Questa è la storia di Pietro Masi
Vissuto a cavallo del Sette-Ottocento
Appignanese troppo ribelle
Perché era bello chiamato Bellente
Era si dice un uomo galante
Rubava il cuore a tutte le donne
Ma lui si mise contro la legge
E nella macchia dovette fuggì
Briganteggiava per lungo e per largo
Treia Pollenza Castelfidardo
Osimo Cingoli e Montefano
Montecassiano e giù di lì
In una casa di Cimarella
Faceva Natale con la sua banda
Ma un uomo nero fece la spia
E circondati furono lì
Il comandante e tanti gendarmi
Dettero inizio alla battaglia
Mentre la truppa avanzava e sparava
Un coro roco gridava così
Arrenditi Bellente
Venàtime a pijà
Arrenditi Bellente
Mortu scì ma viu no
E sotto il piombo di questi gendarmi
Cadeva morto a ventitré anni
Le donne piangevano il bell’amante
Eroe popolare chiamato Bellente
Vissuto a cavallo del Sette-Ottocento
Appignanese troppo ribelle
Perché era bello chiamato Bellente
Era si dice un uomo galante
Rubava il cuore a tutte le donne
Ma lui si mise contro la legge
E nella macchia dovette fuggì
Briganteggiava per lungo e per largo
Treia Pollenza Castelfidardo
Osimo Cingoli e Montefano
Montecassiano e giù di lì
In una casa di Cimarella
Faceva Natale con la sua banda
Ma un uomo nero fece la spia
E circondati furono lì
Il comandante e tanti gendarmi
Dettero inizio alla battaglia
Mentre la truppa avanzava e sparava
Un coro roco gridava così
Arrenditi Bellente
Venàtime a pijà
Arrenditi Bellente
Mortu scì ma viu no
E sotto il piombo di questi gendarmi
Cadeva morto a ventitré anni
Le donne piangevano il bell’amante
Eroe popolare chiamato Bellente
envoyé par DonQuijote82 - 17/8/2011 - 12:22
LA BALLATA DI PIETRO MASI, IL BELLENTE
di Maila Pentucci
Canzone apocrifa, incisa dalla Macina con la partecipazione di Marino e Sandro Severini nell’album “Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto” (Volume I), non può mancare nella collezione di briganti, disperati, eretici e malfattori di cui è costellata l’opera dei Gang, perché Pietro Masi, detto Bellente per la sua avvenenza fisica, visse, briganteggiò e morì nella zona di origine dei fratelli Severini, le campagne marchigiane tra la provincia di Macerata e quella di Ancona: Treia Pollenza Castelfidardo
Osimo Cingoli e Montefano, Montecassiano e giù di lì, come dicono i versi della canzone stessa.
Testo e musica sono opera di un cantastorie appignanese, Peppe de Birtina, al secolo Giuseppe Gasparrini musicista autodidatta, fondatore di gruppi ed orchestrine pop folk e narratore di storie allegre e vagamente surreali e di racconti locali, accompagnati dalla fisarmonica. Così ne parla Gastone Pietrucci, della Macina, raccontando l’incontro che diede il via al sodalizio artistico:
“Nel 2001, esattamente il 4 dicembre Giuseppe Gasparrini (1925-2005) nella sua grande generosità ed entusiasmo, invitò tutta La Macina con i Gang, Marino e Sandro Severini, a casa sua ad Appignano, perché voleva assolutamente conoscerci. In quel fortunato, fortunatissimo incontro (arricchito da una gustosissima cena) ho avuto il pregio ed il grande “regalo” di conoscere finalmente lo scatenato, simpaticissimo, ed interessantissimo Peppe de Birtina, come lui ci disse, era meglio conosciuto. Fu subito un incontro avvincente, coinvolgente ed estremamente piacevole. Per tutta la serata Giuseppe, ci deliziò con i racconti della sua vita e soprattutto della sua vita artistica, accompagnandosi con la sua fisarmonica e presentandoci, praticamente buona parte del suo sconfinato repertorio. Io fui letteralmente folgorato da quell’uomo eccezionale, carismatico, eclettico, appassionato cantastorie”.
La ballata del Bellente racconta la storia del brigante Pietro Masi, datosi alla macchia, come molti, per sfuggire alla leva imposta da Napoleone, estesa al territorio marchigiano nel 1808. Si unì così, appena diciottenne, ad una banda che si dedicava a rapine, furti e taglieggiamenti, di cui faceva parte anche Piero Trovarelli di Filottrano e ne prese il comando alla morte di quest’ultimo, ma anche per lui la fine era vicina: nel 1812, la notte di Natale, infatti fu colto di sorpresa in un casale (qualcuno dice una locanda) alla Cimarella, la contrada che unisce i territori di Macerata e di Appignano, e circondato dai gendarmi.
La leggenda vuole che rifiutò di arrendersi e nonostante la disparità di forze rispose al fuoco e fu colpito a morte: morto sì, vivo no. Nacque così la leggenda del Bellente, intrepido fuorilegge amato dalle donne, che rappresentava la ribellione ad un potere statale distante e mal sopportato dalle popolazioni locali, morto a soli 23 anni, perché gli eroi, come si sa, son tutti giovani e belli.
facebook.com
di Maila Pentucci
Canzone apocrifa, incisa dalla Macina con la partecipazione di Marino e Sandro Severini nell’album “Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto” (Volume I), non può mancare nella collezione di briganti, disperati, eretici e malfattori di cui è costellata l’opera dei Gang, perché Pietro Masi, detto Bellente per la sua avvenenza fisica, visse, briganteggiò e morì nella zona di origine dei fratelli Severini, le campagne marchigiane tra la provincia di Macerata e quella di Ancona: Treia Pollenza Castelfidardo
Osimo Cingoli e Montefano, Montecassiano e giù di lì, come dicono i versi della canzone stessa.
