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Lo boièr

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a. Versioni originali occitane - Versions originales occitanes - Occitan original versions


1. (Esecuzione a cappella)


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[Ca. XIII secolo]
[Env. 13ème siècle]
[Ca. 13th Century]
Tradizionale occitano
Chant traditionnel occitan
Occitan traditional folksong

Montségur: il cippo in memoria dei 200 catari bruciati durante l'assedio, il 16 marzo 1244.
Montségur: il cippo in memoria dei 200 catari bruciati durante l'assedio, il 16 marzo 1244.


“The text of this Cathar hymn contains an encoded message, Joana being the medieval cathar church, which has been weakened and finally eliminated in Southern France (Occitanie) through the horrible Albigensian crusade. The spiritual essence of the cathars is still vibrating in caves and waters.”

“Il testo di questo inno Cataro contiene un messaggio nascosto, dato che Joana è la chiesa Catara medievale che fu prima indebolita e poi eliminata nella Francia meridionale (Occitania) con l'orribile Crociata Albigese. L'essenza spirituale dei Catari vibra ancora nelle grotte e nelle acque.”


(Presentazione di un video Youtube de Lo boièr)

Le chiese catare occitane.
Le chiese catare occitane.


Si tratta di una canzone antichissima, risalente al Medioevo. In origine un canto popolare, con la guerra contro i Catari si trasforma in canto simbolico e criptato. La melodia di questo canto molto antico, oggi diffusissimo in tutta l'Occitania, sembra aver conservato la sua forma originale, identica dovunque. Lo stesso non può dirsi delle parole, che hanno subito numerosi adattamenti. Ad ogni modo, si tratta dell'unico canto cataro che ci è pervenuto.

Tematica:

Soltanto le prime strofe conservano una certa unità. Evocano il bovaro che entra in casa, pianta il suo pungolo e trova la moglie ammalata. Nel corso del tempo, i motivi della malattia e della malinconia della donna sono cambiati, a seconda delle paure e delle rivolte del momento. È così che questa innocua canzone bucolica è diventata una canzone di lotta contro gli invasori di ogni genere.

Il riferimento storico più antico è quello all'invasione araba dell'VIII secolo. Ciò non significa che la canzone risalga a quell'epoca. I Mori, mitizzati dai trovatori (Chanson de Roland) hanno popolato a lungo l'immaginario pirenaico. Nella zona di Bordeaux o nel Périgord, la canzone nomina gli inglesi, in una regione che all'epoca delle bastides (XIII/XIV secolo) era di frontiera.

- Durante l'epopea catara (XIII secolo), si disse che si trattava di un canto di riunione dei Perfetti. Dopo che furono eliminati, la tradizione orale ha perpetuato il loro ricordo: infatti, le vocali A E I O U presenti in questa canzone erano cantate dai Catari spesso variandone l'ordine, in una sorta di “crittografia” che permetteva di costruire messaggi in codice. Cinque lettere offrivano loro 25 = 32 possibilità differenti. Questa canzone veniva quindi utilizzata effettivamente in codice.

Spiegazione dettagliata della simbologia

Questo canto cataro serviva a lanciarsi avvertimenti da una valle all'altra in occasione degli attacchi dei cattolici romani. Le vocali enumerate nel canto sono le iniziali del motto dei re d'Aragona: Austri Est Imperare Orbi Universo (“il comando del mondo appartiene al Sud”). Nella 2a strofa, il bovaro trova la moglie ammalata : ella rappresenta in effetti la chiesa catara, attaccata da ogni parte. Nella 3a e nella 4a strofa, il bovaro le prepara una zuppa con una rapa, un cavolo e un'allodola: si tratta precisamente dei blasoni dei grandi cavalieri catari. Il significato è chiaro: se sei cataro e vieni attaccato, avvertimi e arriverò con dei cavalieri per aiutarti nella difesa. Nella 5a e 6a strofa, la donna (= la chiesa catara) chiede di essere seppellita nella parte più profonda della grotta, e i pellegrini che passeranno avranno acqua benedetta insanguinata. La simbologia indica che essere seppellita nel profondo della grotta è un modo per dire che, anche se la chiesa romana arriverà a eliminare la chiesa catara, la sua terra le apparterrà sempre (con la simbologia della rinascita attraverso il suolo: la natura è essa stessa catara). Un'altra pratica molto diffusa all'epoca era, quando si perdeva una città o un luogo importante dove il nemico si sarebbe stabilito, quella di avvelenare i pozzi e le fonti affinché chi subentrava non potesse viverci a lungo, o almeno prendesse delle malattie. Si tratta quindi di un chiaro ordine dato ai catari qualora la “zuppa” non fosse arrivata in tempo.

Da notare che la chiesa cattolica ha inseguito recuperato la melodia del canto (probabilmente per la sua estrema bellezza e solennità) per farne una cantica, che è stata persino intonata da Giovanni Paolo II poco prima di morire.

(Basato sull' Analyse proposta da Thibaut Plantevin).



Lo boièr: L'anima dell'Occitania nella sua fine. La "povera Joana", i Catari, la Crociata Albigese.

Agosto 1209: i Catari vengono espulsi nudi dalla città di Carcassonne.
Agosto 1209: i Catari vengono espulsi nudi dalla città di Carcassonne.


Lo boièr è il canto identitario dell'intera Occitania. Lo conoscevo, ma non avevo finora sospettato che fosse legato alla Crociata Albigese e all'orribile fine non soltanto dei Catari, ma anche dell'intera Occitania e di tutta una civiltà che aveva prodotto il fiore della cultura medievale. Sotto il pretesto della “lotta all'eresia”, i baroni del nord intendevano impadronirsi con la forza dell'intero Meridione; cosa che fecero con una lunga e sanguinosa guerra, che distrusse ogni cosa. Una guerra di sterminio, quella contro i Catari, che coinvolse non soltanto l'Occitania, ma anche la Lombardia, dove il Catarismo aveva attecchito.

Il Catarismo, come si legge succintamente su Wikipedia, “fu un movimento eretico cristiano diffusosi poco dopo l'anno 1000 e soprattutto tra il 1100 e il 1200, nell'Europa meridionale, nei Balcani, in Italia e in Francia, nella Linguadoca, prevalentemente nella regione di Albi (da cui originò il nome albigesi), dove i signori di Provenza ed il conte di Tolosa (ed anche alcuni ecclesiastici come i vescovi di Tolosa e Carcassonne e l'arcivescovo di Narbona), verso la fine del XII secolo, tollerarono che gli eretici predicassero nei villaggi e ricevessero lasciti anche cospicui; ed inoltre permisero che i catari fossero messi anche a capo dei conventi.” Si trattava di un movimento spirituale assai severo, diffusosi a partire dal 1150; contro di esso, il papa Innocenzo III promosse nel 1208 una vera e propria crociata, la prima di cristiani contro altri cristiani. Per estirparlo completamente, anche dopo gli stermini, ci vollero settant'anni.

