1980: il buio penetra le luci (*) artificiali delle nostre coscienze infantili
cercando un bagliore di luce alla fine del tunnel che lui stesso crea. (**)
Ma allora non potevamo capire che senza il buio la luce non esiste
la realtà è luce nel buio...e non viceversa.
Troppo giovani.
La realtà ci appariva capovolta.
Neon fanali schermi e computer
cartelloni pubblicitari fatti di milioni di lampadine, che la nostra ossessiva tecnologia stava trasformando in pixel
[per nascondere le sconfitte che la generazione precedente aveva vergogna di mostrare.] (***)
La luce oscurava il buio...
lo soffocava...
il buio...
Il buio è la condizioni a priori della sensibilità:
nella totale (****) oscurità l'accensione di una piccola fonte di luce può illuminare un universo.
Cosa sono le lucciole, se non gli abitanti del buio esteticamente più evoluti?
Esse cedono (*****) la loro intermittenza,
la loro ambivalenza...
Si accendono e si spengono...
Ma in quale dei due momenti esse (*******) manifestano appieno la loro esistenza?
È ora di portare al collo il tao del buio:
bianco nel nero, nero nel bianco
cos'è l'uno senza il suo opposto di fianco?
E le note sono dodici, qualcuno dice sette
ma ciò che è più importante
è l'unica perenne infinita relazione
fra di loro e con il tempo che rende
l'universo un avido marasma di sinfoniche pulsioni
di candide incorporee visioni
fra il caldo primitivo e il buio della tomba
e l'avido lamento nucleare della bomba.
cercando un bagliore di luce alla fine del tunnel che lui stesso crea. (**)
Ma allora non potevamo capire che senza il buio la luce non esiste
la realtà è luce nel buio...e non viceversa.
Troppo giovani.
La realtà ci appariva capovolta.
Neon fanali schermi e computer
cartelloni pubblicitari fatti di milioni di lampadine, che la nostra ossessiva tecnologia stava trasformando in pixel
[per nascondere le sconfitte che la generazione precedente aveva vergogna di mostrare.] (***)
La luce oscurava il buio...
lo soffocava...
il buio...
Il buio è la condizioni a priori della sensibilità:
nella totale (****) oscurità l'accensione di una piccola fonte di luce può illuminare un universo.
Cosa sono le lucciole, se non gli abitanti del buio esteticamente più evoluti?
Esse cedono (*****) la loro intermittenza,
la loro ambivalenza...
Si accendono e si spengono...
E' lecito affermare, che con gli inizi degli anni '80 il volume di affari delle multinazionali rappresenterà circa un quarto della produzione mondiale non comunista. E' quindi evidente che le multinazionali si presentano come un importante veicolo di progresso che sta alterando i rapporti sociali, i valori, gli schemi comportamentali in misura tale da contribuire efficacemente in misura tale da contribuire a diminuire le barriere tra i popoli e a proporsi quindi come un insostituibile fattore di stabilizzazione dell ordine mondiale. (******)
Ma in quale dei due momenti esse (*******) manifestano appieno la loro esistenza?
È ora di portare al collo il tao del buio:
bianco nel nero, nero nel bianco
cos'è l'uno senza il suo opposto di fianco?
E le note sono dodici, qualcuno dice sette
ma ciò che è più importante
è l'unica perenne infinita relazione
fra di loro e con il tempo che rende
l'universo un avido marasma di sinfoniche pulsioni
di candide incorporee visioni
fra il caldo primitivo e il buio della tomba
e l'avido lamento nucleare della bomba.
(*) Nel libretto: "penetrava nelle"
(**) Nel libretto: "creava"
(***) Presente nel libretto, non nella registrazione in studio.
(****) Nel libretto: "più completa"
(*****) Nel libretto: "esse mostrano nella"
(******) Testo da voce recitante. Già presente nelle "Ballate di fine comunismo".
(*******) "esse" non è presente nel libretto.
