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La Rita è tornata

Ivan Della Mea
Language: Italian


Ivan Della Mea

List of versions


Related Songs

Io so che un giorno
(Ivan Della Mea)
Teresa Torga
(José Afonso)
'L rivarà
(Ivan Della Mea)


[1979]
Testo e musica di Ivan Della Mea
Lyrics and music by Ivan Della Mea
Album: Sudadio Giudabestia
Con: Isabella Cagnardi, Paolo Ciarchi, Claudio Cormio, Ivan Della Mea, Paolo De Vecchi, Pepè Gagliardi, Fabio Rizzato, Attilio Zanchi. Elaborazione collettiva su testi e musiche di Ivan Della Mea.
sudgiud

rosapazzaIn questo sito sono già presenti due canzoni provenienti da Sudadio Giudabestia, l'opera collettiva che Ivan Della Mea e la sua “banda di pirati” (che ho la fortuna di conoscere personalmente in gran parte) scrissero e misero in scena nel 1979: si tratta di Storia di un cane e Sebastiano. A rigore, però, tutto il Sudadio andrebbe inserito. Non importa come, e con quale motivazione; via via sarà fatto. Intanto, inserendo questa canzone magistrale che Ivan martellava quasi in un crescendo rossiniano, con la sua voce inesauribile nonostante le novemila sigarette al giorno che fumava o roba del genere, prendo l'occasione per parlarne un po' meglio, del Sudadio, e anche della Rita che ne è la figura centrale.

Il Sudadio è l'epopea della strada milanese dove abitava Ivan Della Mea, e dove è morto a quella maledetta alba del 14 giugno 2009. Via Montemartini, i suoi giardini, le sue case qualsiasi, i suoi cani, i suoi bambini, le sue siringhe d'eroina, le sue rivoluzioni e, appunto, la Rita. La Rita è la pazza della strada. In ogni strada c'è una pazza: anche io qui, in via dell'Argingrosso a Firenze, ho la mia pazza di fiducia sulla quale scriverei decine di canzoni se sapessi scriverle come Ivan.

Il Sudadio, che non a caso prende l'avvio da un'altra vecchia e capitale canzone di Ivan, Io so che un giorno (la quale è cantata, a pezzi, per tutto l'album, dalla voce stridentemente sognante e melodiosa di Isabella Cagnardi) è la descrizione totale dell'universo Montemartini; un universo di durezze e dolcezze, di lotte e rassegnazioni, di finestre e chiusure, della morte gratuita data a un cane e della vita che sboccia disperatamente; e, per sbocciare disperatamente, non può che farlo per mano di una cosiddetta “pazza”. La Rita, appunto. Quella che è sempre ai giardini. Dev'essere una donna matura ma non ancora anziana, ancora bella, ancora con il busto eretto e i suoi gesti d'amore vissuto: viene a mente, chissà, un'Alda Merini quarantenne.

È, la Rita, una pazza certificata. Ha la sua stanza a “Villa Fiorita” (tipico nome di padiglioni di manicomi: anche a Firenze, nel mezzo dell'area di San Salvi che fu manicomio, c'è una Villa Fiorita che ora serve per le “visite fiscali” per la concessione della pensione di invalidità), e l'ha già saputo che un giorno.. Ora è fuori, in un incantevole pomeriggio autunnale in via Montemartini, con in mano il rimasuglio di una rosa cui vuole ridare vita; e lo pianta in terra. Poi compie un altro, e decisivo, atto di vita; un gesto primario. Si spoglia nuda. Vuole, anch'ella, diventare rosa spogliandosi di ogni veste umana; e viene a mente, con questo gesto, una sua sorella matta, la Teresa Torga di José Afonso.

