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Mikis Theodorakis / Mίκης Θεοδωράκης


Mikis Theodorakis / Mίκης Θεοδωράκης

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Questi sbirri chiedon scusa
(Gian Piero Testa)


Dimósioi ypálliloi
theodypografi
Autoritratto a penna di Kostas Karyotakis.
Autoritratto a penna di Kostas Karyotakis.
Στίχοι: Κώστας Καρυωτάκης
Μουσική: Μίκης Θεοδωράκης
Πρώτη εκτέλεση: Βασίλης Παπακωνσταντίνου
Άλλες ερμηνείες: Αλέξια
Da «Καρυωτάκης» - 1984

Testo di Kostas Karyotakis
Musica di Mikis Theodorakis
Prima esecuzione di Vassilis Papakonstandinou
Altra interpretazione di Aléxia.
Da «Karyotakis» - 1984


Non solo gli operai e i minatori. Anche gli impiegati hanno le loro pene.
Insuperabili furono quelle del famoso poeta Kostas Karyotakis (Tripoli di Arcadia, 1896 - Preveza, 1928) che nei suoi impieghi ministeriali (Prefetture, Sanità e Previdenza) nella più periferica provincia greca vedeva il simbolo del dolore dell'uomo e delle cose. Così, a trentadue anni, si tirò una pistolettata. La sua sodale di scartoffie, di poesia e d'amicizia - forse anche d'amore -, la sensibilissima e malata poetessa Maria Polidouri (1902 - 1930), lo seguì poco dopo nella tomba. La loro pena di vivere e il loro poetare di facile presa fecero scuola; e i due infelici ebbero caterve di imitatori. Infatti, nella Grecia delusa del primo dopoguerra e della bruciante sconfitta anatolica, il pessimismo abbondava più del pane. Il "kariotacismo" finì con il diventare insopportabile alla generazione di poeti innovatori che si mise verso il 1935 sulle orme del surrealismo europeo. Elytis parlò del "kariotacismo"come della "grande masturbazione" nazionale. Riletture più recenti hanno però ricollocato i due poeti su un gradino assai più alto, e più vicino al loro valore. L'attenzione di Theodorakis ne è una testimonianza.
Dedicata al nostro Bartleby, lo Scrivano. (gpt)
Οἱ ὑπάλληλοι ὅλοι λιώνουν καί τελειώνουν
σάν στῆλες δύο-δύο μές στά γραφεῖα.
(Ἠλεκτρολόγοι θά ‘ναι ἡ Πολιτεία
κι ὁ θάνατος, πού τούς ἀνανεώνουν.)

Κάθονται στίς καρέκλες, μουτζουρώνουν
ἀθώα λευκά χαρτιά, χωρίς αἰτία.
«Σύν τῇ παρούσῃ ἀλληλογραφίᾳ
ἒχομεν τήν τιμήν» διαβεβαιώνουν.

Καί μοναχά ἡ τιμή τούς ἀπομένει,
ὅταν ἀνηφορίζουνε τούς δρόμους,
τό βράδυ στίς ὀχτώ, σάν κουρντισμένοι.

Παίρνουν κάστανα, σκέφτονται τούς νόμους,
σκέπτονται τό συνάλλαγμα, τούς ώμους
σηκώνοντας οἱ ὑπάλληλοι, οἱ καημένοι.

inviata da Gian Piero Testa - 11/11/2010 - 17:04



Lingua: Italiano

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.

Versione italiana di Gian Piero Testa


Ho tradotto "μουτζουρώνουν/mugiurònoun" con "mandano maledizioni": ma in realtà la "μούντζα/ mungia" è un'espressione non verbale, ma gestuale, e sicuramente proviene da un uso bizantino, anche se io ho il sospetto, sulla scorta di alcune sculture arcaiche, che sia assai più antica. Essa consiste nel protendere il braccio, o anche solo l'avambraccio, allargando quanto più possibile le dita della mano verso la persona, l'animale, l'oggetto o anche il fantasma che si vuole maledire o respingere. Imparala qui, ma in Grecia non usarla a vanvera: Μούντζα.
E' più frequente la forma che include la consonante nasale. (gpt)
IMPIEGATI PUBBLICI

Gl'impiegati tutti si consumano e sbiadiscono
come coppie di lapidi dentro i loro uffici.
(Una scossa elettrica darebbero la Città
e la morte, per rigenerarli.)

Stanno sulle seggiole, mandano maledizioni
a incolpevoli carte bianche, senza ragione.
«Con la presente corrispondenza
abbiamo l'onore» tengono ad assicurare.

Ma di onore gliene rimane solamente,
quando risalgono le strade,
alle otto della sera, come caricati a molla.

Comprano castagne, gl'impiegati,
pensano alle norme, pensano ai cambi,
tutti impettiti, i poveretti.

inviata da Gian Piero Testa - 11/11/2010 - 17:27


Ecco una "mungia" di grande attualità:
vouli mountzes

Gian Piero Testa - 12/11/2010 - 22:22


Grazie Piero,

ma tu lo sapevi che "Bartleby" è pure il nome di uno spazio occupato in quel di Bologna?

Già che ci sono ti mando una sequenza che mi ritrae alacremente all'opera nel mio ufficietto... giusto stamane sono rientrato dopo un paio di giorni di ferie e davvero vorrei che i numi disperdessero tutte le scartoffie o sprofondassero me...

ufficio


Bristow, di Frank Dickens.

"Che giornata perfetta..."

"Un cielo senza nubi, di un azzurro intenso... un sole brillante..."

"E a suggellare il tutto, se solo apro la finestra c'è pure il venticello giusto!"

Bartleby/Bristow - 15/11/2010 - 09:23


Caro Bartleby,
vedi qui la pistola Piper Bayard con cui si uccise Kariotakis.

E pensare che non era neanche precario, e in quel di Preveza aveva un mare bellissimo a neanche due passi...Purtroppo è già stata usata e non ce ne sono più per questi scopi. Vivi, e goditi il venticello dalla tua finestra. Bartleby di fronte aveva un muro. C'è sempre chi sta peggio.

Gian Piero Testa - 15/11/2010 - 21:14


Toh, ma guarda, spunta anche un Karyotakis dal passato della Sezione Greca...pensare che pensavo di averlo "scoperto" (si fa per dire) con i "Suicidi ideali" (anche Xylouris gli ha concesso attenzione). Povero Karyotakis, persino ridotto a "masturbazione nazionale" qualche anno dopo che si era ammazzato in modo decisamente folkloristico...Comunque, a proposito della reazione surrealista al karyotacismo: mi chiedo se esisterà mai qualche canzone tratta da una poesia di colui che, praticamente, ha introdotto il surrealismo in Grecia: Andreas Embiríkos. Surrealmente nato in Romania, la sua prima raccolta di poesie surrealiste, Ὑψικάμινος, la scrisse in katharevousa non potendone più dell'iperdemoticismo. Ma perché sto parlando qui di Embirikos? Boh....

Riccardo Venturi - 4/5/2012 - 23:17


Sì che ce ne sono: qui, in stixoi.info, almeno dieci , di cui una di Yannis Markopoulos e altre di Dim. Hatzimihas, per citare due musicisti che conosco.
Non ne abbiamo mai parlato, solo perché ancora non ci siamo arrivati. Sigà sigà...

Gian Piero Testa - 4/5/2012 - 23:58




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