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Langue: yiddish


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(Andrea Buriani)
שלאָף מײַן קינד, שלאָף כסדר
(Paul Robeson)
רויטע עפּל, גרינע שאָטנס
(Zalman Schneour / זלמן שניאור)


Geven amol iz a shtetl
Testo e musica di Beyle Schaechter-Gottesman, autrice anche di נײַן חבֿרטע מינציע, canzone molto simile alla presente.
Testo trovato sul programma 2007 delle celebrazioni del Yom Hashoah presso la Duke University di Durham, North Carolina.
Nota. In questo caso, il testo yiddish originale in alfabeto ebraico è stato reperito da questa pagina di tapuz.co.il

Ari Roussimoff –“Villaggio ebraico con capra”, dipinto ad olio.
Ari Roussimoff –“Villaggio ebraico con capra”, dipinto ad olio.


“Shtetl”, diminutivo di “shtot”, significa “piccola città” e in yiddish indica le cittadine con popolazione a stragrande maggioranza ebraica molto comuni nell’Europa centrale ed orientale prima dell’Olocausto. Nel 1945 la quasi totalità degli shtetlekh era scomparsa. Nella cultura ebraica “Shtetl” è rimasto come termine metaforico, evocativo, nostalgico, con cui si sintetizza la memoria del modo di vita tradizionale di quelle antiche comunità ebraiche spazzate via in qualche anno dalla furia nazista…
עװען אַמאָל איז אַ שטעטל
בײַם ברעג פֿונעם נעסטער אַ טאָל,
אײַנגעװיקט אין חלומות,
געװען אַזאַ שטעטל אַמאָל.

געלעבט זיך דאָרטן ײִדן װי ײִדן,
אין פֿרײדן און דאגות אָן צאָל,
פֿון דורות פֿאַרװאָרצלטע תּושבֿים,
געװען אַזאַ שטעטל אַמאָל.

און פֿרױען געזונגען דאָרט לידער
פֿון ליבעס, מיט אױגן פֿאַרבענקט,
און קינדער צעװױעטע שטיפֿערס
זיך מעשׂיות פֿון שדים דערצײלט.

אַזױ האָט דאָס שטעטל זװיניעטשקע.
כאָטש קלענער און בלײכער מיט דער צײַט
געשפּונען דעם גילדענעם פֿאָדעם
פֿון זײדעס און באָבעס אָן בײַט.

נאָר פּלוצעם װי אַ דונער געקומען
דאָס אײן און פֿערציקסטע יאָר
דער נעסטער טוט סטראַשעדיק ברומען
דער הימל פֿאַרצױגן זיך גראָ.

און זעלנער אין גרינע מונדירן
מיט ביקסן צום שיסן געװענדט,
אױף דער בריק װאָס איבערן נעסטער
זײ אַלע ביז אײנעם פֿאַרלענדט.

דעם שוחט מיט װײַב און אַכט קינדער
אין טלית געהילט זײ – שמע ישׂראל!
די געשרלען פֿאַרשלונגען דער נעסטער.
די כװאַליעס פֿאַרשטומט זײער קול.

הײַנט גרינען דאָרט װײַטער די לאָנקעס
און ס'פּאַשעט דער פּױער זײַן קי,
װי קײן מאָל געװען דאָרט קײן ײִדן
װי גאָרנישט געשען דאָרטן װי.

envoyé par Bartleby + CCG/AWS Staff - 7/3/2011 - 10:27




Langue: yiddish

Il testo originale in trascrizione [con note esplicative di Bernart (ex Bartleby)]

Bella Schaechter-Gottesman.
Bella Schaechter-Gottesman.
GEVEN AMOL IZ A SHTETL

Geven amol iz a shtetl,
Baym breg funem Nester 1 in tol,
Ayngevigt in khaloymes,
Geven aza shtetl a mol.

Gelebt zikh dort yidn vi yidn,
In freydn un dayges on tsol,
Fun doyres farvortslte toyshvim,
Geven aza shtetl a mol.

