Leur décision est prise
Faut sauver l'entreprise
Faut sauver l'économie
Alors, par milliers, ils licencient.
Vive la grande civilisation du travail !
Salut, respect et sentiment
Aux morts en travaillant
Aux suicidés du travail
Demain, plus personne
Plus de place, plus de boulot
La grande menace est là
Sans travail, tu mourras
Mourir, j'ai le temps demain
Pour vivre, j'ai tout pour moi
Une tête, deux mains,
Un amour et un chat
L'usine, le bureau ferme
On s'en fout, qu'ils ferment
Nous, on dit : basta !
On se licencie tous, on s'en va.
On met fin à l'emprise
Des entreprises
Et de l'économie
Sur notre vie
Cessez de produire l'inutile en série
Sauvez la planète et la vie
D'Honolulu à Budapest,
Economia delenda est !
Faut sauver l'entreprise
Faut sauver l'économie
Alors, par milliers, ils licencient.
Vive la grande civilisation du travail !
Salut, respect et sentiment
Aux morts en travaillant
Aux suicidés du travail
Demain, plus personne
Plus de place, plus de boulot
La grande menace est là
Sans travail, tu mourras
Mourir, j'ai le temps demain
Pour vivre, j'ai tout pour moi
Une tête, deux mains,
Un amour et un chat
L'usine, le bureau ferme
On s'en fout, qu'ils ferment
Nous, on dit : basta !
On se licencie tous, on s'en va.
On met fin à l'emprise
Des entreprises
Et de l'économie
Sur notre vie
Cessez de produire l'inutile en série
Sauvez la planète et la vie
D'Honolulu à Budapest,
Economia delenda est !
envoyé par Marco Valdo M.I. - 18/4/2012 - 18:10
Mort au travail, vive le dodo!
Alors, mes chers amis Marco Valdo et Lucien, il faut bien que je vous rémercie d'une façon très spéciale, cette fois-ci. Et bien particulière, aussi.
Je vous fais cadeau d'une photo que quelqu'un a pris en cachette un froid dimanche d'hiver. Je vous montre la révolution contre le travail: dormir! Et je dormais tellement bien, cet après-midi-là...! Contre le travail, faisons le dodo!
La photo me montre dans un autre monde, évidemment. Avec mon chat noir (qui s'appelle Redelnoir) qui m'accompagne avec plaisir. C'est la négation totale du travail, ça! "Une tête, deux mains et un chat"...qui dorment! Quant à mon amour, bin...c'est juste celle qui a pris la photo en cachette...
Merci encore et um abraço, c'est pour des gens comme vous que je n'aurai jamais l'envie de me rendre.
Votre ami Ventu
Alors, mes chers amis Marco Valdo et Lucien, il faut bien que je vous rémercie d'une façon très spéciale, cette fois-ci. Et bien particulière, aussi.
Je vous fais cadeau d'une photo que quelqu'un a pris en cachette un froid dimanche d'hiver. Je vous montre la révolution contre le travail: dormir! Et je dormais tellement bien, cet après-midi-là...! Contre le travail, faisons le dodo!
La photo me montre dans un autre monde, évidemment. Avec mon chat noir (qui s'appelle Redelnoir) qui m'accompagne avec plaisir. C'est la négation totale du travail, ça! "Une tête, deux mains et un chat"...qui dorment! Quant à mon amour, bin...c'est juste celle qui a pris la photo en cachette...
Merci encore et um abraço, c'est pour des gens comme vous que je n'aurai jamais l'envie de me rendre.
Votre ami Ventu
Riccardo Venturi - 18/4/2012 - 20:30
Langue: italien
Versione italiana di Riccardo Venturi
18 aprile 2012
Piccola introduzione: Tra il mio blog dal nome complicatissimo e le CCG esiste una specie di tacito accordo: quello di ignorarsi a vicenda. Sul blog non ho nemmeno il link a "Canzoni contro la guerra", e qui dentro del blog non parlo quasi mai. Ogni tanto, è vero, qualche articolo che scrivo lo uso per un'introduzione, ed è successo anche che un'introduzione o un commento che ho fatto qua diventasse (con qualche modifica) un post; ma sono cose rare. Preferisco lasciare le cose separate. Le CCG sono un sito che ha una diffusione enorme rispetto a un blogghino che, fra l'altro, per mia precisa scelta non ammette commenti esterni. Altrimenti, rischierei di essere autoreferenziale; e questo rischio non lo voglio proprio correre.
Tuttavia, in questo caso faccio un'eccezione. E parecchio volentieri. Visto che Marco Valdo ha tradotto in francese l'articolo originale, lo metto qui assieme alla traduzione italiana della canzone che ne è stata tratta. Morte al lavoro, sempre! Ronf! Miao!
Licenziarsi tutti
Suicidio un cazzo!
Non ho proprio nessunissima intenzione di compiere l'insano gesto, e men che mai se dovessi perdere il lavoro. Gli vo in culo, al lavoro! Ho tutto quel che mi serve per vivere: una testa, due mani, un amore e un gatto. Per morire c'è tempo. Non vorrei certo mancare di rispetto a tutti coloro che, ultimamente, hanno deciso di ammazzarsi perché hanno perso il lavoro, scegliendo sovente modalità atroci (darsi fuoco, buttarsi sotto un treno e altro); hanno semplicemente anticipato il suicidio. Trovo singolare che l'alternativa posta dalla gran "civiltà del lavoro" sia tra suicidarsi perché non lo si ha più (o non lo si trova), e morire a migliaia lavorando. L'alternativa tra il padrone che ti esubera, ti cassa-disintegra, ti mobilizza, ti precarizza e ti getta via, e il padrone che ti fa volare da un'impalcatura, ti thyssenkruppa a fuoco vivo nel laminatoio, ti asfissia nella stiva, ti spreme al computer fino a ucciderti di sonno arretrato. No, ora sarebbe il momento di dire basta. Di accorgersi che il lavoro è soltanto morte in tutte le salse. Di rifiutarlo, altro che ammazzarsi perché non lo si ha. Di licenziarsi tutti.
