Erano arrivati sul far della mattina
Per portare ordine e disciplina
Ma non era così obbediente
Quel giorno il rosso oltretorrente
Era un caldo 2 di agosto
E l’attacco era ormai pronto
Ma nessuno battè ciglio
Nel quartiere del Naviglio
Si scavano trincee come nel 15-18
Adesso gli operai sono pronti alla lotta
Barricate di sassi, legno e terra
Il popolo ora è pronto alla guerra
Erano pochi gli arditi contro molti
Ma non si vedea paura sui loro volti
Balzan fuori con bombe e moschetti
Respingono i nemici maledetti.
Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi.
Sconfitti i fascisti chiamano Balbo
Che porti loro consiglio e coraggio
Intima il Ras la resa ai ribelli
“resistere, resistere” risponde Picelli!
Poco dopo arrivano i soldati
E come eroi da tutti sono salutati
“Viva l’esercito dei proletari”
con i “figli peggiori” non sporcatevi le mani.
Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi
Per portare ordine e disciplina
Ma non era così obbediente
Quel giorno il rosso oltretorrente
Era un caldo 2 di agosto
E l’attacco era ormai pronto
Ma nessuno battè ciglio
Nel quartiere del Naviglio
Si scavano trincee come nel 15-18
Adesso gli operai sono pronti alla lotta
Barricate di sassi, legno e terra
Il popolo ora è pronto alla guerra
Erano pochi gli arditi contro molti
Ma non si vedea paura sui loro volti
Balzan fuori con bombe e moschetti
Respingono i nemici maledetti.
Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi.
Sconfitti i fascisti chiamano Balbo
Che porti loro consiglio e coraggio
Intima il Ras la resa ai ribelli
“resistere, resistere” risponde Picelli!
Poco dopo arrivano i soldati
E come eroi da tutti sono salutati
“Viva l’esercito dei proletari”
con i “figli peggiori” non sporcatevi le mani.
Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi
envoyé par DonQuijote82 - 2/4/2011 - 15:57
Guido Picelli, le battaglie del "Che" di Parma
Il primo agosto di novant'anni fa la città emiliana sconfisse e cacciò gli squadristi inviati da Mussolini. Fu il più importante episodio di opposizione armata al fascismo pre-Resistenza. Dietro le barricate uomini e donne, anarchici e cattolici Comandati da un guerrigliero pacifista che avrebbe voluto fare l'attore
di Giancarlo Bocchi, autore del recente documentario intitolato Il ribelle – Guido Picelli, un eroe scomodo
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012
Nell'estate del 1922 ha trentatré anni. È alto, occhi cerulei, luminosi e magnetici, baffi "all'americana". Veste quasi sempre di scuro, portamento elegante, modi garbati. Da ragazzo Guido Picelli non pensava alla rivoluzione, inseguiva sogni d'artista: recitava sui palcoscenici di provincia, girava l'Italia, a fianco di Ermete Zacconi partecipò a uno dei primi film del cinema muto italiano- si legge nell'articolo che Bocchi ha scritto per edizione cartacea di repubblica-. Ora invece si ritrova capopopolo, uno poco incline ai dibattiti teorici ma che sa combattere con coraggio. Per il pane, il lavoro, la giustizia sociale. E che da tempo ha in testa una parola sola, "unità": "La salvezza del proletariato sta solamente nella valorizzazione delle sue forze effettive, nell'unità" scrive.
Quando arriva il momento di mettere in pratica le sue convinzioni Picelli è pronto. Mussolini ha appena inviato diecimila fascisti alla volta della sua città, Parma, con l'ordine di "metterla a ferro e fuoco". In poco tempo Picelli fa il miracolo. Coalizza forze da sempre antagoniste - socialisti, comunisti, anarchici, popolari e repubblicani - in un fronte unico, gli "Arditi del popolo". La battaglia durerà cinque giorni, dall'1 al 6 agosto, sarà il più importante episodio di opposizione armata al fascismo prima della Resistenza, dimostrerà che il fascismo si poteva fermare militarmente.
