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Langue: grec moderne


Mikis Theodorakis / Mίκης Θεοδωράκης

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Diónysos
theodypografi
Στίχοι: Μίκης Θεοδωράκης
Μουσική: Μίκης Θεοδωράκης
Πρώτη εκτέλεση: Θανάσης Μωραΐτης
LP: «Διόνυσος» - 1985

Testi (politonici nell'originale)
e musica di Mikis Theodorakis.
Prima esecuzione di Thanasis Moraìtis
LP: «Διόνυσος» - 1985

Dionisos Theodorakis
Ο Θανάσης Μοραΐτης. Thanasis Moraìtis, primo interprete del ciclo.
Ο Θανάσης Μοραΐτης. Thanasis Moraìtis, primo interprete del ciclo.




Già nei primi anni della sua apparizione sulla scena musicale greca, nei primi anni Sessanta, Mikis Theodorakis coltivava una sua intuizione, che considerava fondamentale per la rigenerazione morale e civile del suo paese uscito stremato e dilaniato da una tetralogia tragica, durata un quindicennio, i cui episodi si intitolavano: dittatura, guerra nazionale, occupazione straniera e guerra civile. L'intuizione era quella di dare vita, attraverso le arti, a una nuova mitologia greca, nella quale la sequela dei fatti accaduti e la galleria dei personaggi, sottratte al sanguinoso magma della contesa quotidiana, assumessero le dimensioni e la profondità di un discorso esemplare, in cui sia i concittadini, sia il resto del mondo potessero specchiarsi, e il cui effetto diventasse, aristotelicamente, quello di una catarsi. Ci provò con "Il fratello morto", ci riuscì con Τò Ἄξιόν Ἐστι" .

Ma anche negli anni posteriori alla Giunta (1967 - 1974), dopo ripetuti tentativi di tenere viva una fiamma epica mentre il paese si lasciava irretire nei mutamenti antropologici dell'occidentalizzazione, dei consumi e degli inganni di un' apparente indipendenza nazionale, condizionata dalle alleanze (NATO, basi USA), e di una apparente libertà politica, manipolata dal denaro e dalla corruttela, e prima di scegliersi, come un esule in patria, un ambito quasi personale, intriso, anziché di epicità, di un amaro lirismo non mai sordo, tuttavia, alla nostalgia e alla speranza della luce, a tratti l'esigenza di creare una mitologia tornava ad urgergli dentro.
Nel dicembre del 1984, a quarant'anni esatti dall'episodio cruciale di quel tragico quindicennio, quei primi trentatré giorni di guerra civile combattuta nelle strade e nelle piazze della capitale che portano il nome di "Dekemvrianà" (4 dicembre 1944 - 2 gennaio 1945), Theodorakis concludeva una nuova opera, cui aveva dato in solitudine note e parole, e che, intitolata all'antico dio Dioniso, voleva essere un' opera "religiosa". Il musicista era stato ispirato proprio da quei fatti, di cui egli stesso era stato partecipe, e di cui si celebrava o si recriminava il quarantennale: e in essi vedeva il culmine di una sorta di via crucis dell'antico dio, con il suo sacrificio consumatosi nel disperato e impari attacco degli EAMisti alla caserma "Makriyannis" del Reggimento ateniese della Horofilakì (Guardia Civile), fortezza e nuovo Alcazar di ex ghestapisti riverniciati, sotto la bandiera britannica, di patriottismo nazionale. Il sacrificio di un Dioniso inteso non scolasticamente come il barcollante corifeo di chiassosi baccanali, ma come il dio evergete dalle ascendenze umane, che non frequenta le vette dell'Olimpo, ma ama l'uomo semplice e istintivo e volentieri gli si accompagna, che lo rallegra di vegetazioni amiche e gli dona la gioia di vivere perché riceve come omaggio alla propria epifania di "tragos" (il capro da cui nacquero canzone e tragedia) quei piaceri dei sensi, della festa e del canto, che sono la vocazione, la consolazione e l'espressione identitaria del popolo. Un pacifico Dioniso, che ha visto e ricorda, attraverso la drammaturgia tragica che nel suo antichissimo culto si innesta, tutti i personaggi altolocati dei miti in cui si mostrano Greci intenti ab antiquo a scannare altri Greci, come nel ciclo tebano e in quello di Oreste, per essere lui stesso infine giudicato e condannato e perciò trascinato, proprio dagli dei di quell' Olimpo in cui non si sentiva di casa, e dai loro corrispettivi mortali, di cui aveva svelato le lacrime e il sangue, a difendersi e a soccombere. Dioniso agli occhi del popolo altri non è che il suo poeta e il suo cantore e, a quelli del poeta e del cantore, altro non è che lo spirito del popolo stesso: entrambi sacrificati nel momento in cui doveva dischiudersi la gioia.

