Molto di più della terra sotto i piedi
qui mi mancano le voci e la città
e poi mi manchi tu che non ti vedo più
da quando sono qua
siamo saliti prima che finisse il turno
sopra il tetto della fabbrica a guardare
se dall'alto si vedesse finalmente
chi ci ha fatto licenziare
il primo giorno se n'è andato quasi in fretta
noi di sopra e gli altri sotto a questionare
ma di chi sono quelle facce sopra il tetto
e che cos'hanno da guardare
poi è arrivata sventolando la volante
e un bambino ha salutato da un balcone
prima che facesse notte si è piazzata
la televisione
no, non scendo
e non mi tira giù
neanche la tivù
no, non scendo
e vacci pure tu
davanti alla tivù
come passanti quando all'improvviso piove
stipati all'unico riparo di un portone
quelli di sotto si schiacciavano davanti
all'occhio della trasmissione
-io sopra il tetto ci ho rimasto anche un parente-
-per me la colpa è la delocalizzazione-
tutti volevano il microfono per dire qualche cosa
alla televisione
e mentre il buio si calava per le strade
e sui cancelli e le ringhiere di Torino
e si era spenta anche la luce del balcone
dove c'era quel bambino
io per un attimo ho creduto di vederti
in mezzo agli altri sotto a solidarizzare
però non eri tu e son rimasto su
sul tetto a bivaccare
no, non scendo
e non mi tira giù
neanche la tivù
no, non scendo
e vacci pure tu
davanti alla tivù
sono passati giorni e notti da quel giorno
e per la strada tutto torna a circolare
solo ogni tanto c'è qualcuno che alza gli occhi
e mi guarda guardare
anche i compagni sono andati e li capisco
non era mica così facile restare
se c'è qualcuno che ti aspetta
se hai qualcuno da potergli raccontare
così da solo adesso guardo per mio conto
e non m'importa più di scendere o tornare
e non m'importa più nemmeno di sapere
chi mi ha fatto licenziare
passano i giorni tutti uguali e non li conto
tolgano il fiato a chi li insegue da vicino
io di per me rimango qui e mi accontento
di parlare col bambino
qui mi mancano le voci e la città
e poi mi manchi tu che non ti vedo più
da quando sono qua
siamo saliti prima che finisse il turno
sopra il tetto della fabbrica a guardare
se dall'alto si vedesse finalmente
chi ci ha fatto licenziare
il primo giorno se n'è andato quasi in fretta
noi di sopra e gli altri sotto a questionare
ma di chi sono quelle facce sopra il tetto
e che cos'hanno da guardare
poi è arrivata sventolando la volante
e un bambino ha salutato da un balcone
prima che facesse notte si è piazzata
la televisione
no, non scendo
e non mi tira giù
neanche la tivù
no, non scendo
e vacci pure tu
davanti alla tivù
come passanti quando all'improvviso piove
stipati all'unico riparo di un portone
quelli di sotto si schiacciavano davanti
all'occhio della trasmissione
-io sopra il tetto ci ho rimasto anche un parente-
-per me la colpa è la delocalizzazione-
tutti volevano il microfono per dire qualche cosa
alla televisione
e mentre il buio si calava per le strade
e sui cancelli e le ringhiere di Torino
e si era spenta anche la luce del balcone
dove c'era quel bambino
io per un attimo ho creduto di vederti
in mezzo agli altri sotto a solidarizzare
però non eri tu e son rimasto su
sul tetto a bivaccare
no, non scendo
e non mi tira giù
neanche la tivù
no, non scendo
e vacci pure tu
davanti alla tivù
sono passati giorni e notti da quel giorno
e per la strada tutto torna a circolare
solo ogni tanto c'è qualcuno che alza gli occhi
e mi guarda guardare
anche i compagni sono andati e li capisco
non era mica così facile restare
se c'è qualcuno che ti aspetta
se hai qualcuno da potergli raccontare
così da solo adesso guardo per mio conto
e non m'importa più di scendere o tornare
e non m'importa più nemmeno di sapere
chi mi ha fatto licenziare
passano i giorni tutti uguali e non li conto
tolgano il fiato a chi li insegue da vicino
io di per me rimango qui e mi accontento
di parlare col bambino
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