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A lu vinti di innaru na matina (Il giorno di San Sebastiano)

Franco Battiato
Lingua: Siciliano


Franco Battiato

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Titoli di testa del film “Il giorno di San Sebastiano” di Pasquale Scimeca, 1993.




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[1993]
Dalla colonna sonora del misconosciuto film di Pasquale Scimeca “Il giorno di San Sebastiano”.

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Sicilia, Caltavuturo, provincia di Palermo, 19 gennaio 1893.
I braccianti agricoli della locale cooperativa si diedero appuntamento per occupare all’alba del giorno seguente 250 ettari di terra in contrada Sangiovannello, un appezzamento che l’amministrazione comunale del sindaco Giuffrè aveva loro promesso da tempo ma che mai era stato assegnato. Ora loro andavano a prenderselo. All’alba del 20 gennaio i contadini invasero le terre e cominciarono a dissodarle. Subito arrivarono i soldati di stanza nel paese al comando del tenente Guttalà, che chiese agli occupanti di disperdersi. Subissati dai fischi e dagli insulti i militari pensarono bene di smammare, ma di lì a poco tornarono accompagnati da un drappello di carabinieri e da alcuni campieri mafiosi, a fucili spianati… Bastò poco, un sasso o due, e fu la carneficina: otto contadini furono uccisi, ventisei rimasero feriti, ma, di questi, cinque morirono nei giorni successivi.
Era mezzogiorno del 20 gennaio 1893, il giorno di San Sebastiano.
Nel pomeriggio, una compagnia di fanteria arrivata da Palermo scatenò una caccia all’uomo sulle alture circostanti il paese, arrestando molti dei contadini scampati alla strage. I corpi degli assassinati furono lasciati per quasi due giorni sul selciato prima che ai familiari fosse consentito di dare loro sepoltura.
La strage di Caltavuturo radicò anche in provincia di Palermo il movimento dei Fasci dei Lavoratori, già attivo ma solo sporadicamente in altre zone della Sicilia…
Il movimento dei Fasci fu sciolto l’anno seguente manu militari dai soldati e dai carabinieri inviati dal presidente del consiglio Francesco Crispi, siciliano, a difendere le proprietà dei ricchi possidenti.


Il racconto della strage fatto da Napoleone Colajanni nel suo “Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause”, Palermo 1895:

“A Caltavuturo, piccolo paese agricolo della provincia di Palermo, la miseria era ed è grande. Vi sono nel paese beni patrimoniali del Comune ed un demanio comunale, che gli amministratori danno in affitto.
Il popolo pensava e diceva che in questi affitti avvengono disoneste partigianerie; pensava e diceva che gli amministratori della cosa pubblica e i maggiorenti usurpavano impunemente le terre del popolo; onde non men grande della miseria era il malumore contro l'amministrazione comunale e i maggiorenti. Ci furono inchieste e processi e se le accuse risultarono esagerate, non furono però dimostrate infondate. Ne convenne l'on. Giolitti rispondendo il 30 gennaio alla mia interpellanza.
Il popolo esasperato decise di rendersi da sè quella giustizia invano chiesta e da tempo attesa, e il 20 Gennaio va nelle terre demaniali, come a festa, per prenderne possesso e zapparle. E zappano la terra, senza sapere se potranno seminarla e molto meno se potranno raccogliere il prodotto dopo averla bagnata coi propri sudori, e tornano sereni e contenti al paese colla intenzione di andare a zappare altra tenuta del Comune all'estremo opposto; ma giunti nella piazza vicino al Municipio trovano la via sbarrata da soldati, carabinieri e guardie campestri: in tutto una ventina di uomini di fronte ad oltre mille contadini armati di zappe. Non intimazioni, non squilli di tromba, nulla che possa dar parvenza di legalità alla condotta della forza pubblica, la quale, chiamata a fare le vendette degli usurpatori, minacciati dal popolo che voleva rivendicare i propri diritti, - i diritti della collettività - fece una scarica micidiale lasciando sul terreno contadini morti e feriti, mentre non un solo tra gl'iniqui aggressori venne ferito o contuso; ed erano 20 gli aggressori contro 1000 aggrediti! Ciò stia a prova delle intenzioni dei poveri contadini...
L'on. Giolitti, Ministro dell'interno e Presidente del Consiglio, da me e da altri interpellato, riconobbe la gravità del fatto del 20 Gennaio; promise che i colpevoli sarebbero stati puniti, disse che un processo era stato iniziato, che giustizia sarebbe stata fatta!
Giammai ministro dinanzi ad un Parlamento pronunziò tante menzogne e con tanto cinismo. Se ne giudichi: Non fu sottoposto a processo, nè destituito chi ordinò il fuoco senza alcun bisogno; chi l'ordinò senza farlo precedere dagli squilli di tromba; non fu iniziato processo contro chi vilmente tirò un colpo di revolver al contadino Moscarella, che, già ferito! erasi rannicchiato dietro una porta; non si processarono gli usurpatori del demanio comunale. No! Si arrestarono e si processarono, invece, alcuni disgraziati lavoratori della terra, che ebbero la fortuna di sfuggire al massacro. E meno male che furono assolti…”
A lu vinti di innaru na matina,
na curnetta che allegra sona.
Ma d'unni chiuvìu tanta ruvina?
Si vitti na timpesta senza trona,
e gridavanu cu vuci libertina
"A morti tutti li capuriuna!
A morti li capuriuna!"