Picelli era un pacifista convinto. Allo scoppio della Grande guerra si arruola come volontario nella Croce Rossa, meritando due medaglie al valore. Ma è proprio l'aver assistito all'"inutile massacro del proletariato" che lo spinge a fare il corso ufficiali all'Accademia di Modena: vuole imparare a combattere per una società più giusta. Tornato a Parma fonda "Le Guardie rosse", una formazione di autodifesa proletaria. Nel 1920 viene imprigionato per aver impedito la partenza di un treno militare, ma nella primavera del 1921 è il popolo a tirarlo fuori di galera: con ventimila preferenze è eletto deputato per il Partito socialista (che poi abbandonerà) e esce dal carcere. Sulla scheda di accettazione, alla voce "impieghi all'epoca dell'elezione", scrive beffardo: "Carcerato".
La notte del primo agosto 1922 le forze squadriste si sono raggruppate alla Stazione di Parma. I carabinieri e le guardie regie sono state ritirate dalle due caserme dell'Oltretorrente, una sorta di via libera ai fascisti. All'alba Picelli decide di mobilitare i suoi. Comandante della spedizione punitiva fascista, almeno diecimila uomini armati con mitragliatrici, bombe e fucili, è Italo Balbo. Picelli può contare su trecento "Arditi", fucili modello 1891, moschetti, pistole. Ma dalla sua parte ha anche, come ricorderà nei suoi scritti, "la popolazione operaia scesa per le strade, impetuosa come le acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi". Come un Che Guevara d'altri tempi e latitudini, mette in atto un piano di guerriglia urbana mai attuato prima. Fortifica l'Oltretorrente, e i rioni Naviglio e Saffi, con tre-quattro linee di barricate per ogni strada, intervallate da reticolati percorsi da corrente elettrica e da sbarramenti per le autoblindo protetti da mine. Ottavio Pastore, inviato per L'Ordine Nuovo di Gramsci, scrive: "Le donne avevano preparato l'acqua e l'olio bollente... perfino delle boccette di vetriolo".
I fascisti attaccano in forze, vengono respinti. Nel rione Naviglio difeso dal vice di Picelli, l'anarchico Antonio Cieri, gli scontri più duri. Colpito da un cecchino cade il più giovane degli Arditi, la vedetta Gino Gazzola, quattordici anni. Anche i comunisti si sono schierati con gli Arditi, ignorando i diktat di Bordiga. E nell'Oltretorrente muore, in mano il suo fuciletto da caccia, Ulisse Corazza, consigliere comunale per il Partito Popolare. Costretti alla fuga, i fascisti non cantano più "Quando in un cantone ci sta un certo Picelli, lo manderemo in Russia, a colpi di bastone". Muti, impauriti. Hanno avuto 39 morti e 150 feriti. Sono allo sbando. "Se Picelli dovesse vincere - annotava Balbo nel suo diario - i sovversivi di tutta Italia rialzerebbero la testa. Sarebbe dimostrato che armando e organizzando le squadre rosse si neutralizza ogni offensiva fascista".
Il quinto giorno Picelli ha vinto e entra nella leggenda, ma capisce che non c'è tempo per festeggiare. Il nodo politico-militare dell'estate-autunno del 1922 è cruciale. La battaglia da difensiva deve diventare offensiva. Dalle colonne del suo giornale, L'Ardito del popolo, lancia appelli all'unità delle forze antifasciste: "Tutti in piedi come un sol uomo, pronti alla riscossa!". Gira il Nord per costituire "l'Esercito rosso", ma il suo piano trova una forte opposizione nei partiti della sinistra. Dopo che Mussolini diventa capo del governo, Picelli scioglie gli Arditi per fondare "I soldati del popolo", un'organizzazione segreta insurrezionale. Viene pedinato, spiato, arrestato. Nel 1923 i fascisti gli tendono un agguato a Parma. Sfugge anche a un complotto per eliminarlo. Il sicario pentito, Vincenzo Tonti, fa i nomi dei mandanti: il generale Agostini, il generale Sacco, il vicequestore Angelucci. E Italo Balbo. Nel 1924 viene rieletto deputato come indipendente nelle liste del Partito comunista: il Primo maggio entra in Parlamento. Lo fa a modo suo, issando sul pennone di Montecitorio una grande bandiera rossa.
