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2010 - Στο καφενείον

Gian Piero Testa


Lista delle versioni e commenti


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(Gian Piero Testa)


2010 - Sto kafeneíon
Στίχοι του Τζαν Πιέρο Τέστα
Τραγουδιέται όπως το περίφημο σκοπό του Γιάννη Μαρκόπουλου "1950 - Στο καφενίον Η Ελλάς "
Δεν ηχογράφτηκε ποτέ

Testo di Gian Piero Testa
Si può cantare sul famoso motivo di Yannis Markopoulos "1950 - Al Caffé Grecia"
Del tutto inedita



Κανέλλος Τέστα
di Riccardo Venturi


E' già da qualche tempo che, per tramite di Indymedia, conoscevo la storia di Kanellos, il "cane anarchico" che va a tutte la manifestazioni di protesta che si svolgono a Atene, condividendo con i manifestanti gli idranti e le violente cariche della polizia; oggi, addirittura, la notizia è stata ripresa da "Repubblica". Ed erano anche un po' di giorni che volevo scrivere qualcosa su Gian Piero Testa, e su questa canzone "reprise" che ci ha voluto inviare. Senza che lui lo sappia, e in fondo senza saperlo nemmeno io, il cane Kanellos me ne ha dato lo spunto esatto.

Gian Piero Testa ed io condividiamo una cosa che si potrebbe chiamare, in senso lato, "filellenismo". Vuol dire: "Amore per la Grecia". Dovreste ascoltare le (lunghe) telefonate che ci facciamo, che farebbero grattare la pera a più di una persona cosiddetta "normale": sentirci svariare con la massima indifferenza dalla Ζωή ἐν τάφῳ di Romano il Melode -una cosa che, sorprendentemente, prima o poi si vedrà negli "Extra delle CCG"- alle vertigini più profonde della canzone e della poesia greca di oggi, due cose sovente inestricabili. Filellenismo sì, ma con alcune precisazioni necessarie.

Gian Piero Testa ed io non ci conoscevamo fino ad un anno fa circa. Abbiamo avuto vite diverse, storie diverse, ambienti diversi. Siamo due persone non più giovani che, a un certo punto, un "sito" ha fatto incontrare. E, ad un certo punto, ci siamo accorti di una cosa. Filellenismo, sì, e consuetudine con le cose e con la lingua di Grecia; ma di quella consuetudine che, in mezzo a tutte le sue differenze di origine, ha una cosa in comune. E non è una cosa di poco conto. Di quelle che segnano una relazione tra due persone umane che, oramai, un pezzo di strada, chi più e chi meno, lo hanno fatto.

Non è un filellenismo fatto di vuote idealizzazioni, di letterature, di dotte conversazioni fini a se stesse. In mezzo a tutte le nostre differenze, abbiamo entrambi lo stesso cagnesco, abbarbicato senso storico e anche politico, nel senso più vasto del termine. Non è, quella mia e del Testa, una Grecia fatta di pedanteschi rigirìi, ma una Grecia fatta di lotte, di battaglie, di morti, di lager, di partecipazione. E' in questa Grecia che ci riconosciamo, è di questa Grecia che parliamo fra di noi, ed anche pubblicamente, su questo sito in cui l'Ελληνικό Τμήμα ha raggiunto dimensioni tali da poter agevolmente costituire una pubblicazione a sé. E vasta.

Non mi stupisce che, ad un certo punto, Gian Piero Testa, seppure in forma di "parodia" (ma nel senso più elevato del termine) abbia voluto scrivere una canzone autonoma. Abbiamo raccontato la Grecia moderna, e la sua immensa e difficile storia politica e sociale, attraverso le canzoni; questo perché le canzoni, e la musica, ed i versi armonizzati di grandi poeti, sono stati e sono lo specchio della Grecia; e tutte, al tempo stesso, sono canzoni popolari nel senso più vero del termine. Non mi stupisce nemmeno che Gian Piero abbia voluto prendere come base una composizione di Markopoulos dal Χρονικό di Myris. Adattando il "Caffè Grecia" al 2010, Gian Piero altro non fa che agire come agirebbe qualsiasi altro greco.

In questo paese addormentato dal berlusconismo, non si percepisce probabilmente che la Grecia del 2010 è il passaggio obbligato con il quale anche noi, volenti o nolenti, saremo chiamati a confrontarci. Al "Caffè Grecia" del 2010 si sta bevendo l'amarissimo cocktail servito da anni di liberismo selvaggio, di televisione, di imbecillità eletta a qualità positiva ("Be Stupid", recita un'orrenda pubblicità attuale di alcuni stracci di merda). E i Greci stanno offrendo una prova degna di loro e della loro storia. Giovanissimi, giovani e non più giovani. Uomini e donne. La Storia, appunto. La Storia che risveglia.