Come per Teresa Torga arrivò la polizia portoghese, per Rita arriva l'ambulanza. Io faccio l'autista di ambulanze, e non so quante volte mi è capitato, in trentadue anni di servizio volontario, di essere chiamato a “portare via dei matti”. Mi ricordo di una donna sarda, dall'incredibile nome di Elmas Piras, che nella Firenze degli anni '80 amava stendersi in mezzo agli incroci più trafficati della città bloccando completamente il traffico, e creando dietro davanti a sé un vuoto che riportava le strade ad una calma assoluta, quasi irreale. Creava un'isola, come la sua Sardegna lontana. Arrivavamo noi e dovevamo “portarla via” per ricreare le normali condizioni di confusione: così va. Arriva l'ambulanza e Rita si riveste “dolce dolce” e si fa portare via. Nella sua solita stanza a Villa Fiorita. Ancora come Teresa Torga, Rita si era messa a ballare nuda: è la sua festa. Matta, santa, anarchica, quel che si vuole: soprattutto bella.

Perché da questa canzone promana un senso di bellezza, che neppure l'intervento dell'autorità e il “ripristino della normalità” riescono a eliminare. Il tempo quasi si ferma, sottolineato dal modo in cui Ivan esprime l'ora: le quindici e sessanta. Non le “quattro”. Le quattro non sono arrivate e non arriveranno mai, bisognerebbe fermare questi minuti di poesia e libertà. Minuti che vengono fermati dalla presenza di Rita, in forma di “rosa strana” che rimane piantata là dove stava. [RV]
Le quindici e quaranta
in via Montemartini
l'autunno già s'incanta
nel vuoto dei giardini

Le quindici e quaranta
c'è Rita alla panchina,
scolpita come santa
o come madonnina

Il busto ben eretto
paresse stesse in posa,
in mano ritto stretto
l'avanzo di una rosa

E come se pregasse
col capo chino a destra,
pareva che guardasse
diritto alla finestra

Col tempo dell'amore
che dolce si rinserra,
la Rita ha preso il fiore
e l'ha piantato in terra

O rosa benedetta
dall'acqua di fontana,
nessuno più ti aspetta
né santa né puttana

Tu ultima illusione
che il mentecatto afferra,
la rossa tua passione
già stinge nella guerra

"Mi tolgo la sottana,
mi spoglio d'ogni cosa,
di ogni veste umana
per diventare rosa".

Arriva l'ambulanza
con la sirena in resta,
la Rita nuda danza
e grida: "È la mia festa!"

La festa del dolore
già torsolo di rosa,
che può scoprirsi amore
del nulla d'ogni cosa

"Portatemi pur via,
son matta e sono santa,
è dolce l'anarchia
alle quindici e sessanta.

Ridatemi la stanza
laggiù a Villa Fiorita,
abbiate un po' clemenza
per Rita che è impazzita."

Si veste dolce dolce
con gesti di poesia,
poi canta sottovoce:
"Coraggio, andiamo via."

Le quindici e sessanta
e in via Montemartini
l'autunno ancora incanta
il vuoto dei giardini

E dalla mia finestra,
né santa né puttana
guardando sulla destra
c'è quella rosa strana.

Contributed by Riccardo Venturi - 2010/2/10 - 01:44



Language: French

Version française – RITA EST REVENUE – Marco Valdo M.I. – 2010
Chanson italienne – La Rita è tornata – Ivan Della Mea – 1979

rosapazzaSur ce site, sont déjà présentes deux chansons provenant de Sudadio Giudabestia, l'œuvre collective qu'Ivan Della Mea et sa bande de « pirates » (que j'ai eu la chance de connaître) écrivirent et mirent en scène en 1979 : il s'agissait de Storia di un cane et Sebastiano. Obligatoirement, tout le Sudadio devrait être inséré. Peu importe comment, et sous n'importe quel prétexte; petit à petit, il en sera ainsi. Entretemps, en insérant cette chanson magistrale que Ivan martelait presque en un crescendo rossinien, avec sa voix inépuisable nonobstant les neuf mille cigarettes par jour qu'il fumait ou d'autres choses du genre, je prends l'occasion de parler un peu mieux du Sudadio et de Rita qui en est la figure centrale.

