Nu sceccu avvezzu a traspurtari pani
un jornu lu pitittu lu futtia
“Patruni, a nomu di li cristiani”
ci dissi “quacchi tozzu ni vurria.”
“La cira ‘nmanu di li sacristani
squagghia comu la nivi a la campia.
Tu ca li costi l’hai robbusti e sani
pensa un momentu a ristorari a mia”.
Rispusi di bon cori lu patruni
“Si fussi pagghia t’avirria cuncessu
mangiaritinni magari un saccuni,
ma di lu pani nun ci trovu nessu.”
“Ti dugnu un cozzu di lu vastidduni
e lu pittittu to sempri è lu stessu”.
Lu sceccu fu ‘mpurtunu, si curca ‘nterra e dici:
“Lu sazziu un criri a lu diunu”.
un jornu lu pitittu lu futtia
“Patruni, a nomu di li cristiani”
ci dissi “quacchi tozzu ni vurria.”
“La cira ‘nmanu di li sacristani
squagghia comu la nivi a la campia.
Tu ca li costi l’hai robbusti e sani
pensa un momentu a ristorari a mia”.
Rispusi di bon cori lu patruni
“Si fussi pagghia t’avirria cuncessu
mangiaritinni magari un saccuni,
ma di lu pani nun ci trovu nessu.”
“Ti dugnu un cozzu di lu vastidduni
e lu pittittu to sempri è lu stessu”.
Lu sceccu fu ‘mpurtunu, si curca ‘nterra e dici:
“Lu sazziu un criri a lu diunu”.
inviata da Bartleby - 9/5/2011 - 09:56
Lingua: Italiano
Traduzione italiana dal sito ufficiale dei MondOrchestra
L’ASINO
Un asino che trasportava pane
un giorno aveva una gran fame
"Padrone, per pietà cristiana"
gli disse "ne vorrei qualche pezzo."
"La cera in mano ai sacrestani
si scioglie come la neve sui campi.
Tu che hai costole sane e robuste
pensa un momento a ristorarmi".
Il padrone rispose bonariamente
"Si fosse paglia ti avrei concesso
di mangiartene anche un grosso sacco
ma non ha senso darti il pane."
"Anche se ti do un pezzo della pagnotta
la tua fame resta sempre la stessa".
Allora l'asino si ribellò, si stese per terra e disse:
"Chi è sazio non crede a chi ha fame".
Un asino che trasportava pane
un giorno aveva una gran fame
"Padrone, per pietà cristiana"
gli disse "ne vorrei qualche pezzo."
"La cera in mano ai sacrestani
si scioglie come la neve sui campi.
Tu che hai costole sane e robuste
pensa un momento a ristorarmi".
Il padrone rispose bonariamente
"Si fosse paglia ti avrei concesso
di mangiartene anche un grosso sacco
ma non ha senso darti il pane."
"Anche se ti do un pezzo della pagnotta
la tua fame resta sempre la stessa".
Allora l'asino si ribellò, si stese per terra e disse:
"Chi è sazio non crede a chi ha fame".
inviata da Bartleby - 9/5/2011 - 09:57
Lingua: Inglese
Traduzione inglese dal sito ufficiale dei MondOrchestra.
THE DONKEY
One day a donkey was starving
while he was carrying bread
So it said: “Dear master, for people’s sake,
I’d like to have a piece of bread.”
“Candles melt in sacristans’ hands
like snow on the fields.
As you are a sturdy and healthy man…
Think of my relief for a moment.”
The master sincerely answered:
“If it had been straw I would have given you a sackful,
but I don’t understand your request.
Even if I give you a piece of bread
your hunger will remain the same.”
The donkey was troublesome
It stretched on the ground and said:
“The man who has eaten enough will never believe a hungry one”
One day a donkey was starving
while he was carrying bread
So it said: “Dear master, for people’s sake,
I’d like to have a piece of bread.”
“Candles melt in sacristans’ hands
like snow on the fields.
As you are a sturdy and healthy man…
Think of my relief for a moment.”
The master sincerely answered:
“If it had been straw I would have given you a sackful,
but I don’t understand your request.
Even if I give you a piece of bread
your hunger will remain the same.”
The donkey was troublesome
It stretched on the ground and said:
“The man who has eaten enough will never believe a hungry one”
inviata da Bartleby - 9/5/2011 - 09:57
U sceccu (o la Rivoluzione del 1848), qui attribuita ai MondOrchestra, non è affatto una canzone di autore anonimo.
Il testo è riportato nel libro “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani” di Antonino Uccello (che a sua volta riprende quanto raccolto nella seconda metà dell’800 dai suoi illustri conterranei Salomone Marino e Pitré) ed attribuito a Salvatore Adelfio, poeta popolare che partecipò direttamente ai moti del 1848. Scrive l’Uccello (nel senso di Antonino, naturalmente):
“Questo sonetto con la coda vide la luce in una raccolta di poesie di Salvatore Adelfio intitolata Scelta di poesie siciliane di un amico del popolo, Palermo 1848.
