Addio a Sant'Ygeaux [10]
e al sire San Gurloës [11],
alla Madonna della Clarté [12]
e a tutti i pardon [13]

Voi, miei amici devoti
della parrocchia di Ergué
alla Madonna di Kerdevot [14]
andrete ancora

Accendete due ceri
sull'altare che c'è là dentro,
e dite una preghiera
per i ragazzi del vostro paese

Bisogna partire
e andare in Algeria,
è inutile che pensiamo
di ritornare a casa.

Secondo le profezie,
in capo all'anno '40,
con la guerra e le malattie
il mondo cambierà tutto

Ma una cosa mi consola,
è che abbiam sentito dire
che là dove andiamo a combattere
non ci sono che dei negri

Ammazzarli non è peccato
perché non sono cristiani,
non sono come gli inglesi
che sono i nostri peggiori nemici.
[1] Oltre ad una rassegna di feste parrocchiali e pardon (v. Nota 10), questa canzone è un'autentica sequela dei celebri «Santi bretoni» di cui, se non erro, parlava anche Flavio Poltronieri in una qualche nota ad una canzone della «Sezione Bretone». Tra questi, S. Corentino di Quimper è forse il più famoso. Secondo la leggenda, Kaouritin (o Kaour) sarebbe stato il primo vescovo di Quimper nel VI secolo; da qui la bellissima cattedrale della città, che gli è dedicata. Quimper è anche il luogo principale del Tro Breizh («Giro della Bretagna»), il tradizionale pellegrinaggio ai santuari dei sette santi fondatori della Bretagna. San Corentino si festeggia, ma solo in Bretagna, il 12 dicembre.

La cattedrale di S. Corentino a Quimper.
La cattedrale di S. Corentino a Quimper.


[2] A Sainte-Anne-la-Palud (bretone: Palud Santez Anna "Palude di Sant'Anna"), nel comune di Plonévez-Porzay, si svolge un famoso pardon (v. n. 10)

Il pardon di Sainte-Anne-la-Palud in un dipinto di Charles Cottet (1903)
Il pardon di Sainte-Anne-la-Palud in un dipinto di Charles Cottet (1903)


[3] Non ce l'ho fatta a tradurre «alte montagne», come vorrebbe il testo. La «montagna» più alta della Bretagna misura 327 metri.

[4] Altro santo bretone. San Cadou (o Cadoc, Catuod, Catoc, Cazout), in latino Cadochus è veneratissimo in Bretagna e ha dato il nome a decine di chiese, cappelle, parrocchie e località. Di provenienza gallese, sarebbe nato nel 522 nel Glamorgan (ma i primitivi bretoni venivano, probabilmente, tutti dal Galles e dalla Cornovaglia britannica). Per l'epoca della presupposta nascita, appartiene pure lui ai «Santi Fondatori» dell'epoca della migrazione. Nel testo, è incerto se la menzione del santo si riferisca a una località o a una festa parrocchiale (probabilmente, a entrambe le cose).

[5] S. Servazio di Tongres non è un «santo bretone»: vissuto nel IV secolo, era di origine armena ed è una figura pienamente storica. Morì a Maastricht nel 384; fu evangelizzatore del Belgio dopo il Concilio di Nicea. E' comunque venerato anche in Bretagna in mezzo ai santi locali. Qui la canzone si deve riferire ad una qualche «processione atletica» basata sul trasporto di croci (presumibilmente pesanti).

[6] Il pardon di Rumengol (la località si trova nel comune di Le Faou) è tra le più celebri feste bretoni basate sul pellegrinaggio. A Rumengol si trova la chiesa di Nostra Signora di Rumengol, monumento storico del XVI secolo; vi si venera la «Madonna di Rumengol», una statua lignea (in legno di quercia) del XV secolo. A Rumengol si trova anche la «Fontana della Madonna»: fu costruita nel 1792, in piena Rivoluzione Francese, e si dice -naturalmente- che sia miracolosa.

[7] Bulat-Pestivien è un piccolo comune di 478 abitanti nelle Côtes-d'Armor. Ha un bellissimo complesso parrocchiale con tanto di pellegrinaggio e pardon.

Il complesso parrocchiale di Bulat-Pestivien.
Il complesso parrocchiale di Bulat-Pestivien.


