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Sant'Anna di Stazzema

Daniele Biacchessi
Language: Italian


Daniele Biacchessi

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‎[2007]‎
Dallo spettacolo “Il paese della vergogna” realizzato con i Gang

ilpaesedellavergogna


Quanto avvenne a Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto del 1944 è ben descritto ‎in questa canzone.‎



I nazisti guidati dal Gruppenführer Max Simon, insieme a parecchi fascisti nostrani, uccisero 560 ‎abitanti, in maggioranza donne e bambini (la più piccola, Anna Pardini, aveva 20 giorni) a colpi di ‎mitra e bombe a mano. Erano gli stessi assassini bastardi che nelle settimane precedenti – sempre ‎aiutati da italiani della Xmas – avevano trucidato 68 persone a Forno e 340 tra Valla, Bardine e ‎‎Vinca e che avrebbero continuato a ‎massacrare in seguito (33 morti a Pioppetti di Montemagno, 108 detenuti del campo di ‎concentramento di Mezzano fucilati sulle sponde del fiume Frigido, 72 vittime a Bergiola) fino ‎all’eccidio di Marzabotto.‎

Max Simon, SS-Gruppenführer, condannato all’ergastolo per il massacro di ‎Marzabotto, liberato nel 1954 e morto nel suo letto nel 1961.‎

Dopo la scoperta delL'armadio della vergogna nel 1994, il Tribunale militare di La Spezia istruì un processo contro ‎diversi ex ufficiali e sottoufficiali delle SS naziste. Il 22 giugno 2005 dieci di loro, ormai tutti ‎ultraottantenni, furono condannati all’ergastolo, sentenza poi confermata dalla Cassazione per ‎Gerhard Sommer, Georg Rauch e Karl Gropler. La Corte precisò pure che la strage non era ‎nemmeno stata una rappresaglia, una ritorsione, ma un puro atto terroristico premeditato contro ‎civili inermi.‎

Gerhard ‎Sommer, SS-Untersturmführer del 16° SS Panzergrenadier Division Reichsführer-SS, principale ‎responsabile diretto della strage di San’Anna di Stazzema. Oggi ha più di 90 anni e vive in una ‎tranquilla casa di riposo ad Amburgo.‎

Ieri, 1 ottobre 20012, la Procura di Stoccarda ha archiviato l'inchiesta per la strage nazista perché ‎‎– sostengono i giudici tedeschi – non è possibile determinare il numero preciso delle vittime e ‎attribuire gli omicidi ad ogni singolo imputato, cioè – dice la magistratura della “locomotiva ‎d’Europa” - non ci sarebbero le prove della partecipazione alla strage di quei luridi cani furiosi ‎assassini bastardi… ‎

Nessun colpevole per le stragi naziste in Italia, una sentenza vergognosa ma comunque annunciata:‎

L’UOMO CHE VERRÀ
di Carlo Cipiciani, da Giornalettismo del 30 maggio 2011.‎

Max Schneider, Gerhard Sommer, Max Milde. Nomi che certo dicono poco. Sono alcuni di una ‎lista di 17 arzilli vecchietti (molti ottantenni, qualcuno centenario) che vivono tranquilli nelle loro ‎comode case in Germania, con figli, nipoti e pronipoti. Ma non sono solo dei vecchietti. Sono 17 ‎ufficiali e sottoufficiali tedeschi condannati per le stragi di Sant’Anna di Stazzema (560 vittime), ‎Marzabotto (770 morti), Civitella Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio (244 morti), Branzolino e ‎San Tomé (10 morti), Certosa di Farneta (oltre 60 morti) e Falzano di Cortona (16 civili trucidati).‎
‎17 criminali di guerra nazisti, condannati con sentenze definitive all’ergastolo che – come racconta ‎il capo della procura militare di Roma, Marco De Paolis – non hanno fatto neppure un giorno di ‎prigione. Perché i mandati di arresto europeo sono stati respinti dai governi tedeschi, che si sono ‎anche rifiutati di far scontare loro la pena nelle carceri della Germania.‎
Si sa, il mondo è pieno di ingiustizie senza fine. E poi questi sono solo dei vecchietti, fantasmi di un ‎passato lontano e che vorremmo dimenticare. E poi i problemi del presente e del futuro sono tanti. ‎Già. Ma cosa potremo mai raccontare, all’uomo che verrà, se la civile Europa tollera che la civile ‎Germania lasci impuniti eccidi come questi? Come non ascoltare il lamento lontano dei bambini, ‎l’urlo nero delle madri che vanno incontro ai figli crocifissi sui pali del telegrafo?‎
Davvero le dita si fermano, bloccate sulla tastiera. E le penne, appese alle fronde dei salici, ‎oscillano lievi al triste vento.
Quanto pesano le ingiustizie?
Qual è il loro prezzo?
E chi lo ha pagato, nel corso della storia?
Bisogna pur partire da una data.
Eccola: 12 luglio 1944.

Siamo a Sant’Anna di Stazzema, poche case sparse nell’entroterra della provincia di Lucca.