Alcune pagine di fitti appunti preparatori di mano di Theodorakis - appunti di non facile lettura - fanno intendere che il musicista aveva in mente di accompagnare la musica e il canto con un complesso movimento scenico, scandito dalle canzoni. Chiaramente vi si legge che non si trattava di un'opera pensata per le reti radiofoniche e neppure per gli stadi. Doveva diventare percepibile da tutti i sensi degli spettatori la sopravvivenza, nell'anima del popolo, del Dioniso morto nella battaglia di Makriyannis. Il popolo, infatti, ha un privilegio d'immortalità, quando non perda la sua memoria e i suoi poeti: un privilegio che non spetta in assoluto neppure al dio, che del popolo ha pur sempre bisogno se vuole risorgere, perché un Dioniso incatenato che canti e danzi per i potenti è solo un'infelice orsa che i gitani portano a ballare nelle fiere, è un dio irrimediabilmente morto. Al contrario di quanto pensava il poeta suo amico Anaghnostakis ("Questi versi saranno forse gli ultimi degli ultimi che si scriveranno/Perché i poeti futuri non vivono più/ Quelli che potrebbero parlare sono tutti morti giovani"; e dai loro canti dolorosi i nuovi poeti raccoglieranno un loto, il fiore dell'oblio: video ), Theodorakis vede snodarsi una "pombì", un sacra processione guidata dallo spirito di Dioniso che, dalla caserma Makriyannis si snoda attraverso stazioni scandite dai decennali della battaglia, fino al colle della Pnice, il luogo simbolo della democrazia ateniese, i luogo dove i cittadini decidevano di se stessi.

S'intende che questa congerie di premesse poste alla base del progetto non rendeva "popolare" - nonostante le intenzioni sopra accennate - l'opera nel suo insieme. Fu felice Manos Hatzidakis che il musicista "rivale" (dal quale molto dissentiva per i suoi concerti negli stadi) gliela proponesse come titolo d'esordio della sua casa discografica, la "Sirios", da lui appena fondata per liberarsi dai condizionamenti mercantili degli editori più potenti (Emi, Minos ecc.) e da quelli politici della radiotelevisione. Ma il pubblico, aiutato anche dal ritmo rapido e "saltellante" che per il compositore doveva essere "dionisiaco", fece sue solo due o tre canzoni, perché non gli era facile cogliere la complessa e non manifesta trama sincronica e diacronica che collega l'insieme; mentre, probabilmente, non gli sfuggivano le allusioni ad altre canzoni, dell'autore e di altri, che si riscontrano in alcuni pezzi (v. La Grecità non piangerla Domenica di nuvole Occhi gonfi di pianto, ecc.), segno, credo, della possibile resurrezione del dio.

La costruzione è dunque ardita e non...di largo consumo; la commistione tra mito e storia, tra materia rovente e sogno porta verso le altezze di un Anghelos Sikelianos piuttosto che a un pubblico avvezzo a canzoni-parole d'ordine, ovvero distratto dall'imperante musica futile e commerciale: ammirevole conferma, in ogni caso, della ostinata fedeltà di Mikis ai propri assunti, che vogliono far brillare negli abissi oscuri della storia un cristallo di luce ai cui vertici sempre si trovano l'individuo e il popolo, la poesia e la musica, la storia e il sogno, e la Grecia come "figura" del mondo.
Ma la riuscita dell'opera (che di per sé non vuol dire successo) è innegabile e sta, credo, nell'esprimersi di un dolore, attonito e struggente, da un ritmo di danza arcaica: altra commistione difficilissima, che solo una consumata sapienza artistica può permettersi di concepire e di realizzare.