Continueremo a raccontarla, Gian Piero Testa ed io, questa Grecia. Conoscere una lingua non deve essere mai fine a se stesso, mai un esercizio di vuota conoscenza. Deve essere messa a servizio, questa conoscenza. E deve anche essere utilizzata per creare, se se ne hanno le possibilità.

In modo che, in un certo modo, anche noi possiamo essere sulle barricate, come il cane Kanellos. Senza nessun timore. Essere con la Grecia, come quel cane intrepido, significa ora come ora essere parte di un risveglio delle coscienze che è assolutamente improcrastinabile.
Στο καφενείον "Η ΕΛΛΑΣ" οι σαλτιπάγκοι
πουλάν τα νούμερα ακριβά
Ευρώπης τα ακροβατικά
οι αλυσίδες απ' το ΔΝΤ
πήδηματα θανάτου για μετοχές
γερμανικές, κοιμήσου κόσμε.

Ασώματος η κεφαλή, κοιμήσου κόσμε
τη βρίσκει τώρα η ΕΡΤ στην Αττική
με χαμόγελα δάκρυ και τα λοιπά
μαγεύει όλους τους θεατές
και στο παζάρι σπρώχνει μετοχές
γερμανικές, κοιμήσου κόσμε.

Στο καφενείον "Η ΕΛΛΑΣ" οι θεατρίνοι
με φώτα λούσα και τα λοιπά
σαπουνόπερες παίζουν ατέλιωτες
και μουσικές αμερικανικές
και δάκρυα πληρωμένα με μυαλά
μάτια κι αυτιά, κοιμήσου κόσμε.

inviata da Gian Piero Testa - 8/5/2010 - 13:48



Lingua: Italiano

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.

Versione italiana di Gian Piero Testa
2010 AL CAFFE' LA GRECIA

Al Caffé La Grecia i saltimbanchi
vendono cari i loro numeri
le acrobazie d' Europa
le catene dell' FMI
salti della morte in cambio di obbligazioni
tedesche, dormite gente

La testa senza corpo, dormite gente
adesso la trova la RadioTV Greca in Attica
con sorrisi pianto e quant'altro
incanta tutti gli spettatori
e sul mercato spinge obbligazioni
tedesche, dormite gente

Al Caffé La Grecia i teatranti
con luci bei vestiti e quant'altro
recitano interminabili soap opera
con musiche americane
e lacrime, pagate con cervelli
occhi e orecchie, dormite gente.