Ogni moto insurrezionale, a carattere genuinamente popolare, nasce in Sicilia come immediata, elementare manifestazione di protesta contro le intollerabili condizioni di disagio economico cui le classi popolari urbane e contadine (braccianti, operai, piccoli artigiani e masse consistenti di disoccupati e sotto-occupati che non hanno una collocazione sociale precisa e vanno ad ingrossare le fila del sottoproletariato isolano) sono costrette. Non c’è stata rivolta nella quale la parola d’ordine popolare non fosse: Pani! Fora gabelli e malu guvernu! Abbassu a pòlisa! (Pane! Fuori gabelle e malgoverno! Abbasso la tassa sul macinato!); e, per converso, ad ogni aggravamento delle condizioni di crisi economica che, quali che ne fossero le cause, si manifestava con l’aumento dei prezzi del frumento, lo stato di insofferenza e di tensione semi-permanente esplodeva in ribellione aperta.
L’autore di questa poesia, Salvatore Adelfio - un quasi analfabeta che componeva ad gni circostanza e declamava i suoi versi tra il popolo, nelle taverne – partecipò ai moti del 1848, e ce li presenta attraverso un apologo che tende a mettere in luce quegli aspetti del contrasto fra le forze in campo che meglio fanno pensre ad un contrasto tra le classi.
Nel componimento non vi sono descrizioni di battaglie, né eroi, né episodi straordinari, ma la presentazione di una realtà amara e faticosa, il frutto di una riflessione sull’esperienza accumulatasi nelle generazioni, la testimonianza di una saggezza contadina che esprime un suo sottofondo fatalistico, che non sai se è più pregno di umorismo o di drammaticità, non sai dove diventi denuncia e dove accettazione di uno stato di cose palesemente ingiusto, ma contro cui è impossibile cozzare.”
Il testo è riportato nel libro “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani” di Antonino Uccello (che a sua volta riprende quanto raccolto nella seconda metà dell’800 dai suoi illustri conterranei Salomone Marino e Pitré) ed attribuito a Salvatore Adelfio, poeta popolare che partecipò direttamente ai moti del 1848. Scrive l’Uccello (nel senso di Antonino, naturalmente):
“Questo sonetto con la coda vide la luce in una raccolta di poesie di Salvatore Adelfio intitolata Scelta di poesie siciliane di un amico del popolo, Palermo 1848.
Ogni moto insurrezionale, a carattere genuinamente popolare, nasce in Sicilia come immediata, elementare manifestazione di protesta contro le intollerabili condizioni di disagio economico cui le classi popolari urbane e contadine (braccianti, operai, piccoli artigiani e masse consistenti di disoccupati e sotto-occupati che non hanno una collocazione sociale precisa e vanno ad ingrossare le fila del sottoproletariato isolano) sono costrette. Non c’è stata rivolta nella quale la parola d’ordine popolare non fosse: Pani! Fora gabelli e malu guvernu! Abbassu a pòlisa! (Pane! Fuori gabelle e malgoverno! Abbasso la tassa sul macinato!); e, per converso, ad ogni aggravamento delle condizioni di crisi economica che, quali che ne fossero le cause, si manifestava con l’aumento dei prezzi del frumento, lo stato di insofferenza e di tensione semi-permanente esplodeva in ribellione aperta.
L’autore di questa poesia, Salvatore Adelfio - un quasi analfabeta che componeva ad gni circostanza e declamava i suoi versi tra il popolo, nelle taverne – partecipò ai moti del 1848, e ce li presenta attraverso un apologo che tende a mettere in luce quegli aspetti del contrasto fra le forze in campo che meglio fanno pensre ad un contrasto tra le classi.
Nel componimento non vi sono descrizioni di battaglie, né eroi, né episodi straordinari, ma la presentazione di una realtà amara e faticosa, il frutto di una riflessione sull’esperienza accumulatasi nelle generazioni, la testimonianza di una saggezza contadina che esprime un suo sottofondo fatalistico, che non sai se è più pregno di umorismo o di drammaticità, non sai dove diventi denuncia e dove accettazione di uno stato di cose palesemente ingiusto, ma contro cui è impossibile cozzare.”
Bartleby - 17/8/2011 - 14:58
Il titolo corretto dovrebbe essere " 'A rivoluzioni du 1848" ovvero " 'U saziu nun criri a lu diunu".
Bartleby - 17/8/2011 - 15:04
Lingua: Francese
Version française – L'ÂNE – Marco Valdo M.I. – 2013
d'après L’ASINO, version italienne de MondOrchestra
d'une chanson sicilienne – 'A rivoluzioni du 1848 ('U saziu nun criri a lu diunu) o U Sceccu – MondOrchestra – 2003
De l'album “Banditi, Pirati e Carrettieri”
d'après L’ASINO, version italienne de MondOrchestra
d'une chanson sicilienne – 'A rivoluzioni du 1848 ('U saziu nun criri a lu diunu) o U Sceccu – MondOrchestra – 2003
De l'album “Banditi, Pirati e Carrettieri”
Un morceau traditionnel, un réarrangement de Rocco Pollina du MondOrchestra, remontant à la révolution indépendantiste sicilienne ou « Printemps des peuples » de 1848, une révolution anti-bourbonique qui eut comme centre moteur Palerme. Pendant 16 mois, jusqu'en mai 1849, la Sicile se gouverna en État indépendant avec Ruggeru Sèttimu à la tête du gouvernement. Ensuite les Boourbons reprirent en main la situation et Ruggeru Sèttimu fuit à Malte où il mourut en exil en 1863.