Una nota occorre, per dar conto essenziale degli avvenimenti detti Dekemvrianà, perché ovviamente essi non sono mai divenuti oggetto di alcuna attenzione nel nostro paese: una nota per forza di cose insufficiente a passare in rassegna anche le differenti "vulgatae" che, intorno alle responsabilità, allo svolgimento delle azioni militari e al grado di carica violenta che le contrapposte parti riversarono nel breve, spietato conflitto, ancor oggi riemergono in Grecia come argomentazioni della contesa politica.

Letti quei fatti nella chiave di ciò che allora erano, in entrambi i fronti, gli intenti politicamente conseguibili, è quasi impossibile non sposare la versione che attribuisce lo scoppio della crisi a una deliberata provocazione dei Britannici - e delle forze conservatrici locali che se ne facevano scudo - per sgomberare almeno Atene, capitale di uno di quegli stati europei che i patti di Yalta già avevano assegnato al campo occidentale, dalla presenza delle organizzazioni politiche e militari della sinistra (EAM, ELAS), in modo da approntare una testa di ponte al ripristino della monarchia e al ritorno di un re inviso ai più perché compromessosi con la dittatura di Metaxas e poi fuggito in Egitto di fronte all' occupazione nazifascista. Schiacciare l'opinione democratica repubblicana, rendere impossibile la vita in città a chi potesse opporsi al disegno di Churchill, e poi con calma accerchiare e liquidare le forze partigiane nei loro santuari del Peloponneso e, soprattutto, della Grecia continentale (cosa che poi avvenne più di cinque anni dopo, ma solo con il decisivo supporto americano e anche grazie alla rottura tra Tito e Stalin) era un progetto assolutamente praticabile, in considerazione del quadro internazionale e delle forze militari in campo. Praticabile, certo, ma innegabilmente difficile, perché in Grecia, come del resto anche altrove, la Resistenza aveva dato grande forza e prestigio al Partito Comunista (KKE), che più di tutti si era speso, per propria determinazione e per abnegazione dei suoi combattenti, nella lotta partigiana: realizzabile, dunque, ma solo se si fosse creato il pretesto per ricorrere alle armi e portare la violenza e il terrore fino al parossismo. Dall'altro lato, proprio perché Yalta era cogente e i comunisti greci assai ligi alla parola di Stalin, è arduo pensare che da parte loro si volesse forzare la mano del "piccolo padre", per quanto desiderosi fossero di cambiamento, per quanto fossero dotati di un consistente armamento da guerra e da guerriglia, e per quanto, visto che erano Greci, fossero orgogliosi della loro appartenenza nazionale e fermamente decisi a condizionare la fase politica e sociale che si apriva.

Il fatto incontrovertibile è che, il 4 dicembre 1944, all'intimazione di consegnare le armi, rivolta dal gen. Skolby e dal primo ministro greco Yorgos Papandreu alle forze partigiane, esse risposero con uno sciopero generale e con una manifestazione in piazza Sintagma, nella quale i cittadini si recarono portando le bandiere nazionali e quelle degli Alleati. Già appostati sui tetti, fucilieri inglesi e armati greci replicarono bersagliando la folla. Restarono sul terreno 26 cadaveri e 145 feriti, tutti manifestanti disarmati. Poi, per circa un mese, divampò un'impari battaglia. Impari, perché da un lato c'era un esercito ben armato e sperimentato, con tanks nelle piazze e agli incroci e navi da guerra nel porto del Pireo, c'erano forze armate greche professionali come gli Asfalìtes (la Sicurezza) e i Horofìlakes, che avevano mantenuto l' "ordine" durante l' Occupazione al fianco della Gestapo e dei Reali Carabinieri, e c'erano diverse formazioni anticomuniste e monarchiche di "resistenza" dotate di armamento britannico: dall'altro c'erano i partigiani dell'EAM/ELAS, non in grandissimo numero, perché prudenza aveva consigliato di non sguarnire eccessivamente le zone controllate nel Peloponneso, nell'Epiro, in Tessaglia e in Macedonia, ma che erano affiancati dalla mobilitazione di semplici cittadini, giovani e ragazze davvero alle prime armi, che in gran parte fecero l'unica cosa per cui non ci fu mai bisogno di apposito addestramento: cadere sotto i colpi di mitraglia e gli scoppi di mortaio.

