Il 21 marzo 1921, un convoglio
di camion fascisti, provenienti da Firenze
e transitante per il Valdarno, diretto in Umbria
per una spedizione punitiva, fu avvistato per tempo
e bloccato dalla gente, ad un passaggio a livello,
situato a valle delle miniere,
in località Ponte alle Forche...
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
"Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l'imboscata"
Lasciarono la sgrugna, la lanterna
lasciarono il martello, la piccozza
presero l'arme: una pistola un vecchio
doppiettone da caccia, un novantuno
del Carso, e i bastoni, e in tasca ad ognuno
i sassi, i chiodi, la lama di un coltello
che aveva tagliato fino allora il pane.
Lo becchiamo il fascista, nero cane
che ha massacrato Gino e Galliano,
oggi è finito, lo teniamo in mano,
gli buchiamo le mele e poi la pancia,
oggi paga il suo conto con la mancia!
Abbassarono le sbarre, si nascosero
dintorno, dietro i muri e dentro i fossi:
i neri camion stavano arrivando,
andavano per portare la morte ai rossi
di Arezzo e d'Umbria, ma le sbarre chiuse
li fermarono fra mille imprecazioni.
Sassi volarono subito, bastoni,
qualche sparo, un po' d'acqua: i battaglioni
neri d'un colpo eran già fuggiti,
girato il culo, sparacchiando al vento
eran bell'e a Firenze impauriti!
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
"Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l'imboscata"
I compagni saltavano, ballavano,
rosse bandiere alzavano dappertutto
e barricate fatte di poltrone
del nonno, quattro sedie, un mettitutto
l'armadio della zia, un lavandino
inglese, una carretta, la libreria
del dottore che conosceva solo
La Nazione, D'Annunzio e l'Ave Maria.
Aspettarono tesi come corde
l'arme in mano, la bandiera al vento
che tornasse di nuovo la canaglia
in duecento, trecento, quattrocento
per la vile, crudele rappresaglia.
Nulla successe: i figli avevan fame,
le mogli prepararono la cena.
S'andò a letto, soltanto la mattina
giunsero i neri in tanti e tanta pena
sparsero per la valle, e tanto male
e tanto fuoco e tante botte tante...
Alla sera mangiando stufatino
i fascisti ridevan come matti
non c'era per la strada che un postino
quattro carabinieri e sette gatti.
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso piangendo come un matto:
"Questa volta siam presi alla tagliola
i fascisti hanno occupato la vallata
se facciam presto, evitiamo - forse - l'imboscata"
di camion fascisti, provenienti da Firenze
e transitante per il Valdarno, diretto in Umbria
per una spedizione punitiva, fu avvistato per tempo
e bloccato dalla gente, ad un passaggio a livello,
situato a valle delle miniere,
in località Ponte alle Forche...
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
"Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l'imboscata"
Lasciarono la sgrugna, la lanterna
lasciarono il martello, la piccozza
presero l'arme: una pistola un vecchio
doppiettone da caccia, un novantuno
del Carso, e i bastoni, e in tasca ad ognuno
i sassi, i chiodi, la lama di un coltello
che aveva tagliato fino allora il pane.
Lo becchiamo il fascista, nero cane
che ha massacrato Gino e Galliano,
oggi è finito, lo teniamo in mano,
gli buchiamo le mele e poi la pancia,
oggi paga il suo conto con la mancia!
Abbassarono le sbarre, si nascosero
dintorno, dietro i muri e dentro i fossi:
i neri camion stavano arrivando,
andavano per portare la morte ai rossi
di Arezzo e d'Umbria, ma le sbarre chiuse
li fermarono fra mille imprecazioni.
Sassi volarono subito, bastoni,
qualche sparo, un po' d'acqua: i battaglioni
neri d'un colpo eran già fuggiti,
girato il culo, sparacchiando al vento
eran bell'e a Firenze impauriti!
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso urlando come un matto:
"Questa volta son presi alla tagliola
i fascisti attraversan la vallata
se facciam presto, tendiamo l'imboscata"
I compagni saltavano, ballavano,
rosse bandiere alzavano dappertutto
e barricate fatte di poltrone
del nonno, quattro sedie, un mettitutto
l'armadio della zia, un lavandino
inglese, una carretta, la libreria
del dottore che conosceva solo
La Nazione, D'Annunzio e l'Ave Maria.
Aspettarono tesi come corde
l'arme in mano, la bandiera al vento
che tornasse di nuovo la canaglia
in duecento, trecento, quattrocento
per la vile, crudele rappresaglia.
Nulla successe: i figli avevan fame,
le mogli prepararono la cena.
S'andò a letto, soltanto la mattina
giunsero i neri in tanti e tanta pena
sparsero per la valle, e tanto male
e tanto fuoco e tante botte tante...
Alla sera mangiando stufatino
i fascisti ridevan come matti
non c'era per la strada che un postino
quattro carabinieri e sette gatti.
Alla miniera con il fiato in gola
arrivò il rosso piangendo come un matto:
"Questa volta siam presi alla tagliola
i fascisti hanno occupato la vallata
se facciam presto, evitiamo - forse - l'imboscata"
inviata da Riccardo Venturi - 22/5/2006 - 23:57
×
Terra Innamorata. 1: Un'introduzione
Terra Innamorata. 2: La canzone di Gino e Galliano
Terra Innamorata. 3: I sette gatti
Terra Innamorata. 4: Vent'anni
Terra Innamorata. 5: Canto dei minatori
Terra Innamorata. 6: La canzone di Nicola
Terra Innamorata. 7: In piazza Quattro Novembre
Terra Innamorata. 8: Elegia del mondo umano
Terra Innamorata. 9: Trent'anni dopo