La fabbrica chiude? E chi se ne frega, che chiuda! Cinquemila, diecimila licenziamenti per salvare l'azienda in crisi, col supermanager che fa finta di essere addolorato mentre dà l'annuncio? Sai cosa si fa, allora? Si va via tutti quanti. O non vogliono sempre "risparmiare" per i "costi insostenibili"? Gli si fanno sostenere bene, questi costi: levandoci tutti dai coglioni. Più nessuno. Ci penseranno i loro robottini, i loro macchinari, le loro ipertecnologie a "produrre" cose che, dopo un po', non comprerà più nessuno. Marchionne? Bye bye, ci hai caramellato la minchia con le tue minacce quotidiane di "portare via la Fiat dall'Italia". Vattene, tu e la tua Fiat di merda. Le letterine, stavolta, ti si mandano noi: con la presente eccetera il dipendente Rossi Mario, avendone piene le palle, ha deciso di non presentarsi più al lavoro dalla data X, e vaffanculo te e i tuoi pulloverini. E le piccole e medie imprese? Il motore della nazione? Il sistema Italia? Da lunedì ce ne andiamo a pescare, e ci riprendiamo la vita. Da mangiare? E si mangeranno i pesci, che son tanto buoni, contengono fosforo e fanno bene alla vista. Le famiglie? Capiranno. Qui, tanto, oramai, non lavora più nessuno; tutti quanti si stanno liberando. Ci si dovrà arrangiare, e l'essere umano ha comunque dimostrato in tutta la sua storia di essere abbastanza bravo a farlo. La Camusso là come una demente con l'articolo 18 in mano, senza sapere più che fare: non lo si può più applicare. Con una giustissima causa, se ne sono andati tutti. Licenziare gli statali? Meglio licenziare lo stato. Equitalia deve mandare le sue cartelle? Impossibile, non c'è più nessuno che le mandi. Hai bisogno di curare zia Genoveffa che si è ammalata? Al dottore offri di tornirgli i pezzi della macchina, se lo sai fare; oppure gli coltivi i topinambur e gli innaffi i pomodori per un dato periodo. E se il dottore non c'è più, perché si sono licenziati anche i docenti universitari? Cura con le erbette. Oppure la zia Genoveffa muore. Fra tutti i suicidi e gli omicidi della "civiltà del lavoro", si è disimparato proprio a morire. A accettare la morte. Sono scomparsi quei bei letti di morte coi parenti intorno, e invece si vuole vivere vivere vivere sempre di più, ma vivendo una vita che non è più tale. Vivendo una vita che è soltanto un lento suicidio al servizio del capitale. E, allora, si muoia sí, ma come si dice noi. D'un colpo o anche soffrendo, perché può succedere; in quel caso, sí, si potrebbe anche decidere di non averne proprio più voglia e morire di propria volontà e senza l'intervento di alcun Dio, forse il peggiore di tutti i padroni.
Ma guardate a che cosa ci siamo ridotti, tutti quanti. A far dipendere la nostra vita da sistemi macro e microeconomici. L'economia deve essere distrutta perché sta distruggendo tutti noi. Dovremmo cominciare piano piano, senza far tanto rumore; poi trasformare la brezza in vento, e il vento in tempesta. Gli esseri umani hanno deciso di non lavorare più. Di utilizzare le proprie risorse, la propria intelligenza e le proprie capacità naturali e acquisite senza più metterle al servizio di alcun padrone. Con lentezza, senza fare alcuno sforzo. E senza porsi più tanti "grandi questioni" paralizzanti, che hanno portato al più tragico impasse della storia: perché, oramai, della criminalità del lavoro si sono accorti proprio tutti, ma senza avere più nessun mezzo efficace per contrastarlo in quanto rassegnati a "far parte di un sistema" che non può essere combattuto. E allora si assiste a paradossi che hanno tutta la tragicità di cui è capace il ridicolo.
Ci sono, ad esempio, gli "anarchici" che non saprebbero più come vivere se, domani, perdessero il loro bel posticino in qualche ufficio statale; ma perché, se sono tanto "anarchici" e addirittura nemici giurati del lavoro (contro il quale tuonano dai loro blog un giorno sí e un giorno sí), non si licenziano? Non potranno più coltivare le loro passioni, i filmini, i fumetti, i librini e quant'altro? Non potranno più andarsi a fare le vacanze nel bel posto, e defilarsi sdegnati da ogni cosa distillando però perle di esperienza, disillusione, mancate rivoluzioni giovanili, rabbie e veleni sopra ogni cosa? Eh, pappappero. Una bella licenziatina collettiva, e all'improvviso sarebbero costretti anche loro a riconfrontarsi con un presente che, finalmente, supera il famoso stato di cose, quello di cui vanno cianciando ancora oggi. Il cavallo di battaglia delle loro ciance; lo hanno talmente superato, lo stato di cose, che se ne stanno là tutti i giorni a guadagnacchiarsi lo stipendiuccio con una paura fottuta, e malcelata, che prima o poi il signor Monti e la signora Fornero si occupino di loro. Anche iersera mi è capitato di starci, in mezzo a parecchi anarchici; dio serpente, non ce n'era uno che minimo non lavorasse alle poste!