Uno dei primi episodi fu il furioso combattimento che prese il nome di "Battaglia di Makryannis". Divampò intorno alla sede - oggi Centro degli studi sull'Acropoli - del Reggimento ateniese della Horofilakì, la guardia civile nata ai tempi della monarchia bavarese e oggi assorbita dalla Polizia di Stato (Ellinikì Astinomia, EL.AS, da non confondersi con ELAS, la forza armata del Fronte di Resistenza EAM). Il combattimento si protrasse dal 6 all'11 dicembre, senza che gli EAMisti riuscissero a espugnare l'edificio, già munito come un fortino e prontamente soccorso dalle forze britanniche sbarcate dalle navi alla fonda davanti al Pireo e schieratesi il 10 dicembre in posizione dominante sull'Acropoli.

Il fuoco continuò ancora per tre settimane in molti quartieri della capitale; e dietro la sua cortina si sgranò anche un rosario di esecuzioni di singole persone resesi colpevoli di collaborazionismo durante l'Occupazione. L' ELAS, attivando la sua Volante Rossa chiamata OPLΑ, ne approfittò anche per eliminare, in stile spagnolo, un certo numero di anarchici e di troztisti. Gli anarchici ancora accusano i comunisti di avere premeditato, sin dal ritiro dei Tedeschi, una strategia di sangue, a cominciare dalla strage della Dolina di Meligalàs (Messenia) di neppur tre mesi prima, e a loro imputano le migliaia di morti delle Dekemvrianà. In questo convulso regolamento di conti non solo caddero abominevoli sicofanti incappucciati che avevano scortato i tedeschi nei rastrellamenti dei quartieri più irriducibili, come Kessarianì e Kokkinià (altro video) , per additare i concittadini da passare per le armi, ma anche qualche persona meno fattivamente compromessa, come la grande attrice drammatica del Teatro Nazionale, Eleni Papadaki, la cui esecuzione (insensata, ammise più tardi il segretario generale del KKE Zahariadis) ancor oggi offre argomento a chi abbia convenienza di gettare sinistra luce sull'azione dei resistenti.

L'imprevisto protrarsi della crisi preoccupò a tal punto Churchill, da spingerlo a raggiungere di persona il terreno della battaglia. Ad Atene incontrò i suoi alti ufficiali, l'arcivescovo e il primo ministro greco Papandreu. Probabilmente da quella visita derivarono la sostituzione di Papandreu con il gen. Nikolaos Plastiras, noto come il "Cavaliere Nero", e gli abboccamenti con gli esponenti dell'EAM/ELAS che si conclusero il 12 febbraio 1945 con l'accordo di Vàrkiza, in base al quale le forze dell'ELAS, obtorto collo e con le lacrime agli occhi, consegnarono le armi, pur ottenendo la garanzia di continuare ad controllare i territori settentrionali da loro ripuliti dai nazifascisti. La "tregua" che ne seguì durò circa un anno, durante il quale i due schieramenti, rinforzando ciascuno armamenti e posizioni, e terrorizzando gli avversari nelle zone di rispettiva egemonia, si prepararono allo scontro prima o poi atteso: quello che si sarebbe prodotto al primo tentativo di ripristinare la monarchia. (gpt)
Μίκη Θεοδωράκη
Διόνυσος



1. Η πομπή συνεχίζεται
Ορχηστρικό


2. Η απολογία του Διόνυσου


Γεια και χαρά σας άσπιλοί δικαστές
είμαι μπροστά σας
βγάλτε νύχια και φωτιές
η τιμωρία τρομερή
πρέπει να βγει από τη συνάθροιση αυτή.

Κάψτε τους στίχους κάθε μελωδία μαγική
που μας πηγαίνει σ' άγνωστη μεριά χιμαιρική.

Γεια και χαρά του κόσμου αυτού οι δυνατοί
είμαι μπροστά σας
βγάλτε νύχια και χολή
σαν τα βουνά
που κλείνουν μέταλλα σκληρά
και τα τρυπούν
και την καρδιά τους την πονούν
μα η καρδιά
μες απ'τα νύχια τους γλιστρά
και τραγουδά.

Αντιστροφή Α'

Πάγανα πάνε οι στρατιές
στου Διονύσου τις κορφές
για ν'ανάψουνε φωτιές.

