Sulla spalletta del ponte
Le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.
Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.
Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non è più d'uomini
Mordere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non è più d'uomini.
Ma noi s'è letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo libertà
Ma l'hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si farà.
Le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.
Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.
Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non è più d'uomini
Mordere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non è più d'uomini.
Ma noi s'è letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo libertà
Ma l'hanno stretta i pugni dei morti
La giustizia che si farà.
inviata da Bartleby - 5/11/2010 - 10:47
A spiegazione - se ce n'era bisogno - delle due fotografie postate a commento (che mi piacerebbe, se possibile, fossero caricate direttamente nella pagina):
"Il sangue di piazzale Loreto lo pagheremo molto caro."
Frase pronunciata da Benito Mussolini in presenza del vice-capo della Polizia della RSI, Eugenio Apollonio, subito dopo la strage dell'agosto 44, come riferito in "Piazzale Loreto", di Silvio Bertoldi, Rizzoli, 2004, pagina 232.
"Il sangue di piazzale Loreto lo pagheremo molto caro."
Frase pronunciata da Benito Mussolini in presenza del vice-capo della Polizia della RSI, Eugenio Apollonio, subito dopo la strage dell'agosto 44, come riferito in "Piazzale Loreto", di Silvio Bertoldi, Rizzoli, 2004, pagina 232.
Bartleby - 5/11/2010 - 14:48
Lingua: Francese
Version française – CHANT DES DERNIERS PARTISANS – Marco Valdo M.I. – 2010
Chanson italienne – Canto degli ultimi partigiani – Franco Fortini – 1944.
Chanson italienne – Canto degli ultimi partigiani – Franco Fortini – 1944.
Ceci, dit Bartelby, est un poème et je ne sais si quelqu'un a jamais eu l'idée de le mettre en musique. Toutefois, le fait que ce soit un chant, et des plus durs et des plus crus qu'il me soit jamais été donné de lire ou d'entendre, en rend nécessaire la publication sur ce site.
*
Oui, Bartelby a parfaitement raison... Il est des milliers (au moins) de chansons qui attendent les musiciens... Ceux-ci sont simplement en retard...
De toute façon, dit Lucien l'âne, la musique est dans la voix, la musique est dans les mots.
Pour appuyer encore, la résolution prophétique de Franco Fortini, traducteur, poète, écrivain pour lequel nous avons une sympathie particulière, quand il termine cette chanson en disant :« nous tenons serrée au dedans de nos mains de morts. La justice qui se fera.
Voici venue du fond des mêmes temps déraisonnables (empruntée à Lo avrai kamerata Kesselring !, Poème “ad ignominia” de Piero Calamandrei), la réponse des martyrs à leurs bourreaux (en l'occurrence au Général – d'où le singulier en italien que j'ai mis au pluriel en français – commandant l'occupation allemande de l'Italie et les massacres et autres exactions commises à tant d'endroits...):
…
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Si vous revenez dans ces rues
Vous nous trouverez à nos postes
Morts et vivants avec la même volonté
Peuple resserré autour du monument
Qui s'appelle
Ora e sempre
RESISTENZA !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
*
Oui, Bartelby a parfaitement raison... Il est des milliers (au moins) de chansons qui attendent les musiciens... Ceux-ci sont simplement en retard...
De toute façon, dit Lucien l'âne, la musique est dans la voix, la musique est dans les mots.
Pour appuyer encore, la résolution prophétique de Franco Fortini, traducteur, poète, écrivain pour lequel nous avons une sympathie particulière, quand il termine cette chanson en disant :« nous tenons serrée au dedans de nos mains de morts. La justice qui se fera.