Testo e musica sono opera di un cantastorie appignanese, Peppe de Birtina, al secolo Giuseppe Gasparrini musicista autodidatta, fondatore di gruppi ed orchestrine pop folk e narratore di storie allegre e vagamente surreali e di racconti locali, accompagnati dalla fisarmonica. Così ne parla Gastone Pietrucci, della Macina, raccontando l’incontro che diede il via al sodalizio artistico:
“Nel 2001, esattamente il 4 dicembre Giuseppe Gasparrini (1925-2005) nella sua grande generosità ed entusiasmo, invitò tutta La Macina con i Gang, Marino e Sandro Severini, a casa sua ad Appignano, perché voleva assolutamente conoscerci. In quel fortunato, fortunatissimo incontro (arricchito da una gustosissima cena) ho avuto il pregio ed il grande “regalo” di conoscere finalmente lo scatenato, simpaticissimo, ed interessantissimo Peppe de Birtina, come lui ci disse, era meglio conosciuto. Fu subito un incontro avvincente, coinvolgente ed estremamente piacevole. Per tutta la serata Giuseppe, ci deliziò con i racconti della sua vita e soprattutto della sua vita artistica, accompagnandosi con la sua fisarmonica e presentandoci, praticamente buona parte del suo sconfinato repertorio. Io fui letteralmente folgorato da quell’uomo eccezionale, carismatico, eclettico, appassionato cantastorie”.
La ballata del Bellente racconta la storia del brigante Pietro Masi, datosi alla macchia, come molti, per sfuggire alla leva imposta da Napoleone, estesa al territorio marchigiano nel 1808. Si unì così, appena diciottenne, ad una banda che si dedicava a rapine, furti e taglieggiamenti, di cui faceva parte anche Piero Trovarelli di Filottrano e ne prese il comando alla morte di quest’ultimo, ma anche per lui la fine era vicina: nel 1812, la notte di Natale, infatti fu colto di sorpresa in un casale (qualcuno dice una locanda) alla Cimarella, la contrada che unisce i territori di Macerata e di Appignano, e circondato dai gendarmi.
La leggenda vuole che rifiutò di arrendersi e nonostante la disparità di forze rispose al fuoco e fu colpito a morte: morto sì, vivo no. Nacque così la leggenda del Bellente, intrepido fuorilegge amato dalle donne, che rappresentava la ribellione ad un potere statale distante e mal sopportato dalle popolazioni locali, morto a soli 23 anni, perché gli eroi, come si sa, son tutti giovani e belli.
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Dq82 - 1/11/2017 - 16:40
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Interpretata anche da La Macina e dai Gang
Con l’annessione al Regno d’Italia avvenuta il 2 Aprile 1808, veniva introdotta anche nel territorio marchigiano la legge sulla coscrizione obbligatoria. Entrata in vigore nella Repubblica Italiana il 13 agosto 1802, fortemente voluta dal vicepresidente Melzi e ispirata alla normativa in vigore in Francia, la legge perseguiva l’obiettivo di potenziare un esercito basato fino ad allora sull’arruolamento volontario e, indirettamente, di conferire prestigio e autonomia alla Repubblica. In realtà l’applicazione della legge creò molti problemi al regime napoleonico e fu continuamente riformata nel tentativo di arginare i fenomeni di renitenza e i conseguenti problemi di ordine pubblico causati da disertori e coscritti refrattari. Anche nel Dipartimento del Musone, di cui capoluogo fu Macerata, i giovani coscritti spesso non si presentavano e si disperdevano nelle campagne conducendo una vita raminga e ai limiti della legalità formando, spesso, bande di insorgenti. A capo di una di queste bande di insorgenti c’era Pietro Masi detto Bellente, giovane appignanese. Ben presto le sue gesta divennero leggenda e, per quanto non paragonabili ad altri briganti del sud Italia, ancora oggi di lui ne rimane un vivo ritratto popolare che lo vuole eroe impavido e romantico, tenero e spietato allo stesso tempo, generoso e quindi amato dalla gente. Spesso le comunità rurali, più ancorate alla tradizione, scelsero di aderire alle bande degli insorgenti per difendere il loro mondo antico che moriva sotto i colpi delle truppe francesi. Combatterono una guerra disperata, senza nessuna possibilità di vittoria, guidate da giovani capi, come Pietro Masi, che forse non erano in grado di capire la portata della loro rivolta, ma che con il loro sacrificio testimoniarono un mondo che moriva sotto i colpi del modernismo. Una ribellione dimenticata per troppo tempo e ora riproposta grazie ad un accurato approfondimento storico che fa riemergere alle nostra memoria fatti e personaggi realmente esistiti che evidenzieranno ancora una volta come le faide tra i potenti e gli sconvolgimenti storici siano sempre costellati dai sacrifici della gente più povera e semplice.
da http://www.bellenteilbrigante.it/
(DonQuijote82)