Le Sudadio est l'épopée de la rue milanaise où habitait Ivan Della Mea, et où il est mort à cette aube maudite du 14 juin 2009. Rue Montemartini, ses jardins, ses maisons quelconques, ses chiens, ses gamins, ses seringues d'héroïne, ses révolutions et, précisément, sa Rita. Rita est la folle de la rue. Dans chaque rue, il y a une folle; même moi, ici, dans la rue de l'Argingrosso à Florence, j'ai ma folle de référence sur laquelle j'écrirais des dizaines de chansons si je savais les écrire comme Ivan.

Le Sudadio, qui ne découle pas par hasard d'une autre et ancienne chanson d'Ivan, Io so che un giorno... est la description totale de l'univers Montemartini; un univers de dureté et de douceur, de lutte et de résignation, d'ouvertures et de fermetures, de la mort gratuite donnée à un chien et de la vie qui naît désespérément; et pour naître désespérée, ne peut faire autrement que le faire par le truchement d'une soi-disant « folle ». Rita. Celle qui est toujours dans les jardins. Ce devait être une femme mûre mais pas encore vieille, encore belle, encore avec sa poitrine dressée et ses gestes d'amour vécu; il vient à l'esprit, qui sait, une Alda Merini dans la quarantaine.

Rita est une folle avérée. Elle a sa chambre à la « Villa Fiorita » ( Villa Fleurie – nom typique des pavillons d'asiles d'aliénés : à Florence également, au milieu de la zone de San Salvi ancien asile, on trouve actuellement une Villa Fiorita qui sert pour aux « visites fiscales » pour la concession des pensions d'invalidité), et elle sait déjà qu'un jour... Là tout de suite, elle est dehors, dans un automnal après-midi enchanteur dans la rue Montemartini, avec en main une tige de rose à laquelle elle veut redonner vie et elle le plante en terre. Puis, elle accomplit un autre et décisif acte de vie, un geste primaire. Elle se déshabille, nue. Elle veut elle aussi devenir une rose en se débarrassant de tout vêtement humain. On songe, avec ce geste, à une de ses sœurs folles : la Teresa Torga de José Afonso.

Comme pour Terresa Torga, arriva la police; pour Rita, arriva l'ambulance. Je suis conducteur d'ambulances et je ne sais combien de fois il m'est arrivé , en trente-deux ans de service volontaire, d'être appelé à « emmener des fous ». Je me souviens d'une femme sarde, à l'incroyable nom d'Elmas Piras, qui dans la Florence des années 1980 aimait s'étendre au milieu des carrefours les plus fréquentés de la ville, bloquant complètement le trafic et créant autour elle un vide qui ramenait la rue à un calme absolu, presque irréel. Elle créait une île comme sa Sardaigne lointaine.
Nous arrivions et nous devions l'« emmener » pour recréer les conditions normales de confusion : ainsi va la vie. Arrive l'ambulance et Rita se rhabille « doucement doucement » et se laisse emmener. Dans son habituelle Villa Fiorita. Encore comme Teresa Torga, Rita s'était mise à danser nue; c'est sa fête. Folle, sainte, anarchique, ce qu'on veut : surtout belle.

Car de cette chanson émane un sens de la beauté, que même l'intervention de l'autorité et le « rétablissement de la normalité » n'arrivent pas à éliminer. Le temps s'arrête presque, comme le souligne la façon dont Ivan exprime l'heure : quinze heures soixante. Pas quatre heures. Quatre heures n'arrive pas et n'arrivera jamais; il faudrait garder ces minutes de poésie et liberté. Des minutes qui sont en arrêt par la présence de Rita, en forme de « rose étrange » qui reste plantée là où elle était.[RV]

C'est très émouvant cette chanson et cette histoire de la Rita, dit Lucien l'âne. Et tu connais ma passion absolue et nécessaire pour les roses... Et puis aussi, Ivan Della Mea, tu as déjà traduit de ses chansons. La chanson de la Teresa Torga aussi tu l'avais traduite... Mais il me souvient d'une des chansons que tu avais écrite à propos aussi à propos d'une folle...

