Le Printemps est évident, car
Du coeur des Propriétés vertes,
Le vol de Thiers et de Picard
Tient ses splendeurs grandes ouvertes!
Ô Mai! quels délirants culs-nus!
Sèvres, Meudon, Bagneux, Asnières,
Écoutez donc les bienvenus
Semer les choses printanières!
Ils ont schako, sabre et tam-tam,
Non la vieille boîte à bougies,
Et des yoles qui n'ont jam, jam...
Fendent le lac aux eaux rougies!
Plus que jamais nous bambochons
Quand arrivent sur nos tanières
Crouler les jaunes cabochons
Dans des aubes particulières!
Thiers et Picard sont des Éros,
Des enleveurs d'héliotropes;
Au pétrole ils font des Corots:
Voici hannetonner leur tropes...
Ils sont familiers du Grand Truc!...
Et couché dans les glaïeuls, Favre
Fait sont cillement aqueduc,
Et ses reniflements à poivre!
La grand'ville a le pavé chaud
Malgré vos douches de pétrole,
Et décidément, il nous faut
Vous secouer dans votre rôle...
Et les Ruraux qui se prélassent
Dans de longs accroupissements,
Entendront des rameaux qui cassent
Parmi les rouges froissements!
Du coeur des Propriétés vertes,
Le vol de Thiers et de Picard
Tient ses splendeurs grandes ouvertes!
Ô Mai! quels délirants culs-nus!
Sèvres, Meudon, Bagneux, Asnières,
Écoutez donc les bienvenus
Semer les choses printanières!
Ils ont schako, sabre et tam-tam,
Non la vieille boîte à bougies,
Et des yoles qui n'ont jam, jam...
Fendent le lac aux eaux rougies!
Plus que jamais nous bambochons
Quand arrivent sur nos tanières
Crouler les jaunes cabochons
Dans des aubes particulières!
Thiers et Picard sont des Éros,
Des enleveurs d'héliotropes;
Au pétrole ils font des Corots:
Voici hannetonner leur tropes...
Ils sont familiers du Grand Truc!...
Et couché dans les glaïeuls, Favre
Fait sont cillement aqueduc,
Et ses reniflements à poivre!
La grand'ville a le pavé chaud
Malgré vos douches de pétrole,
Et décidément, il nous faut
Vous secouer dans votre rôle...
Et les Ruraux qui se prélassent
Dans de longs accroupissements,
Entendront des rameaux qui cassent
Parmi les rouges froissements!
Contributed by Riccardo Venturi - 2006/6/2 - 15:49
Language: Italian
Versione italiana letta da Joe Fallisi
da Nel Vento
da Nel Vento
CANTO DI GUERRA PARIGINO
La Primavera è evidente, se
Dal cuore delle verdi Proprietà
Il volo di Thiers e di Picard
Spalanca tutti i suoi splendori!
O Maggio! quante pezze al culo van delirando!
Sèvres, Meudon, Bagneux, Asnières,
Udite dunque i benvenuti
Dispensare i doni di questa primavera!
Hanno sciabole, chepì e tam-tam,
Non la vecchia scatola di candele,
E jole che giammai han giam giam
Fendono il lago dalle acque arrossate!
Più che mai ci mettiamo a sgavazzare
Quando arriva sui nostri formicai
La pioggia di quelle zucche gialle
In albe tutte particolari!
Thiers e Picard sono due Amorini,
Due rapitori d’eliotropi;
Col petrolio fanno dei Corot:
Eccoli ronzare coi loro tropi
Son della famiglia del gran Trucco!
E sdraiato nei giaggioli, ecco Favre
Che è uno sbattere di ciglia, un acquedotto,
E tira su col naso, ma solo pepe!
Come scotta il selciato in tutta la città
Nonostante le vostre docce di petrolio,
E questo è certo noi dovremo
Dare una scrollata al vostro ruolo
E i rurali beati e soddisfatti
Abbandonati ai loro lunghi accosciamenti,
Li sentiranno i rami spezzarsi
In mezzo ai rossi sfregamenti!
La Primavera è evidente, se
Dal cuore delle verdi Proprietà
Il volo di Thiers e di Picard
Spalanca tutti i suoi splendori!
O Maggio! quante pezze al culo van delirando!
Sèvres, Meudon, Bagneux, Asnières,
Udite dunque i benvenuti
Dispensare i doni di questa primavera!
Hanno sciabole, chepì e tam-tam,
Non la vecchia scatola di candele,
E jole che giammai han giam giam
Fendono il lago dalle acque arrossate!
Più che mai ci mettiamo a sgavazzare
Quando arriva sui nostri formicai
La pioggia di quelle zucche gialle
In albe tutte particolari!