Voici venue du fond des mêmes temps déraisonnables (empruntée à Lo avrai kamerata Kesselring !, Poème “ad ignominia” de Piero Calamandrei), la réponse des martyrs à leurs bourreaux (en l'occurrence au Général – d'où le singulier en italien que j'ai mis au pluriel en français – commandant l'occupation allemande de l'Italie et les massacres et autres exactions commises à tant d'endroits...):
…
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Si vous revenez dans ces rues
Vous nous trouverez à nos postes
Morts et vivants avec la même volonté
Peuple resserré autour du monument
Qui s'appelle
Ora e sempre
RESISTENZA !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
CHANT DES DERNIERS PARTISANS
Sur le parapet du pont
Les têtes des pendus
Dans l'eau de la fontaine
La bave des pendus
Sur le pavé du marché
Les ongles des fusillés
Sur l'herbe sèche du pré
Les dents des fusillés
Mordre l'air mordre les pierres
Notre chair n'est plus d'hommes
Mordre l'air mordre les pierres
Notre cœur n'est plus d'hommes
Mais nous, si vous lisez dans les yeux des morts
Sur la terre, nous ferons liberté
Mais nous tenons serrée au dedans de nos mains de morts
La justice qui se fera.
Sur le parapet du pont
Les têtes des pendus
Dans l'eau de la fontaine
La bave des pendus
Sur le pavé du marché
Les ongles des fusillés
Sur l'herbe sèche du pré
Les dents des fusillés
Mordre l'air mordre les pierres
Notre chair n'est plus d'hommes
Mordre l'air mordre les pierres
Notre cœur n'est plus d'hommes
Mais nous, si vous lisez dans les yeux des morts
Sur la terre, nous ferons liberté
Mais nous tenons serrée au dedans de nos mains de morts
La justice qui se fera.
inviata da Marco Valdo M.I. - 5/11/2010 - 21:41
Ai quindici di Piazzale Loreto
Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d’un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell’ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano:
troppo tempo passò. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non è guardia di tristezza,
non è veglia di lacrime alle tombe:
la morte non dà ombra quando è vita.
Salvatore Quasimodo
(nella raccolta “Il falso e vero verde”, Milano 1954)
Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d’un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell’ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano:
troppo tempo passò. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non è guardia di tristezza,
non è veglia di lacrime alle tombe:
la morte non dà ombra quando è vita.
Salvatore Quasimodo
(nella raccolta “Il falso e vero verde”, Milano 1954)
Bartleby - 1/3/2011 - 15:01
Per i compagni fucilati in piazzale Loreto
Ed era l’alba, poi tutto fu fermo
la città, il cielo, il fiato del giorno.
Restarono i carnefici soltanto
vivi davanti ai morti.
Era silenzio, l’urlo del mattino,
silenzio il cielo ferito:
un silenzio di case, di Milano.
Restarono bruttati anche di sole,
sporchi di luce e l’uno all’altro odiosi,
gli assassini venduti alla paura.
Era l’alba, e dove fu lavoro,
ove il piazzale era la gioia accesa
della città migrante alle sue luci
da sera a sera, ove lo stesso strido
dei tram era saluto al giorno, al fresco
viso dei vivi, vollero il massacro
perché Milano avesse alla sua soglia
confusi tutti in uno stesso sangue
i suoi figli promessi e il vecchio cuore
forte e ridesto stretto come un pugno.
Ebbi il mio cuore ed anche il vostro cuore
il cuore di mia madre e dei miei figli,
di tutti i vivi uccisi in un istante
per quei morti mostrati lungo il giorno
alla luce d’estate, a un temporale
di nuvole roventi. Attesi il male
come un fuoco fulmineo, come l’acqua
scrosciante di vittoria; udii il tuono
d’un popolo ridesto dalle tombe.
Io vidi il nuovo giorno che a Loreto
sovra la rossa barricata i morti
saliranno per i primi, ancora in tuta
e col petto discinto, ancora vivi
di sangue e di ragioni. Ed ogni giorno,
ogni ora eterna brucia a questo fuoco,
ogni alba ha il petto offeso da quel piombo
degli innocenti fulminati al muro.