Si avvicina sempre di più a Gramsci. Viaggia per organizzare la struttura insurrezionale clandestina del Partito comunista. In un documento segreto del PCd'I viene indicato, insieme a Fortichiari dell'ufficio "I" del Partito, come responsabile delle questioni militari. L'8 novembre del 1926 viene arrestato insieme a tutti i maggiori leader antifascisti. Dopo cinque anni di confino e di galera nel 1932 fugge in Francia, poi in Belgio, infine Mosca. Qui le sue speranze si scontrano con la dura realtà: viene emarginato, perseguitato, processato in una "cista" sulla base di false e futili accuse. L'Nkvd, la polizia segreta, indaga su di lui e solo grazie all'intervento del potente Dimitri Manuilski, che conosce Picelli come grande combattente antifascista, accantona la pratica. Scampato al gulag Picelli parte alla volta della Spagna per combattere i franchisti. Abbandona i comunisti italiani ed entra in contatto con il Poum, il Partito comunista antistalinista spagnolo. A Barcellona Andreu Nin, leader del Poum ed ex segretario di Trotsky, gli propone il comando di un battaglione. Ma alla fine Picelli accetta, pur consapevole dei rischi di una vendetta stalinista, un comando delle Brigate internazionali.
Il primo gennaio è al comando del Battaglione Garibaldi. Attacca e conquista Mirabueno, la prima vittoria repubblicana sul Fronte di Madrid. La fine arriva pochi giorni dopo, il 5 gennaio 1937, sull'altura del San Cristobal. "La pallottola che l'ha fulminato, l'ha colpito alle spalle, all'altezza del cuore" scrive l'amico Braccialarghe che è andato a recuperare il corpo abbandonato sul posto. A Picelli vengono tributati tre funerali di Stato. A Madrid, Valencia e Barcellona. A quest'ultimo partecipano più di centomila persone. Sulla lapide, che due anni più tardi i franchisti faranno a pezzi insieme al corpo di Picelli, sta scritto: "All'eroe delle barricate di Parma". A un anno dalla sua morte alti ufficiali degli "Internazionali" propongono di conferire alla sua memoria "l'Ordine di Lenin", la più alta onorificenza sovietica. Alcuni funzionari comunisti italiani, però, stilano un rapporto segreto al Comintern sui contatti tra Picelli e il Poum che di fatto blocca tutto. Non sarà l'ultimo tentativo di far cadere nell'oblio la vita straordinaria del "Che" Guevara italiano.
Il primo agosto di novant'anni fa la città emiliana sconfisse e cacciò gli squadristi inviati da Mussolini. Fu il più importante episodio di opposizione armata al fascismo pre-Resistenza. Dietro le barricate uomini e donne, anarchici e cattolici Comandati da un guerrigliero pacifista che avrebbe voluto fare l'attore
di Giancarlo Bocchi, autore del recente documentario intitolato Il ribelle – Guido Picelli, un eroe scomodo
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012
Nell'estate del 1922 ha trentatré anni. È alto, occhi cerulei, luminosi e magnetici, baffi "all'americana". Veste quasi sempre di scuro, portamento elegante, modi garbati. Da ragazzo Guido Picelli non pensava alla rivoluzione, inseguiva sogni d'artista: recitava sui palcoscenici di provincia, girava l'Italia, a fianco di Ermete Zacconi partecipò a uno dei primi film del cinema muto italiano- si legge nell'articolo che Bocchi ha scritto per edizione cartacea di repubblica-. Ora invece si ritrova capopopolo, uno poco incline ai dibattiti teorici ma che sa combattere con coraggio. Per il pane, il lavoro, la giustizia sociale. E che da tempo ha in testa una parola sola, "unità": "La salvezza del proletariato sta solamente nella valorizzazione delle sue forze effettive, nell'unità" scrive.
Quando arriva il momento di mettere in pratica le sue convinzioni Picelli è pronto. Mussolini ha appena inviato diecimila fascisti alla volta della sua città, Parma, con l'ordine di "metterla a ferro e fuoco". In poco tempo Picelli fa il miracolo. Coalizza forze da sempre antagoniste - socialisti, comunisti, anarchici, popolari e repubblicani - in un fronte unico, gli "Arditi del popolo". La battaglia durerà cinque giorni, dall'1 al 6 agosto, sarà il più importante episodio di opposizione armata al fascismo prima della Resistenza, dimostrerà che il fascismo si poteva fermare militarmente.
