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La complainte des Terre-Neuvas

Gaston Couté
Langue: français


Gaston Couté

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Testo: Gaston Couté, 1904
Paroles: Gaston Couté, 1904
Musica: Marc Robine, 1980
Musica: Marc Robine, 1980

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Gaston Couté è stato in primis un declamatore dei suoi versi, fatti esattamente per essere recitati e dalla musicalità popolaresca. Nei locali di Montmartre dove si esibiva agli inizi del XX secolo, praticamente tutti i temi sociali erano affrontati: così in questa Complainte des Terre-Neuvas, che parla delle durissime condizioni di lavoro dei pescatori oceanici (perlopiù bretoni e normanni) che si spingevano fino ai ricchi banchi di Terranova (Terre-Neuve, da qui il nome di Terre-Neuvas). Acque tanto pescose quanto pericolose: è l'argomento, del resto, di molte canzoni popolari (specialmente bretoni, come la celeberrima Paimpolaise). Ma se nelle canzoni popolari si preferisce insistere sul lato sentimentale e fatalista, Couté inserisce in modo preciso la questione sociale: il pescatore oceanico svolge il suo durissimo e pericoloso lavoro (spesso mortale) in condizioni disumane, per nutrire la propria famiglia con i quattro soldi datigli dall'armatore che si arricchisce sulla sua pelle. Nel 1980 i versi di Couté trovarono la loro musica per mano di Marc Robine: da allora è stato un susseguirsi di interpretazioni. Ricordiamo, tra le tante, quella di gruppi "marinai" come i Caphorniers e i Gaillards d'Avant, e quella di Marc Ogeret. Il testo è stato ripreso dal benemerito Mudcat Café. [RV]
Il faut qu'tout l'monde mange ici-bas!
C'est-y pas vrai? C'est-y pas vrai?
Il faut qu'tout l'monde mange ici-bas!
C'est-y pas vrai, les Terre-Neuvas?

Nous autres si l'on part sur l'bateau.
C'est-y pas vrai? C'est-y pas vrai?
C'est pour faire manger nos petiots
C'est-y pas vrai, les Terre-Neuvas?

Des fois l'un d'nous tombe dans la mer
C'est comme une grande gueule affamée.

Tant pis pour lui, le pauvr' garçon
Faut qu'ils mangent aussi, les poissons!

Les ceusses qui restent après ça
S'mettent à pêcher ces poissons là!

S'mettent à pêcher avec ardeur,
C'est pour engraisser l'armateur!

Il faut qu'tout l'monde mange ici bas!
Y'a qu'nos petiots qui ne mangent pas!

Puisqu'on ne gagne pas sur l'bateau
De quoi faire manger nos petiots!

Alors qu'est-ce qu'on va fout' la-bas ?
Alors qu'est-ce qu'on va fout' la-bas?

On va pêcher avec not'coeur
C'est pour engraisser l'armateur!

envoyé par Riccardo Venturi - 18/3/2010 - 11:35



Langue: italien

Versione italiana di Riccardo Venturi
18 marzo 2010
LAMENTO DEI PESCATORI DI TERRANOVA

Bisogna che tutti mangin quaggiù!
Non è vero? Non è vero?
Bisogna che tutti magin quaggiù!
Non è vero, pescatori di Terranova?

E se noialtri si va per mare,
Non è vero? Non è vero?
È per dar da mangiare ai nostri figli,
Non è vero, pescatori di Terranova?

A volte uno di noi casca in mare,
È come una gran bocca affamata.

Peggio per lui, povero ragazzo,
Bisogna che mangino anche i pesci!

Le barche che restano dopo
Si mettono a pescare quei pesci là!

Si mettono a pescare con foga,
È per ingrassare l'armatore!

Bisogna che tutti mangin quaggiù!
Solo i nostri figli non mangiano!

Perché in mare non si guadagna abbastanza
Per dar da mangiare ai nostri figli!

E allora che cazzo ci si va a fare, là?
E allora che cazzo ci si va a fare, là?

Ci si va a pescare con fatica e coraggio
Per ingrassare l'armatore!

18/3/2010 - 13:14


La cosa assolutamente straordinaria è che questo testo fa oramai parte dei classici del repertorio dei "chants de marins" e, in Bretagna e fino a Sant-Pêr-har-Mìkelon, sono in molti a crederlo un tradizionale. Invece lo si deve all'arte di Gaston Couté, che nessuno se lo fila, non figura nelle antologie, accanto agli altri più celebri "poeti maledetti" della letteratura francese, mi par di vedere che in rete non ci siano traduzioni italiane (ad eccezione che in questo sito), a lui viene riservata solo indifferenza, non solo qui da noi ma anche oltralpe. Se non ci fosse chi si è ostinato a mettere in musica le sue poesie, gli regnerebbe intorno il più sordo silenzio, anche se a Parigi gli hanno intitolato una strada nel 18° arrondissement. Povero Gaston, che a 18 anni aveva già scritto buona parte della sua opera, con quell'aria un po' sinistra, vestito come un contadino de La Beauce, cappellaccio compreso, e che parlava un francese mescolato di patois beauceron, perennemente incazzato contro esercito, scuola, proprietari terrieri e clero. Considerato dalla polizia un "agitatore anarchico", morto alcolizzato e tubercolotico a 30 anni all'Ospedale Lariboisière di Parigi, nella completa miseria. Più di 100 anni dopo, ascoltiamo la sua "Complainte des Terre-Neuvas" e pensare che lui, in tutta la vita, il mare non lo aveva neanche mai visto!!

Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 8/12/2018 - 19:08




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