Ero povero ma disertore
e disertai dalle mie frontiere
e Ferdinando l'impé', l'imperatore
che mi ha perseguità.
Valli e monti ho scavalcato
e dai gendarmi ero inseguito,
quando una sera mi addo', mi addormentai
e mi svegliai incatenà.
Incatenato le mani e i piedi
e in tribunale mi hanno portato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato:
" Perché mai sei incatenà? ".
Io gli risposi francamente:
" Camminavo per la foresta
quando un pensiero mi vie', mi viene in testa:
di non fare ma' più il soldà ".
Caro padre, che sei già morto,
e tu, madre, che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio alla, alla tortura,
condannato senza ragion.
O compagni che marciate,
che marciate al suon della tromba,
quando sarete su la, su la mia tomba
griderete: pietà di me!
e disertai dalle mie frontiere
e Ferdinando l'impé', l'imperatore
che mi ha perseguità.
Valli e monti ho scavalcato
e dai gendarmi ero inseguito,
quando una sera mi addo', mi addormentai
e mi svegliai incatenà.
Incatenato le mani e i piedi
e in tribunale mi hanno portato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato:
" Perché mai sei incatenà? ".
Io gli risposi francamente:
" Camminavo per la foresta
quando un pensiero mi vie', mi viene in testa:
di non fare ma' più il soldà ".
Caro padre, che sei già morto,
e tu, madre, che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio alla, alla tortura,
condannato senza ragion.
O compagni che marciate,
che marciate al suon della tromba,
quando sarete su la, su la mia tomba
griderete: pietà di me!
Langue: anglais
Versione inglese di Riccardo Venturi
I WAS POOR, BUT A DESERTER
I was poor, but a deserter
and I deserted from my frontiers
and the emperor Ferdinand
he persecuted me.
I passed valleys and mountains
pursued by gendarmes
and one night I fell asleep
and I woke up in chains.
With my hands and feet in chains
they took me to the law court
and the judge asked to me
"Why are you in chains?"
And I told him the truth:
"I was walking through the forest
when a thought came to my mind:
I'll be a soldier nevermore."
Dear father, you're dead and buried,
Dear mother, you're still in life
your son is put to the torture
and condemned without reason.
Fellow soldiers, you who march
to the blare of the trumpet
when you'll pass by my grave
you'll cry: have mercy upon me!
I was poor, but a deserter
and I deserted from my frontiers
and the emperor Ferdinand
he persecuted me.
I passed valleys and mountains
pursued by gendarmes
and one night I fell asleep
and I woke up in chains.
With my hands and feet in chains
they took me to the law court
and the judge asked to me
"Why are you in chains?"
And I told him the truth:
"I was walking through the forest
when a thought came to my mind:
I'll be a soldier nevermore."
Dear father, you're dead and buried,
Dear mother, you're still in life
your son is put to the torture
and condemned without reason.
Fellow soldiers, you who march
to the blare of the trumpet
when you'll pass by my grave
you'll cry: have mercy upon me!
Langue: italien
Versione emiliano/veneta raccolta dalla Bonifica Emiliana Veneta.
ERO UN POVERO DISERTORE
Ed ero un povero, un povero disertore.
che disertava in una foresta
ed un pensiero mi vien mi viene in testa
di non far mai più al soldè.
E valli e monti che io attraversai
e alla fine mi addormentai
e alla mattina io mi risvegliai
e mi trovai tot lighè.
E mani e piedi mi avevano legato
ed in prigione mi avevano portato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato
per qual fin io disertai.
E la mi scusi signor signor pretore
e la mi scusi s'io son scappato via
sol per vedere il papà e la mamma mia
e per poterli ancora abbracciar.
O babbo mio perchè perchè sei morto
o mamma mia perchè non vivi ancora
sol per vedere il tuo figlio alla tortura
condannè senza ragion.
Ed ero un povero, un povero disertore.
che disertava in una foresta
ed un pensiero mi vien mi viene in testa
di non far mai più al soldè.
E valli e monti che io attraversai
e alla fine mi addormentai
e alla mattina io mi risvegliai
e mi trovai tot lighè.
E mani e piedi mi avevano legato
ed in prigione mi avevano portato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato
per qual fin io disertai.
