Poiché amo l'amore
poiché amo la vita
poiché amo l'amico
che resiste al suo tempo
poiché ancora ho memoria
per capire la storia
io non voglio azzerato
neanche un solo momento
poiché questa è stagione
di ragione smarrita
io compagni vi scrivo
quel che dentro mi sento
Ci si rivedrà
no così non può finire
c'è una legge che per le sue mene di potere
Adriano, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questo demofascismo fa cultura e distrugge
caro Ovidio, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questo Stato allo sfascio senza senso dell'uomo
caro Giorgio, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questa lotta è tutta da fare con voi
e con chi non vuol farsi morire
Ci si rivedrà.
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate.
poiché amo la vita
poiché amo l'amico
che resiste al suo tempo
poiché ancora ho memoria
per capire la storia
io non voglio azzerato
neanche un solo momento
poiché questa è stagione
di ragione smarrita
io compagni vi scrivo
quel che dentro mi sento
Ci si rivedrà
no così non può finire
c'è una legge che per le sue mene di potere
Adriano, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questo demofascismo fa cultura e distrugge
caro Ovidio, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questo Stato allo sfascio senza senso dell'uomo
caro Giorgio, ti condanna a morire
Ci si rivedrà
no così non può finire
questa lotta è tutta da fare con voi
e con chi non vuol farsi morire
Ci si rivedrà.
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate
E l'amore già
corre alle cose amate,
il dolore, il caldo, il sole d'estate.
Contributed by Riccardo Venturi - 2006/2/6 - 22:02
Language: French
Version française – Marco Valdo M.I. – 2009
Au moment où Riccardo Venturi insérait cette chanson sur le site des CCG, le 6 février 2006, Ivan Della Mea vivait encore.
Au moment où Marco Valdo M.I. la traduit en langue française, Ivan Della Mea n'est plus là : la mort l'a rattrapé et l'a emmené en d'autres lieux.
« On se reverra » : l'injonction s'adressait à des prisonniers politiques : Adriano Sofri, Ovidio Bompressi et Giorgio Pietrostefani.
Il faut comprendre les mots. Prisonniers politiques en Italie...
L'Italie est un des pays qui collectionne le plus grand nombre de prisonniers politiques « en temps de paix ». C'est une sorte de coutume locale qui classe évidemment cette nation au ban des pays qui se réclament d'une certaine (et relative) liberté garantie à leurs résidents.
On pourrait épiloguer sur ce point et fournir de très nombreuses informations...
Mais aujourd'hui, « On se reverra » dit tout autre chose... Il dit le message d'amitié adressé à Ivan Della Mea parti pour on ne sait trop où... Mais assurément, on se reverra. Ou plus modestement, on dira : on t'entendra encore et encore, Ivan, chanter cette chanson et les autres.
On ne veut, en effet, rien effacer … « non vogliamo azzerare neanche una sola... »
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
Au moment où Marco Valdo M.I. la traduit en langue française, Ivan Della Mea n'est plus là : la mort l'a rattrapé et l'a emmené en d'autres lieux.
« On se reverra » : l'injonction s'adressait à des prisonniers politiques : Adriano Sofri, Ovidio Bompressi et Giorgio Pietrostefani.
Il faut comprendre les mots. Prisonniers politiques en Italie...
L'Italie est un des pays qui collectionne le plus grand nombre de prisonniers politiques « en temps de paix ». C'est une sorte de coutume locale qui classe évidemment cette nation au ban des pays qui se réclament d'une certaine (et relative) liberté garantie à leurs résidents.
On pourrait épiloguer sur ce point et fournir de très nombreuses informations...
Mais aujourd'hui, « On se reverra » dit tout autre chose... Il dit le message d'amitié adressé à Ivan Della Mea parti pour on ne sait trop où... Mais assurément, on se reverra. Ou plus modestement, on dira : on t'entendra encore et encore, Ivan, chanter cette chanson et les autres.
On ne veut, en effet, rien effacer … « non vogliamo azzerare neanche una sola... »
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
ON SE REVERRA
Comme j'aime l'amour
Comme j'aime la vie
Comme j'aime l'ami
Qui résiste à son temps
Comme j'ai encore de la mémoire
Je ne veux rien effacer
Pas même un seul moment
Comme on est à la saison
De la raison perdue
Moi, camarades, je vous écris
Ce que je ressens au dedans.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
C'est une loi qui par ses manigances
Te condamne à mourir, Adriano.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Ce démofascisme prospère et détruit
Il te condamne à mourir, cher Ovidio.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Cet État en décomposition sans plus le sens de l'homme
Te condamne à mourir, cher Giorgio
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Cette lutte nous la mènerons avec vous
Et avec ceux qui ne veulent pas mourir.