inviata da Gian Piero Testa - 8/5/2010 - 15:07


Riccardo, hai capito al volo quel filellenismo che ci accomuna. I Greci sono di certo anche quello che non desidererebbero essere, cioè una "razza" meticcia e rimescolata (come tutte le altre, del resto) da mille apporti barbarici e stranieri. I Greci sono anche Turchi, Albanesi, Slavi, Rumeni, Zingari, Ebrei, Veneziani, per quanto si sforzino di mascherarlo o di negarlo. Di certo non arrivano giù diritti diritti dai lombi delle mogli di Pericle o di Temistocle. Ma di Pericle e Temistocle parlano ancora la lingua. Che fu la lingua di Omero, di Saffo, di Alceo, di Pindaro, una lingua il cui cuore ancora non si è rattrappito. E colui che parla la lingua greca, che sia quella colta o sia quella della strada, parla greco, e per ciò stesso ha un acume speciale per cogliere il razionale e l'immaginario compresenti in ogni cosa. Chi parla la lingua greca, anche se fa cazzate o commette ignominie, lo fa con una sua perspicacia. Non è frequente trovare un Greco (uno che parli greco s'intende: non il telefoninese, il gergo dei ragazzotti o degli striscioni e delle urla di stadio) che sia irrimediabilmente ottuso. Sospinti dalle loro stesse parole, i Greci tendono a collegare ogni realtà per le vie analogiche, che sono metaforiche e sinestetiche. E che dunque inglobano in sé il nucleo di ogni potenza poetica, nel che è la vita stessa. Fuori c'è solo morte. E questo accade perché usano il greco. E questo spiega perché amano sempre le loro canzoni e le loro poesie, anche se vecchie. E questo spiega perché canzone e poesia in Grecia vadano di pari passo. E questo spiega perché di fronte ad ogni fatto della vita, un Greco di solito non tiri fuori un proverbio, ma più spesso il verso di una canzone o una canzone intera. Il fatto è che, da loro, i versi delle canzoni li scrivono i poeti. I Greci hanno avuto anche dei poeti illetterati che facevano i musicisti e che erano anche poeti. E che, senza saperlo, usavano lo stesso procedimento di Elytis, uomo dal suo canto assai colto, quando diceva: " Devi sapere prendere il mare attraverso l'odore perché esso ti consegni il vascello e perché il vascello ti consegni la Gorgona e la Gorgona ti consegni Alessandro Magno e tutte le tribolazioni della grecità". Da qualsiasi oggetto o sensazione parta, il Greco arriva alle tribolazioni della storia del suo popolo e a quelle della propria esistenza. Il Greco di piazza Omonia nello stesso modo del poeta laureato. Se non muore la sua grande lingua, la piccola Grecia non muore, lo vogliano o non lo vogliano Angela Merkel e il Fondo Monetario Internazionale. Perché è la lingua il segreto della sua vitalità. Essere vivi, per un Greco, significa stare contemporaneamente nel presente e nel passato; essere qui mentre sei là, e viceversa. E in ogni caso ricondursi a una fonte di dolore. C'è un dolore intrinseco all'essere Greci. E quindi c'è un'esplosione di gioia, quando a un piacere si è aperta una strada attraverso il dolore. Tutto questo non ha a che fare con la tecnologia, l'efficienza, l'organizzazione; ma ha a che fare con la vita. Ecco perché il mondo "civilizzato" appena può mette i Greci tra i barbari e si impadronisce dei loro marmi credendoli di "blancura infinita", mentre erano rutilanti di gioiosi colori e nello stesso tempo oscuri di dolorosi misteri, e li sterilizza nei musei. La canzone greca, che i poeti scrivono per un popolo poeticizzato dalla sua lingua antica, raccoglie grande messe dal dolore dell'essere Greci, nella storia comune e nelle vite personali: per questo l'introdursi nella canzone dei Greci è un introdursi nella loro storia e nel modo in cui sentono la vita. E' per questo che io e Riccardo abbiamo il "pallino" della grecità. Forse sembriamo degli strani uccelli: ma seguiteci un po', e vi accorgerete che la faccenda è molto e molto seria, non è un giochino di liceali invecchiati.
Riccardo, poi, ha colto la mia simpatia per quel cane che adesso conosco anche per il suo nome- calambour greco-romano, Kanellos. Mi è simpatico non solo perché è un cane, ma anche perché mi fa venire in mente il buon cane Dick, quello di Ritsos, ucciso dai guardiani di Limnos perché faceva troppe feste ai confinati: e che ora nelle manifestazioni del popolo si aggira con appeso al canino sinistro il cartello con la scritta "Abbasso i tiranni". Vorrei tanto che fosse il fantasma di Dick. Ma intorno a Kanellos vedo i vulcani delle molotov. Io non voglio vedere le molotov. Non si tirano le molotov sulla testa o tra le gambe della gente. Le molotov possono uccidere, e nei giorni scorsi ad Atene, in leoforio Amalias, hanno ucciso tre persone. Persone. Forse hanno ucciso anche un movimento di popolo che reclama di non pagare lui solo il prezzo dell'insipienza, della menzogna e dell'avidità di chi l'ha governato e dei calcoli gretti di chi governa l'Europa e di chi crede di governare il mondo. Lo so bene che migliaia e migliaia di persone hanno perso la vita per avere scioperato e che ancora la si può perdere per uno sciopero: era ed è il capitalismo "reale". Ma ciò consente di togliere la vita a chi non ha scioperato ? Possiamo utilizzare, noi, il concetto militaresco degli "effetti indesiderati" ? Che se cento conquisteranno la trincea nemica, altri trecento avranno perso la vita per ragioni statistiche ? Che se sgancio cento bombe sui nemici, magari cinque cadranno sul pacifico villaggio, per ragioni statistiche? E non pare nemmeno che oggi in Grecia ci si giochi la rigenerazione del mondo, che il diapason sia arrivato a "rivoluzione o morte". Bisogna protestare, certo, e tenere aperte le strade di soluzioni non rovinose per chi è più debole. Ma sotto i colpi di molotov e delle morti collaterali anche quelle strade si chiudono. E neppure Kanellos, con tutto il suo coraggio, mi pare che scodinzoli troppo.