Oggi, invece, lo stato di cose è brutalmente sotto gli occhi di tutti. Sono convinto che alla disperazione non possa essere opposta altra disperazione. Va opposta una cosa altrettanto brutale, ma allegra. Va opposto il licenziamento dal lavoro. Una "civiltà" costruita in sodalizio di morte da capitale, stato in tutte le sue forme e in tutti i suoi regimi, economismo, padronato. Che cosa è stato opposto allo "sfruttamento dell'uomo sull'uomo"? La creazione progressiva di "migliori condizioni di lavoro"? Ma davvero? E se sono così "migliori", l'alienazione dell'umanità (un'alienazione che non esisteva nella civiltà preindustriale) a che cosa sarà dovuta, all'aria guasta? E il "pianeta" sarà salvato a colpi di protocolli di Kyoto, ché poi far protocolli dal paese di Fukushima secondo me è peggio di una barzelletta di Berlusconi? Ora come ora il "pianeta" si salva in un solo modo: fermando tutta la produzione in serie di oggetti e "servizi" che non servono assolutamente a un cazzo di niente. Ivi compreso 'sto computer di merda dal quale vi sto scrivendo. La comunicazione delle idee andava avanti benissimo a carta e penna, quando le idee c'erano per davvero; ora, invece, c'è Twitter.
E, insomma, perdono il lavoro e si ammazzano. Oppure ammazzano in grande stile. Si ammazzano perché non riescono a mandare avanti la famiglia oppure ammazzano la famiglia, tout court. Oppure entrano nel bell'ufficio climatizzato, nella beauty farm, nella banca che li ha buttati fuori, nell'officina che non li voleva più, e con un'arma da fuoco prodotta da altri lavoratori (soggetti naturalmente a esubero) compiono una strage. Salgono sulle gru. Immigrano sui barconi perché le loro terre, nelle quali sovente basterebbe mettersi sotto un albero a fare l'amore aspettando che cada la frutta, sono state massacrate da guerre, petroli, materie prime, miniere, fosfati, rame, cristi, fami, disoccupazioni, carestie, ogni cosa. Proprio per questo al lavoro inneggiano tutti. Forse si è fatto, nella storia, poco caso ad un fenomeno: il lavoro ha unito i "peggiori nemici". Il lavoro è il caposaldo dei barbogi di ogni religione come dei "comunisti". Dei fascisti come dei liberali. Persino di parecchi "anarchici". Proprio non ce la fa nessuno a staccarvisi, a mandarlo a farsi fottere. A parole, tanti; nei fatti, nessuno. Belle costruzioni teoriche, "manifesti", primitivismi alla John Zerzan, invettive e paradossi squisitissimi come questo; ma nessuno, alla fin fine, che si licenzi. Che rinunci al suo posticino se ce l'ha. Che rinunci a cercarlo mandando in culo ogni cosa e, magari, convincendo chi gli sta più vicino a fare altrettanto, a non ammazzarsi di lacrime e di preoccupazioni, a essere pronto anche a mangiare merda e dormire sotto un ponte e ad ingegnarsi adagio perché quel ponte diventi una reggia per tutti. Mi chiedo se non abbia ragione Sirio a non voler dare i suoi vent'anni alla morte; chi è Sirio? Io lo so, e lui lo sa. E lo sa anche sua madre, che non vorrei più veder morire alla svelta perché ha vent'anni anche lei, e ce li avrà sempre.
Invece si dovrebbe cominciare davvero tutti quanti a licenziarsi, a scappare via dal lavoro. A lasciarli finalmente soli con le loro macchinette e con le loro economie, quei signori. Soli e con le palle in mano, e restituire il tempo al tempo togliendolo definitivamente al denaro. Vorrei che gli occhi di chi amo non fossero costantemente come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre. E mi fumo un sigaro, dio cagnaccio. Lo so che non dovrei, che mi fa male, che tutto quanto; ma non morirò di lavoro. Probabilmente lo sto per perdere, quel lavoro che ha contribuito ben più del fumo a mandarmi a gallina; non immaginate nemmeno che vita mi è toccato fare fino al 21 settembre 2011. E chi se ne frega. Mi licenzio. Perderò, magari, ogni cosa. Mi staccheranno luce e gas. Non lo leggerete più l' "Asocial Network", non è una cosa fondamentale per l'umanità. Se avrò ancora davvero voglia di "far circolare le mie idee", troverò comunque il modo di farlo. Se c'è qualcosa cui tengo, è questo buco in cui vivo; beh, vorrà dire che un bel giorno perderò pure quello, ma non perderò la vita. Non mi avrà la disperazione. Non mi avrà il lavoro e la sua peste bubbonica. Non mi passerà sopra nessun treno, porca madonna. Alla fine morirò, come tutti, ma dopo aver vissuto la mia vita. Al momento che sarà, sperando che avverrà su una spiaggia dell'Elba, mentre sono in panciolle a non fare un cazzo, con la Settimana Enigmistica (anche se si licenziano tutte le sue maestranze e non esce più, ne ho, tiè, una scorta che basta per decenni). Vi suggerirei: fatelo anche voi. Licenziatevi tutti, perché di "cambiamento" non ce ne può essere altro. Licenziamoci tutti, perché così vinceremo.
