Sotto questo cielo
azzurrro arcobaleno nero
sopra questa terra
d'ogni colore
canta la mia bocca
canta il mio cuore
la meraviglia dell'Africa intera
le sue mille culture
canta un incontenibile dolore.
Muore di sete, di guerra,
muore di fame
la cerca dei rifiuti
chi ne ha
non se ne cura
(senza speranza
la miseria nera
assedia le città
le scandaglia le rigira)
Muore di sete, di guerra,
muore di fame
la cerca dei rifiuti
chi ne ha
non se ne cura
(senza speranza
la miseria nera
assedia le città
le scandaglia le rigira)
Straziante incredula
violenza nera
nera nera nero nero...
un arco arcaico
frecce di veleno
bastoni, fucili coloniali a pallettoni
bombe kalashnikov
di prima o quarta selezione
Il terrore vuoto
negli occhi
la morte nella mano
Nessuna compassione
nessuna redenzione
orrore quotidiano
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Africa bella da morire e muore
meraviglia d'Africa
vive d'ogni colore
bella la bellezza, la bellezza nera
tutte le sfumature d'una sfera
brilla l'incandescenza del sole
riflette la luce della luna
è l'arcobaleno la fortuna
Caro Clemente in Africa Orientale
l'Etiopia, la Somalia,
bella Abissina
aspetta, spera, l'ora s'avvicina
T'hanno fregato prima durante e dopo
un paese in ginocchio col gas e il fuoco
ti porteremo a Makallé
Roma, l'Impero, il Papa, il Duce e il Re
caro Clemente non è rimasto niente
di tanto poco
t'hanno fregato prima, durante e dopo
Sulle bandiere sventola Haile Selassie
imperatore copto cristiano Re dei Re
gran protettore del reggae giamaicano
passa una canna di mano in mano
Africa bella da morire e muore
meraviglia d'Africa
vive d'ogni colore
bella la bellezza, la bellezza nera
tutte le sfumature d'una sfera
brilla l'incandescenza del sole
riflette la luce della luna
è l'arcobaleno la fortuna
Sulle bandiere sventola Haile Selassie
imperatore copto cristiano Re dei Re
gran protettore del reggae giamaicano
passa una canna di mano in mano
Il leone di Giuda da Saba, Salomone
ha un regno inattaccabile in espansione
sudditi devoti
cantori di canzoni
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman
azzurrro arcobaleno nero
sopra questa terra
d'ogni colore
canta la mia bocca
canta il mio cuore
la meraviglia dell'Africa intera
le sue mille culture
canta un incontenibile dolore.
Muore di sete, di guerra,
muore di fame
la cerca dei rifiuti
chi ne ha
non se ne cura
(senza speranza
la miseria nera
assedia le città
le scandaglia le rigira)
Muore di sete, di guerra,
muore di fame
la cerca dei rifiuti
chi ne ha
non se ne cura
(senza speranza
la miseria nera
assedia le città
le scandaglia le rigira)
Straziante incredula
violenza nera
nera nera nero nero...
un arco arcaico
frecce di veleno
bastoni, fucili coloniali a pallettoni
bombe kalashnikov
di prima o quarta selezione
Il terrore vuoto
negli occhi
la morte nella mano
Nessuna compassione
nessuna redenzione
orrore quotidiano
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Nero nero nera nera
Africa bella da morire e muore
meraviglia d'Africa
vive d'ogni colore
bella la bellezza, la bellezza nera
tutte le sfumature d'una sfera
brilla l'incandescenza del sole
riflette la luce della luna
è l'arcobaleno la fortuna
Caro Clemente in Africa Orientale
l'Etiopia, la Somalia,
bella Abissina
aspetta, spera, l'ora s'avvicina
T'hanno fregato prima durante e dopo
un paese in ginocchio col gas e il fuoco
ti porteremo a Makallé
Roma, l'Impero, il Papa, il Duce e il Re
caro Clemente non è rimasto niente
di tanto poco
t'hanno fregato prima, durante e dopo
Sulle bandiere sventola Haile Selassie
imperatore copto cristiano Re dei Re
gran protettore del reggae giamaicano
passa una canna di mano in mano
Africa bella da morire e muore
meraviglia d'Africa
vive d'ogni colore
bella la bellezza, la bellezza nera
tutte le sfumature d'una sfera
brilla l'incandescenza del sole
riflette la luce della luna
è l'arcobaleno la fortuna
Sulle bandiere sventola Haile Selassie
imperatore copto cristiano Re dei Re
gran protettore del reggae giamaicano
passa una canna di mano in mano
Il leone di Giuda da Saba, Salomone
ha un regno inattaccabile in espansione
sudditi devoti
cantori di canzoni
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman...
