Τώρα ποὺ θὰ φύγεις πάρε μαζί σου καὶ τὸ παιδί
ποὺ εἶδε τὸ φῶς κάτω ἀπὸ ἐκεῖνο τὸ πλατάνι
μια μέρα ποῦ ἀντηχοῦσαν σάλπιγγες κι ἔλαμπαν ὅπλα
καὶ τ' ἄλογα ἱδρωμένα σκύβανε ν' ἀγγίξουν
τὴν πράσινη ἐπιφάνεια τοῦ νεροῦ
στὴ γούρνα μὲ τὰ ὑγρά τους τὰ ρουθούνια.
Οἱ ἐλιές μὲ τὶς ρυτίδες τῶν γονιῶν μας
τὰ βράχια μὲ τὴ γνώση τῶν γονιῶν μας
καὶ τὸ αἷμα τοῦ ἀδελφοῦ μας ζωντανὸ στὸ χῶμα
ἤτανε μια γερὴ χαρά μια πλούσια τάξη
γιὰ τὶς ψυχὲς ποὺ γνώριζαν τὴν προσευχή τους.
Τώρα ποὺ θὰ φύγεις, τώρα πού ἡ μέρα τῆς πληρωμῆς
χαράζει, τώρα ποὺ κανεὶς δὲν ξέρει
ποιόν θὰ σκοτώσει καὶ πῶς θὰ τελειώσει,
πάρε μαζί σου τὸ παιδὶ ποὺ εἶδε τὸ φῶς
κάτω ἀπ' τὰ φύλλα ἐκείνου τοῦ πλατάνου
καὶ μάθε τοῦ νὰ μελετᾶ τὰ δέντρα.
ποὺ εἶδε τὸ φῶς κάτω ἀπὸ ἐκεῖνο τὸ πλατάνι
μια μέρα ποῦ ἀντηχοῦσαν σάλπιγγες κι ἔλαμπαν ὅπλα
καὶ τ' ἄλογα ἱδρωμένα σκύβανε ν' ἀγγίξουν
τὴν πράσινη ἐπιφάνεια τοῦ νεροῦ
στὴ γούρνα μὲ τὰ ὑγρά τους τὰ ρουθούνια.
Οἱ ἐλιές μὲ τὶς ρυτίδες τῶν γονιῶν μας
τὰ βράχια μὲ τὴ γνώση τῶν γονιῶν μας
καὶ τὸ αἷμα τοῦ ἀδελφοῦ μας ζωντανὸ στὸ χῶμα
ἤτανε μια γερὴ χαρά μια πλούσια τάξη
γιὰ τὶς ψυχὲς ποὺ γνώριζαν τὴν προσευχή τους.
Τώρα ποὺ θὰ φύγεις, τώρα πού ἡ μέρα τῆς πληρωμῆς
χαράζει, τώρα ποὺ κανεὶς δὲν ξέρει
ποιόν θὰ σκοτώσει καὶ πῶς θὰ τελειώσει,
πάρε μαζί σου τὸ παιδὶ ποὺ εἶδε τὸ φῶς
κάτω ἀπ' τὰ φύλλα ἐκείνου τοῦ πλατάνου
καὶ μάθε τοῦ νὰ μελετᾶ τὰ δέντρα.
envoyé par GIan Piero Testa - 21/6/2011 - 00:41
Langue: italien
Versione italiana di Gian Piero Testa
ORA CHE TE NE ANDRAI
Ora che te ne andrai prendi con te anche il bambino
che vide la luce ai piedi di quel platano
un giorno che squillavano trombe e baluginavano armi
e i cavalli coperti di sudore piegavano il collo a sfiorare
la verde superficie dell'acqua
nella pozza con le loro umide froge.
Gli olivi con le rughe dei nostri padri
le pietre con la saggezza dei nostri padri
e il sangue del nostro fratello ancor vivente nella zolla
erano una robusta gioia una ricchezza ben costrutta
per le anime che conoscevano le loro preghiere.
Ora che te ne andrai, ora che il giorno della resa dei conti
si affaccia, ora che nessuno sa
chi dovrà uccidere e come sarà la sua fine,
prendi con te il bambino che vide la luce
sotto il fogliame di quel platano
e insegnagli la riverente cura degli alberi.
Ora che te ne andrai prendi con te anche il bambino
che vide la luce ai piedi di quel platano
un giorno che squillavano trombe e baluginavano armi
e i cavalli coperti di sudore piegavano il collo a sfiorare
la verde superficie dell'acqua
nella pozza con le loro umide froge.