Il Catarismo ebbe una forte presa tra i ceti più umili, sfruttando il clima di delusione seguito alla riforma gregoriana, che aveva mancato di riformare la Chiesa secondo la povertà predicata da Cristo e ritenuta tipica del cristianesimo delle origini. Appoggiandosi ad alcuni passi del Vangelo, in particolare quelli in cui Gesù sottolinea l'irriducibile opposizione tra il Suo regno celeste e il regno di questo mondo, i Càtari rifiutavano in toto i beni materiali e tutte le espressioni della carne. Professavano un dualismo in base al quale il re d'amore (Dio) e il re del male (Rex mundi) rivaleggiavano a pari dignità per il dominio delle anime umane; secondo i Càtari, Gesù avrebbe avuto solo in apparenza un corpo mortale (docetismo). Essi svilupparono così alcune opposizioni irriducibili, tra Spirito e Materia, tra Luce e Tenebra, tra Bene e Male, all'interno delle quali tutto il creato diventava una sorta di grande tranello di Satana (una sorta di Anti-Dio diverso dalla concezione cristiana) nel quale il Maligno irretiva lo spirito umano contro le sue inclinazioni rette, verso lo Spirito e verso il Tutto. Lo stesso Dio-creatore dell' Antico Testamento corrispondeva al Dio malvagio, a Satana. La convinzione che tutto il mondo materiale fosse opera del Male comportava il rifiuto del battesimo d'acqua, dell'Eucarestia, ma anche del matrimonio, suggello dell'unione carnale, genitrice dei corpi materiali - prigione dell'anima. L'atto sessuale era infatti visto come un errore, soprattutto in quanto responsabile della procreazione, cioè della creazione di una nuova prigionia per un altro spirito. Allo stesso modo era rifiutato ogni alimento originato da un atto sessuale (carni di animali a sangue caldo, latte, uova), ad eccezione del pesce, di cui in epoca medievale non era ancora conosciuta la riproduzione sessuale. Era proibito quindi collaborare in qualsiasi modo al piano di Satana. La vittoria massima del Bene contro il Male era la morte, che liberava lo spirito dalla materia, e la perfezione per il càtaro era raggiunta quando egli si lasciava morire di fame (endura). Pur convinti della divinità di Cristo, gli albigesi sostenevano che Egli fosse apparso sulla Terra come un angelo (un "eone" emanato dal Dio e dalla Luce) di sembianze umane (di natura angelica era considerata anche Maria) e accusavano la Chiesa cattolica di essere al servizio di Satana, perché corrotta e attaccata ai beni materiali. Credendo nella deviazione dalla vera fede della Chiesa di Roma, i Càtari crearono una propria istituzione ecclesiastica, parallela a quella ufficiale presente sul territorio.
Sino al 1204, papa Innocenzo III cercò di estirpare l'eresia attraverso gruppi di missionari cistercensi, guidati da Pietro di Castelnuovo (noto anche come Pierre de Castelnau) (?-1208). Accortosi che i missionari non ottenevano il risultato sperato, Innocenzo III, su suggerimento di Arnaud Amaury, abate di Cîteaux, confratello di Pietro di Castelnuovo, alla fine del 1204, invitò i suoi legati a fare pressione sui vari signori locali affinché gli eretici fossero espulsi da tutti i loro territori, mentre ai legati fu concessa l'autorità di deporre gli ecclesiastici sospetti (cosa che riuscirono a fare tra il 1204 ed il 1206). In quegli anni arrivò in Linguadoca come missionario anche Domenico di Guzmán, che si applicò subito in dispute e contraddittori con gli eretici, ma si convinse anche immediatamente che bisognava dare l'esempio e vivere in umiltà e povertà come gli albigesi, che lo portò dieci anni dopo alla fondazione dell'Ordine dei Frati Predicatori. Impresa più ardua invece si dimostrò imporre il rispetto del provvedimento di espulsione ai signori feudali, in modo particolare al conte di Tolosa, Raimondo VI. Per costringere Raimondo VI, Pietro di Castelnuovo promosse una lega di vassalli del conte di Tolosa disposti a ottemperare alle disposizioni papali e invitò Raimondo ad aderirvi. Al suo rifiuto Pietro scomunicò Raimondo VI, colpì con l'interdetto i suoi territori e lo minacciò di attacco da parte della lega dei suoi vassalli. Raimondo allora decise di sottomettersi e, nel 1207, promise di aderire alla lega. Nel gennaio del 1208, però Pietro di Castelnuovo venne assassinato da sconosciuti e Arnaud Amaury, molto abilmente, fece ricadere la colpa su Raimondo VI conte di Tolosa. Contemporaneamente alla pressione sui signori feudali, il papa, già dal 1204 e poi nel 1205, aveva richiesto al re di Francia Filippo Augusto di aiutarlo ad estirpare l'eresia nel Sud. Essendo le richieste cadute nel vuoto, Innocenzo III nel novembre del 1207 propose a Filippo Augusto una crociata, offrendo le stesse indulgenze concesse ai crociati della Terra Santa.
La Corona di Francia non aveva inizialmente alcun interesse a farsi coinvolgere direttamente nella crociata pontificia. Re Filippo II Augusto era troppo occupato a combattere il re d'Inghilterra, Giovanni Senza Terra, che si era alleato con suo nipote l'Imperatore Ottone IV, ma aveva comunque permesso ai suoi vassalli di partecipare alla crociata a titolo personale, senza coinvolgervi le truppe mercenarie che dovevano rimanere al servizio della Corona. Il monarca francese aveva però rivendicato con costanza i propri diritti su quelle terre, fino a che Filippo Augusto, sotto la pressione papale, non autorizzò suo figlio, Luigi, ad andare crociato, prima nel 1215, e poi nel 1219[5], e poi convocando gli stati generali per approvare la crociata, nel 1222, poco prima di morire, avendo anche compreso l'utilità economica che un'annessione dei ricchi territori del Sud avrebbe comportato. Dopo la morte di Pietro di Castelnau Innocenzo III scomunicò il conte di Tolosa, sciolse i suoi vassalli dal giuramento di fedeltà al proprio signore e fece diffondere il bando di chiamata alle armi in tutte le regioni del Nord della Francia, predicò la crociata facendo un ultimo, vano, tentativo con Filippo Augusto.
Furono molti i signori e non pochi i prelati dell'Île-de-France, dell'Orleanese e della Piccardia che risposero all'appello, e intorno alla metà del 1209 circa 10.000 armati (50.000 secondo il cronista Pietro di les Vaux-de-Cernay) si erano radunati e accampati di fronte a Carcassonne, mentre altri soldati erano stati radunati a Lione dal capo della crociata, Arnaud Amaury, ed iniziarono a marciare verso Sud, verso la Linguadoca. In giugno Raimondo di Tolosa, riconoscendo l'impossibilità di dare vita ad una coalizione in grado di contrastare i crociati, avviò trattative con Roma e accettò di schierarsi con i crociati contro i catari, vedendo così ritirata la sua scomunica. Le truppe crociate, oltrepassata la città di Montpellier, mossero contro le comunità catare riunitesi intorno ad Albi e Carcassonne per debellarle. Raimondo Ruggero di Trencavel, visconte di Béziers e Carcassonne, così come già in precedenza Raimondo di Tolosa, cercò la via delle trattative, che però trovò sbarrata, e fu costretto a ritirarsi a Carcassonne per preparare le difese. In luglio i crociati assalirono il piccolo villaggio di Servian e mossero quindi verso Béziers, che raggiunsero il 21 luglio 1209. Dopo aver circondato la città, i crociati chiesero che i càtari venissero banditi oltre le mura cittadine, ma ricevettero un deciso rifiuto. La città cadde il giorno successivo, quando un fallito tentativo di sortita da parte degli assediati permise alle truppe crociate di penetrare nella città. Sebbene Béziers non contasse una cifra superiore alle 500 persone appartenenti alla religione càtara, l'intera popolazione venne massacrata; secondo lo stesso Amaury i morti furono circa ventimila.