rastaman vibration eia rastaman
inviata da Lorenzo Masetti - 23/3/2006 - 11:22
Visto quanto piacciono i papi a Ferretti, forse sarà Clemente VII :-PP
Riccardo Venturi - 21/7/2018 - 10:39
NIGER, UN PAESE SFORTUNATAMENTE (PER I SUOI ABITANTI) RICCO D’URANIO
Gianni Sartori
La linea dell’orizzonte appare butterata da prominenze di 30-35 metri costituite da circa 20 milioni di tonnellate di scorie in gran parte radioattive. Effetto collaterale di quasi 40 anni di attività della miniera di Akouta nel deserto del Niger (quarto produttore mondiale di uranio).
Anche questa è l’Africa, fuori dai depliant e dai viaggi esotici organizzati e non. E anche dai scintillanti palazzi delle borghesie indigene (più o meno corrotte, più o meno complici dello sfruttamento neocoloniale) che sovrastano baraccopoli, discariche e periferie degradate.
L’attività si è interrotta nel 2021 quando il gruppo francese Orano (ex Areva) ha dovuto constatare l’esaurimento delle risorse. Ma solo dopo che la Comineak (Compagnie minière d’Akouta) aveva prodotto 75mila tonnellate di uranio.
La “bonifica” (eufemismo; cosa vuoi poter “bonificare” ormai) dovrebbe durare almeno un decennio, seguito da un altro di controllo ambientale (“libertà vigilata”?) e costare almeno 150 milioni di euro.
Per poi restituire all’umanità “un luogo sicuro, sano e non inquinato”. Così almeno è stato dichiarato. Auguri!
Qualche precedente.
Tutto era cominciato verso la metà del secolo scorso quando nei pressi di Arlit (nord del Niger) venne scoperto l’uranio.
La prime società francesi a intervenire furono la SOMAIR (Société des Mines de l’Aïr, in cui l’AGIP NUCLEARE ha avuto una partecipazione azionaria ,poi ceduta) e la già citata COMINAK .
In anni successivi, dopo l’acquisto della maggioranza azionaria sia della SOMAIR che della COMINAK, toccherà all’AREVA (multinazionale francese controllata dal Governo di Parigi con una quota del 90%) gestire la produzione dell’uranio in Niger. Fino a qualche anno fa in maniera sostanzialmente monopolistica, lasciando al governo nigerino solo una partecipazione di circa un terzo (ONAREM, Office National des Ressources Minieres du Niger, poi SOPAMIN Société du Patrimoine des Mines du Niger). Con scarse ricadute economiche per la popolazione.
Popolazione che in compenso ha subito e subisce tutti gli “effetti collaterali”, i danni, di tale attività estrattiva. Sia per l’impossibilità di mantenere attività economiche tradizionali (agricoltura, allevamento…), sia a livello sanitario. Così per i lavoratori esposti alle radiazioni come per gli abitanti delle zone contaminate dagli impianti.
Solo una quindicina di anni fa, nel tentativo di ridurre la morsa di AREVA,il governo nigeriano aveva concesso un centinaio di nuove licenza di esplorazione a compagnie di altri Stati (tra cui Cina, Australia, Canada, Spagna, India, Brasile…).