E la mi scusi signor signor pretore
e la mi scusi s'io son scappato via
sol per vedere il papà e la mamma mia
e per poterli ancora abbracciar.
O babbo mio perchè perchè sei morto
o mamma mia perchè non vivi ancora
sol per vedere il tuo figlio alla tortura
condannè senza ragion.
envoyé par Cris Carampa (cris119@operamail.com) - 3/6/2005 - 14:33
Langue: italien
Versione cantata da Massimo Bubola
«Canto di origine trentina racconta con estrema felicità narrativa l'abbandono dell'esercito da parte di un soldato di quella zona, allora sotto l'Impero austroungarico. L'allusione a Ferdinando l'Imperatore (Ferdinando I d'Asburgo) lo fa risalire con estrema precisione al triennio 1835-1838 in cui Ferdinando fu Imperatore d'Austria. Il canto ebbe larghissima diffusione nel corso della Prima Guerra Mondiale. Lo cantavano i soldati italiani; i superiori, dal canto loro, tolleravano il canto, dato che, di fatto, si alludeva ad un disertore del campo nemico.»
(dalla presentazione del disco "Quel lungo treno" di Massimo Bubola)
«Canto di origine trentina racconta con estrema felicità narrativa l'abbandono dell'esercito da parte di un soldato di quella zona, allora sotto l'Impero austroungarico. L'allusione a Ferdinando l'Imperatore (Ferdinando I d'Asburgo) lo fa risalire con estrema precisione al triennio 1835-1838 in cui Ferdinando fu Imperatore d'Austria. Il canto ebbe larghissima diffusione nel corso della Prima Guerra Mondiale. Lo cantavano i soldati italiani; i superiori, dal canto loro, tolleravano il canto, dato che, di fatto, si alludeva ad un disertore del campo nemico.»
(dalla presentazione del disco "Quel lungo treno" di Massimo Bubola)
Per una presentazione dell'album di Massimo Bubola, vedi la prima canzone, Jack O'Leary.
IL DISERTORE
Io son povero ma disertore
abbandonai le mie bandiere
per Ferdinando l'impé', l'imperatore
che mi ha perseguità.
Io passai giorni felici
mari e monti li traversai
ed una sera m'addormentai
e mi svegliai ch'ero legà
Mani e piedi m'avevano legato
in una prigione m'avevan trasportato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato:
per qual fine g'ho disertà.
Io risposi francamente:
che un bel giorno in una foresta
ed un pensiero mi vie', mi viene in testa:
di non fare mai più 'l soldà.
Caro padre, che sei già morto,
e tu, madre, che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio alla malora
condannato senza ragion.
Io son povero ma disertore
abbandonai le mie bandiere
per Ferdinando l'impé', l'imperatore
che mi ha perseguità.
Io passai giorni felici
mari e monti li traversai
ed una sera m'addormentai
e mi svegliai ch'ero legà
Mani e piedi m'avevano legato
in una prigione m'avevan trasportato
ed il pretore mi ha do', mi ha domandato:
per qual fine g'ho disertà.
Io risposi francamente:
che un bel giorno in una foresta
ed un pensiero mi vie', mi viene in testa:
di non fare mai più 'l soldà.
Caro padre, che sei già morto,
e tu, madre, che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio alla malora
condannato senza ragion.
Langue: anglais
English version by Tim Parks of the previous version
Versione inglese di Tim Parks della versione cantata da Massimo Bubola
Versione inglese di Tim Parks della versione cantata da Massimo Bubola
THE DESERTER
I am a poor deserted
I abandoned the standards
of the Emperor Ferdinand
my persecutor.
I spent happy days
crossed mountains and seas
and one night i fell asleep
I awake and found myself tied up.
They had tied my hands and feet
and sent me off to prison
the Magistrate asked me
why I had deserted.
I answered truthfully
that one day in the forest
a thought entered my mind
I wouldn't be a soldier anymore
Poor father why are you dead
why aren't you still alive
if only to see your son, condemned
to death for no reason.
I am a poor deserted
I abandoned the standards
of the Emperor Ferdinand
my persecutor.
I spent happy days
crossed mountains and seas
and one night i fell asleep
I awake and found myself tied up.