18 aprile 2012
Piccola introduzione: Tra il mio blog dal nome complicatissimo e le CCG esiste una specie di tacito accordo: quello di ignorarsi a vicenda. Sul blog non ho nemmeno il link a "Canzoni contro la guerra", e qui dentro del blog non parlo quasi mai. Ogni tanto, è vero, qualche articolo che scrivo lo uso per un'introduzione, ed è successo anche che un'introduzione o un commento che ho fatto qua diventasse (con qualche modifica) un post; ma sono cose rare. Preferisco lasciare le cose separate. Le CCG sono un sito che ha una diffusione enorme rispetto a un blogghino che, fra l'altro, per mia precisa scelta non ammette commenti esterni. Altrimenti, rischierei di essere autoreferenziale; e questo rischio non lo voglio proprio correre.
Tuttavia, in questo caso faccio un'eccezione. E parecchio volentieri. Visto che Marco Valdo ha tradotto in francese l'articolo originale, lo metto qui assieme alla traduzione italiana della canzone che ne è stata tratta. Morte al lavoro, sempre! Ronf! Miao!
Licenziarsi tutti
Suicidio un cazzo!
Non ho proprio nessunissima intenzione di compiere l'insano gesto, e men che mai se dovessi perdere il lavoro. Gli vo in culo, al lavoro! Ho tutto quel che mi serve per vivere: una testa, due mani, un amore e un gatto. Per morire c'è tempo. Non vorrei certo mancare di rispetto a tutti coloro che, ultimamente, hanno deciso di ammazzarsi perché hanno perso il lavoro, scegliendo sovente modalità atroci (darsi fuoco, buttarsi sotto un treno e altro); hanno semplicemente anticipato il suicidio. Trovo singolare che l'alternativa posta dalla gran "civiltà del lavoro" sia tra suicidarsi perché non lo si ha più (o non lo si trova), e morire a migliaia lavorando. L'alternativa tra il padrone che ti esubera, ti cassa-disintegra, ti mobilizza, ti precarizza e ti getta via, e il padrone che ti fa volare da un'impalcatura, ti thyssenkruppa a fuoco vivo nel laminatoio, ti asfissia nella stiva, ti spreme al computer fino a ucciderti di sonno arretrato. No, ora sarebbe il momento di dire basta. Di accorgersi che il lavoro è soltanto morte in tutte le salse. Di rifiutarlo, altro che ammazzarsi perché non lo si ha. Di licenziarsi tutti.
La fabbrica chiude? E chi se ne frega, che chiuda! Cinquemila, diecimila licenziamenti per salvare l'azienda in crisi, col supermanager che fa finta di essere addolorato mentre dà l'annuncio? Sai cosa si fa, allora? Si va via tutti quanti. O non vogliono sempre "risparmiare" per i "costi insostenibili"? Gli si fanno sostenere bene, questi costi: levandoci tutti dai coglioni. Più nessuno. Ci penseranno i loro robottini, i loro macchinari, le loro ipertecnologie a "produrre" cose che, dopo un po', non comprerà più nessuno. Marchionne? Bye bye, ci hai caramellato la minchia con le tue minacce quotidiane di "portare via la Fiat dall'Italia". Vattene, tu e la tua Fiat di merda. Le letterine, stavolta, ti si mandano noi: con la presente eccetera il dipendente Rossi Mario, avendone piene le palle, ha deciso di non presentarsi più al lavoro dalla data X, e vaffanculo te e i tuoi pulloverini. E le piccole e medie imprese? Il motore della nazione? Il sistema Italia? Da lunedì ce ne andiamo a pescare, e ci riprendiamo la vita. Da mangiare? E si mangeranno i pesci, che son tanto buoni, contengono fosforo e fanno bene alla vista. Le famiglie? Capiranno. Qui, tanto, oramai, non lavora più nessuno; tutti quanti si stanno liberando. Ci si dovrà arrangiare, e l'essere umano ha comunque dimostrato in tutta la sua storia di essere abbastanza bravo a farlo. La Camusso là come una demente con l'articolo 18 in mano, senza sapere più che fare: non lo si può più applicare. Con una giustissima causa, se ne sono andati tutti. Licenziare gli statali? Meglio licenziare lo stato. Equitalia deve mandare le sue cartelle? Impossibile, non c'è più nessuno che le mandi. Hai bisogno di curare zia Genoveffa che si è ammalata? Al dottore offri di tornirgli i pezzi della macchina, se lo sai fare; oppure gli coltivi i topinambur e gli innaffi i pomodori per un dato periodo. E se il dottore non c'è più, perché si sono licenziati anche i docenti universitari? Cura con le erbette. Oppure la zia Genoveffa muore. Fra tutti i suicidi e gli omicidi della "civiltà del lavoro", si è disimparato proprio a morire. A accettare la morte. Sono scomparsi quei bei letti di morte coi parenti intorno, e invece si vuole vivere vivere vivere sempre di più, ma vivendo una vita che non è più tale. Vivendo una vita che è soltanto un lento suicidio al servizio del capitale. E, allora, si muoia sí, ma come si dice noi. D'un colpo o anche soffrendo, perché può succedere; in quel caso, sí, si potrebbe anche decidere di non averne proprio più voglia e morire di propria volontà e senza l'intervento di alcun Dio, forse il peggiore di tutti i padroni.
Ma guardate a che cosa ci siamo ridotti, tutti quanti. A far dipendere la nostra vita da sistemi macro e microeconomici. L'economia deve essere distrutta perché sta distruggendo tutti noi. Dovremmo cominciare piano piano, senza far tanto rumore; poi trasformare la brezza in vento, e il vento in tempesta. Gli esseri umani hanno deciso di non lavorare più. Di utilizzare le proprie risorse, la propria intelligenza e le proprie capacità naturali e acquisite senza più metterle al servizio di alcun padrone. Con lentezza, senza fare alcuno sforzo. E senza porsi più tanti "grandi questioni" paralizzanti, che hanno portato al più tragico impasse della storia: perché, oramai, della criminalità del lavoro si sono accorti proprio tutti, ma senza avere più nessun mezzo efficace per contrastarlo in quanto rassegnati a "far parte di un sistema" che non può essere combattuto. E allora si assiste a paradossi che hanno tutta la tragicità di cui è capace il ridicolo.