Thiers e Picard sono due Amorini,
Due rapitori d’eliotropi;
Col petrolio fanno dei Corot:
Eccoli ronzare coi loro tropi
Son della famiglia del gran Trucco!
E sdraiato nei giaggioli, ecco Favre
Che è uno sbattere di ciglia, un acquedotto,
E tira su col naso, ma solo pepe!
Come scotta il selciato in tutta la città
Nonostante le vostre docce di petrolio,
E questo è certo noi dovremo
Dare una scrollata al vostro ruolo
E i rurali beati e soddisfatti
Abbandonati ai loro lunghi accosciamenti,
Li sentiranno i rami spezzarsi
In mezzo ai rossi sfregamenti!
Contributed by Riccardo Venturi - 2006/6/2 - 15:56
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Poesia di Arthur Rimbaud [1871]
Musique de Joe Fallisi [1981]
Musica di Joe Fallisi [1981]
Ero a Milano, in autunno, camminavo dentro un'aria di piombo, l'anima silenziosa e come imprigionata nella stessa cappa grigia della città. Venivo da un grave incidente, mi sembrava di aver perso tutto... Una visita al mio vecchio Maestro di canto, e poi lungo il viale, da solo. Vedo una libreria, entro senza motivo. Sul banco il mio sguardo si posa su un "Oscar Mondadori", la traduzione italiana integrale in rima, di Gesualdo Bufalino, dei Fiori del male... lo prendo tra le mani d'istinto... Conoscevo e amavo sin dall'adolescenza Baudelaire, così come i suoi "figli" Rimbaud e Verlaine, da sempre miei compagni di viaggio. Forse era lo spleen dei suoi occhi, del suo viso, che ricordavo così bene... la sua lingua di ambra e diamante, capace di esprimere e nello stesso tempo involare l'angoscia con parole esatte e veritiere... certo anche la curiosità della versione che non avevo mai letto... Sentivo che quel piccolo libro non mi avrebbe più lasciato. Qualche passo nella strada ed eccolo aperto a caso... ricordo ancora... "Le chat", per prima, una carezza perlacea sul "corpo bruno" di Jeanne, dal "profumo pericoloso"... All'improvviso, e nel modo più naturale, inevitabile, come mai era successo nella mia vita, i versi erano immediatamente note, che zampillavano precise e definitive... "Viens mon beau chat sur mon coeur amoureux"... Non poteva, la lirica, "suonare" altro che così... come se la melodia fosse già contenuta nell'inchiostro di Baudelaire e per un miracolo io potessi ascoltarla!... voltavo le pagine incredulo... ecco... ora proprio "Spleen", col suo "cielo basso e pesante" sull'anima trafitta da un "vessillo nero" e chiusa nella bara metropolitana... e dopo la seconda, una terza, una quarta, una quinta!... Leggevo la traduzione (magnifica) delle poesie e ogni volta riandavo al testo francese... le parole continuavano a cantare - a quel punto il cielo si era di nuovo aperto, l'aria era tornata viva... Così mi munii di penna, carta e di un registratore... mi consideravo un "medium", una porta che avevo il dovere di tenere spalancata... Furono giorni in cui tutto il mio essere si abbeverava a quella magica fontana, ogni altra cosa aveva perduto d'importanza e, insieme, tutto aveva ancora un senso e persino uno scopo, anche il dolore, il buio, lo smarrimento... Era chiarissimo per me: se non mi fossi trovato giù nel fondo più fondo... niente acqua sorgiva. E infatti, quando la guarigione e la "normalità" ebbero la meglio, le rime si fecero di nuovo silenziose... Non per sempre tuttavia... A volte, nel corso degli anni, come se il ricordo di quei primi momenti tornasse, del tutto inatteso, a palpitare, la magia si rinnovava... Così, cominciarono a svelarmi qualche musica segreta anche Verlaine e Rimbaud, insieme in fuga notturna sul loro treno immortale dentro i "paesaggi belgi"... Tutti loro, quando la rivoluzione aveva bussato alla porta, le avevano aperto… Baudelaire, nel 48, ritto sulla trincea, nella speranza di annientare il suo odiato patrigno... i due amici per la vita, anima e corpo uniti ai rivoltosi "attraverso Parigi ammutinata"... Tra le poesie che Rimbaud dedicò alla fiamma della Comune ce n'è una, "Chant di guerre parisien", lama affilata, acida, implacabile, il cui titolo alla fine mi sembrò quello proprio dell'intero ciclo: la guerra della vita quotidiana, di cui i tre erano stati valorosi soldati, oltre la cronaca, al di la della "Storia"... Dove l'unica possibile vittoria è su noi stessi.
Joe Fallisi - Milano, 15 luglio 2005