La notizia del massacro di Béziers si diffuse rapidamente, mettendo in allerta tutte le restanti comunità catare, e alcune città, come Narbona, si arresero. Il successivo obiettivo dei crociati fu la città di Carcassonne, che era sì ben fortificata, ma rimaneva tuttavia molto vulnerabile e sovraffollata di rifugiati. I crociati arrivarono sotto le mura cittadine il 1 agosto 1209, ma l'assedio non durò molto tempo, poiché il 7 agosto le truppe assedianti avevano tagliato ogni risorsa idrica alla città. Raimondo Ruggero di Trencavel cercò di trattare ma venne fatto prigioniero e la città fu costretta ad arrendersi il 15 agosto 1209; questa volta i suoi abitanti vennero risparmiati, ma furono costretti a lasciare la città, completamente nudi, secondo Pietro di les Vaux-de-Cernay, o solo con le braghe, secondo altre fonti. Nel frattempo nell'agosto 1209, dopo il rifiuto del duca di Borgogna e dei conti di Nevers e Saint-Pol, Simone di Montfort fu nominato capitano generale dell'esercito Crociato contro gli albigesi e, dopo aver preso il comando delle truppe crociate, cercò di assicurarsi il controllo dell'area circostante Carcassonne, Albi e Béziers. Dopo Carcassonne molte altre città furono costrette alla resa senza opporre resistenza, tra le quali Albi, Castelnaudary, Castres, Fanjeaux, Limoux, Lombers e Montréal, che caddero rapidamente una dopo l'altra in autunno. Tuttavia alcune delle città recentemente conquistate presto si ribellarono nuovamente, anche perché i crociati prestavano servizio solo quaranta giorni. Lo sforzo successivo ebbe luogo verso il villaggio di Cabaret ed il sovrastante Castello di Lastours. Attaccato nel dicembre 1209, il castellano Pierre-Roger de Cabaret respinse gli assalitori. L'assedio subì un arresto durante l'inverno, ma nel frattempo i crociati ricevettero nuovi rinforzi. Nel marzo del 1210 venne catturata la cittadina di Bram dopo un breve assedio, e in giugno venne presa d'assalto la ben fortificata città di Minerve; dopo un pesante assalto alle sue mura, la città cadde il 22 giugno e i suoi cittadini furono costretti ad arrendersi. Ai càtari venne offerta la possibilità di convertirsi e i 140 che la rifiutarono furono messi al rogo. Quando, nel 1212, cadde anche Lavaur, i crociati erano giunti a circondare la contea di Tolosa, il cui conte Raimondo VI da oltre un anno non partecipava più alle operazioni della crociata. Allora Simone di Montfort e Arnaud Amaury, che operavano in buona armonia, gli chiesero di ottemperare alle promesse fatte a Saint-Gilles, cioè consegnare ai crociati alcuni tolosani sospetti di eresia; al suo rifiuto, Raimondo VI fu scomunicato, sulle sue terre cadde l'interdetto e cominciò l'invasione dei suoi territori. Raimondo VI ricorse allora al papa che, pur riconoscendone la mancanza, non se la sentì di spodestarlo, per cui fermò l'avanzata dei crociati e decise di sottoporre Raimondo ad un giudizio di una corte di tre membri (tra cui due legati pontifici). Nel frattempo intervenne nella contesa il cognato di Raimondo, il re d'Aragona Pietro II[9] (già preoccupato che la crociata si stava interessando ai suoi sudditi, i conti di Foix e di Comminges) a perorare la causa del conte di Tolosa, per le usurpazioni che aveva dovuto subire.
I legati convocarono a Lavaur un sinodo, dove Raimondo dovette discolparsi dell'omicidio di Pietro di Castelnuovo. Respinte tutte le giustificazioni di Raimondo, nonostante le proteste di Pietro d'Aragona e l'ordine di Innocenzo III ad Arnaud Amaury (divenuto vescovo di Narbona) di interrompere la crociata e dirottarla contro i Mori di al-Andalus, la conquista non poté essere fermata. Allora il re d'Aragona, Pietro II, minacciato di scomunica dai legati pontifici per aver difeso Raimondo VI a Lavaur, decise, dopo aver invano rivolto un appello a Papa Innocenzo III, di scendere in campo contro i Crociati, a capo di una coalizione formata dai conti di Tolosa di Foix e di Comminges e dal visconte di Béarn; il re d'Aragona dichiarò guerra a Simone di Montfort, ma il 12 settembre 1213, nella battaglia di Muret, non solo venne sconfitto, ma perse anche la vita. Non solo Tolosa fu conquistata da Simone, ma anche parte della Provenza. Il re di Francia Filippo Augusto intervenne per salvaguardare gli interessi, inclusa la signoria di Montpellier, dell'erede di Pietro II, Giacomo I d'Aragona, un bambino prigioniero di Simone. Di fatto, con il 1214 le operazioni militari di questa prima fase avevano avuto termine.

Nel novembre 1215 Raimondo VI di Tolosa fu a Roma a perorare la propria causa davanti al Concilio Lateranense IV, che condannò l'eresia dei catari (inerente alla Trinità, alla presunta malvagità del creato "prigione dello spirito" e sessualità e procreazione ritenute condizioni di immersione nell'impurità) ed appoggiò incondizionatamente la crociata. Simone di Montfort fu riconosciuto conte di Tolosa, mentre le pretese del re di Francia di rendere sua vassalla la contea di Tolosa andarono deluse. Inoltre, al Concilio Lateranense furono tolti a Raimondo VI anche i territori che egli possedeva entro i confini dell'Impero, che furono assegnati a colui che aveva guidato la crociata, Simone di Montfort, senza consultare l'Imperatore Ottone IV, che, dopo il disastro di Bouvines dell'anno prima, si era ritirato nei suoi feudi. L'Impero in Provenza subì un duro colpo, perché i feudi imperiali perduti da Raimondo VI nel 1215 vennero poi ceduti definitivamente alla Francia con il trattato di Parigi del 1229 fra la Corona francese e il nuovo conte di Tolosa Raimondo VII. Comunque a Raimondo VI, privato dei suoi possedimenti, fu assegnata una rendita annua di 400 marchi d'argento ed i territori non ancora conquistati dai crociati, sarebbero stati conservati dalla Chiesa e consegnati al figlio di Raimondo VI, anche lui di nome Raimondo, al raggiungimento della maggior età. Lo stesso trattamento fu riservato ai conti di Foix e di Comminges.