Ah !, tu t'en souviens de Clara... Mais la mienne, c'est une folle de village, une folle dans un pays bien différent de ces grandes villes que sont Milan ou Lisbonne... C'est l'histoire de Clara la pazza qui finit dans le feu... et j'entends encore sa lamentation, son long hululement avant de quitter volontairement cette vie où on la laissait périr. Je l'avais rencontrée dans ce village de Sardaigne décrit par ce merveilleux conteur qu'est Ugo Dessy. J'en tremble encore du cri de Clara … C'est d'ailleurs le titre de la canzone : HOU HOU ! ...

Cela dit, ce monde des humains est quand même assez barbare, dit Lucien l'âne...


Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
RITA EST REVENUE

Quinze heures quarante
Rue Montemartini
L'automne s'enchante déjà
Dans le vide des jardins

Quinze heures quarante
Rita est sur le banc
Sculptée comme une sainte
Ou comme une Madone

La poitrine bien dressée
Semble aussi poser
Sa main tient droit serrée
Une tige de rosier

Comme si elle priait
La tête penchée à droite
On dirait qu'elle regardait
Par la fenêtre, droite

Au moment où l'amour
Doucement se renferme
Rita a pris la fleur
Et l'a plantée dans la terre

Ô rose bénie
à l'eau de la fontaine
Plus personne ne t'attend
Ni sainte ni putain

Toi l'ultime illusion
que le délirant accroche,
Ta passion si rouge
Déteint là dans la guerre.

« J'ôte ma robe
Je me défais de tout,
De toute vêture humaine,
Pour devenir rose »

L'ambulance arrive,
Avec sa sirène hurlante,
Rita danse nue
Et crie : « C'est ma fête ! »

La fête de la douleur
Une tige de rose
Qui découvre l'amour
Dans le néant de chaque chose

« Emmenez-moi donc,
Je suis folle et sainte
L'anarchie est douce
À quinze heures soixante.

Rendez-moi ma chambre
Là-bas à la Villa Fiorita,
Ayez un peu de clémence
Pour Rita qui est affolée. »

Elle se vêt doucement doucement
Avec des gestes de poésie,
Puis chante à mi-voix :
« Courage, allons-y. »

Quinze heures soixante
Rue Montemartini
L'automne encor enchante
Le vide des jardins

Et de ma fenêtre,
Ni sainte, ni putain
Regardant sur la droite
Il y a cette rose étrange.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2010/2/11 - 21:53


Via Luigi Montemartini, Milano.

viamontemartini


Luigi Montemartini (1869-1952) fu un noto botanico: anche per questo gli fu dedicata dal comune di Milano una via molto ricca di giardini, nel quartiere del Corvetto dove sembre ha abitato ed è morto Luigi Della Mea, detto Ivan. Che almeno uno di quei giardini venga intitolato a Ivan, anche se nella Milano morattiana non è affatto probabile.

Riccardo Venturi - 2010/2/10 - 15:21


A Milano, portus Laetitiae, i giardini hanno da essere craxiani, come a Roma gli horti erano sallustiani. E Ivan neanche l'amava Milano: lui sui navigli, la grande gloria dei belini che ci vanno tutte le sere, lui ci sputava. Gh'è che dis che l'è bela quest'acqua marscia, sto scaregh public de cess, de ruera; ma mi quand riva giò la sira, mi senti el stomegh bel e sarà". Quest'acqua, dopo Craxi, è diventata da bere, e l'abbiamo bevuta. E la berremo. Sicuro che la berremo, brindando all'Expo.

Gian Piero Testa - 2010/2/10 - 23:34


Ce serait bien que Clara la Pazza rejoigne Rita dans une version italienne et que son Hou hou français ait en écho un Hu hu ! italien. On pourrait les présenter l'une à l'autre....
Je le ferais volontiers, mais mon italien est plus déficient encore que mon français.

Lucien Lane

Lucien Lane - 2010/2/14 - 11:13




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