Ci sono, ad esempio, gli "anarchici" che non saprebbero più come vivere se, domani, perdessero il loro bel posticino in qualche ufficio statale; ma perché, se sono tanto "anarchici" e addirittura nemici giurati del lavoro (contro il quale tuonano dai loro blog un giorno sí e un giorno sí), non si licenziano? Non potranno più coltivare le loro passioni, i filmini, i fumetti, i librini e quant'altro? Non potranno più andarsi a fare le vacanze nel bel posto, e defilarsi sdegnati da ogni cosa distillando però perle di esperienza, disillusione, mancate rivoluzioni giovanili, rabbie e veleni sopra ogni cosa? Eh, pappappero. Una bella licenziatina collettiva, e all'improvviso sarebbero costretti anche loro a riconfrontarsi con un presente che, finalmente, supera il famoso stato di cose, quello di cui vanno cianciando ancora oggi. Il cavallo di battaglia delle loro ciance; lo hanno talmente superato, lo stato di cose, che se ne stanno là tutti i giorni a guadagnacchiarsi lo stipendiuccio con una paura fottuta, e malcelata, che prima o poi il signor Monti e la signora Fornero si occupino di loro. Anche iersera mi è capitato di starci, in mezzo a parecchi anarchici; dio serpente, non ce n'era uno che minimo non lavorasse alle poste!
Oggi, invece, lo stato di cose è brutalmente sotto gli occhi di tutti. Sono convinto che alla disperazione non possa essere opposta altra disperazione. Va opposta una cosa altrettanto brutale, ma allegra. Va opposto il licenziamento dal lavoro. Una "civiltà" costruita in sodalizio di morte da capitale, stato in tutte le sue forme e in tutti i suoi regimi, economismo, padronato. Che cosa è stato opposto allo "sfruttamento dell'uomo sull'uomo"? La creazione progressiva di "migliori condizioni di lavoro"? Ma davvero? E se sono così "migliori", l'alienazione dell'umanità (un'alienazione che non esisteva nella civiltà preindustriale) a che cosa sarà dovuta, all'aria guasta? E il "pianeta" sarà salvato a colpi di protocolli di Kyoto, ché poi far protocolli dal paese di Fukushima secondo me è peggio di una barzelletta di Berlusconi? Ora come ora il "pianeta" si salva in un solo modo: fermando tutta la produzione in serie di oggetti e "servizi" che non servono assolutamente a un cazzo di niente. Ivi compreso 'sto computer di merda dal quale vi sto scrivendo. La comunicazione delle idee andava avanti benissimo a carta e penna, quando le idee c'erano per davvero; ora, invece, c'è Twitter.
E, insomma, perdono il lavoro e si ammazzano. Oppure ammazzano in grande stile. Si ammazzano perché non riescono a mandare avanti la famiglia oppure ammazzano la famiglia, tout court. Oppure entrano nel bell'ufficio climatizzato, nella beauty farm, nella banca che li ha buttati fuori, nell'officina che non li voleva più, e con un'arma da fuoco prodotta da altri lavoratori (soggetti naturalmente a esubero) compiono una strage. Salgono sulle gru. Immigrano sui barconi perché le loro terre, nelle quali sovente basterebbe mettersi sotto un albero a fare l'amore aspettando che cada la frutta, sono state massacrate da guerre, petroli, materie prime, miniere, fosfati, rame, cristi, fami, disoccupazioni, carestie, ogni cosa. Proprio per questo al lavoro inneggiano tutti. Forse si è fatto, nella storia, poco caso ad un fenomeno: il lavoro ha unito i "peggiori nemici". Il lavoro è il caposaldo dei barbogi di ogni religione come dei "comunisti". Dei fascisti come dei liberali. Persino di parecchi "anarchici". Proprio non ce la fa nessuno a staccarvisi, a mandarlo a farsi fottere. A parole, tanti; nei fatti, nessuno. Belle costruzioni teoriche, "manifesti", primitivismi alla John Zerzan, invettive e paradossi squisitissimi come questo; ma nessuno, alla fin fine, che si licenzi. Che rinunci al suo posticino se ce l'ha. Che rinunci a cercarlo mandando in culo ogni cosa e, magari, convincendo chi gli sta più vicino a fare altrettanto, a non ammazzarsi di lacrime e di preoccupazioni, a essere pronto anche a mangiare merda e dormire sotto un ponte e ad ingegnarsi adagio perché quel ponte diventi una reggia per tutti. Mi chiedo se non abbia ragione Sirio a non voler dare i suoi vent'anni alla morte; chi è Sirio? Io lo so, e lui lo sa. E lo sa anche sua madre, che non vorrei più veder morire alla svelta perché ha vent'anni anche lei, e ce li avrà sempre.