Le terre conquistate in questo periodo furono perse ampiamente tra il 1215 e il 1225 in una serie di rivolte. Nel 1216 Raimondo VI di Tolosa rientrò nella Linguadoca-Rossiglione, fomentando una nuova rivolta contro le forze occupanti dei baroni crociati. Nel 1217 Raimondo VI rioccupò Tolosa, prontamente rimessa sotto assedio da Simone IV di Montfort, il quale però morì l'anno seguente sotto le mura della città, colpito da un proiettile lanciato da un mangano. A Simone succedette il giovane figlio, Amalrico (1195-1241), che non si dimostrò un avversario all'altezza del conte di Tolosa, Raimondo VI. Il fronte crociato cominciò a sfaldarsi e nel 1221 Fanjeaux e Montréal furono riprese, con molti cattolici costretti all'esilio. Raimondo VI morì l'anno seguente e nel 1223 anche il suo antagonista Filippo II scese nella tomba, così per un paio d'anni la situazione rimase stabile.
La situazione mutò nuovamente a seguito della disponibilità all'intervento nella crociata, data, nel 1223, dal nuovo re di Francia, Luigi VIII, e che, dopo i grandi concili di Parigi e di Bourges, ottenne la scomunica del nuovo conte, Raimondo VII, figlio di Raimondo VI, e lanciò la crociata nel 1226, radunando l'esercito a Lione, si diresse a Tolosa passando da Avignone (assediata e conquistata), Béziers e Carcassonne e le aree prima perdute vennero riconquistate e tutta la regione fu ai suoi piedi. In ottobre a Pamiers, Luigi VIII dichiarò che tutte le terre conquistate agli eretici appartenevano di diritto alla corona di Francia e organizzò la Linguadoca come un dominio della Francia. A trarne però i frutti fu Luigi IX, succeduto al padre, morto prematuramente, nel 1226; Luigi VIII morì infatti nel novembre di quell'anno ed i suoi sforzi contro gli albigesi vennero proseguiti dal successivo sovrano, il figlio Luigi IX il Santo, che difese gli interessi della Francia nella contesa con la chiesa ed il conte di Tolosa. Nel 1228 vi fu l'ennesimo assedio di Tolosa, che si concluse con la presa della città e la distruzione delle sue fortificazioni. Nel 1229 i principali antagonisti giunsero ad un compromesso. La contea di Tolosa ed il marchesato di Provenza, privata dei territori del ducato di Narbona e della viscontea di Nimes, rimasero al conte Raimondo VII, però vassallo della Francia, con l'impegno di maritare la sua unica erede, Giovanna al fratello del re Luigi IX, Alfonso. Raimondo VII rimase neutrale quando Raimondo Trencavel, figlio del defunto visconte di Béziers e Carcassonne Raimondo Ruggero Trencavel, rifugiato in Aragona e scomunicato dal 1227, passati i Pirenei con una banda di Catalani, cercò di sollevare la Linguadoca contro il re di Francia, occupò Carcassonne, ma non conquistò la cittadella, che resistette ai suoi attacchi dal 17 settembre al 10 ottobre 1240, per poi fuggire alla notizia dell'arrivo dell'esercito reale. La reazione contro gli insorti anche cattolici fu molto dura. Quando invece, il 12 maggio 1242, Il re d'Inghilterra Enrico III sbarcò a Royan, Raimondo VII si affrettò ad occupare Narbona e Bèziers, ma dopo la ritirata di Enrico III da Saintes, i rivoltosi si demoralizzarono: il conte di Foix abbandonò la coalizione antifrancese e Raimondo, minacciato di scomunica, supplicò il re Luigi IX che gli concesse il perdono in cambio della promessa di combattere l'eresia e attenersi al trattato di Parigi del 1229. I nobili della provincia erano ridotti in miseria e di conseguenza l'eresia che da loro traeva risorse a poco a poco si spense. Ai baroni del Sud e ai càtari rimanevano due fortezze: l'imprendibile Montségur e Queribus. Successive operazioni portarono nelle mani regie la prima nel 1244 e la seconda nell'agosto del 1255, ponendo fine all'eresia catara e all'indipendenza dei baroni meridionali.

Papa Gregorio IX, per sopprimere l'eresia albigese instaurò nella città la Santa Inquisizione, che operò fino al 1255 e, nel 1230, creò un'università (Studium Generale), sempre a Tolosa, come manovra per combattere l'eresia. Nel 1237, Gregorio IX conferì il diritto a chi avesse conseguito la laurea allo Studium Generale di Tolosa ad insegnare ovunque, senza altri esami.
Il conte Raimondo VII di Tolosa era personalmente favorevole ad una politica di tolleranza, ma i legati papali e i vescovi lo minacciavano di scomunica a ogni accenno di tiepidezza nelle questioni religiose e lo obbligavano a emanare editti contro l'eresia, obbligandolo ad accettare l'Inquisizione all'interno dei suoi stati; l'Inquisizione fu implacabile non solo con i Catari ma anche con i cattolici tolleranti. Gli abitanti del Sud della Francia oltre all'Inquisizione dovettero subire le angherie dei siniscalchi e dei loro vicari, soprattutto nelle zone di Beaucaire e Carcassonne.

Ma il Catarismo non si spense probabilmente nelle più profonde e aspre terre occitane, e nel cuore della povera gente che vi aveva aderito con vigore. Pur nella sua estrema severità (riservata però soltanto ai Perfetti, vale a dire a coloro che avevano deciso di abbracciarla in ogni sua forma), si trattava di una dottrina altamente egualitaria che minava realmente alla base tutti i pilastri tradizionali della società feudale. Società feudale, quella occitana, che trovò comunque la sua miseranda fine assieme a quella dei Catari, sotto le armi crociate e dei baroni del Nord. L'atto di fondazione della Francia unita è bagnato del loro sangue. Un sangue che sembra scorrere ancora nelle note di questo canto.

Lo boièr, in qualunque modo esso venga eseguito (prevalentemente a cappella), è capace di mettere i brividi in chi lo ascolta. Nella dura storia di un povero bovaro e della moglie che si sente morire e detta le istruzioni per la sua sepoltura, viene seppellita tutta una civiltà. Il fatto che la moglie si chiami “Joana” è un chiaro riferimento ai passi del Vangelo di S. Giovanni che formavano le basi della dottrina Catara. Il canto è fatto delle pietre rovinate dei manieri, delle ventose e brulle cime dei monti, e della fine definitiva di un mondo. L'immagine del verso finale, con Joana che sale in paradiso assieme alle sue capre, cioè alla sua povertà, ne è l'altissimo e agghiacciante suggello. [RV]
a. Versioni originali occitane
a. Versions originales occitanes
a. Original Occitan versions



1. Il testo in grafia tradizionale (a - Versione standard)
Texte en graphie traditionnelle (a - Version standardisée)
Lyrics in traditional spelling (a - Standard version)


Quand lo boièr ven de laurar,
Quand lo boièr ven de laurar
Planta son agulhada
A, e, i, ò, u 
Planta son agulhada.

Tròba sa femna al pè del fuòc,
Tròba sa femna al pè del fuòc
Tota desconsolada
A, e, i, ò, u 
Tota desconsolada.

Se n'es malauta digas ò,
Se n'es malauta digas ò
Te farai un potatge
A, e, i, ò, u 
Te farai un potatge.

Amb una raba, amb un caulet,
Amb una raba, amb un caulet,
Una lauseta magra.
A, e, i, ò, u 
Una lauseta magra.

Quand serai mòrta rebomb-me,
Quand serai mòrta rebomb-me
Al pus fons de la cava
A, e, i, ò, u 
Al pus fons de la cava.