Le tensioni, i contenziosi tra l’azienda e le popolazioni erano, presumibilmente, tra le cause del sequestro, avvenuto nel 2010, di sette dipendenti di Areva: cinque francesi, un togolese e un malgascio. *
Al momento la principale urgenza sarebbe quella di bonificare (o almeno provarci, compatibilmente con la gravità della contaminazione) un’area vasta qualcosa come 120 ettari. Ricoperta da autentici rilievi “collinari” di oltre 30 metri costituiti da residui e rocce contaminate dall’uranio (ripeto: circa 20 milioni di tonnellate). Va ricordato che tali materiali, residui e scorie contaminati, sono esposti all’aria aperta con tutte le conseguenze prevedibili in campo alimentare e per l’acqua. Dalla compagnia, oltre alla promessa che il tutto sarà ricoperto con vari strati di arenaria e di argillite, anche la rassicurazione che “qui ci sono tassi naturali di radiazioni inferiori a quelle che si possono trovare in alcune regioni della Francia, inferiori a quelli stabiliti dalle norme del Niger e internazionali”.
Sarà…
Non tutti ne sembrano convinti in quanto si dovrà comunque vigilare per evitare che vi siano fessure, crepe e quindi fuoriuscite radioattive. Tra le molteplici "fonti di inquietudine" non va sottovalutato il rischio radon.
Quindi per i prossimi anni (decenni?) sono previsti regolari test e controlli nella città di Arlit e nelle zone circostanti dove complessivamente vivono oltre 200mila persone.
Ma intanto il saccheggio continua.
Prima ancora di aver - se non proprio bonificato - almeno ricoperto l’immondizia del passato, a un centinaio di chilometri di distanza ci si impegna per crearne altra in futuro.
Entro il 2023 la compagnia canadese Global Atomic Corporation intende portare a termine la realizzazione di una miniera per la produzione di uranio a Dasa. Localizzata nella stessa regione nel nord del Niger dove la società francese Orano (ex Areva) estraeva uranio da mezzo secolo. A Dasa la produzione vera e propria dovrebbe iniziare tra un paio di anni. A tale scopo Global Atomic e il governo nigerino hanno creato la Société des mines de Dasa (Somida) con un capitale di 121 miliardi di FCFA (circa 3 millions di euro, all’80% in possesso della società canadese, il 20% dal Niger).
Da parte di Orano anche l’intenzione di riaprire il cantiere della miniera di Imouraren (5mila tonnellate annuali di uranio) aperta nel 2009, ma poi lasciata inattiva dal 2015. Presumibilmente per l’abbassamento del prezzo dell’uranio.
In controtendenza 8almeno apparentemente) con la ripresa dell’estrazione di uranio, nel mese di marzo in Niger si è svolta la riunione preliminare del Comitato direttivo del progetto di elettrificazione rurale fotovoltaica nei dipartimenti di Keita e Illela (come informava il quotidiano Le Sahel). Progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) con 2,8 milioni di euro. Altri 200.000 euro dovrebbero venir concessi per l’assistenza tecnica. Recentemente a Niamey è stata aperta una sede dell’Aics (diretta da Fabio Minniti, referente, oltre che per il Niger, anche per Camerun e Tchad).
Sempre in marzo il Fondo per lo sviluppo internazionale dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Ofid) preannunciava un prestito di 25 milioni di dollari a favore del Niger Solar Plant Development and Electricity Access Improvement Project (Ranaa), progetto per l’elettrificazione e le energie rinnovabili in Africa.
Prevista la costruzione di tre impianti solari in grado di produrre un totale di 40 MW nelle regioni di Maradi, Dosso e Diffa.