They had tied my hands and feet
and sent me off to prison
the Magistrate asked me
why I had deserted.
I answered truthfully
that one day in the forest
a thought entered my mind
I wouldn't be a soldier anymore
Poor father why are you dead
why aren't you still alive
if only to see your son, condemned
to death for no reason.
Langue: italien
Versione della Resistenza riferita da Mario De Micheli
parte dello spettacolo "Ci ragiono e canto" di Dario Fo
parte dello spettacolo "Ci ragiono e canto" di Dario Fo
SONO POVERO MA DISERTORE
Sono povero ma disertore
e disertavo per la foresta
quando un pensiero mi viene,
mi viene in testa di non fare mai più il soldà,
quando un pensiero mi viene,
mi viene in testa di non fare mai più il soldà.
Monti e valli ho scavalcato
e dai fascisti ero inseguito
quando una sera m'ado-, m'adormentai
e mi svegliai incatenà.
Incatenato le mani e i piedi
e dal questore fui trasportato
ed il pretore m'ha do-, m'ha domandato
perché mai so"ncatenà.
Io gli risposi delicatamente
che il disertore aveo fatto
e disertavo per la-, per la foresta
disperato de fa '1 soldà.'
Padre mio che sei già morto,
madre mia che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio torturato
e 'mprigionato senza ragion.
O soldati che marciate,
che marciate al suon della tromba
quando sarete su la-, su la mia tomba
griderete: "Pietà di me".
Sono povero ma disertore
e disertavo per la foresta
quando un pensiero mi viene,
mi viene in testa di non fare mai più il soldà,
quando un pensiero mi viene,
mi viene in testa di non fare mai più il soldà.
Monti e valli ho scavalcato
e dai fascisti ero inseguito
quando una sera m'ado-, m'adormentai
e mi svegliai incatenà.
Incatenato le mani e i piedi
e dal questore fui trasportato
ed il pretore m'ha do-, m'ha domandato
perché mai so"ncatenà.
Io gli risposi delicatamente
che il disertore aveo fatto
e disertavo per la-, per la foresta
disperato de fa '1 soldà.'
Padre mio che sei già morto,
madre mia che vivi ancora,
se vuoi vedere tuo figlio torturato
e 'mprigionato senza ragion.
O soldati che marciate,
che marciate al suon della tromba
quando sarete su la-, su la mia tomba
griderete: "Pietà di me".
Langue: italien
Una versione molto breve. Non so se si tratta della stessa canzone.
da questo forum.
da questo forum.
SONO UN POVERO DISERTORE
Sono un povero disertore,
abandonai le mie bandiere,
e che destino scelerato
che mi vien perseguitar.
Mama mia, perché sei morta,
ma perché non vivi ancora?
Il tuo figlio a la malora
va finir ‘n una prigion.
Sono un povero disertore,
abandonai le mie bandiere,
e che destino scelerato
che mi vien perseguitar.
Mama mia, perché sei morta,
ma perché non vivi ancora?
Il tuo figlio a la malora
va finir ‘n una prigion.
envoyé par Silva - 4/6/2013 - 19:25
Langue: français
Version française – J'ÉTAIS PAUVRE, MAIS DÉSERTEUR – Marco Valdo M.I. – 2009
Chanson italienne – Ero povero ma disertore – Anonyme – 1840 environ.
Chanson italienne – Ero povero ma disertore – Anonyme – 1840 environ.
Ah, dit Lucien l'âne en rejetant ses oreilles en arrière d'un coup de cou, voici à nouveau une chanson de déserteur. Moi, j'aime bien les déserteurs et les chansons de déserteur, même si elles sont souvent tragiques.