Met-me los pès a la paret,
Met-me los pès a la paret,
La tèsta jos la canela
A, e, i, ò, u 
La tèsta jos la canela.

E los romius que passarán
E los romius que passarán
Prendrán d'aiga senhada
A, e, i, ò, u 
Prendrán d'aiga senhada.

E dirán “Qual es mòrt aicí?”
E dirán “Qual es mòrt aicí?”
Aquò es la paura Joana
A, e, i, ò, u 
Aquò es la paura Joana.

Se n'es anada al paradís
Se n'es anada al paradís
Al cèl ambe sas cabras
A, e, i, ò, u 
Al cèl ambe sas cabras.

Contributed by Riccardo Venturi - 2012/1/4 - 18:18





1. Il testo in grafia tradizionale (b - Pirenaica)
Texte en graphie traditionnelle (b – Côté Pyrenées)
Lyrics in traditional spelling (b – Pyrenees side)


Le rovine del castello di Montségur, estrema difesa dei Catari.
Le rovine del castello di Montségur, estrema difesa dei Catari.
LO BOIÈR

Quand lo boièr ven de laurar,
Quand lo boièr ven de laurar
Planta son agulhada
A, e, i, ò, u 
Planta son agulhada.

Trapa sa femna al pè del fuòc,
Trapa sa femna al pè del fuòc
Trista e desconsolada
A, e, i, ò, u 
Trista e desconsolada.

Se siàs malauta diga-o,
Se siàs malauta diga-o,
Te farai un potatge
A, e, i, ò, u 
Te farai un potatge.

Amb una rava, amb un caulet,
Amb una rava, amb un caulet,
Una lauseta magra.
A, e, i, ò, u 
Una lauseta magra.

Quand serai mòrta enterratz-me,
Quand serai mòrta enterratz-me
Al pus fons de la cròta
A, e, i, ò, u 
Al pus fons de la cròta.

Los pès virats a la paret,
Los pès virats a la paret,
La testa a la rajada
A, e, i, ò, u 
La testa a la rajada.

Los pelegrins que passaràn
Los pelegrins que passaràn
Prendràn d'aiga senhada
A, e, i, ò, u 
Prendràn d'aiga senhada.

E diràn “Qual es mòrt aici?”
E diràn “Qual es mòrt aici?”
Aquò's la paura Joana
A, e, i, ò, u 
Aquò's la paura Joana.

Se n'es anada al paradís
Se n'es anada al paradís
Al cèl amb sas cabras
A, e, i, ò, u 
Al cèl amb sas cabras.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/1/4 - 22:12




Language: Occitan (post 1500) (Alverniate - Auvergnat)

1. Il testo in grafia tradizionale (c – Alvernia [Le Puy-en-Vélay])
Texte en graphie traditionnelle (c – Auvergne [Le Puy-en-Vélay])
Lyrics in traditional spelling (c – Auvergne [Le Puy-en-Vélay])
LO BOIÈR

Quand lo boièr tornèt delh prat,
Quand lo boièr tornèt delh prat,
Après un' agulhada
A, e, i, o, u
Après un' agulhada.

Trobèt sa femna èlh caire delh canton,
Trobèt sa femna èlh caire delh canton,
Tota descorsorada.
A, e, i, o, u
Tota descorsorada.

"Se siàs malauta, dis me o,
”Se siàs malauta, dis me o,
Te farèi una sopa.
A, e, i, o, u
Te farèi una sopa.

Embé 'na raba, emb un chaulet,
Embé 'na raba, emb un chaulet,
Una lauseta maigra."
A, e, i, o, u
Una lauseta maigra.

" Mès, si ieu mòre, enterra me,
Mès, si ieu mòre, enterra me,
Èlh potz près de la mara.
A, e, i, o, u
Èlh potz près de la mara.

Los pès 'purats contra la paret,
Los pès 'purats contra la paret,
La tèsta sos l'anada.
A, e, i, o, u
La tèsta sos l'anada.

Totes aquelos que passaran,
Totes aquelos que passaran,
Se faran la sinnada."
A, e, i, o, u
Se faran la sinnada.

Díran : "Aquela qu'es aquí,
Díran; “Aquela qu'es aquí,
Aquò ei la paura Jana.
A, e, i, o, u
Aquò ei la paura Jana.

Que s'es anada en paradís,
Que s'es anada en paradís,
Èlh cial embé sa chabra."
A, e, i, o, u
Èlh cial embé sa chabra.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/1/4 - 22:48





2. Il testo in grafia mistraliana (a)
Texte en graphie mistralienne (a)
Lyrics in Mistralian spelling (a)


Catari messi al rogo, da una miniatura medievale.
Catari messi al rogo, da una miniatura medievale.


Ripreso dai commenti al Video Youtube contrassegnato come 1. nel box video (al quale corrisponde). Adattato al layout testuale qui utilizzato.
LOU BOUYÈ

Can lou bouyè ben de laoura,
Can lou bouyè ben de laoura,
Planto soun agulhado
A, e, i, ò, u
Planto soun agulhado.

Troubo sa femno al pè del foc,
Troubo sa femno al pè del foc,
Touto déscounsoulado
A, e, i, ò, u
Touto déscounsoulado.

"Se 'n es malaouto digas oc,
Se 'n es malaouto digas oc,
Te faren un poutadzé
A, e, i, ò, u
Te faren un poutadzé.

Amb uno rabo, un caoulét,
Amb uno rabo, un caoulét,
Uno laouzéto magro."
A, e, i, ò, u
Uno laouzéto magro.

"Quan séraï morto rébound mé,
”Quan séraï morto rébound mé.
Al pus priou de la cabo
A, e, i, ò, u
Al pus priou de la cabo.

Méttras mous pès à la parét,
Méttras mous pès a la parét,
Lou cap jous la canèlo
A, e, i, ò, u
Lou cap jous la canèlo.

E lous roumious que passaran,
E lous roumious que passaran,
Prendran d'aïgo ségnado."
A, e, i, ò, u
Prendran d'aïgo ségnado.

E diran: "Cal es mort aïci,
E diran: “Cal es mort aïci,
Es la paouro Joano.
A, e, i, ò, u
Es la paouro Joano.

Que 'n es anado al paradis,
Que 'n es anado al paradis,
Al cèl ambé sas cabros."
A, e, i, ò, u
Al cèl ambé sas cabros.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/1/4 - 19:16




Language: Occitan (post 1500) (Provenzale - Provençal)

2. Il testo in grafia mistraliana (b - Versione provenzale)
Texte en graphie mistralienne (b - Version provençale)
Lyrics in Mistralian spelling (b - Provençal version)


Una pagina dal codice della cd. Cançò de la crosado ("Canzone della Crociata") con l'illustrazione del Sacco di Béziers.
Una pagina dal codice della cd. Cançò de la crosado ("Canzone della Crociata") con l'illustrazione del Sacco di Béziers.


Ripresa da Questa pagina ZicTrad. Adattata al layout testuale qui utilizzato.
LOU BOUIÉ

Quand lou bouié vèn de laura,
Quand lo bouié vèn de laura,
Planto soun aguïado,
A, e, i, o, u
Planto soun aguïado.

Trobo sa femo au pèd dóu fiò,
Trobo sa femo au pèd dóu fiò
Tristo e descounsoulado
A, e, i, o, u
Tristo e descounsoulado.

