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Mario Lupo

Gek
Language: Italian


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Mario Lupo era un militante di Lotta continua che venne assassinato a Parma nel 1972 da alcuni neofascisti. Questa è la canzone che gli ho dedicato
La città borghese vuole star tranquilla
tutti al loro posto: dio, patria e famiglia
ma quale rivolta, ma che rivoluzione
qui vige soltanto la legge del padrone

Ma Mario Lupo fa l’operaio
appena cala il buio
noi ti accoltellerem

E Mario Lupo è meridionale
per te finisce male
noi ti accoltellerem

La città borghese è ricca e spensierata
fra shopping e vetrine finisce la giornata
va bene il sindacato, va bene la sfilata
ma contro gli estremisti ci vuole la crociata

Ma Mario Lupo è un militante
che scelta impertinente!

noi ti accoltellerem


E Mario Lupo è comunista
il primo della lista!
noi ti accoltellerem

La città borghese non sa più che fare
Mario Lupo è morto, ma continua a camminare
cammina per le strade con la bandiera rossa
son dieci, venti, centomila e gridano riscossa!

E’ Mario Lupo che non vuol morire
vuole rimanere a combattere con noi
per il comunismo e l’avvenire

vuole rimanere a combattere con noi

Contributed by adriana - 2012/4/24 - 08:28



Language: French

Version française – MARIO LUPO – Marco Valdo M.I. – 2012
Chanson italienne – Mario Lupo – Gek – 2008


Mario Lupo était un militant de Lotta continua qui fut assassiné par des néofascistes à Parme en 1972. Voici la chanson que je lui ai consacrée.
Gek
MARIO LUPO

La ville bourgeoise veut être tranquille
Tous à leur place: dieu, patrie et famille
Mais quelle révolte, mais quelle révolution
Seule survit ici la loi du patron.

Mario est ouvrier
À la nuit à peine tombée
Nous te poignarderons.

Mario est méridional
Pour que tu finisses mal
Nous te poignarderons.

La ville bourgeoise est riche et insouciante
Entre shopping et vitrines, la journée se termine
Le syndicat, ça va; le défilé ça va
Mais contre les extrémistes, il faut la croisade

Mario est un militant
Quel choix impertinent !
Nous te poignarderons

Mario Lupo est communiste
C'est le premier de la liste !
Nous te poignarderons.

La ville bourgeoise ne sait plus que faire
Mario Lupo est mort, mais continue à marcher
Il marche par les rues avec le drapeau rouge
Dix, vingt, cent, mille et ils crient à la rescousse !

C'est Mario Lupo qui ne veut pas mourir
Il veut rester pour combattre avec nous
Pour le communisme et l'avenir

Il veut continuer à combattre avec nous.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2012/4/27 - 21:30


SULLA “DANIELI” DI LUMIGNANO RICORDANDO MARIANO LUPO (198...?)
Gianni Sartori

Primi anni ottanta. Incontro casualmente Roberto Fini che non vedevo da parecchio tempo. Negli anni settanta era stato uno dei pochi esponenti vicentini di Lotta Continua. Fortissima a Schio, nella città del Palladio L.C. non aveva mai veramente attecchito, forse per la concorrenza di PotOp. Rivanghiamo qualche ricordo comune. Come quel primo anniversario del golpe cileno quando L.C. aveva organizzato una manifestazione antifascista a Schio. A comizio concluso mi ero arrampicato sulla facciata del Duomo e da lassù sventolavo la mia bandiera rossa con grande A cerchiata nera (versione personale del comunismo libertario). In breve tempo si era radunata una folla di curiosi che forse temeva (o sperava) di dover assistere alla mia rovinosa caduta al suolo. Arrivarono anche i carabinieri che mi intimarono di scendere immediatamente. Oltre alla scontata richiesta dei documenti, subivo l'aggressione verbale di alcuni scledensi. Ovviamente rispondevo per le rime. Nonostante la presenza delle forze dell'ordine, ci si stava per accapigliare. Facile immaginare chi alla fine sarebbe stato fermato e ingabbiato.
A trarmi d'impaccio intervenne generosamente Roberto che letteralmente mi trascinò via venendo a sua volta “schedato” dall'appuntato. Ma, avendo già alle spalle parecchie denunce, la cosa non sembrò preoccuparlo più di tanto.
Mi aggiorna sul fatto che nel frattempo “ha cambiato sport”. Attualmente si dedica alla vela e alle regate. E' appena rientrato da una “crociera” che lo aveva visto sbarcare a Beirut. Per non sfigurare lo informo che nel pomeriggio pensavo di andare a Lumignano per una arrampicata in “solitaria”.
Si aggrega, anche se manca completamente di esperienza. All'epoca la “palestra” di Lumignano, sui Colli Berici, era ancora quasi eco-compatibile e si estendeva solamente sul tratto di parete compreso tra La “Rossi” (la via più dura, con qualche passaggio di V grado) e la “Danieli” (un III grado). Tra le due, lo spigolo Conforto (in memoria di un alpinista degli anni trenta deceduto per un incidente motociclistico), la “Maruska” (in ricordo, pare, di un artista dilettante così soprannominato che qui veniva a dipingere), la “Sbrega” e un tetto chiamato “la Pansa”. In seguito i cosiddetti FC, alfieri di uno pseudo-alpinismo consumista, competitivo e irriguardoso dell'ambiente, hanno trasformato ogni angolo della ex barriera corallina in parco-giochi. O meglio, in ruota per criceti addomesticati, ora d'aria per reclusi volontari del capitalismo (senza nemmeno un'embrionale idea di ribellione). Piantando migliaia di chiodi a pressione con il trapano, abbattendo concrezioni e stalattiti millenarie (v. quelle di quasi due metri sul Broion, ne conservo le foto), costringendo alla fuga sia il falco pellegrino che la rondine rossiccia, in passato qui nidificanti. Per non parlare della significativa riduzione della saxifraga berica (anche a causa dell'eliminazione della vegetazione alla base -e non solo- delle pareti, visto che la rarissima specie vive di luce indiretta). Significativo che uno dei maggiori responsabili di quest'opera di devastazione, ormai annoiato dalle sue pseudo-arrampicate, si sia dedicato al golf. usque tandem, società della merce e dello spettacolo?