Et celle-ci est bien tragique, en effet, mon ami Lucien l'âne, dit Marco Valdo M.I. Avant de t'en dire plus, je voudrais d'abord souligner toute la dignité et le courage de celui qui déserte et ose affirmer l'inanité du troupeau bêlant qu'on envoie par la persuasion, par la propagande - cette intoxication mentale ou par la force des armes à l'abattoir, ces êtres humains qu'on envoie massacrer ou se faire massacrer pour le plus grand profit de ceux qui détiennent le pouvoir et l'argent – c'est-à-dire les riches, ceux-là même qui mènent une guerre (la Guerre de Cent Mille Ans) systématique contre les pauvres pour les exploiter et accessoirement, parfois, contre d'autres riches. Ainsi, les riches et les puissants se massacrent également entre eux pour être encore plus riches et plus puissants. Tu vois, Lucien, ce sont eux les authentiques barbares. Cela dit, cette chanson-ci est bien ancienne et précède de beaucoup celle de Vian. Elle s'en distingue aussi par le fait que ce déserteur-ci a déjà déserté, a été repris et proprement assassiné par la justice – celle des riches et des puissants bien évidemment. En somme, comme le partisan qui interpelle la belle (Bella ciao), il parle d'outre-tombe. Mais comme tu le sais les voix des ombres, les voix des morts ne sont pas les moins audibles, ce ne sont pas les moins nombreuses non plus.
Marco Valdo M.I. mon ami, dit Lucien l'âne avec une gravité inhabituelle, il nous faut faire le compte de toutes ces voix, non pas pour une sorte de suffrage universel , méthode assez trompeuse comme l'on sait, mais bien pour qu'un jour – ce qui sera le vrai jour du véritable jugement dernier – on présente à ces messieurs-dames de la haute l'addition de leurs méfaits et de leurs assassinats et qu'on les fasse payer, payer – comme ils aiment le dire – payer cash.
Je t'approuve complètement, Lucien mon ami, et en attendant que ce jour vienne (et il ne saurait tarder...), à Paris comme à Vienne, tissons déjà le linceul de ces gens-là et de leur monde cacochyme en putréfaction.
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
Et celle-ci est bien tragique, en effet, mon ami Lucien l'âne, dit Marco Valdo M.I. Avant de t'en dire plus, je voudrais d'abord souligner toute la dignité et le courage de celui qui déserte et ose affirmer l'inanité du troupeau bêlant qu'on envoie par la persuasion, par la propagande - cette intoxication mentale ou par la force des armes à l'abattoir, ces êtres humains qu'on envoie massacrer ou se faire massacrer pour le plus grand profit de ceux qui détiennent le pouvoir et l'argent – c'est-à-dire les riches, ceux-là même qui mènent une guerre (la Guerre de Cent Mille Ans) systématique contre les pauvres pour les exploiter et accessoirement, parfois, contre d'autres riches. Ainsi, les riches et les puissants se massacrent également entre eux pour être encore plus riches et plus puissants. Tu vois, Lucien, ce sont eux les authentiques barbares. Cela dit, cette chanson-ci est bien ancienne et précède de beaucoup celle de Vian. Elle s'en distingue aussi par le fait que ce déserteur-ci a déjà déserté, a été repris et proprement assassiné par la justice – celle des riches et des puissants bien évidemment. En somme, comme le partisan qui interpelle la belle (Bella ciao), il parle d'outre-tombe. Mais comme tu le sais les voix des ombres, les voix des morts ne sont pas les moins audibles, ce ne sont pas les moins nombreuses non plus.
Marco Valdo M.I. mon ami, dit Lucien l'âne avec une gravité inhabituelle, il nous faut faire le compte de toutes ces voix, non pas pour une sorte de suffrage universel , méthode assez trompeuse comme l'on sait, mais bien pour qu'un jour – ce qui sera le vrai jour du véritable jugement dernier – on présente à ces messieurs-dames de la haute l'addition de leurs méfaits et de leurs assassinats et qu'on les fasse payer, payer – comme ils aiment le dire – payer cash.
Je t'approuve complètement, Lucien mon ami, et en attendant que ce jour vienne (et il ne saurait tarder...), à Paris comme à Vienne, tissons déjà le linceul de ces gens-là et de leur monde cacochyme en putréfaction.
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
J'ÉTAIS PAUVRE, MAIS DÉSERTEUR
J'étais pauvre mais déserteur
Et je désertai en dehors de mon pays
C'est Ferdinand l'emp, l'empereur
Qui m' a poursuivi
J'ai franchi montagnes et vallées
Par les gendarmes, j'étais suivi
Quand un soir, je m'en, je m'endormis
Je me suis réveillé enchaîné
Les mains et les pieds enchaînés
Au tribunal, ils m'ont traîné
Et le juge de paix m'a de, m'a demandé
« Pourquoi donc es-tu enchaîné ? ».