Questa storia parte da una fotografia in bianco e nero, leggermente sfuocata.
Ritrae un gruppo di bambini che giocano festosi davanti al parco della scuola.
Cantano e ridono felici, si tengono per mano e fanno girotondo.
Le bambine vestite di bianco, con i grembiuli puliti e i cappellini in testa.
I bambini con la camicia, i pantaloni corti e le bretelle.

“Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra…”

Poco prima avevano scritto i loro sogni su fogli di carta.
Poche righe, frasi di bambini che vivono spensierati dentro i loro giochi mentre intorno la guerra dei ‎grandi distrugge e divide il mondo.

“Sogno, sogno di fare il dottore per aiutare le persone. Sogno, sogno di diventare vecchio ‎come mio nonno e mia nonna. Sogno di vedere il mondo. Sogno e ancora sogno di correre nel bosco ‎con il mio cagnolino…”

‎12 agosto 1944.
Proprio un mese dopo, quei sogni di bambini vengono infranti da qualcosa più grande di loro, ‎qualcosa che ha a che fare con la morte e la violenza dei grandi. I razzi illuminano il cielo di rosso.

Arrivano i soldati nazisti del Secondo Reggimento della XVIa divisione Panzergrenadier.
Entrano a Sant’Anna di Stazzema accompagnati da italiani fascisti in camicia nera.
Bruciano le case, devastano le chiese.
Alla fine si contano cinquecentosessanta morti.
Una strage efferata, compiuta contro civili in fuga dalla guerra, donne, vecchi, contro ‎centoquarantadue bambini con meno di 10 anni.

Anna Pardini è nata solo pochi giorni prima.
Nella piazza principale di Sant’Anna di Stazzema c’è una lapide in sua memoria:

“Anna Pardini, la più piccola dei tanti bambini che la guerra ha qui strappato dai ‎girotondi.”

Quella fotografia di bambini che solo qualche giorno prima correvano e ridevano senza ‎preoccuparsi delle cose del mondo, conserva ancora oggi il senso della storia e della memoria.

Scrive Cesare Pavese:‎

“Ora che ho visto che cos’è la guerra, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: ‎e dei caduti che facciamo? Perché sono morti? Io non saprei cosa rispondere. Non adesso almeno. ‎Non mi pare che gli altri lo sappiano. Poiché lo sanno unicamente i morti, soltanto per loro la guerra ‎è finita davvero”.‎

Contributed by DoNQuijote82 - 2012/1/17 - 17:51


Approfittando della notizia secondo cui in Germania i procuratori hanno affermato di non essere ‎riusciti a raccogliere sufficienti prove sulla responsabilità di 17 sospetti, tutti ex-Ss, nell’eccidio di ‎Sant’Anna di Stazzema, propongo una risistemazione di questo contributo che, secondo me, postato ‎nella formattazione attuale, è quasi illeggibile…‎

Accolta!

Dead End - 2012/10/2 - 08:38


Considerata la presenza sulla CCG/AWS di Lo avrai camerata Kesselring, ritengo di far cosa utile a contribuire ‎quest’altra epigrafe di Calamandrei, questa volta scritta nel decimo anniversario della strage del ‎Frigido, quando il 16 settembre 1944 le SS naziste – le stesse delle stragi di ‎‎Vinca e di Sant'Anna di Stazzema e di Marzabotto, ‎come ricorda Calamandrei stesso – prelevarono 147 detenuti comuni e politici, ospiti del carcere ‎mandamentale del Castello Malaspina, e poi li trucidarono lungo l’argine del torrente Frigido, ‎seppellendone i corpi dentro alcuni grossi crateri di bombe…‎




Pare che, finalmente, non ci sia nessun colpevole per tutte quelle stragi, visto che i giudici tedeschi ‎giusto ieri hanno archiviato il procedimento contro i boia di Sant’Anna di Stazzema, alcuni arzilli ‎ex SS che ora potranno morire in santa pace circondati dall’affetto dei loro cari.‎

Inermi borgate dell’Alpe asilo di rifugiati
Prese d’assalto coi lanciafiamme
Arsi vivi nei roghi dei casolari
Bambini avvinghiati alle madri
Fosse notturne scavate
Dagli assassini in fuga
Per nascondervi stragi di trucidati innocenti
Questo vi riuscì
San Terenzo – Bergiola – Vinca – Forno
Mommio – Zeri - Sant’Anna – San Leonardo
Scrivete questi nomi
Con le vostre vittorie
Ma espugnate queste trincee di marmo
Di dove il popolo apuano
Cavatori e pastori
E le loro donne staffette
Tutti armati di fame e di libertà
Vi sfidava beffardo da ogni cima
Questo non vi riuscì
Ora sul mare son tornati al carico i velieri
E nelle case i boati delle mine
Chiaman lavoro e non guerra
Ma questa pace non è oblìo
Stanno in vedetta
Queste montagne decorate di medaglia d’oro
Al valor partigiano
Taglienti come lame
Immacolato baluardo sempre all’erta
Contro ogni ritorno

Dead End - 2012/10/2 - 11:10




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