Invece si dovrebbe cominciare davvero tutti quanti a licenziarsi, a scappare via dal lavoro. A lasciarli finalmente soli con le loro macchinette e con le loro economie, quei signori. Soli e con le palle in mano, e restituire il tempo al tempo togliendolo definitivamente al denaro. Vorrei che gli occhi di chi amo non fossero costantemente come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre. E mi fumo un sigaro, dio cagnaccio. Lo so che non dovrei, che mi fa male, che tutto quanto; ma non morirò di lavoro. Probabilmente lo sto per perdere, quel lavoro che ha contribuito ben più del fumo a mandarmi a gallina; non immaginate nemmeno che vita mi è toccato fare fino al 21 settembre 2011. E chi se ne frega. Mi licenzio. Perderò, magari, ogni cosa. Mi staccheranno luce e gas. Non lo leggerete più l' "Asocial Network", non è una cosa fondamentale per l'umanità. Se avrò ancora davvero voglia di "far circolare le mie idee", troverò comunque il modo di farlo. Se c'è qualcosa cui tengo, è questo buco in cui vivo; beh, vorrà dire che un bel giorno perderò pure quello, ma non perderò la vita. Non mi avrà la disperazione. Non mi avrà il lavoro e la sua peste bubbonica. Non mi passerà sopra nessun treno, porca madonna. Alla fine morirò, come tutti, ma dopo aver vissuto la mia vita. Al momento che sarà, sperando che avverrà su una spiaggia dell'Elba, mentre sono in panciolle a non fare un cazzo, con la Settimana Enigmistica (anche se si licenziano tutte le sue maestranze e non esce più, ne ho, tiè, una scorta che basta per decenni). Vi suggerirei: fatelo anche voi. Licenziatevi tutti, perché di "cambiamento" non ce ne può essere altro. Licenziamoci tutti, perché così vinceremo.
MORTE AL LAVORO!
La decisione la han presa:
bisogna salvar l'impresa,
salvare l'economia
e allora licenziano alla stesa.
Viva la gran civiltà del lavoro!
Un saluto rispettoso e caldo
a chi muore sul lavoro,
a chi si suicida di lavoro
Domani più nessuno,
più nessun posto, nessuno sgobbo
Ecco la grande minaccia:
senza lavoro morirai
Per morire avrò tempo domani,
per vivere ho tutto quel che mi serve:
una testa, due mani,
un amore e un gatto.
La fabbrica e l'ufficio chiudono:
Chi se ne frega, che chiudano!
E noi si dice basta!
Licenziarsi tutti, ce ne andiamo.
Si mette fine al dominio
delle imprese
e dell'economia
sulla nostra vita
Basta produrre l'inutile in serie,
salvate il pianeta e la vita
da Honolulu a Budapest
Economia delenda est!
La decisione la han presa:
bisogna salvar l'impresa,
salvare l'economia
e allora licenziano alla stesa.
Viva la gran civiltà del lavoro!
Un saluto rispettoso e caldo
a chi muore sul lavoro,
a chi si suicida di lavoro
Domani più nessuno,
più nessun posto, nessuno sgobbo
Ecco la grande minaccia:
senza lavoro morirai
Per morire avrò tempo domani,
per vivere ho tutto quel che mi serve:
una testa, due mani,
un amore e un gatto.
La fabbrica e l'ufficio chiudono:
Chi se ne frega, che chiudano!
E noi si dice basta!
Licenziarsi tutti, ce ne andiamo.
Si mette fine al dominio
delle imprese
e dell'economia
sulla nostra vita
Basta produrre l'inutile in serie,
salvate il pianeta e la vita
da Honolulu a Budapest
Economia delenda est!
envoyé par Riccardo Venturi - 18/4/2012 - 21:04
Une société où on ne travaille qu'une demi-heure par mois !
Et si Jean yanne n'avait pas tort...
Mais, la civilisation automobile mencace le monde entier.
Cordial
Lucien Lane
Et si Jean yanne n'avait pas tort...
Mais, la civilisation automobile mencace le monde entier.
Cordial
Lucien Lane
Lucien Lane - 6/8/2013 - 22:13
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Canzone de langue française – Mort au travail ! – Marco Valdo M.I. – 2012
C'est tout ce que je souhaite aux riches..., dit Lucien l'âne en riant aux éclats. À propos si tu veux améliorer ta connaissance de l'italien, je te suggère cette leçon.... Avant de conclure, deux mots à propos de ton titre qui me semble assez amphibologique : Mort au travail ! Ce pourrait être l'évocation d'une personne, d'un ouvrier ou d'un âne, car souvent les ânes meurent au travail , par exemple ; ou une sort de cri de révolte, d'appel à la résistance.
Ce sont ces deux significations et d'autres encore. Mais je crois bien surtout, l'appel à la résistance....
Je le pensais également ; ça va tout à fait dans le sens de notre sentence : Ora e sempre : Resistenza ! Cela dit, n'oublions pas de rependre notre tâche qui est de tisser le linceul de ce vieux monde trop plein d'entreprises, de travail, de malheur et décidément, cacochyme.
Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
SE LICENCIER TOUS
Dimanche 15 avril 2012
Version française – Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
Texte italien : Licenziarsi tutti – Riccardo Venturi.
Suicide mon cul !
Je n'ai vraiment aucunissime intention d'accomplir ce geste insensé et moins que jamais si je devais perdre mon travail. Qu'il aille se faire foutre, le travail ! J'ai tout ce qui m'est utile pour vivre : une tête, deux mains, un amour et un chat. Pour mourir, il y a le temps. Je ne voudrais certes pas manquer de respect à tous ceux qui, ces derniers temps, ont décidé de se tuer car ils ont perdu leur travail, en choisissant souvent des modalités atroces ( s'immoler, se jeter sous un train et autres façons de faire) ; ils ont simplement anticipé leur suicide. Je trouve singulier que l'alternative dans la « grande civilisation du travail » soit entre se suicider car on n'en a plus (ou on n'en trouve pas) et mourir par milliers en travaillant. L'alternative entre le patron qui te licencie, te met au chômage technique, te mobilise, te précarise et te jette dehors et le patron qui te fait voler en bas d'un échafaudage, te thyssenkruppe à feu vif dans le laminoir, t'asphyxie dans la chaufferie, te presse à ton ordinateur jusqu'à te tuer de sommeil. Le temps est venu de dire BASTA ! Ça suffit ! De s'apercevoir que le travail est seulement la mort mise à toutes les sauces. De le refuser, au lieu de se suicider car on n'en a pas. De se licencier tous.