Je lui répondis tout dret
« Je cheminai par la forêt
Quand l'idée m'est pas, m'est passée par la
Par la tête de ne plus jamais faire le soldat ».
Cher père, qui est déjà mort
Chère mère, qui vit encore
Voyez votre fils tor, torturé
Sans raison condamné.
Ô, camarades qui marchez
Qui au son du clairon marchez
Quand devant ma tombe, vous pas, vous passerez
Criez, criez pour moi : Pitié !
J'étais pauvre mais déserteur
Et je désertai en dehors de mon pays
C'est Ferdinand l'emp, l'empereur
Qui m' a poursuivi
J'ai franchi montagnes et vallées
Par les gendarmes, j'étais suivi
Quand un soir, je m'en, je m'endormis
Je me suis réveillé enchaîné
Les mains et les pieds enchaînés
Au tribunal, ils m'ont traîné
Et le juge de paix m'a de, m'a demandé
« Pourquoi donc es-tu enchaîné ? ».
Je lui répondis tout dret
« Je cheminai par la forêt
Quand l'idée m'est pas, m'est passée par la
Par la tête de ne plus jamais faire le soldat ».
Cher père, qui est déjà mort
Chère mère, qui vit encore
Voyez votre fils tor, torturé
Sans raison condamné.
Ô, camarades qui marchez
Qui au son du clairon marchez
Quand devant ma tombe, vous pas, vous passerez
Criez, criez pour moi : Pitié !
envoyé par Marco Valdo M.I. - 4/1/2010 - 17:01
"P.C., della provincia di Frosinone, anni 24, soldato del 17° fanteria; condannato alla pena di morte col mezzo della fucilazione nella schiena per diserzione in presenza del nemico.
(Tribunale militare di guerra del XXIII corpo d’armata. Ruda, 4 luglio 1917)
Il prevenuto mentre la sera del 6 giugno c.a. si trovava col proprio reparto nelle trincee di Palickisce in prossimità del nemico e mentre sapeva di dover portarsi colla propria compagnia in altre trincee ancor più avanzate del Velicki, si assentava arbitrariamente e scientemente dalle file del reparto, venendo arrestato il giorno 8 stesso mese dai CC.RR. a Papriano.
Il P. C. è comparso avanti il Tribunale macchiato già di una precedente condanna a venti anni di reclusione riportata nel novembre 1915 per codardia.
La pietà degli uomini, sospendendo la pena per il delitto infame commesso, aveva dato la possibilità a lui di redimersi, di riabilitarsi. Vigliacco e bollato come tale, il prevenuto ben triste uso ha fatto della clemenza usatagli. Codardo prima, ha voluto anche esser traditore della Patria, anzi doppiamente traditore: poiché non contento di sottrarre il braccio suo, ha anche indotto un povero suo compagno debole di mente a seguirlo nel cammino del disonore e della infamia, cinicamente conclamando la galera e l’onta dell’ergastolo preferibile alla morte gloriosa sul campo per la difesa del proprio paese.
Ritto nella trincea sotto il fuoco che lo attornia e lo avvince, il soldato d’Italia sta saldo e sicuro, fidente nel sopraggiungere di altri petti, che gli permetteranno di mantenere il posto d’onore che gli è affidato. Il P.C. ha sentito questa attesa, ha intuito il pericolo del fratello che in quel momento era il pericolo della Patria sua, e in luogo di accorrere ha voluto esso ed ha fatto volgere ad altri il tergo. Egli ha preferito, anziché la palla in fronte che gli avrebbe dato il diritto di invocare nell’ultimo singulto con profondo orgoglio il nome d’Italia, e della mamma sua, volgere le spalle. Su lui morto. Già completamente morto all’onore, scenda non crudele ma inflessibilmente e severa la sanzione della legge, monito solenne ai vigliacchi e ai traditori."
Da "Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale", di Enzo Forcella ed Alberto Monticone, Laterza 1998 (seconda edizione).
(Tribunale militare di guerra del XXIII corpo d’armata. Ruda, 4 luglio 1917)
Il prevenuto mentre la sera del 6 giugno c.a. si trovava col proprio reparto nelle trincee di Palickisce in prossimità del nemico e mentre sapeva di dover portarsi colla propria compagnia in altre trincee ancor più avanzate del Velicki, si assentava arbitrariamente e scientemente dalle file del reparto, venendo arrestato il giorno 8 stesso mese dai CC.RR. a Papriano.
