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Nel ghetto

Alberto Radius
Langue: italien


Alberto Radius

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[1977]
Album “Carta straccia”
Interpretata anni dopo anche dai Fratelli di Soledad

Nel ghetto


Testo di Daniele Pace e Oscar Avogadro
Musica di Alberto Radius

Da quel momento non mancherà nulla: nelle università, per le strade, nelle piazze saranno scontri fra le periferie politiche extra moenia, fuori dalle mura del Parlamento. Le periferie extraparlamentari. Nascono neologismi come “gambizzare”, cioè sparare alle gambe. E così si “gambizzano” Indro Montanelli, Emilio Rossi, direttore del Tg1, e dirigenti politici vari dalla Democrazia cristiana al Partito comunista passando per Comunione e liberazione. È l’anno della morte di Giorgiana Masi, diciannove anni, studentessa, colpevole di essere scesa in piazza il 12 maggio per ricordare festeggiando l’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio di tre anni prima. È l’anno in cui si parla di “riconversione”: un eufemismo, il solito, per giustificare tagli sui posti di lavoro. Quel morso dei Settanta stringe ovunque e non risparmia nessuno. Il 17 febbraio gli “indiani metropolitani”, periferia estrema e autonoma della sinistra, ribalteranno sia lo slogan “arrivano i nostri”, sia il camion sul quale Luciano Lama tentava un comizio sindacale. Lama, segretario storico della CGIL, aggredito da sinistra sul piazzale dell’Università di Roma. È tensione periferica forte con la voglia di sfasciare o colorare tutto. Ovviamente la parte colorata era da preferirsi: nascono allora graffiti, murales, dipinti di arte metropolitana.

Umberto Broccoli

*

Avogadro e Radius se la prendono con partiti e sindacati, che non trovano lavoro alla gente, con gli intellettuali, che dal palazzo del potere pontificano su cos’è giusto o sbagliato, con l’accordo sulla scala mobile (la riconversione / non mi sembra una ragione / per confondere / lo schiavo col padrone) e celebrano la rivolta come strumento per impadronirsi dei beni di lusso (non voglio stare male / che si arrangi / chi ha paura del caviale / e bruciare tutto / non è sempre così brutto / come leggi il giorno dopo / sul giornale).

Pur usando un linguaggio a tratti marxista (io da perdere / ho soltanto le catene è una citazione dal Manifesto del Partito comunista del 1848 e da "Stato e Padroni", inno di quel Potere Operaio da cui era nata Autonomia), "Nel ghetto", con la rabbia amara di un’interpretazione sentita, col suo groove pulsante e un ritornello in cui armonia e melodia sembrano avvitarsi su se stesse come ad indicare che non c’è via di scampo (il no future pistolsiano in declinazione italiana), riesce nel miracolo di riassumere tutta l’insoddisfazione di chi, da destra o da sinistra, non era per nulla contento di come stavano andando le cose.
E chiedere di rimanere nel ghetto: meglio la miseria, meglio il riot improvviso e senza futuro, che questa ideologizzazione ipocrita. Oltre al maggior successo di Radius solista, un pezzo di storia d’Italia.

“Nel ghetto”: Alberto Radius e il no future italiano
Manca l'aria,
manca un grido,
manca un dio,
sulla strada solo io.
La miseria
dei cervelli del fair-play
mi vorrebbe come lei

Io non ho cultura ma non voglio stare male,
che si arrangi chi ha paura del caviale.
E bruciare tutto
non è sempre così brutto
come leggi il giorno dopo sul giornale

E no,
io non ci sto!
E no,
io non ci sto!
Lasciatemi nel ghetto ancora un po'…

Io non ho un partito,
non mi basta il sindacato,
un lavoro non me l'hanno mai trovato.
La riconversione non mi sembra una ragione
per confondere
lo schiavo col padrone

L'intellettuale
sfrutta come paravento
"la congiura dell'isolamento",
dice dal palazzo
cosa è male cosa è bene,
io da perdere ho soltanto le catene

E no,
io non ci sto!
E no,
io non ci sto!
Lasciatemi nel ghetto ancora un po'…

envoyé par The Lone Ranger - 6/8/2010 - 09:57


16/2/2023 - 11:54




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