L'usine ferme ? Et qu'est-ce qu'on s'en fout, qu'elle ferme ! Cinq mille, dix mille licenciements pour sauver l'entreprise en crise, avec son supermanager qui fait semblant d'être triste quand il l'annonce ? Tu sais ce qu'on fait, alors ? On s'en va tous, tant que nous sommes. Nous ne voulons pas toujours « épargner » pour leurs « coûts insoutenables » ? Ils se soutiendront bien tous seuls ces coûts ; enlevons-les de nos couilles. Plus personne. À produire des choses que bientôt plus personne n'achètera, ils y penseront bien leurs robots, leurs machines, leur hypertechnologie. Marchionne ? (le PDG de Fiat) ? Tu nous as caramélisé la bite avec tes menaces quotidiennes de « sortir Fiat d'Italie ». Va-t-en, toi et ta Fiat de merde. Les lettres de renvoi, cette fois, c'est nous qui te les envoyons : Par la présente, etc, l'employé Rossi Mario, en ayant plein les couilles, a décidé de ne plus se présenter au travail à compter du... et va te faire foutre toi et tes petits pulls à col roulé. Et les petites et moyennes entreprises ? Le moteur de la nation ? Le système Italie ? À partir de lundi, nous allons à la pêche et nous recommençons à vivre. Pour manger ? On mangera les poissons, qui sont si bons, ils contiennent du phosphore et ils sont bons pour la vue. Es familles ? Elles comprendront. Ici, désormais, on ne travaille plus, plus personne ; tous se sont libérés. Il faudra s'arranger, mais l'être humain a toujours démontré dans toute son histoire qu'il était capable de le faire. La Camusso (syndicaliste) restera là avec l'article 18 (droit de licencier) à la main, comme une démente : on ne peut plus l'appliquer. Avec une pertinentissime raison, tous sont partis. Licencier les agents de l'État ? Il vaut mieux licencier l'État. Le fisc doit envoyer ses rappels ? Impossible, il n'y a plus personne pour les envoyer. Il faut soigner tante Geneviève qui est malade ? On offre au docteur de lui laver son linge, si on sait le faire ; où on lui cultive des topinambours ou on arrose ses tomates pendant un certain temps. Et s'il n'y a plus de docteurs, car les universitaires aussi se sont licenciés ? On soigne avec des herbes. Ou la tante Geneviève meurt. Au milieu de tous ces suicides et des homicides de la « civilisation du travail », on a désappris à mourir. À accepter la mort. Ils ont disparus ces beaux lits de mort avec tous les parents autour, et au contraire, on veut vivre vivre vivre toujours plus, mais en vivant une vie qui n'en est plus une. En vivant une vie qui est seulement un lent suicide au service du capital. Et, alors, on va mourir, mais comme nous le voulons. D'un coup ou même en souffrant, car ça peut arriver ; dans ce cas, oui, on pourrait aussi décider de n'en avoir plus envie et de mourir de sa propre volonté et sans l'intervention d'aucun Dieu, peut-être le pire de tous les patrons.
Mais voyez à quoi on en est réduits, tous tant que nous sommes. À faire dépendre notre vie de systèmes macro et micro-économiques. L'économie doit être détruite (Delenda est !) car elle nous détruit nous autres tous. Nous devrions commencer piano piano, sans faire trop de bruit ; puis transformer la brise en vent et le vent en tempête. Les êtres humains (et les ânes, dit Lucien l'âne) ont décidé de ne plus travailler. D'utiliser leurs propres ressources, leur propre intelligence et leurs propres capacités naturelles et acquises sans plus les mettre au service d'un patron. Avec lenteur, sans plus forcer. Et sans plus se poser tant de « grandes questions » paralysantes, qui ont mené à la plus tragique impasse de l'histoire ; car, désormais, du caractère criminel du travail, tous ont pu se rendre compte, mais sans avoir plus aucun moyen efficace pour le contrebattre tant ils sont résignés à « faire partie d'un système » qui ne peut être combattu. Et alors, on découvre des paradoxes qui ont tout le tragique dont est capable le ridicule.
Il y a, par exemple, des "anarchistes" qui ne sauraient plus comment vivre s'ils perdaient demain leur beau petit coin dans un bureau de l'État; mais pourquoi, s'ils sont "anarchistes" et vraiment ennemis jurés du travail contre lesquels tonnent dans leur blog jour après jour, est-ce qu'ils ne se licencient pas ? Sans doute, ne pourront-ils plus cultiver leurs passions : les films, les bandes dessinées, les livres et tout le reste ? Ne pourront-ils plus aller en vacances dans de beaux endroits, et défiler dédaignant tout tout en distillant leurs perles d'expérience, leur désillusion, les révolutions manquées de leur jeunesse, leurs colères et leur poison sur tout ? Hein, pappappero. Un beau licenciement collectif, et soudain, ils seraient contraints eux aussi à se confronter avec un présent qui dépasse le fameux « état de choses », duquel ils cancanent aujourd'hui. Le cheval de bataille de leurs bavardages; ils l'ont tellement dépassé, l'état de choses, qu'ils en restent là tous les jours à gagagner leur sasalaire avec la foutue peur mal dissimulée, que tôt ou tard monsieur Monti et Madame Fornero s'occupent d'eux. Hier soir encore, je me suis retrouvé au milieu de pas mal d'anarchistes, dieu serpent, il n'y en avait pas un qui ne travaillât au moins au bureau de poste!.