Il P. C. è comparso avanti il Tribunale macchiato già di una precedente condanna a venti anni di reclusione riportata nel novembre 1915 per codardia.
La pietà degli uomini, sospendendo la pena per il delitto infame commesso, aveva dato la possibilità a lui di redimersi, di riabilitarsi. Vigliacco e bollato come tale, il prevenuto ben triste uso ha fatto della clemenza usatagli. Codardo prima, ha voluto anche esser traditore della Patria, anzi doppiamente traditore: poiché non contento di sottrarre il braccio suo, ha anche indotto un povero suo compagno debole di mente a seguirlo nel cammino del disonore e della infamia, cinicamente conclamando la galera e l’onta dell’ergastolo preferibile alla morte gloriosa sul campo per la difesa del proprio paese.
Ritto nella trincea sotto il fuoco che lo attornia e lo avvince, il soldato d’Italia sta saldo e sicuro, fidente nel sopraggiungere di altri petti, che gli permetteranno di mantenere il posto d’onore che gli è affidato. Il P.C. ha sentito questa attesa, ha intuito il pericolo del fratello che in quel momento era il pericolo della Patria sua, e in luogo di accorrere ha voluto esso ed ha fatto volgere ad altri il tergo. Egli ha preferito, anziché la palla in fronte che gli avrebbe dato il diritto di invocare nell’ultimo singulto con profondo orgoglio il nome d’Italia, e della mamma sua, volgere le spalle. Su lui morto. Già completamente morto all’onore, scenda non crudele ma inflessibilmente e severa la sanzione della legge, monito solenne ai vigliacchi e ai traditori."
Da "Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale", di Enzo Forcella ed Alberto Monticone, Laterza 1998 (seconda edizione).
Alessandro - 5/2/2009 - 15:26
Segnalo questa pagina dal forum di Cime e Trincee dove ci sono molti riferimenti bibliografici su “Ero povero ma disertore” (titolo che in origine era più probabilmente “Sono un povero disertore”) e molte versioni del canto.
Credo che quanto riportato sia almeno in gran parte tratto dal libro “Canti della grande guerra – Vol. 2”, a cura di Anton Virgilio Savona e Michele L. Straniero, Garzanti Editore, 1981.
Credo che quanto riportato sia almeno in gran parte tratto dal libro “Canti della grande guerra – Vol. 2”, a cura di Anton Virgilio Savona e Michele L. Straniero, Garzanti Editore, 1981.
Bernart Bartleby - 3/12/2013 - 09:26
Langue: italien
Ed ero povero ma disertore
e disertai dalle mie frontiere
Nella mia terra c'è un di - c'è un dittatore
Che mi ha, mi ha, perseguità
Nella mia terra c'è un di - c'è un dittatore
Che mi ha, mi ha, perseguità
E poi la Libia io ho attraversato
E dai gendarmi io ero inseguito
Quindi una sera io mi, io m'imbarcai
verso l'Europa a na, a navigar..
Quindi una sera io mi, io m'imbarcai
verso l'Europa a na, a navigar..
Quando in Italia infin sono arrivato
In tribunale mi hanno portato, mi hanno portato
Ed il Questore mi ha do' - mi ha domandato
Perchè mai io son venuto qua
Ed il Questore mi ha do' - mi ha domandato
Perchè mai io son venuto qua
Io gli risposi quasi francamente:
Mentre guardavo le stelle nel deserto
Che di un pensiero io n'è -io n'ero certo
Di non far mai più, mai più il soldà!
Che di un pensiero io n'è -io n'ero certo
Di non far mai più, mai più il soldà!
e disertai dalle mie frontiere
Nella mia terra c'è un di - c'è un dittatore
Che mi ha, mi ha, perseguità
Nella mia terra c'è un di - c'è un dittatore
Che mi ha, mi ha, perseguità
E poi la Libia io ho attraversato
E dai gendarmi io ero inseguito
Quindi una sera io mi, io m'imbarcai
verso l'Europa a na, a navigar..