Un froyen gezungen dort lider
Fun libes, mit oygn farbenkt,
Un kinder tsevoyvete shtifers
Zikh mayses fun sheydim dertseylt.

Azoy hot dos shtetl Zvinetshke 2,
Khotsh klener un bleykher mit der tsayt,
Geshpunen dem gildenem fodem
Fun zeydes un bobes on bayt.

Nor plutsem vi a duner gekumen,
Dos eyn-un-fertsikste yor.
Der Nester tut strashedik brumen,
Der himl fartsoygn zikh gro.

Un zelner in grine mundirn
Mit biksn tsum shisn gevendt.
Af der brik vos ibern Nester
Zay ale biz eynem farlendt.

Dem shoykhet 3 mit vayb un akht kinder,
In tales gehilt zey – shma Yisroyl! 4
Di geshreyen farshlungen der Nester,
Di khvalyes farshtumt zeyer kol.

Haynt grinen dort vayter di lonkes
Un s'pashet der poyer zayn ki,
Vi keyn mol geven dort keyn yidn,
Vi gor nisht geshen dortn vi.
Note:

(1) Nester, Dniester, il Nistro o Dnestr, è il grande fiume che nasce dai Carpazi, scorre per un tratto lungo il confine tra Ucraina e Moldavia e poi, all'interno di questa, segna il confine con la regione secessionista della Transnistria, sulla riva orientale. Sfocia poi nel mar Nero, nei pressi di Odessa.

(2) Zvinetshke, evidentemente il nome di uno shtetl… Non ho riscontro di dove si trovasse, probabilmente vicino a Chernivtsi/Czernowitz.

Per Zvinetshke si veda qui

(3) Shoykhet, credo designi il macellaio kashèr, quello che nel villaggio era abilitato alla macellazione degli animali - solo di quelli commestibili perché considerati puri e sani - secondo il rituale, cioè riducendo per quanto possibile le sofferenze dell'animale e poi privandolo rapidamente del sangue, che non può essere consumato perché simbolo della vita.

(4) Shma yisrol, Shema Yisrael, sono le prime parole con cui si aprono le preghiere ebraiche del mattino e della sera, che la Torah trae dal Deuteronomio 6:4: “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo.”

shmais

envoyé par Bartleby - 30/5/2013 - 16:02




Langue: italien

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
30 maggio 2013
C'ERA UNA VOLTA UNO SHTETL

C'era una volta uno shtetl
Sulle rive della valle del Dnjestr,
cullato dai sogni,
c'era una volta uno shtetl così.

Gli ebrei ci vivevano da ebrei,
con tante e tante gioie e dolori,
generazioni di abitanti radicati,
c'era una volta uno shtetl così.

E le donne vi cantavano canzoni
d'amore con gli occhi pieni di desiderio,
e i bambini, casinisti dispettosi
si raccontavano storie di fantasmi.

Così lo shtetl di Zvinetshke,
benché rimpicciolito e impallidito dal tempo,
tesseva il filo d'oro
degli avi senza cambiare.

Ma all'improvviso arrivò come un tuono
l'anno millenovecentoquarantuno.
Il Dnjestr romba minacciosamente,
il cielo diventa grigio.

E soldati in uniformi verdi
con fucili fatti per sparare.
Sul ponte sullo Dnjestr
hanno annientato tutti.

Il macellaio rituale con sua moglie e otto figli
li ha avvolti nel suo talìt, shemà Israel!
Le grida sono state inghiottite dal Dnjestr,
le onde hanno fatto tacere le loro voci.

Oggi i campi sono di nuovo verdi
e il contadino pascola le sue mucche,
come se là non gli ebrei non fossero mai esistiti,
come se niente fosse accaduto.

30/5/2013 - 18:01




Langue: anglais

Traduzione inglese dal programma 2007 delle celebrazioni del Yom Hashoah presso la Duke University di Durham, North Carolina.
ONCE THERE WAS A TOWN

There once was a town,
On the banks of the Dniester Valley,
Lulled by dreams,
There was such a town once.