Alfonso Gatto
(nella raccolta “Il capo sulla neve”, Milano 1947)
Ed era l’alba, poi tutto fu fermo
la città, il cielo, il fiato del giorno.
Restarono i carnefici soltanto
vivi davanti ai morti.
Era silenzio, l’urlo del mattino,
silenzio il cielo ferito:
un silenzio di case, di Milano.
Restarono bruttati anche di sole,
sporchi di luce e l’uno all’altro odiosi,
gli assassini venduti alla paura.
Era l’alba, e dove fu lavoro,
ove il piazzale era la gioia accesa
della città migrante alle sue luci
da sera a sera, ove lo stesso strido
dei tram era saluto al giorno, al fresco
viso dei vivi, vollero il massacro
perché Milano avesse alla sua soglia
confusi tutti in uno stesso sangue
i suoi figli promessi e il vecchio cuore
forte e ridesto stretto come un pugno.
Ebbi il mio cuore ed anche il vostro cuore
il cuore di mia madre e dei miei figli,
di tutti i vivi uccisi in un istante
per quei morti mostrati lungo il giorno
alla luce d’estate, a un temporale
di nuvole roventi. Attesi il male
come un fuoco fulmineo, come l’acqua
scrosciante di vittoria; udii il tuono
d’un popolo ridesto dalle tombe.
Io vidi il nuovo giorno che a Loreto
sovra la rossa barricata i morti
saliranno per i primi, ancora in tuta
e col petto discinto, ancora vivi
di sangue e di ragioni. Ed ogni giorno,
ogni ora eterna brucia a questo fuoco,
ogni alba ha il petto offeso da quel piombo
degli innocenti fulminati al muro.
Alfonso Gatto
(nella raccolta “Il capo sulla neve”, Milano 1947)
Bartleby - 1/3/2011 - 15:09
Una poesia di Franco Loi, classe 1930, genovese di nascita ma milanese di adozione, poeta scrittore e saggista.
Ragazzino, fu testimone della strage di Piazzale Loreto il 10 agosto 1944.
Nella raccolta di poesie in dialetto milanese intitolata "Stròlegh", Einaudi, 1975, con l'introduzione di Franco Fortini
Traduzione italiana della poesia di Franco Loi, da Primi Piani.
Ragazzino, fu testimone della strage di Piazzale Loreto il 10 agosto 1944.
Nella raccolta di poesie in dialetto milanese intitolata "Stròlegh", Einaudi, 1975, con l'introduzione di Franco Fortini
… piassa Luret, serva del Titanus
ti’, verta,
me na man da la Pell morta
i gent che passa par j a vör tuccà,
e là, a la steccada che se sterla,
sota la colla di manifest strasciâ,
l’è là che riden, là, che la gent surda
la streng i gamb, e la vurìss sigà.
Genta punciva che la se smangia ‘doss,
che la ravìscia ai pè, cume quj trémul
che, ‘rent al giüss, se sviccen vers el ciar
e sott la rùsca passa la furmiga
che l’è terrur e rabbia e sbalurdur.
E lì, bej ‘nsavunâ, dal pel rasà,
senta süj cass de legn, o, ‘m’i ganassa,
ranfiâ, ch’i sten par téndcr caressà,
o che, tra n’ rid e un dìss üsmen cress j ödi
de la camisa nera i carimà,
vün füma, n òlter pissa, un ters saracca,
e ‘n crìbben, cui sò fà de pien de merda,
man rosa ai fianch el cerca j öcc nia…
Oh genti milanes,
vü, gent martana,
tra ‘n mezza nün ‘na gianna la dà ‘n piang,
e l’è ‘na féver che trema per la piassa
c la smagriss i facc che morden bass.
Ehi, tu…!… si tu!… che vuoi?
Manca qualcosa?
Mì…?
Si, tu.
e ‘na magatel cul mitra sguang
el ranfa per un brasc quèla che piang.