Va ricordato che il Niger, paese in buona parte desertico, nonostante la presenza dell'uranio (o magari anche a causa di questa presenza che attira la voracità delle compagnie) versa in gravi difficoltà dal punto di vista economico-sociale. Tra l'altro, a causa dei cambiamenti climatici e della crescita demografica (tasso di natalità del 7,6% ), va perdendo ogni anno 100.000 ettari di terre coltivabili (come ha recentemente ricordato , Mamane Wazir, ministro nigerino dell’Ambiente).
Inoltre si trova all’incrocio di consistenti flussi migratori, sia “in uscita” che “di ritorno”.
Solo tra gennaio e febbraio sono rientrate in Niger altre 5mila persone espulse dall’Algeria. Arrivando - a piedi ovviamente - ad Assamaka (regione di Agadez) in pieno deserto. Stando a quanto denunciava Msf, la situazione sanitaria “è molto preoccupante”. Sia per le alte temperature che per la presenza di discariche nella zona dove la maggior parte dei migranti si è accampata.
Gianni Sartori
Nota 1: In realtà cinque dei sequestrati risultavano dipendenti di Areva solo indirettamente. Erano stati assunti da Satom, filiale del gruppo edilizio Vinci (ops: lo stesso del - fortunatamente mancato - progetto per l’aeroporto di Notre Dames des Landes, in Bretagna) che lavorava in subappalto per Areva. All’epoca il personale presente sul sito di Arlit era costituito da circa 2500 persone, di cui una cinquantina francesi. In un primo momento si era pensato che i sequestratori fossero legati ad Al Qaeda nel Maghreb. Anche perché proprio in quei giorni era giunta la notizia dell’assassinio di Michel Germaneau, un ottantenne impegnato in progetti umanitari e sequestrato nell’aprile 2010 dal gruppo terroristico. Diversa, fortunatamente, la conclusione di un altro sequestro, quello lunghissimo del pastore Jeff Woodke rapito, presumibilmente, dagli estremisti islamici del Mujao (Movimento per l’Unificazione e la Jihad in Africa occidentale) il 14 ottobre 2016 mentre si trovava in casa ad Abalak. Dopo essere stato rilasciato a seguito di laboriose trattative è tornato in libertà nel marzo 2023.
Gianni Sartori
La linea dell’orizzonte appare butterata da prominenze di 30-35 metri costituite da circa 20 milioni di tonnellate di scorie in gran parte radioattive. Effetto collaterale di quasi 40 anni di attività della miniera di Akouta nel deserto del Niger (quarto produttore mondiale di uranio).
Anche questa è l’Africa, fuori dai depliant e dai viaggi esotici organizzati e non. E anche dai scintillanti palazzi delle borghesie indigene (più o meno corrotte, più o meno complici dello sfruttamento neocoloniale) che sovrastano baraccopoli, discariche e periferie degradate.
L’attività si è interrotta nel 2021 quando il gruppo francese Orano (ex Areva) ha dovuto constatare l’esaurimento delle risorse. Ma solo dopo che la Comineak (Compagnie minière d’Akouta) aveva prodotto 75mila tonnellate di uranio.
La “bonifica” (eufemismo; cosa vuoi poter “bonificare” ormai) dovrebbe durare almeno un decennio, seguito da un altro di controllo ambientale (“libertà vigilata”?) e costare almeno 150 milioni di euro.
Per poi restituire all’umanità “un luogo sicuro, sano e non inquinato”. Così almeno è stato dichiarato. Auguri!
Qualche precedente.
Tutto era cominciato verso la metà del secolo scorso quando nei pressi di Arlit (nord del Niger) venne scoperto l’uranio.
La prime società francesi a intervenire furono la SOMAIR (Société des Mines de l’Aïr, in cui l’AGIP NUCLEARE ha avuto una partecipazione azionaria ,poi ceduta) e la già citata COMINAK .