Jews had lived there like Jews,
With numberless worries and joys,
Generations of deep-rooted dwellers,
There was such a town once.

And women sang songs there
Of loves, with yearning eyes,
And kids, mischievous troublemakers,
Told each other ghost stories.

That is how the town Zvinetshke,
Though smaller and paler with time,
Spun the golden thread
Of grandparents without change.

But suddenly like a thunderclap it came,
The year nineteen forty-one.
The Dniester roars menacingly,
The sky, obscured – gray.

Soldiers in gray uniforms
With rifles ready to shoot.
On the bridge over the Dniester
They wiped them out to the last.

The ritual slaughterer with his wife and eight children
Wrapped them in his tallis – Shema Yisrael!
The cries were swallowed by the Dniester,
The waves silenced their voice.

Today the fields are now green again,
And the peasant pastures his cows,
As if no Jews were ever there,
As if nothing had ever happened.

envoyé par Bartleby - 7/3/2011 - 10:28




Langue: russe

La versione russa di Aleksandr Geršon Ben-Juval Mura
Перевод с идиша: Александр Гершон Бен-Юваль Мура
КОГДА-ТО ТУТ БЫЛО МЕСТЕЧКО

Когда-то тут было местечко,
В долине за Днестром-рекой.
Остался в мечтах лишь
Мой штэтл, мой город родной.

Простые евреи там жили
Все счастьем одним и бедой,
Не знали раздора и фальши.
Был штэтл когда-то такой.

И женщины пели там песни
С любовью, с слезами в глазах;
Детишки в сторонке смеялись,
Про духов стишки рассказав.

Так жило местечко Цвинечки,
И день проходил вслед за днем.
Сплетенная мудростью старших,
Шла жизнь там своим чередом.

Внезапно пришел, окаянный,
Вторжения немецкого год.
И Днестр бурлил тогда страшно,
И тучи закрыли восход.

Люди в зеленых мундирах
С винтовками в штэтл вошли,
На мост тот, что был через Днестр,
Детей, стариков привели.

А шойхес* с женой, с сыновьями
Молился, крича: "Шма, Исрол!"**
Голос их проглочен был Днестром,
Молитву пожрал рокот волн...

Сейчас там луга зеленеют
И пашет крестьянина плуг.
И вовсе там нету евреев -
Исчезли бесследно все вдруг!
* Шойхес - дипломированный кошерный резник
** Шма, Исрол - Совр. иврит - "Шма, Исраэль" - основная иудейская молитва

envoyé par Riccardo Venturi - 30/5/2013 - 16:14


Una tranquilla cittadina
di Riccardo Venturi

shtetl


La foto mostra uno shtetl dell'Europa orientale colto in una bella giornata qualsiasi, a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Nell'Europa orientale (Ucraina, Polonia, Romania, impero Russo...) lo shtetl era il cuore della vita ebraica; il nome, propriamente, è il diminutivo dello yiddish shtot (città), ma uno shtetl era qualcosa di diverso sia da una città o cittadina, sia da un paese o villaggio. Spesso e volentieri, gli shtetlekh (forma plurale) erano vere e proprie "nazioni separate" all'interno di una città o di un paese; gli ebrei vi conducevano una vita del tutto diversa da quella dei non ebrei che vivevano nello stesso luogo; in pratica, ebrei e gentili potevano avere a che fare gli uni con gli altri solo per qualche incombenza quotidiana.

Frequente era il caso di città o cittadine divise precisamente a metà. La cittadina raffigurata nella foto aveva, ad esempio, all'epoca circa 16.000 abitanti, di cui 8000 ebrei e 8000 non ebrei. Non bisogna peraltro credere che gli ebrei fossero una "massa granitica": circa cinquecento di essi, ad esempio, ostentavano dichiarata indifferenza verso la religione, anche se alcuni di essi andavano in sinagoga per le feste comandate. In generale, comunque, si può dire che l'indifferenza religiosa non si manifestava con atti eclatanti di ribellione.