Picelli era un pacifista convinto. Allo scoppio della Grande guerra si arruola come volontario nella Croce Rossa, meritando due medaglie al valore. Ma è proprio l'aver assistito all'"inutile massacro del proletariato" che lo spinge a fare il corso ufficiali all'Accademia di Modena: vuole imparare a combattere per una società più giusta. Tornato a Parma fonda "Le Guardie rosse", una formazione di autodifesa proletaria. Nel 1920 viene imprigionato per aver impedito la partenza di un treno militare, ma nella primavera del 1921 è il popolo a tirarlo fuori di galera: con ventimila preferenze è eletto deputato per il Partito socialista (che poi abbandonerà) e esce dal carcere. Sulla scheda di accettazione, alla voce "impieghi all'epoca dell'elezione", scrive beffardo: "Carcerato".
La notte del primo agosto 1922 le forze squadriste si sono raggruppate alla Stazione di Parma. I carabinieri e le guardie regie sono state ritirate dalle due caserme dell'Oltretorrente, una sorta di via libera ai fascisti. All'alba Picelli decide di mobilitare i suoi. Comandante della spedizione punitiva fascista, almeno diecimila uomini armati con mitragliatrici, bombe e fucili, è Italo Balbo. Picelli può contare su trecento "Arditi", fucili modello 1891, moschetti, pistole. Ma dalla sua parte ha anche, come ricorderà nei suoi scritti, "la popolazione operaia scesa per le strade, impetuosa come le acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi". Come un Che Guevara d'altri tempi e latitudini, mette in atto un piano di guerriglia urbana mai attuato prima. Fortifica l'Oltretorrente, e i rioni Naviglio e Saffi, con tre-quattro linee di barricate per ogni strada, intervallate da reticolati percorsi da corrente elettrica e da sbarramenti per le autoblindo protetti da mine. Ottavio Pastore, inviato per L'Ordine Nuovo di Gramsci, scrive: "Le donne avevano preparato l'acqua e l'olio bollente... perfino delle boccette di vetriolo".
I fascisti attaccano in forze, vengono respinti. Nel rione Naviglio difeso dal vice di Picelli, l'anarchico Antonio Cieri, gli scontri più duri. Colpito da un cecchino cade il più giovane degli Arditi, la vedetta Gino Gazzola, quattordici anni. Anche i comunisti si sono schierati con gli Arditi, ignorando i diktat di Bordiga. E nell'Oltretorrente muore, in mano il suo fuciletto da caccia, Ulisse Corazza, consigliere comunale per il Partito Popolare. Costretti alla fuga, i fascisti non cantano più "Quando in un cantone ci sta un certo Picelli, lo manderemo in Russia, a colpi di bastone". Muti, impauriti. Hanno avuto 39 morti e 150 feriti. Sono allo sbando. "Se Picelli dovesse vincere - annotava Balbo nel suo diario - i sovversivi di tutta Italia rialzerebbero la testa. Sarebbe dimostrato che armando e organizzando le squadre rosse si neutralizza ogni offensiva fascista".
Il quinto giorno Picelli ha vinto e entra nella leggenda, ma capisce che non c'è tempo per festeggiare. Il nodo politico-militare dell'estate-autunno del 1922 è cruciale. La battaglia da difensiva deve diventare offensiva. Dalle colonne del suo giornale, L'Ardito del popolo, lancia appelli all'unità delle forze antifasciste: "Tutti in piedi come un sol uomo, pronti alla riscossa!". Gira il Nord per costituire "l'Esercito rosso", ma il suo piano trova una forte opposizione nei partiti della sinistra. Dopo che Mussolini diventa capo del governo, Picelli scioglie gli Arditi per fondare "I soldati del popolo", un'organizzazione segreta insurrezionale. Viene pedinato, spiato, arrestato. Nel 1923 i fascisti gli tendono un agguato a Parma. Sfugge anche a un complotto per eliminarlo. Il sicario pentito, Vincenzo Tonti, fa i nomi dei mandanti: il generale Agostini, il generale Sacco, il vicequestore Angelucci. E Italo Balbo. Nel 1924 viene rieletto deputato come indipendente nelle liste del Partito comunista: il Primo maggio entra in Parlamento. Lo fa a modo suo, issando sul pennone di Montecitorio una grande bandiera rossa.
