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Μπαρμπαγιάννη Μακρυγιάννη

Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης
Langue: grec moderne


Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης

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(Nikos Xylouris / Νίκος Ξυλούρης)


Barbagiánni Makrygiánni
[1974]
Στίχοι: Νίκος Γκάτσος
Μουσική: Σταύρος Ξαρχάκος
Πρώτη εκτέλεση: Νίκος Ξυλούρης
Versi: Nikos Gatsos
Musica: Stavros Xarchakos
Primo interprete: Nikos Xylouris


Makrigiannis

Ιωάννης (Γιάννης) Μακρυγιάννης (Yannis Makriyannis), fu un importante generale nella riscossa antiottomana del 1821, che portò all’indipendenza di una parte della Grecia e alla formazione dello Stato neogreco.
La sua figura è rilevante non solo sul piano militare e politico, ma anche su quello della cultura neogreca, poiché, nonostante la sua pressoché nulla formazione letteraria, riuscì a scrivere un libro di memorie, la cui lingua “δημοτική” (dimotikì, detta anche “μαλλιαρά”, cioè la “pelosa”, la “capellona”, l’ “incolta”, come la chiamavano con sprezzo i fautori della “καθαρεύουσα”, cioè della lingua “purificata”. Si leggano in proposito le esilaranti, ma precise pagine di Alberto Savinio nella sua biografia di Isadora Duncan in “Narrate uomini la vostra storia”) divenne il modello per tutti coloro che tentarono di fondare una prosa nazionale e popolare. Si considerino anche, nella sua figura, le caratteristiche di probità e di sobrietà unite a quelle del coraggio e della fierezza personale- il “φιλότιμο” della canzone di Gatsos - che hanno fatto di lui anche il modello virile di molte generazioni di Greci.
Lo “yatagàn” è un’arma bianca lunga e ricurva, più agile della scimitarra ,ma con minore protezione della mano: arma tipica, insieme al καριοφύλλι (cariofìli), carabina a canna lunghissima, dei combattimenti del ’21. Nella battaglia delle Δερβενάκια (Dervenakia, stretto passaggio tra l’Argolide e la Corinzia, teatro di una vittoria degli insorti sull’enorme esercito di Dràmalis Pascià), un nipote dell’altro grande generale dell’indipendenza Θεόδωρος Κολοκoτρώνης (Theòdoros Kolokotrònis) , di nome Νίκος Σταματελόπουλος (Nikos Stamatelòpoulos) , e noto come Νικìτας Νικιταράς (Nikìtas Nikitaràs) e soprattutto come “ὁ Τουρκοφάγος” (Turkofàgos), “il Mangiaturchi”, ne ruppe ben tre, di yatagan, facendo volare le teste, come si usava in quelle raccappriccianti battaglie.
Anche Κολοκoτρώνης (il cui cognome, risalente a un soprannome assunto da un suo antenato, significa, pardon, “culo di pietra”) scrisse le sue memorie in una lingua istintiva e molto efficace.
Nei passi che ho avuto l’avventura di leggere ho notato una frequenza di adattamenti greci di termini italiani, come “μιλιούνια” per “ἐκατομμύρια” (milioni) o “αγιούταντε” (aiutante) o “φαμίλια” (famiglia) e molti altri, forse frutto del lungo esilio trascorso, prima del 1821, nelle Isole Ionie, dove per campare faceva il χασάπης, il macellaio, tanto per non perdere la mano.
Forse divagazioni come questa non interessano a nessuno, ma ormai ho incominciato e ne aggiungo un’altra, a proposito del cognome di Kolokotronis. L’antenato, Γιάννης (Giovanni) , che era del clan dei Τσέρκινιδες (Tserkìnides), aveva riportato una ferita in battaglia e, sanguinante, si era andato a sedere su di un masso. Il sangue raggrumandosi tra la fustanella e la pietra, gli aveva incollato il posteriore, suscitando l’ilarità dei suoi κλέφτες (clefti), che così gli avevano appioppato il suggestivo soprannome, trasmesso poi con orgoglio di padre in figlio. Kolokotronis, dopo l’indipendenza subì un’accusa di complotto contro la Reggenza per la quale fu condannato a morte. Nell’attesa, trascorse due anni di dura galera nella fortezza del Palamidi di Nauplia. Li si ammalò e fu assistito da una monaca che divenne la sua amorevole compagna fino alla morte. Quando il giovane re Ottone di Wittelsbach raggiunse la maggiore età, concesse l’amnistia; e da allora il “Vecchio di Morea” salì notevolmente nella scala sociale, perché, per ammansirlo, l’ establishment prese a coccolarlo. Un giorno, a un ricevimento all’ambasciata francese, Kolokotronis notò che l’ambasciatrice lo chiamava solamente “Monsieur Kotronis”, forse per un innato senso della decenza. A un certo punto il “Vecchio” si spazientì e le chiese: "Δε μου λες, σε παρακαλώ, κυρά μου, γιατί μου τρώς τὸν κόλο ;" (“Ti preg, dimmi un po’, signora mia, perché mi mangi il culo ?”).
Μπάρμπα (sc. Γιάννης) : "Barba" coincide con il “barba”, zio, che era in uso in molte regioni italiane in segno di rispetto per l’autorevolezza o genericamente per l’anzianità della persona cui lo si attribuiva. In Grecia è ancora frequente, specie nella provincia.
La canzone di Σταῦρος Ξαρχάκος (Stavros Xarchakos) è famosa anche grazie alla bella interpretazione di Nikos Xylouris. Il testo di Νίκος Γκάτσος (Nikos Gatsos) è del 1974, appena finita la dittatura. (GPT)
Μπαρμπα-Γιάννη Μακρυγιάννη
δεν μας τά' γραψες καλά.
Δες ο Έλληνας τι κάνει
για ν' ανέβει πιο ψηλά.

Μπαρμπα-Γιάννη Μακρυγιάννη
πάρε μαύρο γιαταγάνι
κι έλα στη ζωή μας πίσω
το στραβό να κάμεις ίσο.

Μπαρμπα-Γιάννη Μακρυγιάννη
δεν μας τά' γραψες σωστά.
Το φιλότιμο δε φτάνει
για να πάει κανείς μπροστά.

Μπαρμπα-Γιάννη Μακρυγιάννη
πάρε μαύρο γιαταγάνι
κι έλα στη ζωή μας πίσω
το στραβό να κάμεις ίσο.

envoyé par Gian Piero Testa - 15/4/2010 - 22:42



Langue: italien

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.

Versione italiana di Gian Piero Testa
BARBA YANNIS, MAKRIYANNIS

Barba Yannis, Makriyannis
non ce l'hai scritta bene.
Guarda il Greco che combina
per salire più in alto.

Barba Yannis, Makriyannis
prendi un bruno yatagan
e sta’ alle spalle della nostra vita
per raddrizzare ciò che è storto.

Barba Yannis, Makriyannis
non ce l'hai scritta giusta.
L'amor proprio non basta
per andare più avanti.

Barba Yannis, Makriyannis
prendi un bruno yatagan
e sta’ alle spalle della nostra vita
per raddrizzare ciò che è storto.

envoyé par Gian Piero Testa - 16/4/2010 - 01:02




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