Gli ebrei della cittadina erano in gran parte commercianti (sarti, fabbri, fornai, macellai, carradori, negozianti al dettaglio). I mercati erano fiorenti e frequentati volentieri anche dai non ebrei, perché al marktog (il "giorno di mercato", che si teneva due volte alla settimana) si comprava bene. Il baratto al marktog era all'ordine del giorno: ebrei e gentili si scambiavano, generalmente, manufatti con prodotti della terra. Era rarissimo che vi fosse un contadino ebreo, quindi pollame, uova, verdure ecc. erano generi d'acquisto e di baratto.

La logica delle cose voleva che né gli ebrei, né i gentili potessero vivere gli uni senza gli altri; solo che si ignoravano, a parte qualche eccezione. Non si parlavano neanche tra loro, e non perché la lingua d'uso della popolazione ebraica, lo yiddish (ma così lo chiamavano i gentili, cioè "giudeo"; gli ebrei stessi, invece, lo chiamavano mameloshn, cioè "lingua materna"), fosse diversa da quella della popolazione non ebraica; i non ebrei intendevano alla meglio lo yiddish anche se non lo parlavano speditamente, mentre tutti gli ebrei conoscevano alla perfezione la lingua del posto.

Con tutto ciò, all'interno di una città o di un paese le relazioni tra ebrei e non ebrei erano tranquille, tranne qualche episodio di intolleranza dovuto perlopiù a colossali sbornie, o a apprezzamenti più o meno spinti su qualche ragazza. Neppure i soldati rappresentavano un problema; ogni tanto colonne militari passavano per la cittadina, la attraversavano e se ne andavano. Nelle vicinanze non c'erano comunque grosse caserme o guarnigioni.

Ciò che dava veramente l'idea dello shtetl, era che, in generale, corrispondeva col centro della città. I centri storici erano quasi interamente ebraici, e quindi gli ebrei erano, in senso proprio, i "cittadini". La popolazione non ebraica, invece, viveva nei sobborghi e, soprattutto, nelle campagne attorno alla città; si trattava quindi dei "campagnoli" che rifornivano i cittadini ebrei dei generi di prima necessità. Questo portò ben presto all'identificazione degli ebrei coi "ricchi"; nel centro, gli ebrei vivevano in case a più piani, avevano a disposizione servizi e negozi, e agli occhi della popolazione rurale "vestivano bene". Naturalmente esistevano anche molti ebrei poverissimi che non riuscivano letteralmente a mettere insieme il pranzo con la cena.

La cittadina raffigurata nella foto non era ricca. Esistevano comunque alcuni ebrei molto facoltosi, che si compiacevano di "opere di carità" ed erano comunque ben visti perché, in occasione delle festività, fornivano tutto il necessario per le celebrazioni e per i pranzi collettivi.

Il tempo atmosferico, nella località raffigurata nella foto, era generalmente abbastanza buono; non faceva mai certamente troppo caldo in estate, mentre in inverno le temperature non erano rigidissime. Nevicava molto, questo sì; la cittadina era attraversata da un fiume, la Sola, che non di rado gelava permettendo di attraversarlo a piedi. I contadini non ebrei, peraltro, sfruttavano la cosa: ritagliavano dal fiume ghiacciato dei grossi blocchi che vendevano ai cittadini ebrei che non potevano permettersi una ghiacciaia per conservare gli alimenti. A loro volta, gli ebrei si servivano sovente del ghiaccio per preparare e vendere gelati e gazzose, una loro specialità. Il gelato era comunque parecchio caro, anche se era considerato eccellente. Generalmente, i gelatai sostavano di fronte alla Beis Midrash, la scuola superiore ebraica (di orientamento religioso). Curiosamente, il ghiaccio con cui si preparavano i gelati proveniva da un fiume il cui nome, in ultima analisi, significa "salato".