Να κάψουν θέλουν το θεό
με τις νυφούλες στο πλευρό
και τ'αγόρια στο χορό.

Αντιστροφή Β'

Διόνυσέ μου
με τ'ασίκικα φτερά, παλικάρι μου,
με του τράγου το κορμί, παλικάρι μου
σέρνεις πρώτος τη πομπή
Διόνυσέ μου,
κοίτα ποιός σ'ακολουθεί
'Ελληνες κι αλλοδαποί.

3. Μια φυλακή


Μια φυλακή
- πως μας φτάσαν ως εδώ;
μια φυλακή
η ζωή μου φυλακή.

Χορίς ποινή
- πως μας φτάσαν ως εδώ;
χορίς δικαστή
η ζωή μου φυλακή.

Στου Μακρυγιάννη
πριν προλάβεις να μιλήσεις
Εγγλέζου βόλι σε γονάτισε.
Μας κοίταξες με βλέμμα μελαγχολικό
να σκεφτόσουνα θαρρείς
πόσο λίγο η μέρα κράτησε.

Μες στις πλατείες
ένας ένας καθισμένοι
τη μοναξιά μας γραμμένη
τη σφράγισες με βλέμμα μελαγχολικό
ποιός θα πει το μυστικό
στη ζωή μας χαμένη.

4. Το ψυγείο


Μην ρωτάς καρδιά μου
μην καρδιοχτυπάς
πίκρες, παραμύθια
τέλειωσαν για μας.

Στο τηλέφωνο σου
όλοι οι αριθμοί
έχουν παραλήπτη
μια ζωή νεκρή.

Αν έχεις μάτια που κοιτούν
κι αν έχεις στήθια που πονούν
πως την αντέχεις δε μου λες
τέτοια ζωή χορίς να κλαίς;

'Οσοι αγαπήσαν
κείτονται νεκροί
όσοι προσκυνήσαν
είναι οδηγοί.

Μέσα στο ψυγείο
άνοιξε να μπεις
για να μείνεις φρέσκος
να διατηρηθείς.

5. Η αρκούδα


Μιαν αλυσίδα μου δένουν γύρω στο λαιμό
είμαι αρκούδα χορεύω γύφτικο σκοπό
είμαι αρκούδα χορεύω γύφτικο σκοπό
μιαν αλυσίδα μου δένουν γύρω στο λαιμό

Μέσα στα γήπεδα με γυμνάζουνε
τ' άγρια πλήθη να χαιρετώ
με μαϊμούδες μαζί με βάζουνε
τ' άγρια πλήθη να προσκυνώ

Στη φυλακή μου αγγέλοι μπαίνουν σιωπηλοί
ήρθε το τέλος δεν ήρθε ακόμα η αρχή
ήρθε το τέλος δεν ήρθε ακόμα η αρχή
στη φυλακή μου αγγέλοι μπαίνουν σιωπηλοί

Μέσα στα γήπεδα με γυμνάζουνε
τ' άγρια πλήθη να χαιρετώ
με μαϊμούδες μαζί με βάζουνε
τ' άγρια πλήθη να προσκυνώ

6. Στις 10 του Δεκέμβρη


Ξεπροβοδίζουν το παιδί στην παγωνιά.
'Εχει τα χέρια του στο στήθο σταυρωμένα
δεν έχει όνομα δεν έχει φαμελιά
κι είχε τα νιάτα του στην άνοιξη ταμένα.

Στις δέκα του Δεκέμβρη πομπή φανταστική
αγόρια και κορίτσια σκοτωμένα
στην άνοιξη πέρνούν ευτυχισμένα
ιδανικά κορμιά αδελφωμένα.

Καθώς κοιτάζω το αγόρι το χλομό
αρχίζει σκέπτομαι ένα αλλιώτικο ταξίδι
για όσους ζήσαμε εκείνο τον καιρό
κi ο,τι πιστεύψαμε θαμμένο έχει μείνει.

7. Ο προδότης


Κυνηγούσα μέσα στην Αθήνα
ήμουν τότε αμούστακο παιδί
είχα ένα πιστόλι και μια φίνα
αισιοδοξία τρομερή.