On se reverra
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Comme j'aime l'amour
Comme j'aime la vie
Comme j'aime l'ami
Qui résiste à son temps
Comme j'ai encore de la mémoire
Je ne veux rien effacer
Pas même un seul moment
Comme on est à la saison
De la raison perdue
Moi, camarades, je vous écris
Ce que je ressens au dedans.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
C'est une loi qui par ses manigances
Te condamne à mourir, Adriano.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Ce démofascisme prospère et détruit
Il te condamne à mourir, cher Ovidio.
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Cet État en décomposition sans plus le sens de l'homme
Te condamne à mourir, cher Giorgio
On se reverra
Ça ne peut finir ainsi
Cette lutte nous la mènerons avec vous
Et avec ceux qui ne veulent pas mourir.
On se reverra
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Et l'amour déjà
Court aux choses aimées,
La douleur, la chaleur, le soleil d'été.
Contributed by Marco Valdo M.I. - 2009/6/16 - 22:04
BRUCIA COMPAGNO BRUCIA
di Ivan Della Mea
da Il Manifesto del 12 giugno 2009
Cialtroni presuntuosi autoreferenti mentecatti retorici e pletorici recitanti di grandi parole intelligentissime che vi arrotondano il labbruccio nell'affettata pronunzia e vi allargano i buchi del naso a frogia cavallina per comunicare la potenza del vostro dire e gli occhi che se la tirano a specchio di una cultura altissima profusa con grande intelligenza e non conta un cazzo che nulla sappiate del lavoro, ne fate un'astrazione impreziosita dal suffisso «oro» e del prefisso «lav» non potrebbe fregarvene di meno. Ma volete essere di sinistra, di più, vorreste essere la sinistra e nonostante alcuni di voi abbiano alle spalle più disastri che meriti ancora vi vivete come dirigenti, diri senza genti, e impapocchiate di qui e rompete di là forti del vostro protagonismo e presenzialismo e animati dalla sottile foia di potere che informa il vostro fare: dirigenti di quarantaquattrogattiinfilaperdue ambite cariche nazionali o europee. Eterni quadri di partito o di gruppo per voi tutto fa pedana. Dalla scissione del 1906 al diciannovismo alla nascita del Partito comunista italiano non pochi tra voi già erano attrezzati e si portavano appresso una seggiolina di quelle che si chiudono onde averla prestamente fruibile per poggiare le ponderose chiappe. Voi siete stati e siete ancora la vera rovina del mondo del lavoro in generale e dei lavoratori. Fatte le eccezioni dei Di Vittorio, Novella, Santi, Trentin, Luciano Romagnoli e pochi altri davvero compagni davvero dirigenti, davvero protagonisti coscienti e responsabili di grandi vittorie e di grandi sconfitte, c'è parecchia miseria e assai poca nobiltà a giro e allora mi spiego perché non poche frange della classe operaia del nord, est e ovest, ancorché sindacalizzate, abbiano votato per la Lega. Al sindacato chiedono una sinecura da mero patronato, ma razzismo e intolleranza e non di rado fancazzismo ed egoismo e anche antipartitismo per dire anticomunismo sono costanti assai presenti sulle quali, e da tempo, dalla fine degli anni '80, come documentava con una ricerca il mio carissimo amico Primo Moroni commissionata dal sindacato, nessuna cultura contro veniva attivata e dunque nessuna politica. Si può essere cigiellisti e leghisti e razzisti e lo si è in molti casi. È questa io credo la miseria della politica di oggi e della cultura che l'informa. Chi ha voglia di fare chiarezza su queste contraddizioni? Chi ha la coscienza compagna di dire all'operaio sindacalizzato che discriminare, emarginare, fare pratica costante di razzismo e di differenzialismo significa essere fascisti dentro? Non lo vedo questo coraggio. Non vedo l'urgenza di un fare politica che sia anche fare cultura in questo senso: e cioè in contrapposizione e in rivolta.
Chi leghista viene in Piazza della Loggia il 28 maggio di ogni anno o è mentecatto o non si rende conto di essere corresponsabile dello scoppio di quella bomba: uno scoppio che nella coscienza non è finito né mai finirà. Chi, dirigente, non capisce o non vuol capire questo, è uno che ormai vede soltanto i cadreghini rassicuranti e ambiti, le piccole medie e grandi ambizioni di potere personale, la politica del farsi i cazzi propri, del chi fa da sé fa per tre. È ora di guardarsi negli occhi e di dirsi a muso duro tutto questo e ci si romperà forse ulteriormente, ma su quanto resterà si potrà tentare di ricostruire insieme sempre insieme e soltanto insieme un progetto socialista. «Brucia compagno brucia/la lotta continua ancora//Brucia compagno brucia/continuerà».