(J'imagine que cette chanson plaira à Marco Valdo M.I et, surtout, à son inséparable Lucien Lane.)
Bien sûr qu'elle nous a plu et d'ailleurs, on l'a traduite en français... ou plutôt, on l'a réarrangée en une version française. Et si on ne l'a pas traduite plus tôt, c'est qu'elle ne nous avait pas sauté aux yeux...
Mais tout est bien qui finit bien. La voici.
En cadeau de remerciement pour l'aimable attention, une petite comptine d'âne :
ou
et même, le texte :
En attendant, nous, on retourne à notre occupation principale qui est de tisser le linceul de ce vieux monde bêtifiant et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
(J'imagine que cette chanson plaira à Marco Valdo M.I et, surtout, à son inséparable Lucien Lane.)
Bien sûr qu'elle nous a plu et d'ailleurs, on l'a traduite en français... ou plutôt, on l'a réarrangée en une version française. Et si on ne l'a pas traduite plus tôt, c'est qu'elle ne nous avait pas sauté aux yeux...
Mais tout est bien qui finit bien. La voici.
En cadeau de remerciement pour l'aimable attention, une petite comptine d'âne :
ou
et même, le texte :
Mon âne, mon âne a bien mal à sa tête,
Madame lui fait faire un bonnet pour sa tête
Un bonnet pour sa tête
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal aux oreilles,
Madame lui fait faire une paire de boucles d'oreille
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal à ses yeux,
Madame lui fait faire une paire de lunettes bleues
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal à son nez,
Madame lui fait faire un joli cache-nez.
Un joli cache-nez,
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a mal à l'estomac,
Madame lui fait faire une tasse de chocolat.
Une tasse de chocolat,
Un joli cache-nez,
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Madame lui fait faire un bonnet pour sa tête
Un bonnet pour sa tête
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal aux oreilles,
Madame lui fait faire une paire de boucles d'oreille
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal à ses yeux,
Madame lui fait faire une paire de lunettes bleues
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a bien mal à son nez,
Madame lui fait faire un joli cache-nez.
Un joli cache-nez,
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Mon âne, mon âne a mal à l'estomac,
Madame lui fait faire une tasse de chocolat.
Une tasse de chocolat,
Un joli cache-nez,
Une paire de lunettes bleues,
Une paire de boucles d'oreille,
Un bonnet pour sa tête,
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
Et des souliers lilas la la, et des souliers lilas.
En attendant, nous, on retourne à notre occupation principale qui est de tisser le linceul de ce vieux monde bêtifiant et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
L'ÂNE
Un âne qui transportait du pain
Un jour eut grand faim
« Par pitié, patron»,
Dit-il, « J'en voudrais un quignon. »
« La cire dans les mains des curés
Fond comme la neige dans les prés.
Toi qui as une panse pleine de santé
Pense un instant à me revigorer ».
Le maître répondit patelin :
« C'eut été de la paille, je t'en aurais donnée
Même un gros sac pour manger
Mais pour le pain, tintin ! »
« Même si je te donne un bout de pain
Ta faim restera toujours la même, mon ami ».
Alors l'âne se rebella, il se coucha à terre et dit :
« Le ventre plein se moque toujours de celui qui a faim ».
Un âne qui transportait du pain
Un jour eut grand faim
« Par pitié, patron»,
Dit-il, « J'en voudrais un quignon. »
« La cire dans les mains des curés
Fond comme la neige dans les prés.
Toi qui as une panse pleine de santé
Pense un instant à me revigorer ».
Le maître répondit patelin :
« C'eut été de la paille, je t'en aurais donnée
Même un gros sac pour manger
Mais pour le pain, tintin ! »
« Même si je te donne un bout de pain
Ta faim restera toujours la même, mon ami ».
Alors l'âne se rebella, il se coucha à terre et dit :
« Le ventre plein se moque toujours de celui qui a faim ».
inviata da Marco Valdo M.I. - 27/12/2013 - 16:24
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o U Sceccu
Dall’album “Banditi, Pirati e Carrettieri”
Testo trovato sul sito ufficiale dei MondOrchestra.
La rivoluzione di Palermo del 12 gennaio 1848
Un brano tradizionale, riarrangiato da Rocco Pollina dei MondOrchestra, risalente alla rivoluzione indipendentista siciliana o “Primavera dei popoli” del 1848, rivoluzione anti-borbonica che ebbe come centro propulsore Palermo. Per 16 mesi, fino al maggio del 1849, la Sicilia si governò come Stato indipendente con Ruggeru Sèttimu a capo del governo. Poi i Borboni ripresero in mano la situazione e Ruggeru Sèttimu fuggì a Malta dove morì in esilio nel 1863.
(Immagino che questa canzone piacerà a Marco Valdo M.I. e, soprattutto, al suo inseparabile Lucien Lane.)