Aujourd'hui, l'état de choses est par contre, brutalement sous les yeux de tous. Je suis convaincu qu'au désespoir, on ne peut opposer d'autre désespoir. On doit lui opposer une chose tout aussi brutale, mais joyeuse. On doit opposer le licenciement au travail. Une « civilisation » qui est une association létale de capital, d'État sous toutes ses formes et tous ses régimes, d'économisme et de patronat. Qu'est-ce qui a été opposé à l'"exploitation de l'homme par l'homme?" La création progressive de "meilleures conditions de travail?" Vraiment? Et si elles étaient tellement "meilleures", l'aliénation de l'humanité (une aliénation qu'il n'existait pas dans la civilisation préindustrielle), serait due à quoi, à l'air détraqué ? Et la "planète" sera sauvée à coups de protocoles de Kyoto, mais faire des protocoles au pays de Fukushima selon moi est pire qu'une blague de Berlusconi ? Maintenant on ne peut sauver la "planète" que d'une seule manière : en arrêtant toute la production en série d'objets et "services" qui ne servent absolument à rien de rien. Y compris cet ordinateur de merde avec lequel je suis en train de vous écrire. La communication des idées va très bien avec le papier et le stylo, quand il y a vraiment des idées ; par contre, maintenant, il y a Twitter.
En somme, ils perdent leur travail et ils se tuent. Ou ils tuent en grand. Ils se tuent parce qu'ils ne réussissent pas à faire vivre leur famille ou alors, ils tuent leur famille, tout court. Ou ils entrent dans le beau bureau climatisé, dans la beauty farm, dans la banque qui les a jetés dehors, dans l'atelier qui ne les voulait plus, et avec une arme à feu produite par d'autres travailleurs ( naturellement en sureffectif ), ils font un massacre. Ils montent sur les grues. Ils immigrent sur des barques, parce que leurs terres où souvent il suffirait de se mettre au dessous un arbre à faire l'amour en attendant que les fruits tombent, ont été massacrées par guerres, pétroles, matières premières, mines, phosphates, cuivre, on ne sait quoi, faims, chômages, famines, tout. Pour cela précisément, ils glorifient tous le travail. Dans l'histoire, on a peut-être trop peu fait de cas d'un phénomène : le travail a uni les « pires ennemis ». Le travail est le point fondamental des radotages de toutes les religions comme des "communistes." Des fascistes comme des libéraux. Jusqu'à certains"anarchistes." Vraiment, personne n'essaye de s'en débarrasser, de l'envoyer se faire foutre. En paroles, nombreux; dans les faits, personne. De belles constructions théoriques, des "manifestes", des primitivismes à la John Zerzan, des invectives et des paradoxes exquis comme celui-ci; mais personne, finalement, qui se licencie. Qui renonce à sa petite place, s'il en a. Qui renonce à en chercher en envoyant tout en l'air et en convainquant ses proches à en faire autant, à ne pas se tuer de larmes et de préoccupations, à être prêt même à manger de la merde et à dormir sous un pont et à s'activer tranquillement pour que ce pont devienne un palais pour tous. Je me demande s'il n'a pas raison Sirio à ne pas vouloir donner ses vingt ans à la mort; qui est Sirio? Je le sais, et il le sait. Et sa mère le sait aussi, que je ne voudrais plus voir mourir rapidement car elle a vingt ans aussi, elle, et elle les aura toujours.
Par contre, on devrait commencer vraiment tous à se licencier, à s'échapper du travail. Les laisser enfin seuls avec leur machinettes et avec leurs économies, ces messieurs. Seuls avec leurs balles en main, et rendre le temps au temps en le soustrayant définitivement à l'argent. Je voudrais que les yeux de qui j'aime ne fussent jamais comme ces fleurs offertes en mai et rendues en novembre. Et je fume un cigare, sale chien de dieu. Je le sais que je ne devrais pas, qu'il me fait mal et tout ça; mais je ne mourrai pas de travail. Je vais probablement le perdre ce travail qui bien plus que la fumée a contribué à m'envoyer ad patres; vous n'imaginez pas non plus quelle vie j'ai eue jusqu'au 21 septembre 2011. Et qui s'en soucie. Je prends congé. Je perdrai, peut-être, tout. Ils me couperont électricité et gaz. Vous ne lirez pas plus l' "Asocial Network"; ce n'est pas une chose fondamentale pour l'humanité. Si j'ai vraiment encore envie de "faire circuler mes idées", je trouverai bien la manière de le faire. S'il y a quelque chose auquel je tiens, c'est ce trou dans lequel je vis; beh, on peut se dire qu'un beau jour, je le perdrai aussi, mais je ne perdrai pas la vie. Le désespoir ne m'aura pas. Le travail et sa peste bubonique ne m'auront pas . Aucun train ne me passera dessus, putain de madone. À la fin je mourrai, comme tous, mais après avoir vécu ma vie. Quand viendra le moment, en espérant qu'il arrive sur une plage d'Elbe, quand je serai étendu là à n'en pas taper une, avec la Semaine Enigmistica (mots croisés), même si tous ses collaborateurs se licencient et qu'elle ne sort plus, j'en ai, sûr, une réserve pour des décennies. Je vous suggérerais : vous aussi, faites-le. Licenciez-vous tous, parce que de "changement", il ne peut y en avoir d'autre. Licencions-nous tous, car ainsi, nous vaincrons : VINCEREMOS !