di Ivan Della Mea
da Il Manifesto del 12 giugno 2009
Cialtroni presuntuosi autoreferenti mentecatti retorici e pletorici recitanti di grandi parole intelligentissime che vi arrotondano il labbruccio nell'affettata pronunzia e vi allargano i buchi del naso a frogia cavallina per comunicare la potenza del vostro dire e gli occhi che se la tirano a specchio di una cultura altissima profusa con grande intelligenza e non conta un cazzo che nulla sappiate del lavoro, ne fate un'astrazione impreziosita dal suffisso «oro» e del prefisso «lav» non potrebbe fregarvene di meno. Ma volete essere di sinistra, di più, vorreste essere la sinistra e nonostante alcuni di voi abbiano alle spalle più disastri che meriti ancora vi vivete come dirigenti, diri senza genti, e impapocchiate di qui e rompete di là forti del vostro protagonismo e presenzialismo e animati dalla sottile foia di potere che informa il vostro fare: dirigenti di quarantaquattrogattiinfilaperdue ambite cariche nazionali o europee. Eterni quadri di partito o di gruppo per voi tutto fa pedana. Dalla scissione del 1906 al diciannovismo alla nascita del Partito comunista italiano non pochi tra voi già erano attrezzati e si portavano appresso una seggiolina di quelle che si chiudono onde averla prestamente fruibile per poggiare le ponderose chiappe. Voi siete stati e siete ancora la vera rovina del mondo del lavoro in generale e dei lavoratori. Fatte le eccezioni dei Di Vittorio, Novella, Santi, Trentin, Luciano Romagnoli e pochi altri davvero compagni davvero dirigenti, davvero protagonisti coscienti e responsabili di grandi vittorie e di grandi sconfitte, c'è parecchia miseria e assai poca nobiltà a giro e allora mi spiego perché non poche frange della classe operaia del nord, est e ovest, ancorché sindacalizzate, abbiano votato per la Lega. Al sindacato chiedono una sinecura da mero patronato, ma razzismo e intolleranza e non di rado fancazzismo ed egoismo e anche antipartitismo per dire anticomunismo sono costanti assai presenti sulle quali, e da tempo, dalla fine degli anni '80, come documentava con una ricerca il mio carissimo amico Primo Moroni commissionata dal sindacato, nessuna cultura contro veniva attivata e dunque nessuna politica. Si può essere cigiellisti e leghisti e razzisti e lo si è in molti casi. È questa io credo la miseria della politica di oggi e della cultura che l'informa. Chi ha voglia di fare chiarezza su queste contraddizioni? Chi ha la coscienza compagna di dire all'operaio sindacalizzato che discriminare, emarginare, fare pratica costante di razzismo e di differenzialismo significa essere fascisti dentro? Non lo vedo questo coraggio. Non vedo l'urgenza di un fare politica che sia anche fare cultura in questo senso: e cioè in contrapposizione e in rivolta.
Chi leghista viene in Piazza della Loggia il 28 maggio di ogni anno o è mentecatto o non si rende conto di essere corresponsabile dello scoppio di quella bomba: uno scoppio che nella coscienza non è finito né mai finirà. Chi, dirigente, non capisce o non vuol capire questo, è uno che ormai vede soltanto i cadreghini rassicuranti e ambiti, le piccole medie e grandi ambizioni di potere personale, la politica del farsi i cazzi propri, del chi fa da sé fa per tre. È ora di guardarsi negli occhi e di dirsi a muso duro tutto questo e ci si romperà forse ulteriormente, ma su quanto resterà si potrà tentare di ricostruire insieme sempre insieme e soltanto insieme un progetto socialista. «Brucia compagno brucia/la lotta continua ancora//Brucia compagno brucia/continuerà».
CCG/AWS Staff - 2009/6/14 - 19:07
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Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
[1997]
Testo e musica di Omicron/Della Mea
Dall'album "Ho male all'orologio"
Paroles et musique: Omicron/Della Mea
Album: "Ho male all'orologio" ("J'ai mal à l'horloge")
Uno proprio, dato che si tratta di una canzone dedicata da Ivan della Mea a Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani. Essendoci occupati diffusamente nelle CCG della morte di Giuseppe Pinelli, e del conseguente assassinio del commissario Calabresi, è utile e doveroso vedere anche come "è andata a finire", anche se ci ostiniamo a credere che non sia finito un bel niente. Questo è quel che abbiamo sotto gli occhi adesso, e in questa bellissima e struggente canzone/recitativo di Ivan Della Mea.
Una canzone che si apre con quelli che, a mio parere, sono forse i più bei versi dedicati in assoluto nella canzone d'autore italiana (e non solo) alla vita, all'amicizia, alla condivisione e alla memoria. Anche se la canzone fosse consistita soltanto in questa strofa, l'avrei inserita. Il fatto che sia dedicata ad un argomento trattato nelle CCG me lo fa fare come canzone "propria" e non tra gli "Extra"; ma un suo posto lo avrebbe avuto.
Ed è una canzone contro la resa, contro il fascismo culturale, contro il potere che distrugge, contro la morte.
Tre buoni, tre ottimi motivi. Anche per ringraziare una volta di più Ivan della Mea. (Riccardo Venturi, 6 febbraio 2006).