Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
Do I see Lieutenant Calley?
Do I see Captain Medina?
Do I see Gen'ral Koster and all his crew?
Do I see President Nixon?
Do I see both houses of Congress?
Do I see the voters, me and you?
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
Who held the rifle? Who gave the orders?
Who planned the campaign to lay waste the land?
Who manufactured the bullet? Who paid the taxes?
Tell me, is that blood upon my hands?
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
If five hundred thousand mothers went to Washington
And said, "Bring all of our boys home without delay!"
Would the man they came to see, say he was too busy?
Would he say he had to watch a football game?
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
Do I see Lieutenant Calley?
Do I see Captain Medina?
Do I see Gen'ral Koster and all his crew?
Do I see President Nixon?
Do I see both houses of Congress?
Do I see the voters, me and you?
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
Who held the rifle? Who gave the orders?
Who planned the campaign to lay waste the land?
Who manufactured the bullet? Who paid the taxes?
Tell me, is that blood upon my hands?
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
Last train to Nuremberg!
All on board!
If five hundred thousand mothers went to Washington
And said, "Bring all of our boys home without delay!"
Would the man they came to see, say he was too busy?
Would he say he had to watch a football game?
Langue: italien
Versione italiana di Riccardo Venturi
11 novembre 2005
11 novembre 2005
ULTIMO TRENO PER NORIMBERGA
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Ma chi vedo ? Il tenente Calley ?
Ma chi vedo ? Il capitano Medina ?
Ma chi vedo ? Il generale Koster e la sua banda ?
Ma chi vedo ? Il presidente Nixon ?
Ma chi vedo ? Tutte e due le camere ?
Ma chi vedo ? I votanti, io e te ?
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Chi teneva il fucile ? Chi ha dato gli ordini ?
Chi ha programmato di far tabula rasa ?
Chi ha fabbricato i proiettili ? Chi ha pagato le tasse ?
Dimmi, questo sangue ricade sulle mie mani ?
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Se cinquemila madri andassero a Washington
e dicessero « Riportate subito i nostri ragazzi a casa ! »
quello che son venute a vedere direbbe che è troppo occupato ?
Direbbe che deve guardare una partita di football ?
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Ma chi vedo ? Il tenente Calley ?
Ma chi vedo ? Il capitano Medina ?
Ma chi vedo ? Il generale Koster e la sua banda ?
Ma chi vedo ? Il presidente Nixon ?
Ma chi vedo ? Tutte e due le camere ?
Ma chi vedo ? I votanti, io e te ?
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Chi teneva il fucile ? Chi ha dato gli ordini ?
Chi ha programmato di far tabula rasa ?
Chi ha fabbricato i proiettili ? Chi ha pagato le tasse ?
Dimmi, questo sangue ricade sulle mie mani ?
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Ultimo treno per Norimberga !
Tutti a bordo !
Se cinquemila madri andassero a Washington
e dicessero « Riportate subito i nostri ragazzi a casa ! »
quello che son venute a vedere direbbe che è troppo occupato ?
Direbbe che deve guardare una partita di football ?
Langue: anglais
Una strofa aggiuntiva apparsa su Broadside #104
My Lai, anniversario di un massacro
di Lorenzo Mazzoni
Il soldato americano che l’11 marzo in preda a un raptus ha ucciso sedici civili nel distretto di Panjwai nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, mi ha riportato alla mente il massacro, il cui anniversario cade in questi giorni, commesso da altri soldati americani quarantaquattro anni fa in Vietnam.
Il 16 marzo del 1968 i ragazzi della compagnia Charlie, al comando del capitano Ernst Medina, entrarono dalla parte settentrionale del villaggio di My Lai, dove ora sorge un grandissimo, giovane albero, e dove, allora, giocavano i bambini.
Svuotarono i caricatori. Buttarono le bombe a mano nelle capanne. Violentarono le ragazzine in branco, da veri boy-scout, poi le trucidarono con le baionette.
I più pericolosi esponenti del villaggio: vecchi e donne, vennero raccolti in gruppi e falciati con le mitragliatrici. Lo stomaco di una donna gravida venne aperto con un machete, il feto lanciato lontano nelle sterpaglie.
Poco distante, a Binh Tay, un villaggio vicino, il tenente Caley guardava un neonato che a gattoni stava cercando di uscire dal mucchio di corpi massacrati. Il tenente, che amava le cose ben fatte, con un calcio spinse il lattante di nuovo nella fossa comune e gli sparò. Siamo sinceri, non è mica facile distinguere un guerrigliero viet-cong da un bambino di otto mesi.