Dimenticavo solo di dire il nome dello shtetl di cui ho parlato qui, e che è raffigurato nella foto. Si trova nella Polonia meridionale. In lingua yiddish il suo nome era Ohsvientsim, che riproduce esattamente il polacco Oświęcim. Storicamente, vi vivevano anche molti tedeschi che, a loro volta, lo chiamavano Auschwitz. Viene menzionato per la prima volta in un documento del 1117; nel 1270 lo ritroviamo organizzato sotto il diritto tedesco. Divenne polacco solo nel 1457, quando i sovrani invitarono appositamente gli ebrei a stabilirvisi; già nel XVI secolo erano la maggioranza della popolazione. Nel 1655 la città venne distrutta dalle truppe svedesi; cadde in seguito sotto il dominio prussiano, tornando alla Polonia soltanto dopo la I guerra mondiale. Un personaggio famoso è il poeta polacco Łukasz Górnicki, che vi nacque nel 1527. E' autore anche di ponderose Discussioni polonico-italiane.

30/5/2013 - 19:05


Zvinetshke

Zvinyetshke, Ucraina, 2010.
Zvinyetshke, Ucraina, 2010.


Si chiedeva Bernart/Bartleby (ecc.) dove mai fosse lo shtetl di Zvinetshke nominato in questa canzone, e me lo sono chiesto anch'io. Per puro caso, su Yiddish Song of the Week, un blog di cui parecchio avremo a riparlare in futuro, ho trovato interessanti notizie su di esso.

Si trova in Ucraina, e più precisamente in Bukovina, sul fiume Dnjestr (nominato anche nella canzone). Da questa pagina del sunnominato blog, si viene anche a sapere che lo shtetl ha fatto a lungo parte dell'Impero Austroungarico; e che, fatto importante ai fini della canzone, a Zvinesthke (o Zvinyetshke) è nata Lifshe Shaechter-Widman, cantante e poetessa anch'essa nonché madre dell'autrice di questa canzone, Bella Schaechter-Gottesman.

Lifshe Schaechter-Widman (1893-1973)
Lifshe Schaechter-Widman (1893-1973)


La canzone quindi parla dello shtetl dov'era nata la madre dell'autrice, spazzato via come tutti gli altri dalla barbarie nazista a partire dal 1941. Oggi esiste ancora, ma è un tranquillo villaggio ucraino; esattamente come descritto nella canzone.

Riccardo Venturi - 31/5/2013 - 00:17




Langue: anglais

Traducanzone di Andrea Buriani



da “Geven amol iz a shtetl” di Bella Schaechter-Gottesman
C'ERA UN TEMPO UNO SHTETL

C’era un tempo uno shtetl, bagnato dal Nester, un dì,
mai scordato nei sogni, sognato nei sogni così:
Gli Ebrei ci vivevan da ebrei, mischiando gioie e dolor,
da tempo integrati, direi, e avean lo shtetl nei cuor

Le donne cantavan canzoni d’amore, con occhi desiosi
e ai bimbi, per farli star buoni, narravan di spettri mostruosi.
Così lo shtetl Zvinetshke, ad oggi villaggio minuto,
tesseva immutato nel tempo degli avi, dorato, l’ordito

Ma un giorno arrivò come un tuono, era il maggio del quarantuno,
il Nester ruggì minaccioso, il cielo scurì rosso bruno.
Verde la truppa schierata, bagliore di cento fucili.
Del Nester sul ponte han sparato: la strage fu sol di civili

Macellava pei riti e le feste, or la moglie e otto figli – oh Israel !-
le grida inghiottite dal Nester, ha perduto quel giorno crudel.
Nei campi di verde or vestiti un gregge pascola, muto,
come fosser gli ebrei mai esistiti, come nulla fosse accaduto

C’era un tempo uno shtetl. C’era un tempo uno shtetl.
C’era un tempo uno shtetl.

8/3/2024 - 10:22




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