In anni successivi, dopo l’acquisto della maggioranza azionaria sia della SOMAIR che della COMINAK, toccherà all’AREVA (multinazionale francese controllata dal Governo di Parigi con una quota del 90%) gestire la produzione dell’uranio in Niger. Fino a qualche anno fa in maniera sostanzialmente monopolistica, lasciando al governo nigerino solo una partecipazione di circa un terzo (ONAREM, Office National des Ressources Minieres du Niger, poi SOPAMIN Société du Patrimoine des Mines du Niger). Con scarse ricadute economiche per la popolazione.
Popolazione che in compenso ha subito e subisce tutti gli “effetti collaterali”, i danni, di tale attività estrattiva. Sia per l’impossibilità di mantenere attività economiche tradizionali (agricoltura, allevamento…), sia a livello sanitario. Così per i lavoratori esposti alle radiazioni come per gli abitanti delle zone contaminate dagli impianti.
Solo una quindicina di anni fa, nel tentativo di ridurre la morsa di AREVA,il governo nigeriano aveva concesso un centinaio di nuove licenza di esplorazione a compagnie di altri Stati (tra cui Cina, Australia, Canada, Spagna, India, Brasile…).
Le tensioni, i contenziosi tra l’azienda e le popolazioni erano, presumibilmente, tra le cause del sequestro, avvenuto nel 2010, di sette dipendenti di Areva: cinque francesi, un togolese e un malgascio. *
Al momento la principale urgenza sarebbe quella di bonificare (o almeno provarci, compatibilmente con la gravità della contaminazione) un’area vasta qualcosa come 120 ettari. Ricoperta da autentici rilievi “collinari” di oltre 30 metri costituiti da residui e rocce contaminate dall’uranio (ripeto: circa 20 milioni di tonnellate). Va ricordato che tali materiali, residui e scorie contaminati, sono esposti all’aria aperta con tutte le conseguenze prevedibili in campo alimentare e per l’acqua. Dalla compagnia, oltre alla promessa che il tutto sarà ricoperto con vari strati di arenaria e di argillite, anche la rassicurazione che “qui ci sono tassi naturali di radiazioni inferiori a quelle che si possono trovare in alcune regioni della Francia, inferiori a quelli stabiliti dalle norme del Niger e internazionali”.
Sarà…
Non tutti ne sembrano convinti in quanto si dovrà comunque vigilare per evitare che vi siano fessure, crepe e quindi fuoriuscite radioattive. Tra le molteplici "fonti di inquietudine" non va sottovalutato il rischio radon.
Quindi per i prossimi anni (decenni?) sono previsti regolari test e controlli nella città di Arlit e nelle zone circostanti dove complessivamente vivono oltre 200mila persone.
Ma intanto il saccheggio continua.
Prima ancora di aver - se non proprio bonificato - almeno ricoperto l’immondizia del passato, a un centinaio di chilometri di distanza ci si impegna per crearne altra in futuro.
Entro il 2023 la compagnia canadese Global Atomic Corporation intende portare a termine la realizzazione di una miniera per la produzione di uranio a Dasa. Localizzata nella stessa regione nel nord del Niger dove la società francese Orano (ex Areva) estraeva uranio da mezzo secolo. A Dasa la produzione vera e propria dovrebbe iniziare tra un paio di anni. A tale scopo Global Atomic e il governo nigerino hanno creato la Société des mines de Dasa (Somida) con un capitale di 121 miliardi di FCFA (circa 3 millions di euro, all’80% in possesso della società canadese, il 20% dal Niger).
Da parte di Orano anche l’intenzione di riaprire il cantiere della miniera di Imouraren (5mila tonnellate annuali di uranio) aperta nel 2009, ma poi lasciata inattiva dal 2015. Presumibilmente per l’abbassamento del prezzo dell’uranio.