(**) Nel libretto: "creava"
(***) Presente nel libretto, non nella registrazione in studio.
(****) Nel libretto: "più completa"
(*****) Nel libretto: "esse mostrano nella"
(******) Testo da voce recitante. Già presente nelle "Ballate di fine comunismo".
(*******) "esse" non è presente nel libretto.
inviata da Riccardo Venturi - 16/4/2012 - 16:08
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Testo e musica: Davide Giromini
Arrangiamenti: Redelnoir
Voce lirica di Flavia Pierini
Basso di Leonardo Palmierini
Violini di Fabio Ussi
Album: Ballate postmoderne
Presente anche nell'album collettivo "Addosso! L'Italia non si taglia" (Artisti vari)
Non lasciatevi incantare dallo sfavillio rosa fuxia della cover. “Ballatepostmoderne” ha anima neropece, e un’aria decisamente poco raccomandabile. Sotto la patina bubble gum della copertina è l’analisi più lucida e disillusa sugli Ottanta che sia mai stata messa in canzone. Questo cd è un porto-franco per fantasmi scomodi, per ideologues non pacificati, anime alla deriva, collassi interiori, e altri sociali.
Il de profundis della generazione-Vasco Rossi, intonato senza commiserazione e nemmeno un briciolo di compiacimento. I prodromi del collasso della civiltà in dodici stazioni, quelle di una via crucis senza redentori, né false promesse di salvezza.
La verità nuda e cruda in bella mostra, signore e signori: nemmeno un refolo di speranza in questo (post)disco di Davide Giromini-Redelnoir. Tutto è transustanziato in “poi”, superato, mercificato: ideologie (socialismo, craxismo-reaganismo), miti (Lorella Cuccarini, Rambo, Obi Wan Kenobi), modernismo, punk (certi influssi del primo Ruggeri), con il coraggio di una scrittura anti-melodica che sbrindella pillole di saggezza ontologica (“siamo soltanto pidocchi attaccati alla terra/ pidocchi coi calli alle mani”), accenni di j’accuse, ironia, filosofia, cronaca, storie artificiali, crittogrammi della serie “bravo chi riesce a scovarci tra le righe citazione alte e basse”.
Come una corsa notturna sulle montagne russe della post-modernità, si passa da Nietzsche (non a caso) a Bearzot, da Eraclito a Pasolini a Benjamin a Tarkovskij a Heidegger. Si usa, oggi, nella pop music? “Ballatepostmoderne” va accolto, dunque, come un urlo munchiano nella calma piatta della discografia contemporanea. Come una felice anomalia. Il contraltare atteso e maleducato al sound tuttigusti, “facce da bambino & cuori infranti” di finardiana memoria, per intenderci. Un pugno allo stomaco alla (cattiva) coscienza collettiva, una requisitoria a tinte fosche, di gran lunga più incisiva delle coazioni a ripetersi di alcuni cantautori storici del nostro scontento.
Un concept-album disalienato sull’alienazione, che sin dai cancerogeni Ottanta, ci avvince tutti come l’edera di nillapizziana memoria. Una partitura per voce sola (che grida nel deserto) che assembla piano e suoni campionati, punk duro & puro e accenti cantautorali, in un crossover musicale straniato, ipnotico, irresistibile, balsamo per le nostre orecchie affrante da giusiferrerismo espanso.
Sterile svilire il senso ultimo di un album da assumere nel suo insieme, e addentrarsi nello specifico delle singole tracce (volete essere così bravi da fottervene, per una volta, dei brani-pilota?). Che questo è un cd che va ascoltato e riascoltato tutto. Traccia dopo traccia, capitolo dopo capitolo, se ancora vi è rimasto un poco di coraggio e di amor proprio per guardare alla realtà dal lato peggiore “Ballatepostmoderne” è il disco che fa per voi. - Brigata Lolli
Arco di tenebra
Stalker
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1980...il buio
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La mia generazione
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Il ritorno dello Jedi