Si avvicina sempre di più a Gramsci. Viaggia per organizzare la struttura insurrezionale clandestina del Partito comunista. In un documento segreto del PCd'I viene indicato, insieme a Fortichiari dell'ufficio "I" del Partito, come responsabile delle questioni militari. L'8 novembre del 1926 viene arrestato insieme a tutti i maggiori leader antifascisti. Dopo cinque anni di confino e di galera nel 1932 fugge in Francia, poi in Belgio, infine Mosca. Qui le sue speranze si scontrano con la dura realtà: viene emarginato, perseguitato, processato in una "cista" sulla base di false e futili accuse. L'Nkvd, la polizia segreta, indaga su di lui e solo grazie all'intervento del potente Dimitri Manuilski, che conosce Picelli come grande combattente antifascista, accantona la pratica. Scampato al gulag Picelli parte alla volta della Spagna per combattere i franchisti. Abbandona i comunisti italiani ed entra in contatto con il Poum, il Partito comunista antistalinista spagnolo. A Barcellona Andreu Nin, leader del Poum ed ex segretario di Trotsky, gli propone il comando di un battaglione. Ma alla fine Picelli accetta, pur consapevole dei rischi di una vendetta stalinista, un comando delle Brigate internazionali.
Il primo gennaio è al comando del Battaglione Garibaldi. Attacca e conquista Mirabueno, la prima vittoria repubblicana sul Fronte di Madrid. La fine arriva pochi giorni dopo, il 5 gennaio 1937, sull'altura del San Cristobal. "La pallottola che l'ha fulminato, l'ha colpito alle spalle, all'altezza del cuore" scrive l'amico Braccialarghe che è andato a recuperare il corpo abbandonato sul posto. A Picelli vengono tributati tre funerali di Stato. A Madrid, Valencia e Barcellona. A quest'ultimo partecipano più di centomila persone. Sulla lapide, che due anni più tardi i franchisti faranno a pezzi insieme al corpo di Picelli, sta scritto: "All'eroe delle barricate di Parma". A un anno dalla sua morte alti ufficiali degli "Internazionali" propongono di conferire alla sua memoria "l'Ordine di Lenin", la più alta onorificenza sovietica. Alcuni funzionari comunisti italiani, però, stilano un rapporto segreto al Comintern sui contatti tra Picelli e il Poum che di fatto blocca tutto. Non sarà l'ultimo tentativo di far cadere nell'oblio la vita straordinaria del "Che" Guevara italiano.
Noi, ragazzi dell'Oltretorrente
Le Barricate raccontate dall'autore di "Oltretorrente", pubblicato dalla Feltrinelli nel 2003
di Pino Cacucci (scrittore ribelle che nel 2003 ha dedicato un libro alla resistenza antifascista a Parma nel 1922)
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012
A Parma il 25 agosto 1972 un gruppo di neofascisti aggredisce e uccide a pugnalate Mario Lupo, giovane militante di Lotta Continua. L'omicidio a freddo, davanti al cinema Roma di viale Tanara, segna il culmine di uno stillicidio di provocazioni e violenze che hanno instaurato in città un clima di forte tensione. E qui, all'inizio degli anni Settanta, la memoria storica delle barricate e degli Arditi del popolo sta vivendo un ritorno di fiamma che fa dell'antifascismo militante un dovere politico e morale. Tutto ciò accade quarant'anni fa, a mezzo secolo dall'insurrezione che vide l'Oltretorrente resistere e respingere migliaia di squadristi in armi capeggiati da Italo Balbo.
La voce corre nelle strade e scatena una reazione inarrestabile: la sede dell'Msi, da cui partivano le incursioni neofasciste, viene devastata da una folla infuriata, lo stesso questore ordina alle forze di polizia di non intervenire: "Se proviamo a fermarli, qua si rischia una carneficina ". Il ricordo di cosa era accaduto a Parma nel 1922 sembra riaccendere le braci mai del tutto spente nell'Oltretorrente. Il poeta Attilio Bertolucci aveva contribuito a ravvivarle con versi memorabili: "Si eran vestiti dalla festa /per una vittoria impossibile /nel corso fangoso della Storia /(...) Vincenti per qualche giorno / vincenti per tutta la vita". E proprio Lotta Continua, l'organizzazione in cui militava Mario Lupo, portava impressa sulla testata un'elaborazione grafica di una barricata di Parma nel 1922.