Gian Piero Testa - 11/5/2010 - 00:29


Banca bruciata in Grecia: la denuncia di una dipendente: non c'erano sistemi di sicurezza
(da Viceversa Megablog)

Una chiara denuncia che "l’informazione" di potere preferisce non veicolare.
Riprendo da Indymedia Roma, una denuncia apparsa su Indymedia Atene, sui fatti di ieri. Tre morti che fan veramente comodo, a chi spera di intorpidire, il movimento di lotta greco. Si cerca di criminalizzare chi non intende pagare la crisi economica creata da banche e potere politico capitalistico, e volutamente l’informazione di regime lavora per disinformare. Chiunque abbia visto uno dei vari tg di disinformazione, non avrà ascoltato questa denuncia fatta da un dipendente della Banca assaltata. Un dipendente che piange i colleghi uccisi, ma che "urla" contro i veri responsabili, che non hanno consentito con pressioni, che i lavoratori della banca, potessero non essere all’interno della banca stessa. Una pressione fatta per evitare che i dipendenti della banca potessero aderire allo sciopero generale dei sindacati in Grecia. La distanza tra il reale e quello che i mezzi di disinformazione vogliono far vedere risalta senza bisogno di miei ulteriori commenti. Solidarietà con chi si oppone al potere economico capitalista. Solidarietà con la classe dei lavoratori in sciopero. Controinformare per solidarizzare concretamente.
(Enrico Biso)

La denuncia di un lavoratore della banca.

Sento l’obbligo, riguardo i miei colleghi che sono morti ingiustamente oggi, di parlare chiaro e di dire delle verità oggettive. Sto inviando questo messaggio a tutti i media. Qualcuno che mostri ancora un po di coscienza potrebbe pubblicarlo. I restanti possono continuare a tenere gioco al governo.

I pompieri non hanno mai rilasciato alcuna licenza operativa per l’edificio in questione. L’accordo per operare era sottobanco, come praticamente succede per ogni azienda e compagnia in Grecia.

L’edificio in questione non ha nessun meccanismo di sicurezza anti-incendio, nè pianificati nè istallati, non ha spruzzatori a soffitto, uscite d’emergenza o idranti. Ci sono solo degli estintori che, naturalmente, non possono essere d’aiuto quando hai a che fare con incendi estesi in un edificio che è stato costruito con standard di sicurezza ormai obsoleti.

Nessuna filiale della banca Marfin ha membri dello staff addestrati per casi di incendio, e nemmeno all’uso dei pochi estintori presenti. La dirigenza usa addirittura come un pretesto l’alto costo di un simile addestramento e non prende le misure basilari per proteggere il suo staff.

Non c’è mai stata una singola esercitazione di evacuazione in nessun edificio da parte dei lavoratori, nè c’è stata alcuna sessione di addestramento da parte dei pompieri per dare istruzioni su come comportarsi in situazioni come queste. Le uniche sessioni di addestramento che hanno avuto luogo alla Marfin Bank riguardano scenari di azioni terroristiche e specificatamente la pianificazione della fuga dei dirigenti della banca dai loro uffici in situazioni del genere.

L’edificio in questione non ha speciali stanze per ripararsi nei casi di incendio, nonostante la sua struttura sia veramente vulnerabile in simili circostanze e nonostante fosse riempita di materiali dal pavimento al soffitto. Materiali che sono molto infiammabili, come carta, plastica, cavi, mobili. L’edifcio è oggettivamente non idoneo ad ospitare una banca proprio a causa della sua costruzione.

Nessun membro della sicurezza ha alcuna conoscenza di primo soccorso o di spegnimento di incendi, nonostante siano praticamente sempre incaricati della sicurezza dell’edifcio. Gli impiegati della banca devono trasformarsi in pompieri o security in base ai capricci del signor Evgenopoulos [padrone della banca].

La dirigenza della banca ha diffidato gli impiegati dall’andarsene oggi, nonostante lo abbiano persistentemente chiesto autonomamente fin da questa mattina presto - mentre hanno anche costretto i dipendenti a bloccare le porte e hanno più volte confermato al telefono che l’edificio sarebbe rimasto chiuso tutto il giorno. Hanno anche bloccato l’accesso a internet per evitare che gli impiegati comunicassero con il mondo esterno.

Da diversi giorni c’è stato un completo terrorizzare gli impiegati riguardo alle mobilitazioni di questi giorni con la "proposta" a voce: o lavori o sei licenziato!

I due poliziotti in borghese che sono in servizio nella filiale in questione per prevenire eventuali rapine non si sono fatti vedere oggi, nonostante la dirigenza della banca abbia verbalmente promesso agli impiegati che sarebbero stati presenti.