I soldati finirono i superstiti, appiccarono il fuoco alle case, uccisero il bestiame ancora vivo, raccolsero infine donne e bambini e li uccisero. In tutto trecentoquarantasette civili. Anche se il numero rimane imprecisato perché quando misero fine alla mattanza, gli uccisori buttarono bombe a mano sui corpi per nascondere l’eccidio. Nel rapporto militare fu scritto che erano stati uccisi novanta viet cong e nessun civile.
La notizia del massacro arrivò negli USA. Qualcuno chiedeva giustizia, i più chiedevano di chiudere in fretta la faccenda per poter continuare in tutta tranquillità i bombardamenti sui centri abitati del Nord Vietnam. Il processo fu solamente contro Calley. Più semplice e sbrigativo. La giuria si ritirò in camera di consiglio il 16 marzo 1971, riconobbe Calley colpevole dell’omicidio di almeno ventidue civili e lo condannò ai lavori forzati a vita. La pena fu poi ridotta a vent’anni e poi a dieci, fu infine liberato sulla parola nel 1974 dopo tre anni e mezzo trascorsi agli arresti domiciliari.
Il massacro comunemente noto come l’eccidio di My Lai, l’inutile orrore scatenato da un branco di vaccari assassini, è ricordato a Xom Lang, dove, in mezzo alla vegetazione e al silenzio, è stato eretto il monumento commemorativo alle vittime. My Lai è solo uno dei quattro villaggi dove i marines sfogarono la loro cieca violenza sui civili. Il monumento commemorativo è stato edificato a Xom Lang perché lì i massacri furono più efferati.
Nella casa museo, è impressionante constatare che nel libro delle firme dei visitatori non compaiano nomi americani. Sembra strano che nessuno si senta in dovere di venire a vedere. Forse non sanno? Nessuno di loro ha passeggiato nei luoghi dove il capitano Ernest Medina e i suoi sgherri, il tenente Wiliam Calley, il tenente Jeffrey la Cross e il tenente Stephen Brooks, sguinzagliarono i loro uomini?
Fuori dall’area recintata del museo due bambini giocano, correndosi dietro. Appesi agli alberi sono scritti su lavagnette di legno i nomi delle persone che sono state massacrate. La famiglia Khoi, il più grande aveva sedici anni, la più piccola tre anni; il signor Chinh, novantuno anni, sicuramente un sovversivo; la famiglia Loy, padre, madre, figli, nipoti: ottantaquattro anni, settantotto anni, trentadue anni, dodici anni, sei anni, quattro anni, due mesi… due mesi. Mette i brividi.
Oggi, altri tempi, altri militari, altri luoghi, altri brividi. Un soldato che alle tre del mattino vaga nel nulla afghano. Entra nei villaggi di Alokozai e Garrambad sparando ai civili, spalanca porte, irrompe nelle case, trucida donne e bambini e come se niente fosse va poi a consegnarsi allegramente al suo comando.
John Allen il comandante delle forze Usa e Nato in Afghanistan, ha promesso un’inchiesta “rapida e approfondita”. E a me viene in mente il tenente Calley. Mi viene in mente la sua faccia snob, le immagini dell’orrore vietnamita. La giuria che lo condanna ai lavori forzati a vita e che, una volta pentito, lo libera e gli dà la sua benedizione. Non so perché ma non mi fido mica tanto della giustizia delle forze armate americane…
di Lorenzo Mazzoni
Il soldato americano che l’11 marzo in preda a un raptus ha ucciso sedici civili nel distretto di Panjwai nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, mi ha riportato alla mente il massacro, il cui anniversario cade in questi giorni, commesso da altri soldati americani quarantaquattro anni fa in Vietnam.
Il 16 marzo del 1968 i ragazzi della compagnia Charlie, al comando del capitano Ernst Medina, entrarono dalla parte settentrionale del villaggio di My Lai, dove ora sorge un grandissimo, giovane albero, e dove, allora, giocavano i bambini.
Svuotarono i caricatori. Buttarono le bombe a mano nelle capanne. Violentarono le ragazzine in branco, da veri boy-scout, poi le trucidarono con le baionette.
I più pericolosi esponenti del villaggio: vecchi e donne, vennero raccolti in gruppi e falciati con le mitragliatrici. Lo stomaco di una donna gravida venne aperto con un machete, il feto lanciato lontano nelle sterpaglie.
Poco distante, a Binh Tay, un villaggio vicino, il tenente Caley guardava un neonato che a gattoni stava cercando di uscire dal mucchio di corpi massacrati. Il tenente, che amava le cose ben fatte, con un calcio spinse il lattante di nuovo nella fossa comune e gli sparò. Siamo sinceri, non è mica facile distinguere un guerrigliero viet-cong da un bambino di otto mesi.