Η καθοδήγηση με στέλνει για να βρω
έναν προδότη που στη Γούβα τριγυρίζει
βρίσκω το σπίτι και την πόρτα του χτυπώ
κι η μάνα του με γέλιο με καλωσορίζει.

«Κάτσε γιόκα μου να ξαποστάσεις
όπου να 'ναι ο γιόκας μου θα 'ρθεί
για την φτώχεια μας μην μας δικάσεις
η καρδιά μας μόνο είναι καλή».

Τήνε κοιτάζω, σκέπτομαι πως να της πω
πως ήρθα τον προδότη γιο της να σκοτώσω
πάνω στο αίμα του παιδιού της τ'αχνιστώ
μια Ελλάδα Νέα πάω τωρα να στεριώσω!

8. Ο κολίγος


Στρατιώτες ορκισμένοι μπήκαν στα Καλάβρυτα
ξέρεις τι σε περιμένει, όλα μαύρα κι άδικα.

Του καιρού μας οι στρατιώτες δεν ορκίζονται ποτέ
είναι όλοι ιδιώτες με προσωπικό σωφέρ.

Στρατηγοί και Φαρισαίοι μπήκαν στο κονάκι μου
ξέρω τι περιμένει, γράφω το χαρτάκι μου.

Το εισόδημά μου γράφω κι αφαιρώ το νοίκι μου
και στο τέλος υπογράφω και την καταδίκη μου.

9. Τη Ρωμιοσύνη να την κλαις


Θα σας μιλήσω μ'ένα αλλιώτικο σκοπό
μη μου θυμώσετε πολύ παρακαλώ
ψάχνω να βρω τη Ρωμιοσύνη
κι αυτό το πάθος μου τη δίνει.

Τη Ρωμιοσύνη τώρα να την κλαίς
να το συνηθίσεις να το λες.

Στην απορία μου απάντηση ζητω
με αποφεύγουνε με παίρνουν για τρελό
η Ρωμιοσύνη παντρεμένη
είναι ευτυχής και γκαστρωμένη.

Τη Ρωμιοσύνη τωρα να την κλαίς
να το συνηθίσεις να το λες.

Αυτά τα λόγια είναι παρανοικά,
αφ'ου γκαστρώθηκε σημαίνει είναι καλά
με κουμπάρο τον Καρούδα
«έξω οι Βάσεις απ'τη Σούδα».

Τη Ρωμιοσύνη τωρα να την κλαίς
να το συνηθίσεις να το λες.

10. Οραματισμός
Τα κρύσταλλα του αβύσσου



Ψηλά στα χέρια κρατούν
μαύρα πανιά και θρηνούν
του κόσμου οι μαύρες μάνες
ανάβουν λαμπάδες.

Μέσα στα τάρταρα να φωτίσουν
ξάνθον αρχάγγελο να ξυπνήσουν.

Να γίνει φως γαλανό
τραγούδι συμπαντικό
τη γη να κατακλύσει
και να μας οδηγήσει

Μέσα στα κρύσταλλα της αβύσσου
μπροστά στις πόρτες του Παραδείσου.

11. Καλά βουνά


Καλά βουνά μου μενεξιά στα σύννεφα ντυμένα
τι με κοίτατε σοβαρά, βαριά και πονεμένα;

Το μονοπάτι της ζωής τώρα το παίρνω μόνος
όσο κι αν ψάξεις δε θα βρεις πόσο πονάει ο πόνος.

Κι εσείς παιδιά ερημικά τον κόσμο δεν κοιτάτε
μες στην κρυφή στοά μονάχοι περπατάτε.

12. Το ταξίδι


Μια δρασκελιά Πετράλωνα - Θησείο
δυο δρασκελιές Συγγρού - Καισαριανή
βαθιά μες στου μυαλού μου το αρχείο
συννεφιασμένη είναι πάντα η Κυριακή.

Μη με κοιτάς με μάτια βουρκωμένα
μες στην καρδιά μου τα 'χω σφραγισμένα
τα όνειρά μας τα χαμένα.

Πρωϊ πρωϊ θα σεργιανίσω
θα πάρω δρόμο μακρινό
τους φίλους θ' αποχαιρετήσω
θα ξαποστάσω πριν να 'ρθεί το δειλινό.