Gli olivi con le rughe dei nostri padri
le pietre con la saggezza dei nostri padri
e il sangue del nostro fratello ancor vivente nella zolla
erano una robusta gioia una ricchezza ben costrutta
per le anime che conoscevano le loro preghiere.
Ora che te ne andrai, ora che il giorno della resa dei conti
si affaccia, ora che nessuno sa
chi dovrà uccidere e come sarà la sua fine,
prendi con te il bambino che vide la luce
sotto il fogliame di quel platano
e insegnagli la riverente cura degli alberi.
envoyé par Gian Piero Testa - 21/6/2011 - 00:49
Bellissima. Grazie, come al solito, GPT.
Quando tutto intorno è morte non rimane che la riverente cura dei cuccioli e degli alberi...
Quando tutto intorno è morte non rimane che la riverente cura dei cuccioli e degli alberi...
Bartleby - 21/6/2011 - 13:44
Intendo un po' questa revisione totale della sezione greca come un lungo viaggio per un oceano costellato di isole, una vera e propria Odissea in senso letterale. Un oceano è formato da parecchi mari; e navigando per il Mar di Theodorakis, arrivo oggi all'isola di questa canzone, di questa poesia di Seferis. Ed è un'isola che deve contenere una qualche Nausicaa, poiché, ad esempio, per scegliere una foto che la accompagnasse ci ho messo mezza giornata. Il Μυθιστόρημα di Seferis e la musica carcerata di Theodorakis; ne ha da offrire, la Grecia, di Nausìche; e, a pensarci bene, anche in questo nome è contenuta la "nave". "Eccellente nel fabbricar le navi", ΝαυσικάFα.
Senza alcun commento, e accompagnata da una foto della Porta dei Leoni di Micene, che tanti e tanti anni fa ho varcato per un'unica volta, una parte del Μυθιστόρημα la avevo messa; e non su una pagina a caso, certamente no. Era la pagina di Γεννήθηκα di Myris, cantata da Nikos Xylouris. Si trattava di un "complemento" che ritenevo necessario per quella canzone , attingendo al pozzo della Grecia contemporanea che fa scendere il suo nudo secchio fin nelle profondità dei millenni. Scrivevo, nell'introduzione a quella canzone: "Così in questa canzone, dove a bruciare è proprio una themonià e dove, bisogna tenerlo ben presente, è la Grecia intera che parla con la sua storia. Essere greco, probabilmente, non può esistere senza sentirsela tutta addosso, la storia. In nessuna letteratura come in quella greca, antica e moderna, il senso ed il peso gravoso della storia sono così presenti. Seferis si chiedeva se, per i greci, fosse possibile "morire normalmente"." Ecco, questa canzone, questa τραγωδία (uso qui volutamente la parola alla base etimologica di τραγούδι; il greco è l'unica lingua al mondo in cui una "canzone" è una "piccola tragedia", nel senso letterale del termine) ne è un altro elemento. Un altro secchio d'antica acqua tirato su dal pozzo.
Ma c'è di più. Ed è una cosa che mi tocca personalmente, perché a quella parte del Μυθιστόρημα di Seferis sono legato come sa legare soltanto il ricordo di un inizio. "Morire normalmente", nella traduzione di Filippo Maria Pontani che ancora uso e che conosco a memoria, era inserita nell'antologia delle letterature straniere che avevo in quarta ginnasiale; è stata la prima qualsiasi cosa di letteratura neogreca che abbia mai letto, senza ancora conoscere mezza parola di greco moderno e ancora ai primi rudimenti di quello antico. Mi colpì talmente, quella poesia (e nel modo in cui può colpire un quattordicenne), che dopo tre giorni andai a cercare un "qualcosa" per cominciare a imparare anche il greco moderno. E quel "qualcosa" fu proprio il corso di neogreco, in due volumi e allora appena uscito per le edizioni Ateneo di Roma, scritto da Filippo Maria Pontani. Un'opera, che a sua volta, ha avuto la sua Odissea tutta particolare: una volta mi è stata scaraventata dalla finestra da un padrone di casa pazzo, un'altra mi è stata rubata da un'ex fidanzata incazzata (dalla quale, poi, me la sono fatta restituire con uno stratagemma poco edificante), un'altra ancora è stata dimenticata in un bosco all'Elba nel quale l'ho ritrovata miracolosamente intatta. Storie che s'incrociano; tragedie, poesie, libri, canzoni. Μυθιστορήματα.