Quindi una sera io mi, io m'imbarcai
verso l'Europa a na, a navigar..
Quando in Italia infin sono arrivato
In tribunale mi hanno portato, mi hanno portato
Ed il Questore mi ha do' - mi ha domandato
Perchè mai io son venuto qua
Ed il Questore mi ha do' - mi ha domandato
Perchè mai io son venuto qua
Io gli risposi quasi francamente:
Mentre guardavo le stelle nel deserto
Che di un pensiero io n'è -io n'ero certo
Di non far mai più, mai più il soldà!
Che di un pensiero io n'è -io n'ero certo
Di non far mai più, mai più il soldà!
envoyé par Dq82 - 29/9/2021 - 18:01
Dall'Archivio di Stato di Firenze:
Fonte: fasc. n. 21 della busta n. 1, fondo Tribunale militare territoriale di Livorno - Processi definiti, attualmente in corso d’inventariazione.
“Sei Italiana? Io sono internazionale e sono figlio di una mamma, come pure sono figli di una mamma i Tedeschi e gli Austriaci e quindi sono come noi”.
Cecina, ore 23 del 7 ottobre 1918. Un maresciallo dei carabinieri e un ufficiale di polizia giudiziaria intercettano un’animata discussione in corso all'interno di un bar e, in particolare, le parole che abbiamo citato.
A pronunciarle, "alla presenza di una quindicina di persone", è il poco più che ventenne Eugenio Sgherri, allievo fuochista ferroviario, che subito viene fermato e condotto in caserma: “si trattava di un disfattista […] il suo contegno era tale da deprimere lo spirito pubblico e la resistenza interna del Paese poiché rialzava i nostri nemici paragonandoli a noi”, si legge nel verbale dell'arresto.
Nel fascicolo processuale si conserva anche la tessera di iscrizione al PSI di Sgherri e… un garofano rosso!
Cecina, ore 23 del 7 ottobre 1918. Un maresciallo dei carabinieri e un ufficiale di polizia giudiziaria intercettano un’animata discussione in corso all'interno di un bar e, in particolare, le parole che abbiamo citato.
A pronunciarle, "alla presenza di una quindicina di persone", è il poco più che ventenne Eugenio Sgherri, allievo fuochista ferroviario, che subito viene fermato e condotto in caserma: “si trattava di un disfattista […] il suo contegno era tale da deprimere lo spirito pubblico e la resistenza interna del Paese poiché rialzava i nostri nemici paragonandoli a noi”, si legge nel verbale dell'arresto.
Nel fascicolo processuale si conserva anche la tessera di iscrizione al PSI di Sgherri e… un garofano rosso!
Fonte: fasc. n. 21 della busta n. 1, fondo Tribunale militare territoriale di Livorno - Processi definiti, attualmente in corso d’inventariazione.
×
Le Déserteur ha i suoi "predecessori" un po' ovunque. Questo canto anonimo proviene forse dal Trentino, allora sotto dominazione asburgica.
Ci sono un paio di edizioni discografiche precedenti a quella di Bubola: una versione partigiana che faceva parte dello spettacolo di Dario Fo "Ci Ragiono e Canto n.2" (La Comune, LC5-6) e in "Il Povero Soldato 2" nell'esecuzione di Fausto Amodei, Sandra Mantovani e Michele Straniero (33/17 de I Dischi del Sole, DS 13).
(Note tratte da un impareggiabile libro che ora sto rileggendo alla ricerca di nuove vecchie canzoni da postare: "Canzoni italiane di protesta - 1794/1974: dalla Rivoluzione Francese alla repressione cilena", a cura di Giuseppe Vettori, Paperbacks poeti/26, Newton Compton Editori, 1974) [Alessandro]
Questo canto sul disertore risale — è infatti spesso citato Ferdinando I d'Austria, che regnò dal 1835 al 1848 — alla prima metà del secolo XIX. Assai diffuso e ancora nell'uso, fu cantato durante la prima guerra mondiale e, con un testo lievemente modificato, durante la Resistenza. Una lezione è riportata in Piero Jahier e Vittorio Gui, Canti di soldati, Sezione propaganda I Armata, Trento.
(dalle note dello spettacolo "Ci ragiono e canto" di Dario Fo)