Στο μακρινό ταξίδι μου θα πάρω
όταν θα μείνω μόνος με το Χάρο
το τελευταίο μου τσιγάρο...

13. Τέλος
Ορχηστρικό

envoyé par Gian Piero Testa - 4/3/2012 - 19:32



Langue: italien

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.

Versione italiana di Gian Piero Testa

dionysus


Si vedano le note alla traduzione.
Diòniso
3);font-size:130%;" >di Mikis Theodorakis


1. La processione continua
Solo orchestra



2. Apologia di Diòniso


Salute e gioia a voi miei giudici immacolati
eccomi al vostro cospetto
tirate fuori unghie e fuoco
il tremendo castigo
bisogna che esca da questo consesso.

Bruciate i versi ogni magica melodia
che ci conduca in regioni chimeriche e ignote.

Salute e gioia a voi potenti di questo mondo
eccomi al vostro cospetto
tirate fuori unghie e fiele
come le montagne
che racchiudono metalli duri
e le perforano
e fanno soffrire il loro cuore
ma il cuore
scivola via dalle loro unghie
e canta

Prima antistrofe

Vanno in caccia gli armati
sulle colline di Dioniso
ad appiccare incendi.

Vogliono bruciare il dio
con le sposine al fianco
e i ragazzi nella danza.

Seconda antistrofe

Dioniso mio,
con le ali intrepide, pallikari mio,
con il corpo di capro, pallikari mio
conduci per primo il corteo
Dioniso mio,
guarda chi ti segue
Greci e stranieri.

3. Una prigione


Una prigione
- come ci fecero arrivare sin qui? -
una prigione
la mia vita è una prigione

Senza sentenza
- come ci fecero arrivare sin qui? -
senza giudice
la mia vita è una prigione.

A Makriyannis
prima che ti riuscisse di parlare
ti abbatté una pallottola inglese.
Ci guardavi con uno sguardo melanconico
come se pensassi, immagino
quanto poco era durato il giorno.

Dentro le piazze
seduti uno ad uno
la nostra solitudine fatale
la sigillasti con uno sguardo melanconico
chi ne rivelerà il segreto
nella nostra vita perduta.

4. Il frigorifero


Non chiedere cuore mio
non palpitare
amarezze, favole
per noi sono finite.

Nel tuo telefono
tutti i numeri
hanno per destinatario
una vita morta.

Se hai occhi per vedere
e se hai un petto che ti fa male
come sopporti dimmelo
una vita così senza piangere.

Quanti hanno amato
giacciono morti
quanti si prosternarono
ora ci guidano.

Dentro il frigorifero
apri per entrare
per stare bello fresco
e conservarti bene.

5. L'orsa


Mi girano una catena intorno al collo
sono un'orsa e ballo un motivo zingaresco
sono un'orsa e ballo un motivo zingaresco
mi girano una catena intorno al collo

Μi addestrano dentro gli stadi
a salutare le folle feroci
mi mettono insieme alle scimmie
a far la riverenza alle folle feroci

Nella mia prigione entrano angeli silenziosi
è arrivata la fine, ma l'inizio ancora no

6. Il 10 di dicembre


Accompagnano il ragazzo nel freddo gelido.
Ha le braccia incrociate sopra il petto
non ha nome non ha famiglia
e aveva una gioventù votata alla primavera.

Il 10 di dicembre un corteo immaginario
ragazzi e ragazzi uccisi
attraversano felici la primavera
e la primavera ricopre di fiori
corpi ideali affratellati.

Mentre guardo il pallido ragazzo
penso che stia iniziando un viaggio strano
per tutti quanti abbiamo vissuto quel tempo
e che ciò in cui abbiamo creduto sia rimasto sepolto.

7. Il traditore


Davo la caccia dentro Atene
ero allora un ragazzo imberbe
avevo una pistola e uno speciale
tremendo ottimismo.

La direttiva mi spedisce a cercare
un traditore che bazzica per Gouva
trovo la sua casa e busso alla porta
e sua madre mi accoglie con un sorriso

- Accomodati figliolo a prender fiato
mi figlio arriverà subito
e non giudicarci dalla nostra povertà
quello che conta è che siamo di buon cuore.

La guardo, penso come faccio a dirle
che son venuto a uccidere suo figlio traditore
sopra il sangue fumante del suo ragazzo
vado adesso a cementare una Grecia Nuova!