Vi sembrerà forse che stia parlando di tutto fuorché di questa poesia/canzone, di quest'isola nel mare; non è così. Sto obbedendo a null'altro che alla cura riverente degli alberi, i quali hanno radici. Senza quell'elemento del Μυθιστόρημα di Seferis non ci sarebbe stato quel che è venuto dopo, non ci sarebbero state le vicende e le persone che lo hanno formato. Questo significa, anche se me ne sono reso conto molto dopo, addentrarsi in una lingua, e nella storia e nella cultura di cui è veicolo. Addentrarsi in quella della Grecia, poi, moltiplica tutto all'infinito. Termino scusandomi per questa lunga "spatafiata", come direbbe Gian Piero Testa; ma sapete come funziona nelle isole. Ci si mette al sole, al vento, all'aria, al sale; e non si fa niente. Ci si lascia andare. Senza dimenticare nulla, e men che mai che i fili tessono trame senza fine.
Senza alcun commento, e accompagnata da una foto della Porta dei Leoni di Micene, che tanti e tanti anni fa ho varcato per un'unica volta, una parte del Μυθιστόρημα la avevo messa; e non su una pagina a caso, certamente no. Era la pagina di Γεννήθηκα di Myris, cantata da Nikos Xylouris. Si trattava di un "complemento" che ritenevo necessario per quella canzone , attingendo al pozzo della Grecia contemporanea che fa scendere il suo nudo secchio fin nelle profondità dei millenni. Scrivevo, nell'introduzione a quella canzone: "Così in questa canzone, dove a bruciare è proprio una themonià e dove, bisogna tenerlo ben presente, è la Grecia intera che parla con la sua storia. Essere greco, probabilmente, non può esistere senza sentirsela tutta addosso, la storia. In nessuna letteratura come in quella greca, antica e moderna, il senso ed il peso gravoso della storia sono così presenti. Seferis si chiedeva se, per i greci, fosse possibile "morire normalmente"." Ecco, questa canzone, questa τραγωδία (uso qui volutamente la parola alla base etimologica di τραγούδι; il greco è l'unica lingua al mondo in cui una "canzone" è una "piccola tragedia", nel senso letterale del termine) ne è un altro elemento. Un altro secchio d'antica acqua tirato su dal pozzo.
Ma c'è di più. Ed è una cosa che mi tocca personalmente, perché a quella parte del Μυθιστόρημα di Seferis sono legato come sa legare soltanto il ricordo di un inizio. "Morire normalmente", nella traduzione di Filippo Maria Pontani che ancora uso e che conosco a memoria, era inserita nell'antologia delle letterature straniere che avevo in quarta ginnasiale; è stata la prima qualsiasi cosa di letteratura neogreca che abbia mai letto, senza ancora conoscere mezza parola di greco moderno e ancora ai primi rudimenti di quello antico. Mi colpì talmente, quella poesia (e nel modo in cui può colpire un quattordicenne), che dopo tre giorni andai a cercare un "qualcosa" per cominciare a imparare anche il greco moderno. E quel "qualcosa" fu proprio il corso di neogreco, in due volumi e allora appena uscito per le edizioni Ateneo di Roma, scritto da Filippo Maria Pontani. Un'opera, che a sua volta, ha avuto la sua Odissea tutta particolare: una volta mi è stata scaraventata dalla finestra da un padrone di casa pazzo, un'altra mi è stata rubata da un'ex fidanzata incazzata (dalla quale, poi, me la sono fatta restituire con uno stratagemma poco edificante), un'altra ancora è stata dimenticata in un bosco all'Elba nel quale l'ho ritrovata miracolosamente intatta. Storie che s'incrociano; tragedie, poesie, libri, canzoni. Μυθιστορήματα.
Vi sembrerà forse che stia parlando di tutto fuorché di questa poesia/canzone, di quest'isola nel mare; non è così. Sto obbedendo a null'altro che alla cura riverente degli alberi, i quali hanno radici. Senza quell'elemento del Μυθιστόρημα di Seferis non ci sarebbe stato quel che è venuto dopo, non ci sarebbero state le vicende e le persone che lo hanno formato. Questo significa, anche se me ne sono reso conto molto dopo, addentrarsi in una lingua, e nella storia e nella cultura di cui è veicolo. Addentrarsi in quella della Grecia, poi, moltiplica tutto all'infinito. Termino scusandomi per questa lunga "spatafiata", come direbbe Gian Piero Testa; ma sapete come funziona nelle isole. Ci si mette al sole, al vento, all'aria, al sale; e non si fa niente. Ci si lascia andare. Senza dimenticare nulla, e men che mai che i fili tessono trame senza fine.