In controtendenza 8almeno apparentemente) con la ripresa dell’estrazione di uranio, nel mese di marzo in Niger si è svolta la riunione preliminare del Comitato direttivo del progetto di elettrificazione rurale fotovoltaica nei dipartimenti di Keita e Illela (come informava il quotidiano Le Sahel). Progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) con 2,8 milioni di euro. Altri 200.000 euro dovrebbero venir concessi per l’assistenza tecnica. Recentemente a Niamey è stata aperta una sede dell’Aics (diretta da Fabio Minniti, referente, oltre che per il Niger, anche per Camerun e Tchad).
Sempre in marzo il Fondo per lo sviluppo internazionale dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Ofid) preannunciava un prestito di 25 milioni di dollari a favore del Niger Solar Plant Development and Electricity Access Improvement Project (Ranaa), progetto per l’elettrificazione e le energie rinnovabili in Africa.
Prevista la costruzione di tre impianti solari in grado di produrre un totale di 40 MW nelle regioni di Maradi, Dosso e Diffa.
Va ricordato che il Niger, paese in buona parte desertico, nonostante la presenza dell'uranio (o magari anche a causa di questa presenza che attira la voracità delle compagnie) versa in gravi difficoltà dal punto di vista economico-sociale. Tra l'altro, a causa dei cambiamenti climatici e della crescita demografica (tasso di natalità del 7,6% ), va perdendo ogni anno 100.000 ettari di terre coltivabili (come ha recentemente ricordato , Mamane Wazir, ministro nigerino dell’Ambiente).
Inoltre si trova all’incrocio di consistenti flussi migratori, sia “in uscita” che “di ritorno”.
Solo tra gennaio e febbraio sono rientrate in Niger altre 5mila persone espulse dall’Algeria. Arrivando - a piedi ovviamente - ad Assamaka (regione di Agadez) in pieno deserto. Stando a quanto denunciava Msf, la situazione sanitaria “è molto preoccupante”. Sia per le alte temperature che per la presenza di discariche nella zona dove la maggior parte dei migranti si è accampata.
Gianni Sartori
Nota 1: In realtà cinque dei sequestrati risultavano dipendenti di Areva solo indirettamente. Erano stati assunti da Satom, filiale del gruppo edilizio Vinci (ops: lo stesso del - fortunatamente mancato - progetto per l’aeroporto di Notre Dames des Landes, in Bretagna) che lavorava in subappalto per Areva. All’epoca il personale presente sul sito di Arlit era costituito da circa 2500 persone, di cui una cinquantina francesi. In un primo momento si era pensato che i sequestratori fossero legati ad Al Qaeda nel Maghreb. Anche perché proprio in quei giorni era giunta la notizia dell’assassinio di Michel Germaneau, un ottantenne impegnato in progetti umanitari e sequestrato nell’aprile 2010 dal gruppo terroristico. Diversa, fortunatamente, la conclusione di un altro sequestro, quello lunghissimo del pastore Jeff Woodke rapito, presumibilmente, dagli estremisti islamici del Mujao (Movimento per l’Unificazione e la Jihad in Africa occidentale) il 14 ottobre 2016 mentre si trovava in casa ad Abalak. Dopo essere stato rilasciato a seguito di laboriose trattative è tornato in libertà nel marzo 2023.
Gianni Sartori - 23/3/2023 - 16:36
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Forse la migliore canzone dei PGR, all'altezza dei migliori pezzi dei CSI. Molta fatica per trovare il testo, alla fine l'ho scovato nell'unica pagina che contiene i testi di tutto l'album dei PGR, ho corretto però qualche particolare.
Una delle poche canzoni italiane in cui si affronta il tema del colonialismo italiano in Africa Orientale.
Nel 1935, durante la seconda guerra italo-abissina il comando fu affidato al generale Pietro Badoglio, la cui condotta della guerra provocò sensazione e riprovazione in tutto il mondo, a causa dell'utilizzo del terribile gas iprite, che venniva irrorato dagli aerei in volo a bassa quota, sia sui soldati che sui civili: in totale vennero impegate tra le 300 e le 500 tonnellate di questo gas.
(Lorenzo Masetti)