Sempre negli anni Settanta, i cortei della sinistra "extraparlamentare" marciavano cantando Siam del popolo gli arditi, e molti di noi credevano che fosse davvero l'inno dei reduci della Grande guerra passati dai reparti d'assalto alla resistenza armata contro le orde di Mussolini. In realtà, quella canzone che in tanti sapevamo a memoria era stata scritta e musicata da Leoncarlo Settimelli, operaio e poi giornalista dell'Unità (nonché autore di biografie per la Rai di Pavarotti, Modugno, Gabriella Ferri), che aveva ripreso alcune strofe dell'inno di battaglia originale, ormai andato perduto.
Per la mia generazione, la memoria di quegli eventi era un emblema di dignità, quella che i lavoratori parmigiani difesero strenuamente. Qualcuno a distanza di mezzo secolo aveva rinfrescato la scritta sul muraglione dell'argine: Balbo, t'è pasé l'Atlantic, mo miga la Perma. Fu la frase a caratteri cubitali che accolse Italo Balbo tornato sul luogo del misfatto per prendersi la rivincita, tronfio delle imprese di trasvolatore oceanico. Era riuscito a passare dall'altra parte dell'Atlantico ma non a superare le barricate dell'Oltretorrente.
Le Barricate raccontate dall'autore di "Oltretorrente", pubblicato dalla Feltrinelli nel 2003
di Pino Cacucci (scrittore ribelle che nel 2003 ha dedicato un libro alla resistenza antifascista a Parma nel 1922)
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012
A Parma il 25 agosto 1972 un gruppo di neofascisti aggredisce e uccide a pugnalate Mario Lupo, giovane militante di Lotta Continua. L'omicidio a freddo, davanti al cinema Roma di viale Tanara, segna il culmine di uno stillicidio di provocazioni e violenze che hanno instaurato in città un clima di forte tensione. E qui, all'inizio degli anni Settanta, la memoria storica delle barricate e degli Arditi del popolo sta vivendo un ritorno di fiamma che fa dell'antifascismo militante un dovere politico e morale. Tutto ciò accade quarant'anni fa, a mezzo secolo dall'insurrezione che vide l'Oltretorrente resistere e respingere migliaia di squadristi in armi capeggiati da Italo Balbo.
La voce corre nelle strade e scatena una reazione inarrestabile: la sede dell'Msi, da cui partivano le incursioni neofasciste, viene devastata da una folla infuriata, lo stesso questore ordina alle forze di polizia di non intervenire: "Se proviamo a fermarli, qua si rischia una carneficina ". Il ricordo di cosa era accaduto a Parma nel 1922 sembra riaccendere le braci mai del tutto spente nell'Oltretorrente. Il poeta Attilio Bertolucci aveva contribuito a ravvivarle con versi memorabili: "Si eran vestiti dalla festa /per una vittoria impossibile /nel corso fangoso della Storia /(...) Vincenti per qualche giorno / vincenti per tutta la vita". E proprio Lotta Continua, l'organizzazione in cui militava Mario Lupo, portava impressa sulla testata un'elaborazione grafica di una barricata di Parma nel 1922.
Sempre negli anni Settanta, i cortei della sinistra "extraparlamentare" marciavano cantando Siam del popolo gli arditi, e molti di noi credevano che fosse davvero l'inno dei reduci della Grande guerra passati dai reparti d'assalto alla resistenza armata contro le orde di Mussolini. In realtà, quella canzone che in tanti sapevamo a memoria era stata scritta e musicata da Leoncarlo Settimelli, operaio e poi giornalista dell'Unità (nonché autore di biografie per la Rai di Pavarotti, Modugno, Gabriella Ferri), che aveva ripreso alcune strofe dell'inno di battaglia originale, ormai andato perduto.
Per la mia generazione, la memoria di quegli eventi era un emblema di dignità, quella che i lavoratori parmigiani difesero strenuamente. Qualcuno a distanza di mezzo secolo aveva rinfrescato la scritta sul muraglione dell'argine: Balbo, t'è pasé l'Atlantic, mo miga la Perma. Fu la frase a caratteri cubitali che accolse Italo Balbo tornato sul luogo del misfatto per prendersi la rivincita, tronfio delle imprese di trasvolatore oceanico. Era riuscito a passare dall'altra parte dell'Atlantico ma non a superare le barricate dell'Oltretorrente.