Riccardo Venturi - 4/6/2012 - 22:51
Sarà ὕβρις, ma credo proprio di capirti, Riccardo, e pure con un poco di invidia perché in quel mare ti sei mescolato assai più precocemente, e dunque con un "imprinting" assai più profondo del mio. Questa canzone (e canzone è dir poco) che ti apre e nello stesso istante ti cura ogni ferita è per me una delle isole più incantate che mai abbia trovato nel mare greco. Seferis, Theodorakis, Farandouri: come si fa a prendere in giro, magari in tedesco e per quattro palanche, la Grecia?
Gian Piero Testa - 5/6/2012 - 00:35
Scopro che nel primo paragrafo della nota d'introduzione c'è un link errato, che porta a "Sur une Nappe de Restaurant", anziché ad "Axion Estì ".
(Gian Piero Testa)
(Gian Piero Testa)
Corretto... Con tutto il rispetto per Jacques Dutronc, c'è una bella differenza! :) Lorenzo
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Στίχοι: Γιώργος Σεφέρης
Μουσική: Μίκης Θεοδωράκης
Πρώτη εκτέλεση: Μαρία Φαραντούρη
Από "Μυθιστόρημα", 1971
Testo di Yorgos Seferis (politonico nell'originale)
Musica di Mikis Theodorakis
Prima esecuzione di Maria Farandouri
Da "Μυθιστόρημα (Leggenda)" - 1971
Nel gennaio del 1968 Mikis Theodorakis aveva quasi quarantatré anni e si trovava rinchiuso con altri compagni nelle Carceri "Giorgos Avérof" di Atene, dove era stato portato nel dicembre dell'anno precedente e dove sarebbe rimasto fino a marzo. Era riuscito a portare con sé alcuni libri, tra cui le poesie di Seferis, e un po' di fogli di pentagramma.
In un'altra pagina di AWS ho accennato all'incontro di Seferis con il musicista. Risaliva al 1960, quando sia Seferis, sia Elytis, colpiti dalla "traduzione" musicale che Theodorakis aveva appena compiuto di otto passi di Ἐπιτάφιος di Ritsos, l'avevano cercato, il primo a Londra, dove era ambasciatore, e l'altro a Parigi, e gli avevano chiesto di musicare anche per loro.
Ne erano nati Τò Ἄξιόν Ἐστι su testi di Elytis e Επιφάνεια su quelli di Seferis.
Arrivati al potere i Colonnelli, nell' aprile del 67, Theodorakis si era potuto sottrarre all'arresto per gran parte dell'estate, nascosto in casa di amici. Poi la cattura e la detenzione, prima alla Sicurezza Generale di via Bubulina e poi nelle prigioni Averof, preludio ai due confini e a un ultimo incarceramento a Oropos, cui seguì l'esilio.
Del periodo delle prigioni Averof e della composizione di quattro canzoni su testi di Μυθιστόρημα, scrisse Theodorakis:
« In mezzo al cortile c'è un albero tormentato, recinto di filo spinato. Tutti i giorni, quando andiamo all'aria, facciamo il giro di quell' albero. E' passato Natale. E' Capodanno. Leonídas Kyrkos [n. 1924, eminente personaggio della sinistra greca, che durante la guerra civile era stato imprigionato per cinque anni e anche condannato a morte dal Tribunale speciale (gpt)] si avvicina:
- Bisogna trovare qualcosa di molto bello, di inedito, per la tua musica.
- Sì. Voglio spezzare tutto ciò che imprigiona la canzone, voglio liberarla.
- Come hai fatto per "Ρωμιοσύνη", il poema di Ritsos.
- Voglio andare ancora più in là. Voglio seguire una linea di sviluppo dall'interno, fuori da ogni schema classico.
- Ti conosco, tu covi qualcosa...
- Ho con me le poesie di Seferis. Ricordi quella poesia ["Epifania, 1937" (gpt)] che ho messo in musica: " Ho conservato la mia vita"? Sai quanti versi ne ho presi? Quattro o cinque. Ebbene, voglio prendere la poesia tutta intera e farne una canzone [Si tratta di "Epifania Averof". Quella di quattro versi è nota con il titolo di Κράτησα τη ζωή μου (gpt)] . Una canzone immensa.