I soldati finirono i superstiti, appiccarono il fuoco alle case, uccisero il bestiame ancora vivo, raccolsero infine donne e bambini e li uccisero. In tutto trecentoquarantasette civili. Anche se il numero rimane imprecisato perché quando misero fine alla mattanza, gli uccisori buttarono bombe a mano sui corpi per nascondere l’eccidio. Nel rapporto militare fu scritto che erano stati uccisi novanta viet cong e nessun civile.
La notizia del massacro arrivò negli USA. Qualcuno chiedeva giustizia, i più chiedevano di chiudere in fretta la faccenda per poter continuare in tutta tranquillità i bombardamenti sui centri abitati del Nord Vietnam. Il processo fu solamente contro Calley. Più semplice e sbrigativo. La giuria si ritirò in camera di consiglio il 16 marzo 1971, riconobbe Calley colpevole dell’omicidio di almeno ventidue civili e lo condannò ai lavori forzati a vita. La pena fu poi ridotta a vent’anni e poi a dieci, fu infine liberato sulla parola nel 1974 dopo tre anni e mezzo trascorsi agli arresti domiciliari.
Il massacro comunemente noto come l’eccidio di My Lai, l’inutile orrore scatenato da un branco di vaccari assassini, è ricordato a Xom Lang, dove, in mezzo alla vegetazione e al silenzio, è stato eretto il monumento commemorativo alle vittime. My Lai è solo uno dei quattro villaggi dove i marines sfogarono la loro cieca violenza sui civili. Il monumento commemorativo è stato edificato a Xom Lang perché lì i massacri furono più efferati.
Nella casa museo, è impressionante constatare che nel libro delle firme dei visitatori non compaiano nomi americani. Sembra strano che nessuno si senta in dovere di venire a vedere. Forse non sanno? Nessuno di loro ha passeggiato nei luoghi dove il capitano Ernest Medina e i suoi sgherri, il tenente Wiliam Calley, il tenente Jeffrey la Cross e il tenente Stephen Brooks, sguinzagliarono i loro uomini?
Fuori dall’area recintata del museo due bambini giocano, correndosi dietro. Appesi agli alberi sono scritti su lavagnette di legno i nomi delle persone che sono state massacrate. La famiglia Khoi, il più grande aveva sedici anni, la più piccola tre anni; il signor Chinh, novantuno anni, sicuramente un sovversivo; la famiglia Loy, padre, madre, figli, nipoti: ottantaquattro anni, settantotto anni, trentadue anni, dodici anni, sei anni, quattro anni, due mesi… due mesi. Mette i brividi.
Oggi, altri tempi, altri militari, altri luoghi, altri brividi. Un soldato che alle tre del mattino vaga nel nulla afghano. Entra nei villaggi di Alokozai e Garrambad sparando ai civili, spalanca porte, irrompe nelle case, trucida donne e bambini e come se niente fosse va poi a consegnarsi allegramente al suo comando.
John Allen il comandante delle forze Usa e Nato in Afghanistan, ha promesso un’inchiesta “rapida e approfondita”. E a me viene in mente il tenente Calley. Mi viene in mente la sua faccia snob, le immagini dell’orrore vietnamita. La giuria che lo condanna ai lavori forzati a vita e che, una volta pentito, lo libera e gli dà la sua benedizione. Non so perché ma non mi fido mica tanto della giustizia delle forze armate americane…
CCG Staff - 26/3/2015 - 22:48
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In questa celebre canzone Seeger suggerisce che il tenente Calley, il capitano Medina e il generale Koster, responsabili del massacro di My Lai, dovessero essere processati come i nazisti a Norinberga insieme allo stesso presidente Nixon, alle due camere dei rappresentanti che avevano votato la guerra e infine tutto il popolo americano che con il suo voto aveva legittimato tali crimini.
Firstly, it named two of the soldiers involved - the well-known William Calley, and Captain Medina (a commanding officer of the platoon in question - is this the only song to mention him)? He faced court-martial for war crimes, but was acquitted in 1971. (1) Seeger then moved on to the politicians, referring to Richard Nixon and "both houses of Congress" - wanting to know "who gave the orders?" and "planned the campaign" (which could have meant either the politicians or the military establishment). Seeger then turned his attention to the military-industrial complex, asking the question: "who manufactured the bullet". Finally, Seeger took his analysis a step further, pointing the finger at all Americans, singing: "do I see the voters, me and you...who paid the taxes? Tell me, is that blood upon my hands?". It featured as the opening track on the 1971 album Rainbow Race (Columbia # C 30739). The lyrics and notations appeared in Broadside magazine, # 104, January 1970
(dq82)