Ancora ignari di quanto ci riservava il futuro, ci incamminiamo sul sentiero che porta alla base delle pareti.
Dato che Roberto è alla prime armi, decido per la “Danieli”. Vedo con sorpresa che si è attrezzato con un casco da motociclista, bianco e con sopra dipinta una vistosa “A” cerchiata in campo rosso e nero. Come mai questa sbandata libertaria? Mi spiega che il casco apparteneva a Mariano Lupo, un compagno assassinato dai fascisti a Parma il 25 agosto 1972. A Roberto (amico di entrambi) lo aveva dato la sorella. Mi informa poi che Lupo, più che un vero e proprio esponente di Lc, sarebbe stato “un militante antifascista, uno che di fronte ai fascisti non si tirava mai indietro”. E anche con qualche retroterra anarchico, come suggeriva la decorazione del casco. Niente di strano ripensando all'ecumenismo che caratterizzava gli Arditi del popolo di Guido Picelli e Antonio Cieri, quelli che il primo agosto 1922 alzarono le barricate e respinsero gli squadristi di Italo Balbo (rileggersi Oltretorrente di Pino Cacucci).
Ma per me la scoperta era un dito rigirato nella piaga. Nei giorni immediatamente successivi all'assassinio del compagno, anche a Vicenza venne diffuso un manifesto contro le aggressioni fasciste. Stampato in xerigrafia, scritte rosse su fondo bianco, nella prima versione era firmato da quasi tutte le organizzazioni extraparlamentari di sinistra presenti in città. Potere operaio, Lotta continua, Il Manifesto, Servire il popolo e gli Anarchici. Mancava solo Lotta comunista. Nel giro di 24 ore i manifesti già incollati sui muri vennero ricoperti con una nuova versione da cui era scomparsa la firma degli anarchici. L'iniziativa, imposta anche alle altre organizzazioni, veniva da qualche capetto di Potere Operaio che non voleva “confondersi con questi...”(e giù con i soliti epiteti). L'incazzatura di allora riesplodeva ingigantita scoprendo che in fondo Mariano Lupo era stato più vicino agli anarchici che agli stalinisti (di fatto se non di nome) del Potop vicentino.
Va anche ricordato che dopo l'uccisione di Lupo la sede parmense del Msi venne devastata e che uno dei suoi assassini, un certo Bonazzi , entrò a far parte della redazione di Quex, insieme a Murelli (“giovedì nero” del 12-4-1973), Izzo (il massacratore del Circeo) e Zani. Tra gli ispiratori del giornale dei detenuti di estrema destra, il nazista Franco Freda.
Torniamo in parete. Risalgo il primo tiro e recupero il compagno. Scatto un paio di foto e riparto. Ormai concluso il secondo tiro, mi arrivano le prime lamentele. E' in crisi e non se la sente di proseguire. A volte capita, niente di cui scandalizzarsi. Che fare? Ridiscendere o arrivare in cima e poi tornare a recuperarlo. Opto per la seconda soluzione. Non saprei dire perché. Forse la discesa, visto che non mi fidavo della “sicura” di Roberto, mi sembrava più rischiosa della salita in “libera”. Oppure, semplicemente, volevo tornare a casa con almeno una via completata. Recupero la corda, la infilo nello zaino e risalgo utilizzando il “camino” (una grotta verticale con foro di entrata e di uscita*) che mi permette di evirare un tratto esposto (visto che al momento non godo nemmeno di una sicura psicologica). Mentre scendo in corda doppia lungo la “Maruska”, riconosco a pochi metri, in libera su una parete ben più impegnativa, Franco Perlotto, autore di imprese alpinistiche di fama mondiale (dalla Norvegia alla California, dal Sudamerica al Sinai...) e futuro sindaco di Recoaro. Ritornato alla base della “Danieli” risalgo fino a dove Roberto rischiava ormai di nidificare e dopo una sommaria spiegazione lo aiuto a calarsi fino al sentiero. L'ho rivisto soltanto recentemente. Insegna in qualche università sudamericana e conserva ancora gelosamente il casco di Mariano Lupo. Per non scordarsi di quello che siamo stati.
Gianni Sartori

Gianni Sartori - 2015/12/28 - 17:49




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