Mi, sciur…?
Tira su la testa !
e lentarnent,
‘m rìd una püciànna, i òcc gaggin
sbiàven int j òcc ch’amur je fa murì,
pö, carmu, ‘na saracca sliffa secca
tra i pé de pulver, e sfrisa ‘me ‘na lama
l’uggiada storta tra quj òmn scalfa, […]
ti’, verta,
me na man da la Pell morta
i gent che passa par j a vör tuccà,
e là, a la steccada che se sterla,
sota la colla di manifest strasciâ,
l’è là che riden, là, che la gent surda
la streng i gamb, e la vurìss sigà.
Genta punciva che la se smangia ‘doss,
che la ravìscia ai pè, cume quj trémul
che, ‘rent al giüss, se sviccen vers el ciar
e sott la rùsca passa la furmiga
che l’è terrur e rabbia e sbalurdur.
E lì, bej ‘nsavunâ, dal pel rasà,
senta süj cass de legn, o, ‘m’i ganassa,
ranfiâ, ch’i sten par téndcr caressà,
o che, tra n’ rid e un dìss üsmen cress j ödi
de la camisa nera i carimà,
vün füma, n òlter pissa, un ters saracca,
e ‘n crìbben, cui sò fà de pien de merda,
man rosa ai fianch el cerca j öcc nia…
Oh genti milanes,
vü, gent martana,
tra ‘n mezza nün ‘na gianna la dà ‘n piang,
e l’è ‘na féver che trema per la piassa
c la smagriss i facc che morden bass.
Ehi, tu…!… si tu!… che vuoi?
Manca qualcosa?
Mì…?
Si, tu.
e ‘na magatel cul mitra sguang
el ranfa per un brasc quèla che piang.
Mi, sciur…?
Tira su la testa !
e lentarnent,
‘m rìd una püciànna, i òcc gaggin
sbiàven int j òcc ch’amur je fa murì,
pö, carmu, ‘na saracca sliffa secca
tra i pé de pulver, e sfrisa ‘me ‘na lama
l’uggiada storta tra quj òmn scalfa, […]
Traduzione italiana della poesia di Franco Loi, da Primi Piani.
… piazza Loreto, dominata dal Titanus
tu, aperta,
come una mano dalla pelle morta
sembri voler toccare la gente che passa,
e là, presso la staccionata sconnessa
sotto la colla dei manifesti stracciati,
è là che ridono, là, che la gente sorda
stringe le gambe e vorrebbe gridare.
Gente che pensa in silenzio che si smangia dentro,
che mette le radici ai piedi, come quei tremolii
che, presso al letame, si diramano verso la luce
e sotto la corteccia passa la formica
che è il terrore e la rabbia e lo sbalordimento.
E lì, ben lavati, con la barba rasata,
seduti sulle casse di legno, o, come i più impudenti,
attaccati alla staccionata, che sembrano accarezzare teneramente gli sten,
o che tra il ridere e il parlare, annusano crescere gli odi
gli occhi lividi delle camicie nere
uno fuma, un altro piscia, un terzo sputa,
e un delinquente, col suo modo di fare pieno di merda
con le mani rosate sui fianchi cerca gli occhi che gli si negano…
O gente milanese,
voi, gente laboriosa,
in mezzo a noi una povera donna scoppia a piangere,
ed è una febbre che trema per la piazza
e fa smagrire le facce che stringono i denti a testa bassa.
Ehi tu…!..si tu!..che vuoi?
Manca qualcosa?
Io…?
Si, tu,
e un teppista col mitra puttana
afferra per un braccio quella che piange.
Io signore…?
Tira su la testa!
e lentamente,
come ride una baldracca, gli occhi bianchicci
sbavano negli occhi che l’amore fa morire
poi, calmo, tira secco uno sputo
tra i piedi nella polvere, e graffia come una lama
l’occhiata storta tra quegli uomini scorticati, (…)
tu, aperta,
come una mano dalla pelle morta
sembri voler toccare la gente che passa,
e là, presso la staccionata sconnessa
sotto la colla dei manifesti stracciati,
è là che ridono, là, che la gente sorda
stringe le gambe e vorrebbe gridare.