8. Il colono


Soldati sotto giuramento entrarono in Kalavrita
lo sai cosa ti aspetta, tutto è nero e ingiusto.

I soldati del nostro tempo non giurano mai
sono tutti proprietari con autista personale.

Generali e Farisei sono entrati qui dove dimoro
lo so cosa mi aspetta, scrivo la mia cartuccella.

Scrivo le mie entrate e sottraggo il mio affitto
e alla fine sottoscrivo pure la mia imputazione.

9. Piangila la Grecità



Vi parlerò con una strana intenzione
non infuriatevi troppo con me per favore
sto andando in cerca della Grecità
e questa passione me la fa trovare.

«La Grecità la devi piangere adesso
abituati a dirlo».

Nella mia incertezza cerco una risposta
mi evitano mi prendono per pazzo
la Grecità coniugata
è incinta e soddisfatta.

«La Grecità la devi piangere adesso
abituati a dirlo».

Queste parole sono paranoiche
siccome è incinta vuol dire che sta bene
con Karouda per compare
«Via le Basi da Souda».

«La Grecità la devi piangere adesso
abituati a dirlo».

10. Visione
I cristalli dell'abisso



In alto le mano reggono
vele nere e alzano lamenti
le nere madri del mondo
accendono grandi ceri.

Che facciano luce nel tartaro
che risveglino un arcangelo biondo.

Che venga una luce serena
una canzone universale
che inondi la terra
e che ci guidi.

Dentro i cristalli dell'abisso
davanti alle porte del Paradiso.

11. Buone montagne


Buone montagne mie violette vestite di nuvole
perché mi guardate serie, gravi e addolorate?

Il sentiero della vita adesso lo percorro solo
per quanto cerchi non troverai quanto fa male il male.

E voi figli della solitudine voi non guardate il mondo
nel vostro portico nascosto voi camminate tutti soli.

12. Il viaggio


C'è un passo tra Petralona e Thissìo
due passi dal viale Singros a Kessarianì
nell'archivio in fondo al mio cervello
la domenica è sempre annuvolata.

Non mi guardare con gli occhi lacrimosi
dentro il mio cuore li ho sigillati
i nostri perduti sogni.

Di prima mattina farò festa
prenderò una lunga strada
mi congederò dagli amici
e mi riposerò prima che scenda sera.

Nel mio lontano viaggio prenderò
per quando resterò solo con la morte
la mia ultima sigaretta...

13. Fine
Solo orchestra

Note alla traduzione


3) Una prigione: nella nota manoscritta M.Th. in corrispondenza di questa canzone allude alla leggenda del ponte di Arta, per la quale vai a To Axion Estì e al concetto di Elytis delle statue della roccia, cui si ispira la canzone "Una è la rondine". La canzone è stata più volte inserita dal compositore in altre compilazioni, talora con il titolo "La calata dei Dori".

7) Il traditore. Gouva è un quartiere sudorientale di Atene.

8) Il colono. Kalàvrita, cittadina dell'Acaia (Peloponneso), nota per la strage che vi commisero i Tedeschi il 13 dicembre 1943.

9) Piangila la Grecità. Allusione alla canzone dello stesso M. Th. su testo di Y. Ritsos "La Grecità non piangerla", dalle "18 canzonette della patria amara"
Karoudas: personaggio che non ho potuto identificare.
Souda: cittadina cretese adiacente alla penisola interamente occupata da un'immensa base statunitense, cui è stata di recente riconfermata la concessione dal governo greco.

12) Il viaggio. Il testo è praticamente un "centone" di versi di canzoni ben note.
Petràlona: quartiere ateniese a sudovest dell'Acropoli.
Thissìon: piccolo quartiere a nordovest dell'Acropoli, così denominato dal tempio ben conservato che sorge nella sua area, detto di Teseo, ma che più correttamente andrebbe attribuito a Efesto.
Singròs: lunga arteria che collega il Pireo alla capitale.
Kessarianì: quartiere orientale di Atene.

envoyé par Gian Piero Testa - 4/3/2012 - 19:33


Con gioja dionisiaca, anche la ristrutturazione di questa pagina è terminata.

Riccardo Venturi - 5/5/2012 - 09:21




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