E per concludere, signori, fate dell’autocritica e smettetela di delirare fingendo di essere scioccati. Voi siete responsabili di quello che è successo oggi e in ogni stato legittimo (come quelli che vi piace citare di tanto in tanto come esempio da seguire nei vostri show televisivi) sareste stati già arrestati per le questioni di cui sopra. I miei colleghi oggi hanno perso le loro vite per cattiveria: la cattiveria della Marfin Bank a del signor Evgenopoulos che ha affermato esplicitamente che chiunque non sarebbe venuto al lavoro oggi (giorno di sciopero generale) avrebbe fatto meglio a non presentarsi al lavoro domani.

Un dipendente della Marfin Bank.

CCG/AWS Staff - 11/5/2010 - 02:58


Erano giorni, Gian Piero, che la testimonianza del dipendente della Marfin Bank "giaceva" nel retrobottega delle CCG, quello cui i non admins non hanno accesso. In un certo senso è stato un gran bene che tu sia intervenuto con le tue osservazioni: mi ha dato e ci ha dato modo di inserire quella cosa, che è bene leggere con estrema attenzione.

E vanno dette diverse cose. La prima delle quali è che quei tre morti, come si dice dalle mie parti, sono proprio caduti "a pipa di cocco". E, se mi permetti, a parte la testimonianza del dipendente della banca, tutto ciò mi è grandemente sospetto. Mi ricorda da vicino, anzi molto da vicino, certi "black block" che a Genova giravano indisturbati mentre la polizia massacrava manifestanti inermi. Mi ricorda decine di altri episodi del genere avvenuti un po' dovunque: quando c'è da spezzare un movimento di popolo che minaccia di estendersi e di divenire incontrollabile, una bella "ondata emozionale" con qualche morto innocente fa sempre il suo porco gioco.

Infatti non si parla, ora, che di quelle molotov e di quelle tre persone morte. Pero in me riecheggia sempre la solita domanda: chi le ha ammazzate veramente? E' questa la domanda che tutti dovrebbero porsi, e con coraggio. Posso anche capire la tua prudenza, a condizione che non sconfini in una sorta di "veltronismo" che -ne sono certo- non ti appartiene. Se parlo di coraggio, bisogna averlo anche di andare ben oltre l'ondata di "sdegno" provocata dalla morte di quei poveri tre innocenti. Altrimenti si corre il rischio di perdere di vista tutto quanto, e di cadere in giochi che puzzano di provocazione lontano un miglio.

Il "prezzo dell'insipienza, della menzogna e dell'avidità di chi l'ha governato e dei calcoli gretti di chi governa l'Europa e di chi crede di governare il mondo" è un prezzo altissimo da pagare, e la Grecia lo sta dimostrando. Si prospettano tempi durissimi, e se mi permetti non mi interessa nulla dell'improvviso incanutimento di Papandreu. Il signor Papandreu non pagherà nulla di tutto questo, a differenza della maggior parte della popolazione. Io non credo più da tempo nell'accoramento dei governanti. Quei tre morti sono serviti soprattutto a lui per far inghiottire ai greci l'amaro calice; ma non lo inghiottiranno a lungo. Qui non si parla di "effetti collaterali" o di roba del genere, si parla di una situazione che non è sostenibile e che verrà pagata dalle fasce più deboli della popolazione nonostante le (finte) promesse.

Di fronte a questo, certo, non si può parlare né di "rigenerazione che parte dalla Grecia", né di altro. Si parla semplicemente di scenari, e di scenari possibili e reali. Scenari che domandano attenzione, ma anche il coraggio e la decisione di non lasciarsi andare alla rassegnazione. Soluzioni totalmente non rovinose ad una situazione del genere, caro Gian Piero, non ne esistono; a meno di non accettare passivamente il "piano di risanamento" senza più fiatare. Ingoiare e basta. Tutto il resto sarebbe fuffa, vuote manifestazioni senza effetto reale. Sfoghi e palliativi, sempre tenendo presente che sono sfoghi e palliativi che possono comunque comportare una dura repressione poliziesca.

Al potere è sempre necessario, invece, fare un po' di paura. E di paura seria. La cosa non è mai indolore. Kanellos non scodinzolerà troppo, ma non ha neppure la coda fra le gambe: il signor Papandreu lo dovrà tenere ben presente, perché fra qualche mese nelle case dei greci si mangerà poco. Non è una situazione, questa, che si evolverà in modo pacifico. I semi della violenza sono stati sparsi dall'alto. Saluti cari.

ΛΑΟΙ ΤΗΣ ΕΥΡΩΠΗΣ ΞΕΣΗΚΟΘΕΙΤΕ!

Riccardo Venturi - 11/5/2010 - 03:31




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