[8] Saint-Pol-de-Léon, detta storicamente in bretone Kastell-Paol, è una cittadina di circa 7000 abitanti nel Finistère. Celebre per i «campanili gemelli» della cattedrale, detta Kreiskêr («centro città»). Prende nome da un altro «santo fondatore» della Bretagna, o «santo bretone»: San Paolino Aureliano, o St. Pol Aurélien, o St. Pol de Léon. Costui sarebbe stato, manco a dirlo, il primo vescovo della città e dell'intero Léon, nel VI secolo. Di origine patrizia (ne fa testimone il suo nome estremamente latinizzato), sarebbe però nato in Galles, nel Glamorgan, nell'anno 490 (in una località chiamata Pen Ohen «testa di bove»). Mi sta parecchio simpatico, perché per un certo periodo stette sulla «mia» isola di Ouessant (Enez Eussa), dove diede nome al suo capoluogo, Lampaul. Anche il santuario di San Paolino Aureliano fa parte del Tro Breizh.

[9] La chiesa, con relativo pardon (uno dei principali della Bretagna) della «Nostra Signora del Buon Viaggio» (francese: Notre-Dame du Bon-Voyage; bretone: Itron-Varia ar Veaj-vat) si trova in un luogo già ben famoso nella nostra «Sezione Bretone»: Plogoff. Che a Plogoff, di fronte all'oceano mare, si sentisse il bisogno di augurare il «buon viaggio» a chi si metteva in quel mare, magari con la protezione della Madonna, è piuttosto logico...

[10] Sant Tujan è una cosa complicata. In primis, St. Ygeaux un paesino di 168 abitanti (con relativa parrocchia e pardon) nel dipartimento delle Côtes-d'Armor; in bretone, però, il paesino si chiama Zintijo, dal vago sapore messicano. Sembra che, per strani accidenti del clima bretone (che è assai particolare), goda di temperature quasi mediterranee (si sottolinei il «quasi»). Ma il santo? Mi spiace, qui mi sono dovuto arrendere. Le uniche notizie che sono riuscito a raccattare oramai in «orario gaspardiano» sono però legate proprio al clima: l'espressione bretone drouk Sant Tujan significa infatti «accesso improvviso di collera, vampata d'ira» e sembra legata proprio al caldo che farebbe a St. Ygeaux in estate.

St. Ygeaux (Sant-Tujan, Zintijo)
St. Ygeaux (Sant-Tujan, Zintijo)


[11] San Gurloës, vissuto nell'XI secolo e morto nel 1057, a differenza di altri «santi bretoni» è una figura storica. Noto in bretone come Sant Urlou (ovviamente con una «mutazione»), il sant'uomo fu il primo abate della Santa Croce di Quimperlé a partire dal 14 settembre 1029, nominato da Orscand vescovo di Vannes. Appena morto, fu fatto beatificare a furor di popolo, cosa che fu recepita dal papa Gregorio VII; indi per cui si tratta in questo caso di un santo riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa Cattolica & Apostolica Romana. Però, come per tutti i santi bretoni, qualcosa si particolare ci deve essere. Pur essendo «mutato» in base alle complesse regole morfosintattiche bretoni, il nome Urlou (da un originario Gourlou) addivenne a essere omofono col termine bretone per la «gotta». Di qui a farne il «santo della gotta», il passo fu brevissimo. Ne fu dichiarato il santo guaritore per eccellenza, mentre la gotta stessa venne chiamata drouk Sant Ourlou «il male di San Gurloës».

[12] La Clarté (in bretone: Ar Sklaerder) è una frazione del comune di Perros-Guirec, nelle Côtes-d'Armor. E' nota per la Cappella di Nostra Signora della Clarté di Perros-Guirec, stupenda chiesa del XV secolo. Nell'agosto del 1944, le truppe alleate, dopo lo sbarco in Normandia, avevano progettato di bombardare Mez Gouez, un campo fortificato a 200 metri dalla Cappella; come rappresaglia, i tedeschi avevano puntato i cannoni su Perros-Guirec, minacciando di radere al suolo il paese. Il 7,8 e 9 agosto 1944, però, la Madonna inviò sul paese una fittissima nebbia (caso frequente: io stesso mi ci sono trovato nel mezzo un 31 luglio, non si vedeva nulla a Le Conquet), impedendo così la distruzione. Il 10 agosto i tedeschi si arresero senza opporre resistenza.

La Cappella di Nostra Signora della Clarté (14 agosto 2009)
La Cappella di Nostra Signora della Clarté (14 agosto 2009)


[13] E dopo tanti riferimenti, eccoci a spiegare un po' che cosa sia esattamente un pardon, in Bretagna. In questo caso ci affidiamo alla breve, ma esauriente, voce di Wikipedia italiana:

"Un pardon (reso talvolta in lingua italiana come "perdono") è una processione religiosa, simile ad un pellegrinaggio, tipica della regione francese della Bretagna (Francia nord-occidentale), che ebbe probabilmente origine intorno al XV secolo e che viene organizzata annualmente (in genere in una data compresa nel periodo fine primavera-inizio autunno) da ogni singolo comune in onore del santo patrono, della Vergine Maria (soprattutto in occasione della Festa dell'Assunzione, ma anche di altre ricorrenze mariane) o di Sant'Anna. Tra i pardons più famosi, figurano quello di San Ivo a Tréguier e quello di Sant'Anna ad Auray (26 luglio). Sono inoltre comunemente annoverati tra i "pardons" anche i pellegrinaggi chiamati troménies , il più famoso dei quali è la Grande Troménie di Locronan, che si svolge ogni 12 anni in luglio. Il termine "pardon" significa letteralmente "perdono" ed indicava in origine le indulgenze, ovvero le remissioni dai propri peccati, che il papa concedeva ai fedeli nel Medioevo. Prima della processione vera e propria, i fedeli assistono ad una messa, che generalmente si svolge all'aria aperta. Durante il pardon , i fedeli sfilano con indosso il costume tradizionale bretone, scalzi e a digiuno, portando stendardi che raffigurano il proprio santo patrono o la propria parrocchia, croci e statue di santi, oltre che la Gwenn ha Du (la bandiera bretone), ed intonando preghiere e canti in lingua bretone. Al termine delle cerimonie religiose, i partecipanti si lasciano andare in serata ad un festeggiamento di tipo laico, noto come fest-noz ("festa della notte"). Un tipo particolare di pardon ha luogo nelle località costiere, dove si assiste al cosiddetto "pardon del mare" (pardon de la mer): in occasione di questo tipo di pardon, ha luogo, oltre alla processione, la benedizione delle barche ormeggiate sul porto. In alcune località, può inoltre aver luogo in occasione di un pardon anche un "festival del raccolto" (in bretone: gouel an eost ), con la rievocazione delle antiche attività agricole. "

Un pardon un un dipinto di Pascal Adolphe Jean Dagnan-Bouveret.
Un pardon un un dipinto di Pascal Adolphe Jean Dagnan-Bouveret.


[14] La cappella di Notre-Dame de Kerdévot si trova nel comune di Ergué-Gaberic (in bretone: An Erge Vras), nel Finistère. Fu edificata nel XV secolo in ringraziamento per la Madonna, che aveva protetto Ergué da una pestilenza che aveva decimato la popolazione del vicino paese di Elliant. Il nome "Kerdevot" significa "Luogo di Devozione".

8/3/2016 - 21:11


Ciao Richard Gwenndour, per un commento all'immagine che hai scelto per l'introduzione - quella del colonnello Lucien de Montagnac che presiede ad una strage - rimando a Qui veut entendre une aimable chanson.
Saluti

Bernart Bartleby - 8/3/2016 - 21:48


Hola Bernart....ti giuro che proprio non lo avevo presente, sono andato a cercare su Gògol (® by Silvio Berlusconi) e ho trovato quell'immagine che mi sembrava parecchio adatta...beh ora la cambio immediatamente, scusami per la disattenzione! Salud ha kenavo! (PS: Già fatto)

Richard Gwenndour - 8/3/2016 - 22:39


Ma caro Richard Gwenndour, mica te l'ho detto perchè tu la rimuovessi! Voleva essere un'integrazione, un contributo, un non so che...
Rimettila, por favor, non volevo rivendicare un inesistente copirait!
Per giunta è sicuramente meglio quella che il quadro coloniale che hai messo ora!

Bernart Bartleby - 8/3/2016 - 23:20


O forse ti è semplicemente sfuggito che nei commenti a Qui veut entendre une aimable chanson c'era una descrizione di quel disegno agghiacciante...
Io credo che possa e debba essere ripreso anche qui, vista l'assoluta particolarità ed attinenza.
Saluti

Bernart Bartleby - 8/3/2016 - 23:30


Mat mat... (che vuol dire "bene bene", non ti sto dando del pazzo...!), la rimetto ma prima vado a mangiare qualcosina e poi finisco le note, che peraltro mi stanno facendo diventare grullo coi "santi bretoni", ma dove saranno andati a pescare San Cadoc, San Gildas, san Brieuc (o "San Briaco", come dico sempre), San Malò, San Tujan e San Gurloës... però so' troppo forti :-)

Richard Gwenndour - 8/3/2016 - 23:32


Beh l'ho rimessa, l'immagine, mentre sta cuocendo un'assai poco bretone pasta al pomodoro...lo so che, nelle vesti di Richard Gwenndour dovrei farmi le krampouezh (crêpes), ma mi manca l'attrezzatura. Comunque mi era anche venuto a mente che il percorso dove ho messo questa canzone, andrebbe forse modificato in "Le guerre" d'Algeria. Certo che la République ne ha combinate, anche se all'epoca della conquista coloniale era ancora un Royaume. Poca differenza fa...e intanto bussa alla porta San Gaspard de la Nuit...

Richard Gwenndour - 8/3/2016 - 23:47




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