Gente che pensa in silenzio che si smangia dentro,
che mette le radici ai piedi, come quei tremolii
che, presso al letame, si diramano verso la luce
e sotto la corteccia passa la formica
che è il terrore e la rabbia e lo sbalordimento.
E lì, ben lavati, con la barba rasata,
seduti sulle casse di legno, o, come i più impudenti,
attaccati alla staccionata, che sembrano accarezzare teneramente gli sten,
o che tra il ridere e il parlare, annusano crescere gli odi
gli occhi lividi delle camicie nere
uno fuma, un altro piscia, un terzo sputa,
e un delinquente, col suo modo di fare pieno di merda
con le mani rosate sui fianchi cerca gli occhi che gli si negano…
O gente milanese,
voi, gente laboriosa,
in mezzo a noi una povera donna scoppia a piangere,
ed è una febbre che trema per la piazza
e fa smagrire le facce che stringono i denti a testa bassa.
Ehi tu…!..si tu!..che vuoi?
Manca qualcosa?
Io…?
Si, tu,
e un teppista col mitra puttana
afferra per un braccio quella che piange.
Io signore…?
Tira su la testa!
e lentamente,
come ride una baldracca, gli occhi bianchicci
sbavano negli occhi che l’amore fa morire
poi, calmo, tira secco uno sputo
tra i piedi nella polvere, e graffia come una lama
l’occhiata storta tra quegli uomini scorticati, (…)
B.B. - 25/4/2020 - 23:03
2019
"Musica e Poesia" è il nuovo progetto musicale di Joe Natta dedicato alla riscoperta dei Poeti, di ieri e di oggi, che più lo hanno emozionato.
"Musica e Poesia" è il nuovo progetto musicale di Joe Natta dedicato alla riscoperta dei Poeti, di ieri e di oggi, che più lo hanno emozionato.
Dq82 - 28/10/2020 - 15:08
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Dalla raccolta “Fogli di via e altri versi”, Einaudi, Torino, 1946
Musicata e cantata da Margot
Questa è una poesia, non so se qualcuno abbia mai pensato di metterla in musica (l'ha fatto recentemente Margot).
Però, il fatto che sia un canto, e dei più intensi e duri e crudi che mi sia mai capitato di leggere/ascoltare, ne rendono – credo - necessaria la pubblicazione su questo sito.
1. Gian Antonio Bravin, 36 anni, partigiano dei GAP
2. Giulio Casiraghi, 45 anni, militante comunista.
3. Renzo del Riccio, 21 anni, partigiano delle brigate Matteotti
4. Andrea Esposito, 46 anni, militante comunista e partigiano delle brigate Garibaldi
5. Domenico Fiorani, 31 anni, partigiano delle brigate Matteotti
6. Umberto Fogagnolo, 33 anni, dirigente del CLN
7. Tullio Galimberti, 22 anni, partigiano delle brigate Garibaldi
8. Vittorio Gasparini, 31 anni, capitano degli alpini
9. Emidio Mastrodomenico, 22 anni, poliziotto e partigiano dei GAP
10. Angelo Poletti, 32 anni, militante socialista e partigiano delle brigate Matteotti
11. Salvatore Principato, 52 anni, militante socialista e partigiano delle brigate Matteotti
12. Andrea Ragni, 23 anni, partigiano delle brigate Garibaldi
13. Eraldo Soncini, 43 anni, militante socialista e partigiano delle brigate Garibaldi
14. Libero Temolo, 38 anni, militante comunista e partigiano delle SAP
15. Vitale Vertemati, 26 anni, partigiano delle brigate Garibaldi.
(Bartleby)