Se siés malauto, digo-lou,
Se siés malauto, digo-lou,
Te farai un poutage
A, e, i, o, u
Te farai un poutage.

Am’ uno rabo, am’ un caulet,
Am' uno rabo, am' un caulet,
Uno lauseto magro
A, e, i, o, u
Uno lauseto magro.

Quand sarai morto, enterras-me,
Quand sarai morto, enterras-me,
Au plus founs de la cavo
A, e, i, o, u
Au plus founs de la cavo.

E li roumiéu que passaran,
E li roumiéu que passaran,
Prendran d’aigo signado
A, e, i, o, u
Prendran d'aigo signado.

E diran qualo es morto eici,
E diran qualo es morto eici,
Acò’s la pauro Jano
A, e, i, o, u
Acò's la pauro Jano.

Que s’es anado au Paradis,
Que s'es anado au Paradis
Au cèu amé si cabro
A, e, i, o, u
Au cèu amé si cabro.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/1/4 - 19:24


b. Versioni francesi
a. Versions françaises
a. French versions

2012/1/4 - 23:32




Language: French

a. La versione cantata da Véronique Chalot
a. La version française chantée par Véronique Chalot
a. Version sung by Véronique Chalot


chalotv

Album: A l'entrée du temps clair

Véronique Chalot : voce, chitarra, dolcemelo, ghironda
Steve Lunardi : violino, bouzouki
Laurent Greppi: cornamusa, cromorno, fischio
Roli Calabro : doppio basso, basso
Paolo Casu : bendhir, tavole, ossa
Piero Bubbico : tamburo scozzese, bodhràn

Véronique Chalot: voix, guitare, dulcimer, vielle à roue
Steve Lunardi : violon, bouzouki
Laurent Greppi : cornamuse, cromorne, sifflets
Roli Calabro : double basse, basse
Paolo Casu : bendhir, tables, ossa
Piero Bubbico : tambour écossais, bodhràn

Véronique Chalot : vocals, guitar, dulcimer, hurdy-gurdy
Steve Lunardi : violin, bouzouki
Laurent Greppi : bagpipes, crumhorn, whistles
Roli Calabro: double-bass, bass
Paolo Casu: bendhir, tables, ossa
Piero Bubbico: Scottish percussion, bodhran

La versione corrisponde alla 5. del box video.
La version correspond au vidéo 5. de la boîte.
This version corresponds to nr 5 in the video box.
LE BOUVIER

Quand le bouvier vient de labour,
Quand le bouvier vient de labour,
Il plante l'aiguillade,
Il plante l'aiguillade.

Trouve sa femme au coin du feu,
Trouve sa femme au coin du feu,
Sa robe dégrafée,
Sa robe dégrafée.

"Si tu es malade, dis-le-moi,
”Si tu es malade, dis-le-moi,
Je ferai une soupe,
Je ferai une soupe.

Avec un rave et un chou,
Avec un rave et un chou,
Une alouette maigre,
Une alouette maigre.”

"Une fois morte, enterre-moi,
Une fois morte, enterre-moi,
Tout au fond de la mare,
Tout au fond de la mare.

Les pèlerins qui passeront,
Les pèlerins qui passeront,
Prendront l'eau consacrée,
Prendront l'eau consacrée.

Disant : "Laquelle est morte ici?”
Disant: “Laquelle est morte ici?”
C'est cette pauvre Jeanne,
C'est cette pauvre Jeanne.

Elle est allée au paradis,
Elle est allée au paradis,
Au ciel avec ses chèvres,
Au ciel avec ses chèvres.

Contributed by Riccardo Venturi - 2012/1/4 - 23:53




Language: French

a. La versione cantata dai Malicorne (1975)
a. La version française chantée par Malicorne (1975)
a. Version sung by Malicorne (1975)


malk


Album: Malicorne 2

* Gabriel Yacoub - chitarra classica, chitarra elettrica, spinetta dei Vosgi, voce
* Marie Yacoub - dulcimer, bouzouki, ghironda, voce
* Laurent Vercambre - violino, bouzouki, salterio, armonium, mandolino, voce
* Hughes de Courson - chitarra elettrica, basso, cromorno, percussioni, voce
LE BOUVIER

Quand le bouvier revient du labour,
Quand le bouvier revient du labour,
Plante son aiguillade,
Plante son aiguillade.

Trouve sa femme au coin du feu,
Trouve sa femme au coin du feu,
Sa robe déchirée,
Sa robe déchirée.

"Si t'es malade, dis-le-moi,
”Si t'es malade, dis-le-moi,
Je te ferai la soupe,
Je te ferai la soupe.

Avec un rave, avec un chou,
Avec un rave, avec un chou,
Une alouette maigre,
Une alouette maigre.”

"Quand je s'rai morte, enterrez-moi,
Quand je s'rai morte, enterrez-moi,
Tout au fond de la mare,
Tout au fond de la mare.

Les pieds tournés vers la paroi,
Les pieds tournés vers la paroi,
La tête sous la source,
La tête sous la source.

Les pèlerins qui passeront,
Les pèlerins qui passeront,
Boiront l'eau de la vie,
Boiront l'eau de la vie.

Ils diront : "Celle qui est morte ici,
Ils diront: “Celle qui est morte ici,
C'est cette pauvre Jeanne,
C'est cette pauvre Jeanne."

Elle est allée au paradis,
Elle est allée au paradis,
Toute seule avec ses chèvres,
Toute seule avec ses chèvres.

Contributed by Riccardo Venturi - 2012/1/5 - 00:42


c. Versioni in altre lingue
c. Versions en autres langues
c. Versions in different languages

2012/1/5 - 01:07




Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi
5 gennaio 2011

Émile Antoine Bayard: Il massacro di Béziers (1886)
Émile Antoine Bayard: Il massacro di Béziers (1886)


Per la traduzione italiana ho scelto naturalmente la versione standard occitana, non tenendo conto delle altre versioni. [RV]
IL BOVARO

Quando il bovaro torna dal lavoro,
Quando il bovaro torna dal lavoro,
Pianta il suo pungolo,
A, e, i, o, u
Pianta il suo pungolo.

Trova la moglie vicino al fuoco,
Trova la moglie vicino al fuoco,
Tutta sconsolata
A, e, i, o, u
Tutta sconsolata.

"Se sei malata, devi dirmelo,
Se sei malata, devi dirmelo,
Io ti farò una zuppa,
A, e, i, o, u
Io ti farò una zuppa.

Con una rapa e un cavolo,
Con una rapa e un cavolo,
Un'allodola magra." [*]
A, e, i, o, u
Un'allodola magra."

"Quando sarò morta, seppelliscimi,
”Quando sarò morta, seppelliscimi
Nel più profondo della grotta
A, e, i, o, u
Nel più profondo della grotta.

Mettimi i piedi alla parete,
Mettimi i piedi alla parete,
Il capo sotto la fonte,
A, e, i, o, u
Il capo sotto la fonte.

E i viandanti che passeranno,
E i viandanti che passeranno,
Prenderanno l'acqua benedetta."
A, e, i, o, u
Prenderanno l'acqua benedetta.

E diranno: "Chi è morto qui,
E diranno: “Chi è morto qui,
È la povera Giovanna.
A, e, i, o, u
È la povera Giovanna.