Dead End - 26/7/2012 - 08:41
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Canzone dedicata a Guido Picelli (Parma, 9 ottobre 1889 – Algora, Spagna, 5 gennaio 1937).
Volontario nella Croce Rossa durante il primo conflitto mondiale, nel 1919 aderì al Partito Socialista nelle cui fila fu poi eletto deputato.
A Parma, nel 20 fondò la Guardia Rossa e nel 22 gli Arditi del Popolo, dando vita ad un fronte unico antifascista, costituito da anarchici, comunisti, popolari, repubblicani e socialisti, che difese vittoriosamente Parma per cinque giorni sconfiggendo migliaia di fascisti comandati da Italo Balbo. Ancora nel 1923, ben dopo la marcia su Roma, i fascisti non controllavano i quartieri popolari a Parma.
Picelli fu più volte arrestato e scampò a diversi tentativi di assassinio. Passato al Partito Comunista, nel 1926 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare, arrestato nuovamente e spedito al confino. Scappò prima in Francia, poi in Belgio, quindi in Unione Sovietica dove divenne docente di strategia militare.
Travolto dalle purghe staliniane, come molti altri immigrati antifascisti, abbandonò disgustato l’Unione Sovietica per andare a combattere in Spagna fra gli antistalinisti del POUM. Il 5 gennaio 1937 fu ucciso sul fronte di Mirabueno, vicino a Guadalajara. Secondo alcune versioni fu una raffica dei fascisti ad ammazzarlo, secondo altre fu colpito alla schiena da uno dei sicari del Comintern nel quadro della “pulizia” staliniana che anche in Spagna si abbattè sui militanti anarchici e comunisti non ortodossi.
Recentemente, il regista Giancarlo Bocchi ha girato su Picelli un film intitolato “Il ribelle – Guido Picelli, un eroe scomodo”
Risultato di oltre tre anni di lavoro, d’intense ricerche negli archivi russi, italiani, francesi, spagnoli, statunitensi “Il Ribelle” narra l'avventura di Guido Picelli, strenuo combattente per la libertà e antifascista, personaggio da riscoprire, che visse da protagonista la storia d'Italia e d'Europa del '900, che si batté per l'affermazione della giustizia sociale e che si oppose a ogni forma di totalitarismo.
Antesignano di Che Guevara, teorico della “guerriglia”, anticipò di vent’anni la Resistenza opponendosi nel 1922 con le armi al fascismo. Nell’agosto del 1922 sconfisse con i suoi 400 Arditi del Popolo diecimila fascisti di Italo Balbo, durante i cinque giorni della Battaglia di Parma. Eletto due volte deputato, nel 1921 e nel 1924, fu il primo sostenitore in Europa dell'idea del "Fronte popolare" e autore di gesti eroici e clamorosi. Il primo maggio del 1924 ridicolizzò il regime fascista inalberando la bandiera rossa sul palazzo del Parlamento italiano per protestare contro l’abolizione della Festa dei lavoratori.
In quel periodo sfuggì ai numerosi agguati mortali fascisti, tentando di far insorgere l'Italia contro Mussolini. Dopo 5 anni di galera e di confino a Lipari, giunto in URSS fu emarginato e perseguitato dagli stalinisti.
Durante la Guerra di Spagna, alla testa del Battaglione Garibaldi, ottenne importanti vittorie sul fronte di Madrid. Mentre preparava un attacco contro il nemico franchista, il 5 gennaio 1937, una pallottola lo fulminò, colpendolo alle spalle, all'altezza del cuore.
Con le voci di Valerio Mastandrea e Francesco Pannofino, il film di Giancarlo Bocchi racconta la storia di un eroe scomodo, dimenticato, ma attualissimo per le sue idee sociali e politiche, di un “ribelle” la cui morte è rimasta fino ad ora avvolta nel mistero.
“Il Ribelle” è un film indipendente, che vuole riaffermare l’assoluta necessità di una “democrazia delle immagini” contro i “format” preconfezionati di storia, attualmente nelle mani delle multinazionali o dei gruppi televisivi. L’intenso lavoro di ricerca negli archivi di molti paesi ha portato al ritrovamento di numerosi documenti segreti e di filmati inediti, tra questi anche una pellicola del 1914, l’unica che ritrae Guido Picelli.
(intro by Bartleby)