Когда умирают травы - сохнут,
Когда умирают солнца - они гаснут,
Когда умирают люди - поют песни.
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:26
When horses die, they breathe
When grasses die, they wither,
When suns die, they go out,
When people die, they sing songs.
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:26
Quando stanno morendo, i cavalli respirano,
Quando stanno morendo, le erbe si seccano,
Quando stanno morendo, i soli si bruciano,
Quando stanno morendo, gli uomini cantano delle canzoni.
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:27
Quando stanno morendo, i cavalli respirano,
quanto stanno morendo, le erbe instristiscono,
quando stanno morendo, i soli si spengono,
quando stanno morendo,
gli uomini cantano
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:27
Quand meurent les chevaux, ils soufflent,
Quand meurent les plantes, elles se fanent,
Quand meurent les soleils, ils s’éteignent,
Quand meurent les hommes, ils entonnent des chants.
Contributed by Bartleby - 2011/11/17 - 10:14
Als paarden sterven - snuiven ze
Als grassen sterven - verdorren ze
Als zonnen sterven - doven ze uit
Als mensen sterven - zingen ze liederen
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:28
Wenn Pferde sterben - Schaum und Schnaufen,
Wenn Gräser sterben - trocknen Haufen,
Wenn Sonnen sterben - sie verlöschen,
Wenn Leute sterben - singen Menschen.
Contributed by Bartleby - 2011/11/15 - 08:29
Per il resto, mi pare che su questo sito viga per fortuna una certa libertà (soltanto appena limitata di quando in quando dalla perfidia degli Admins!), tant’è che sulle CCG non ci sono solo canzoni contro la guerra tout court ma molto, molto altro (e ci mancherebbe pure!).
E così non trovo strano che nell’inserimento dei testi, a seconda della sensibilità del contributore, che può liberamente ritenere prevalente (per autorevolezza, per riconoscibilità, per originalità,…) di volta in volta l’autore del testo o il compositore della musica, il brano venga attribuito all’uno o all’altro…
Detto questo, a me non verrebbe mai di attribuire Bêtise de la guerre ad un semi-sconosciuto compositore canadese quando il testo è di Victor Hugo, così come non attribuirei a Simon Bainbridge (per quanto sia membro della Royal Academy of Music) una poesia di Primo Levi…
Ma per le poesie è ancora diverso: secondo me andrebbero in linea di massima attribuite al loro autore, a meno che nelle mani di chi le ha messe in musica siano diventate qualcos’altro, qualcosa di diverso e di originale e di ancora più indimenticabile del testo originario…
Bartleby - 2011/11/15 - 08:50
Per quanto riguarda la vexata quæstio dell'attribuzione dei testi presenti in questo sito, debbo comunque dare ragione a Bartleby. E' necessario comunque vedere caso per caso. I criteri devono forzatamente essere elastici e seguire l'opportunità. Tanto per fare un altro esempio, nel caso di un album unitario è bene attribuirlo all'interprete (caso tipico: il Defixiones, Will and Testament dev'essere attribuito interamente a Diamanda Galás, anche se vi sono presenti testi di non so quanti autori. Non parliamo dei greci che mettono in musica testi di tutti i maggiori poeti di quel paese: Theodorakis o Ritsos? Markopoulos o Seferis? Sono peraltro ben conscio che io stesso mi sono spesso lasciato guidare dalle varie contingenze. Sarebbe forse stato meglio stabilire un criterio rigoroso fin dall'inizio e rispettarlo, ma non è stato così e amen; quel che raccomando sempre è comunque inserire delle note discografiche e autoriali esatte e complete, cosa che spesso e volentieri viene trascurata. I collaboratori dovrebbero, quando inseriscono un testo, premurarsi un po' di cercarle e non lasciare tutto agli admins, che saranno pure perfidi ma che, poveracci, si devono sobbarcare un lavoro immane. Tanto per dirne una, nella "stanza dei bottoni" siamo mostruosamente indietro con gli inserimenti, ce ne sono alcuni che aspettano da mesi...
Riccardo Venturi - 2011/11/15 - 18:50
giorgio - 2011/11/16 - 09:35
Riccardo Venturi - 2011/11/16 - 11:02
Gian Piero Testa - 2011/11/16 - 11:38
Riccardo Venturi - 2011/11/16 - 12:33
Gian Piero Testa - 2011/11/16 - 14:03
Friedrich Nietzsche - Aurora (Morgenröthe), Pensieri sui pregiudizi morali, Libro III, §173. Gli apologeti del lavoro
Anche stavolta mi pare che sia la semantica che l'etimologia dabbiano ragione a Riccardo. Magari, caro Gian Piero, si potesse "lavorare" sempre con e su quello che ci è più congeniale!
Eppure, Riccardo, in origine (tempi precedenti l'inizio dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo?) la parola pare abbia avuto un significato positivo. La radice LABH sembra infatti avere il significato base di afferrare, prendere (figur. volgere il desiderio, la volontà, l'intento), quindi anche intraprendere, agognare, impossessarsi. Radice che molto probabilmente era RABH, come RUC che è poi diventato LUC, lat. lux (luce).
sanscr. rabh-ate: afferra(re), prende(re); sam-rabh-ate: divenir padrone, ràbh-as: movimento violento del corpo e dell'animo, impeto, forza; rbh-us per rabh-us: abile artefice, scultore, lab-ate: piglia(re), acquista(re).
gr. λαμβάνω: prendo, afferro; λάφ-υρον: spoglia, preda.
ant. slav. rab-û : servo (que' che lavora), rab-ota: servitù;
lituan. lob-a: lavoro;
boem. rob-iti lavorare, rob-ota, lavoro servile;
e con la trasposizione della radice [ARBH = RABH]:
got. arbaithi;
ant. altoted. arabeit; mod. arbeit: fatica, lavoro;
gr. αλφάνω: ottengo, procuro; αλφηστής: laborioso, intraprendente.
Quello di adesso in effetti forse non ci crocifigge più al tripalium, ma ci uccide a poco a poco...
Spero, quindi, che in futuro, quando ci saremo completamente sbarazzati dalla schiavitù del lavoro salariato, cambieremo anche terminologia...
giorgio - 2011/11/17 - 08:20
Riccardo Venturi - 2011/11/17 - 10:50
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Alla fine dell’introduzione al Buchenwald-Lied, scritto da Fritz Böda-Löhner all’inizio del suo calvario nei campi di concentramento hitleriani, Mario M. citava questi versi del grande poeta futurista russo Velimir Chlebnikov.
Nel 1982 Massimo Cacciari e Luigi Nono utilizzarono la poesia di Chlebnikov nella composizione per quattro voci femminili, flauto basso, violoncello e live electronics intitolata Quando stanno morendo. Diario polacco n. 2, dedicata “agli amici e compagni polacchi che nell’esilio, nella clandestinità, in prigione, sul lavoro, resistono – sperano anche se disperati, credono anche se increduli.”. Erano infatti gli anni dei grandi scioperi a Danzica, di Solidarność e della lotta non-violenta contro il regime comunista che sarebbe terminata soltanto nel fatidico 1989.