inviata da Bartleby - 31/8/2011 - 10:47



Lingua: Italiano

Traduzione italiana da YouTube
IL VENTI DI GENNAIO, UNA MATTINA

Il venti di gennaio di mattina
una cornetta che suona allegra.
Ma da dov'è piovuta così tanta rovina?
Si vide una tempesta senza tuoni
e gridavano con voce di libertà:
"A morte tutti i caporioni!
A morte i caporioni!".

inviata da Bartleby - 31/8/2011 - 10:48


Capuriuni vuon dire capopopolo e non campiere
letteralmente capo del quartiere (riuna= rioni)
(es. rione sanità a Napoli)

FRANCESCO PAPPALARO - 15/2/2021 - 17:32


@ Francesco Pappalaro

Caro Francesco, grazie per la segnalazione. Abbiamo provveduto a sostituire quei misteriosi "campieri" della traduzione iutubesca con "caporioni", così si dice ormai comunemente anche in italiano letterario (rione, come si sa, è la resa autenticamente popolare -di origine romanesca e napoletana- del latino regio, -onis; "regione" è un cultismo). Di "caporione" si ha un curioso eco anche in francese: il termine porion, diffuso nelle regioni minerarie del Nord (Piccardia ecc.) e noto a chiunque abbia letto il "Germinale" di Émile Zola, è formato, per aferesi della sillaba iniziale, proprio da "caporione" (il porion, nelle miniere di carbone del Nord, era l'operaio che dirigeva e sorvegliava i lavori degli altri minatori, in pratica un caporeparto; ma il termine si usava non solo nelle miniere ma anche nei cantieri edili ecc.). Ciò indica probabilmente che operai italiani erano emigrati in Francia fin da tempi veramente lontani. Per qualche motivo il termine deve essere segretamente ritornato in Italia: mi ricordo di persona che all'Isola d'Elba, e più precisamente a Marina di Campo, il capo delle Guardie Comunali che c'era quand'ero ragazzo (anni '70), e che aveva un atteggiamento veramente inflessibile ed era celebre -si dice- per aver multato persino il Sindaco, veniva chiamato da tutti il "Porione" (non mi ricordo nemmeno come si chiamava veramente). Pensa che giri e rigiri fanno le parole! Tanti saluti e grazie ancora.

Riccardo Venturi - 15/2/2021 - 19:30




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