Che se n'è andata in paradiso,
Che se n'è andata in paradiso,
In cielo con le sue capre."
A, e, i, o, u
In cielo con le sue capre.

[*] "Lauseta" vuol dire anche "fetta di pancetta". (ndt)

2012/1/5 - 01:27




Language: English

English translation by Riccardo Venturi
April 17, 2012

Montségur.
Montségur.


“The text of this Cathar hymn contains an encoded message, Joana being the medieval cathar church, which has been weakened and finally eliminated in Southern France (Occitanie) through the horrible Albigensian crusade. The spiritual essence of the cathars is still vibrating in caves and waters.”
THE COWHERD

When the cowherd comes home from work,
When the cowherd comes home from work,
He puts up his goad,
A, e, i, o, u
He puts up his goad.

He finds his wife by the hearth,
He finds his wife by the hearth,
She's so sad in her heart
A, e, i, o, u
She's so sad in her heart.

“Please tell me if you aren't well,
Please tell me if you aren't well,
And I'll make you a soup,
A, e, i, o, u
And I'll make you a soup.

With a turnip, a cabbage,
With a turnip, a cabbage,
And a slice of lean bacon,
A, e, i, o, u
And a slice of lean bacon.”

“When I am dead please bury me,
When I am dead please bury me,
Into a deepest cave,
A, e, i, o, u
Into a deepest cave.

You'll put my feet against the wall,
You'll put my feet against the wall,
And my head beneath the source,
A, e, i, o, u
And my head beneath the source.

So all the people who pass by there,
So all the people who pass by there,
Will take the blessed water
A, e, i, o, u
Will take the blessed water

And say, 'The one who lies dead here,
And say, 'The one who lies dead here,
Is poor Joana,
A, e, i, o, u
Is poor Joana

Who has gone to Heaven,
Who has gone to Heaven,
To Heaven with her goats,
A, e, i, o, u
To Heaven with her goats.”

2012/4/17 - 17:57




Language: German

Versione tedesca
Deutsche Übersetzung

«Der Text dieser katharischen Hymne enthält eine geheime Botschaft, da Joana ist die mittelalterliche katharische Kirche, die erst geschwächt, und denn beseitigt wurde in Südfrankreich (Okzitanien) mit dem schrecklichen Albigenserkreuzzug. Das geistliche Wesen der Katharen schwingt noch in den Höhlen und in den Wässern.»

Ripresa dal Video YouTube 1. e adattata al layout di questa pagina. E' presente anche una traduzione inglese di pessima qualità, non utilizzabile.
DER OCHSENHIRT

Wenn der Ochsenhirt vom Pflügen kommt
Wenn der Ochsenhirt vom Pflügen kommt
seinen Treibstab abstellt
A, e, i, o, u
seinen Treibstab abstellt.

Findet seine Frau am Herd
findet seine Frau am Herd
ganz zermürbt
A, e, i, o, u
ganz zermürbt.

"Wenn du krank bist, sag es,
Wenn du krank bist, sag es,
wir machen dir eine Suppe
A, e, i, o, u
wir machen dir eine Suppe.

Mit einer Rübe, einem Kohl,
Mit einer Rübe, einem Kohl,
einer mageren Lerche."
A, e, i, o, u
Einer mageren Lerche.

"Wenn ich tot bin, begrabe mich
”Wenn ich tot bin, begrabe mich
im Keller an tiefster Stelle
A, e, i, o, u
im Keller an tiefster Stelle.

Setze meine Füße gegen die Mauern
Setze meine Füße gegen die Mauern,
und mein Haupt unter den Faßhahn
A, e, i, o, u
und mein Haupt unter den Faßhahn.

Und die Pilger die vorbei kommen
Und die Pilger die vorbei kommen
nehmen geweihtes Wasser
A, e, i, o, u
nehmen geweihtes Wasser.

Und werden sagen: 'Wer ist hier gestorben?”
Und werden sagen: “Wer ist hier gestorben?”
Es ist die arme Joana
A, e, i, o, u
es ist die arme Joana.

Die fortgegangen ist ins Paradies,
Die fortgegangen ist ins Paradies,
in den Himmel mit ihren Schafen.
A, e, i, o, u
in den Himmel mit ihren Schafen."

Contributed by CCG/AWS Staff - 2012/1/5 - 21:01




Language: Icelandic

Þýtt hefur á íslensku / Versione islandese / Icelandic version / Version islandaise / Islanninkielinen versio:
Riccardo Venturi, 06-11-2019 20:25
KÚASMALINN

Kúasmalinn kemur úr starfi heim,
Kúasmalinn kemur úr starfi heim,
Setur upp broddstafinn sinn,
A, e, í, ó, ú,
Setur upp broddstafinn sinn.

Við eldstæðið situr kona hans,
Við eldstæðið situr kona hans
Sorgmædd í hjarta sínu,
A, e, í, ó, ú
Sorgmædd í hjarta sínu.

Ertu sjúk, segðu mér það,
Ertu sjúk, segðu mér það,
Og ég laga þér súpu,
A, e, í, ó, ú
Og ég laga þér súpu.

Með næpu og hvítkáli,
Með næpu og hvítkáli
Og sneið af reyktu fleski,
A, e, í, ó, ú
Og sneið af reyktu fleski.

Þegar ég er dáin, þá jarða mig,
Þegar ég er dáin, þá jarða mig
Inn í dýpstan helli,
A, e, í, ó, ú
Inn í dýpstan helli.

Leggðu mér fæturna á vegginn,
Leggðu mér fæturna á vegginn
Og höfuðið undir uppsprettu,
A, e, í, ó, ú
Og höfuðið undir uppsprettu.

Svo að öll, sem fara þar framhjá,
Svo að öll, sem fara þar framhjá,
Taki blessaða vatnið,
A, e, í, ó, ú
Taki blessaða vatnið.

Og segðu, Sú, sem er jörðuð hér,
Og segðu, Sú, sem er jörðuð hér,
Er Jóana fátæka,
A, e, í, ó, ú
Er Jóana fátæka.

Flogin er hún til himnanna,
Flogin er hún til himnanna
Með öllum geitum sínum,
A, e, í, ó, ú
Með öllum geitum sínum.

2019/11/6 - 20:31


Bellissimo lavoro, Riccardo. E bellissima la canzone. Grazie.

Gian Piero Testa - 2012/1/4 - 21:54


Il lavoro mi sa che non è manco a un terzo, non immagini quel che sto trovando su questo canto proveniente veramente dalla notte dei tempi. Nella forma che sto presentando qui proviene sicuramente dal XIII secolo e dalla tragica epopea catara, ma il canto preesistente (poi "criptato" simbologicamente) doveva provenire, per il suo argomento stesso, da antichità remote. A pagina finita mi verrebbe da farne una versione in greco omerico: non stonerebbe, se ne fossi capace. Comunque, fa veramente venire i brividi. Sia nella versione del video 1 (che a mio parere restituisce le sonorità antiche), sia in quella cantata con il liuto dal ragazzo per le vie di Béziers...sono luoghi che conosco, nella stessa giornata dell'aprile 1992 riuscii prima a visitare Béziers (città stupenda) e poi a andare a vedere la vicina "Plage de la Corniche" sulla quale si svolge la "Supplique pour être enterré à la plage de Sète" di Georges Brassens. Che ricordi, mamma mia. E che piacere nel ritrovare la canzone cantata, seppure in francese, anche da Véronique Chalot: era mia vicina di casa quando abitavo a Livorno.