- Vuoi cominciare subito?
- Subito, questa sera. Appena avranno chiuso le porte.
Così è nata una nuova forma musicale che ho denominato "canzone fiume".
(...) La composizione di "Epifania" e la lettura della raccolta dei versi di Seferis mi avevano fatto ritrovare con infinito piacere quella poesia. Nei giorni successivi presi per tema la poesia "Mitologia" (Μυθιστόρημα) di Seferis. Composi la musica in uno stato di estrema tensione, nonostante le nostre condizioni particolari, per non dire eccezionali, della vita in carcere. I miei compagni di pena fecero di tutto per creare intorno a me il clima più favorevole. Quando mi vedevano voltare le spalle e chinarmi sul davanzale della finestra per mettermi a scrivere, tacevano all'istante. Le quattro poesie di Μυθιστόρημα furono concluse tra il 9 e il 10 gennaio 1968. Tournas, il direttore della prigione, scrisse con inchiostro rosso in margine alla carta da musica: "Uscita autorizzata, 18 gennaio 1968"».
Dei quattro passi (per la precisione, il XV, il XVII, il XX e il XXIII) musicati in quelle circostanze innegabilmente singolari, uno dovrebbe essere ab origine già reperibile in questo sito (anche se non riesco a rintracciarlo...), perché, quando la musica circolò nell'edizione parigina del 1971 e nell'interpretazione di Maria Farandouri, fu inteso dalla diaspora come canzone di lotta e di speranza, e come tale è ancora vissuto: è Λίγο ἀκόμα (Ancora poco, e vedremo fiorire i mandorli...). Quello che propongo qui, il XVII, nell'originale di Seferis ha un esplicito riferimento ad Astianatte, e dunque alla presa di Troia da parte dei Greci. Astianatte, come molti ricorderanno, era il figlioletto di Ettore e di Andromaca, che la tradizione vuole scaraventato dal figlio di Achille, Neottolemo, giù dalle mura della città in fiamme. Seferis, però, si era discostato dalla versione più comune del mito (o della storia?) e lo aveva immaginato in partenza con la madre prima che la catastrofe si abbatta. A Seferis, personaggio socialmente compunto e istituzionale, che non intendeva farsi poeta-vate, ma che, come molti altri poeti neogreci, per la profondità del suo genio e l'ampiezza della sua cultura, intensamente viveva la simultaneità della lunga storia del suo popolo, capitò più volte di fornire - volente o nolente - i suoi universali materiali a riletture in chiave di attualità. Così accadde per quella che resta una perla - o come dicono i greci - un "diamante" della produzione di Theodorakis: "Άρνηση [Στο περιγιάλι το κρυφό]" (Rinuncia), che da lirica - forse - d'amore, divenne attraverso la traduzione musicale il dolente testamento di una generazione di combattenti sconfitti. Seferis, peraltro, quando nella sua residenza diplomatica londinese aveva offerto a Theodorakis le quattro liriche da musicare, sapeva di avere di fronte un artista politico e militante e, con ogni probabilità, era consapevole dell'uso che quel giovane geniale ne avrebbe potuto fare.
Ho fatto una rapida (e certo incompleta) ricognizione di quanta poesia di Seferis sia finita sul pentagramma dei musicisti greci: ne è venuto un elenco di una cinquantina di canzoni, che hanno per autori i maggiori, seppur non tutti, compositori della "canzone popolare artistica": Dimos Moutsis, Yannis Markopoulos, Ilias Andriopoulos, per citare i più famosi. Quelle di Theodorakis sono in tutto nove, e sono le uniche edite mentre il poeta ancora viveva. La vitalità della poesia di Seferis tra i musicisti greci è attestata anche dal fatto che l'ultima composizione che ho sotto mano è del 2010.
Dimenticavo la cosa più importante: le quattro composizioni di Μυθιστόρημα sono tutte notevoli, ma questa - che la canti Maria Farandouri o Margarita Zorbalà - è, nel testo e nella musica, davvero eccezionale.
Il τόπος della speranza che si incarna nella protezione del bambino ha una ricorrente presenza nella canzone e nella vita dei Greci (Vai, per es. a: Κάποτε θα 'ρθουν). (gpt)