Or che innalzato è l'albero
s'abbassino i tiranni,
da suoi superbi scanni
scenda la nobiltà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
L'indegno aristocratico
non osi alzar la testa;
se l'alza, allor la festa
tragica si farà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Già reso uguale e libero,
ma suddito alla legge,
è il popolo che regge,
sovrano ei sol sarà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Giuri ìmplacabil odio
ai feudi, alle corone
e sempre la nazione
libera resterà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Sul torbido Danubio
penda l'austriaca spada,
nell'itala contrada
mai più lampeggerà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
s'abbassino i tiranni,
da suoi superbi scanni
scenda la nobiltà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
L'indegno aristocratico
non osi alzar la testa;
se l'alza, allor la festa
tragica si farà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Già reso uguale e libero,
ma suddito alla legge,
è il popolo che regge,
sovrano ei sol sarà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Giuri ìmplacabil odio
ai feudi, alle corone
e sempre la nazione
libera resterà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
Sul torbido Danubio
penda l'austriaca spada,
nell'itala contrada
mai più lampeggerà.
Un dolce amor di patria
s'accenda in questi lidi,
formiam comuni i gridi
- Viva la libertà -
inviata da Bartleby - 24/1/2012 - 08:59
Visto in piccolo, il quadro del (modesto) pittore Saverio Della Gatta sembra quasi una festa intorno all'Albero della Libertà ma non è così: se cliccate sul link e guardate l'immagine più in grande vedrete quasi una vera "foto" dell'epoca, di un giorno di luglio del 1799, con i lazzari che con le scuri stanno abbattendo l'alto albero (a sinistra), che tolgono il cappello frigio calcato in testa ad una figura monumentale (in primo piano), che buttano in strada e bruciano le bandiere della Repubblica e quelle francesi (a destra, anche se il pittore si è sbagliato mettendo rispettivamente il colore giallo e quello bianco all'estremità esterna anzichè al centro dei vessilli...)
Bartleby - 24/1/2012 - 15:06
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Testo trovato su Il Deposito
Brano incluso nella raccolta del grande etnomusicologo italiano Roberto Leydi intitolata “Canti sociali italiani”, edizioni Avanti!, Milano 1963 e poi anche in “Canzoni italiane di protesta 1794 – 1974” di Giuseppe Vettori, Newton Compton, Roma 1975.
Canzone dei giacobini italiani composta, forse a Genova, tra il 1796 e il 1799.
E’ l’inno dell’Albero della Libertà, il simbolo della Rivoluzione Francese, quello che per primo venne piantato nel 1790 a Parigi e poi in tutti i municipi francesi e anche in Svizzera e in Italia laddove, al passare delle truppe napoleoniche, venivano proclamate le repubbliche “sorelle”, come quella Ligure, quella Cisalpina e quella Romana, che tutte ebbero breve durata ma mai come quella partenopea del 1799: il primo Albero della Libertà a Napoli, piantato in Castel Sant’Elmo il 22 gennaio mentre ancora infuriavano i combattimenti (nei giorni successivi ne furono piantati diversi altri), fu abbattuto dalla reazione pochi mesi dopo, così come rivendicato nel celebre Canto dei sanfedisti.
Credo che oggi l’unico Albero della Libertà sopravvissuto in Italia sia l’olmo di Montepaone, in provincia di Catanzaro, che però non gode di ottima salute…