Riccardo Venturi - 2012/1/4 - 22:58


Mi domando a volte come si possa passeggiare sorridenti calpestando l'assurdo dolore di cui è impregnata ogni zolla della nostra Europa, tanto vecchia e feroce...

Gian Piero Testa - 2012/1/4 - 23:40


Hai davvero ragione. Non c'è centimetro quadrato di questo continente che non sia impregnato di sangue e di dolore. E anche di storia e di bellezza. Mi sono spesso chiesto come le due cose possano convivere, ma probabilmente è perché la memoria diretta si perde rapidamente. La memoria si sedimenta davvero nella terra, nelle pietre e nell'acqua: affidandosi alle profondità della terra, i catari sterminati intendevano proprio questo. Non so se sei mai stato nell'entroterra della Francia meridionale, nell'Occitania e in Linguadoca: con un facile gioco di parole, sono posti che fanno venire la pelle d'oca. Sono luoghi che parlano. Se ti capita, vai a Montségur, a Baux, in cima al Monte Ventoso, sui vulcani alverniati, nei vicoli di Béziers: sembra ancora di sentir risuonare la terribile frase di Simon de Montfort, "Ammazzateli tutti, Dio riconoscerà i suoi".

Riccardo Venturi - 2012/1/5 - 00:04


L'ultimo viaggio in Francia l'ho fatto in Auvergne, dove le chiese hanno i colori vividi e cupi delle lave che hanno fatto le loro pietre infernali.

Gian Piero Testa - 2012/1/5 - 01:14


Grazie Riccardo per averci svelato questa incredibile canzone.
Ad ascoltarla fa davvero venire la pelle d'oca, anzi, d'Oc...

Bartleby - 2012/1/5 - 10:27


La stessa reazione mia, Bartleby. Ieri non ho fatto altro che dedicarmici, di quelle pagine che mi dispiacerà lasciare quando sarà definitivamente pronta. A meno che qualcuno non abbia musicato almeno qualche brano della "Canzone della Crociata Albigese" (poema di 7000 versi circa). Poi, però, si pensa a che cosa c'è dietro questa bellezza, come osservava giustamente Gian Piero Testa. Leggo che soltanto l'assedio e il sacco di Béziers provocarono circa 20.000 morti. Ventimila morti in una città medievale significarono lo sterminio di tutta la città, a fil di spada e col fuoco. Da notare che la popolazione catara di Béziers ammontava a non più di 500 persone: i crociati sterminarono quindi in maggioranza gli stessi cattolici. Cose che ci riesce difficile immaginare persino ora, in tempi di guerra globale. Ci dovrebbe però riuscire più facile immaginare che ci sia la mano di santa madre chiesa cattolica & apostolica ecc.

Riccardo Venturi - 2012/1/5 - 12:02


Ti ho appena mandato una mail sulla posta comune dei "perfidi".
Savall e sua moglie hanno scritto un'intera opera musicale sulla persecuzione dei catari: "Le Royaume oublié - La Croisade contre les Albigeois - La Tragédie cathare". Pare che sia tutta basata su antichi testi trovati in lunghe ricerche d'archivio. Ho trovato anche il libretto con i testi nelle lingue originali e la traduzione in inglese... Ti ho passato tutto...

Bartleby - 2012/1/5 - 13:22


... e ho la sensazione che in gran parte si tratti di estratti proprio dalla "Chanson de la Croisade albigeoise" perchè vedo ricorrente il nome di Guilhèm de Tudèla...

Bartleby - 2012/1/5 - 13:26


Insomma come dire...chiama e rispondi! Andrò a vedere stasera ammodino, perché ora mi chiama la militanza politica in forma di riunione e dibbàttito, ma concordo sul fatto che ci siano forti probabilità che si tratti proprio della Cançon de la Crosado. Fonte ancora più diretta. Grazie per ora, e vediamo cosa si potrà fare...

Riccardo Venturi - 2012/1/5 - 13:44


Ora che mi sono ricordato, in questo sito già avevamo una canzone che parlava del massacro dei Catari. Certo, potrà sembrare strano, e un po' ardito, passare ex abrupto da questo canto allo heavy metal, però la canzone è degli Iron Maiden e si chiama inequivocabilmente Montségur. Ho come una mezza idea che metterò un po' mano a quella pagina.

Riccardo Venturi - 2012/1/6 - 00:39


Beh, ci sono anche 05. Prière des Albigeois e la Montsegur di Claude Marti...

Bartleby - 2012/1/6 - 09:49


Qui, fra poco, c'è di che fare un percorso Càtaro....che ne dite, 'o'o fàmo..?

Riccardo Venturi - 2012/1/6 - 12:20


Meraviglioso. Quando ho visto che nel sito c'era un percorso "albigese" ho provato a verificare se c'era questa canzone. Le boièr io l'ho imparata anni fa grazie ai miei compagni di scavo tolosani, l'équipe del prof. Jean Guilaine. Antica, sì, inno del separatismo occitano contro l'egemonia della Francia del Nord, sì, ma non mi avevano detto che Le boièr era una canzone legata alla persecuzione dei catari... ma forse ci sarei potuta arrivare da sola :)

MLetizia Verola - 2012/4/24 - 08:28


DQ82 - 2012/7/18 - 17:41


Lo boièr interpretato dagli Oxford Trobadors
Lo boièr performed by the Oxford Trobadors


Riccardo Venturi - 2013/3/26 - 13:41


Lo boièr interpretato dal Quintetto Nigra

adriana - 2019/1/4 - 09:45


Thank you for this site and regards from Bosnia
Welcome to the country of “Bono Homini”

Damir Saciragic - 2019/11/6 - 17:04


...(riferito alla versione malicornina) per quel che ricordo di aver saputo io (quando bazzicavo etnomusicologia in Francia) la strofa finale di questa canzone (capre in cielo) fa preciso riferimento alla costellazione dell'Auriga....

Flavio Poltronieri - 2019/11/6 - 19:31


...forse già dal titolo la canzone fa riferimento al cielo stellato visto che come esiste la costellazione di Auriga ovvero il cocchiere della biga, c'è anche il Boote, cioè il Bovaro...
???
Sarebbe allora un mezzo stilistico usato dall'anonimo poeta.
E che poeta!

Krzysiek - 2019/11/6 - 20:16


Bellissime le vostre osservazioni astronomiche, Krzysiek e Flavíusar.

bootes


Qui il Βοώτης ha in mano proprio il bastone da bovaro, l'agulhada del canto.
Si aggiunga che, in occitano, la costellazione del Bootes si chiama proprio Boièr.

2019/11/6 - 20:37


...di cui come simbolo col tempo si è appropriata la chiesa cattolica, facendo del bastone il pastorale con tanto d'ispirazione alla giovane foglia di felce, un frattale vivente...

Grazie

Krzysiek - 2019/11/6 - 21:00


Grazie. Dziękuję. Trugarez. Þakka þér.

Flavio Poltronieri - 2019/11/6 - 21:35


E buonanotte...

Krzysiek - 2019/11/7 - 00:58




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