1.
Addio, Lugano bella,
o dolce terra pia,
scacciati senza colpa
gli anarchici van via
e partono cantando
colla speranza in cor,
e partono cantando
colla speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati,
per voi lavoratori,
che siamo ammanettati
al par dei malfattori;
eppur la nostra idea
è solo idea d'amor,
eppur la nostra idea
è solo idea d'amor.
Anonimi compagni,
amici che restate,
le verità sociali
da forti propagate:
e questa è la vendetta.
che noi vi domandiam,
e questa è la vendetta
che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica borghese,
un dì ne avrai vergogna
ed ora t'accusiamo
in faccia all'avvenir,
ed ora t'accusiamo
in faccia all'avvenir.
Scacciati senza tregua,
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra:
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor,
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor.
Elvezia, il tuo governo
schiavo d'altrui si rende,
di un popolo gagliardo
le tradizioni offende
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell,
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
Addio, cari compagni,
amici luganesi,
addio, bianche di neve
montagne ticinesi,
i cavalieri erranti
son trascinati al nord,
e partono cantando
con la speranza in cor.
2.
Addio, Lugano bella,
o dolce terra mia,
scacciati senza colpa
gli anarchici van via
e partono cantando
colla speranza in cor,
e partono cantando
colla speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati,
per voi lavoratori,
che siamo ammanettati
al par dei malfattori;
eppur la nostra idea
non è che idea d'amor,
eppur la nostra idea
non è che idea d'amor.
Anonimi compagni,
amici che restate,
le verità sociali
da forti propagate:
è questa la vendetta.
che noi vi domandiam,
è questa la vendetta
che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica borghese,
un dì ne avrai vergogna
ed oggi t'accusiamo
di fronte all'avvenir,
ed oggi t'accusiamo
di fronte all'avvenir.
Banditi senza tregua,
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra:
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor,
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor.
Elvezia, il tuo governo
schiavo d'altrui si rende,
di un popolo gagliardo
le tradizioni offende
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell,
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
Addio, cari compagni,
amici luganesi,
addio, bianche di neve
montagne ticinesi,
i cavalieri erranti
son trascinati al nord,
i cavalieri erranti
son trascinati al nord.
Langue: italien
Strofa anonima per Gaetano Bresci
Poco dopo l'uccisione del re Umberto I, avvenuta a Brescia il 29 luglio 1900 a Monza per mano dell'anarchico pratese Gaetano Bresci (che intese così vendicare le decine di vittime dei moti proletari di Milano del 1898; si veda anche "Il feroce monarchico Bava o Inno del sangue"), in fondo a "Addio a Lugano" venne aggiunta una strofa anonima generalmente non più nota:
Shortly after King Humbert I of Italy's assassination by the anarchist Gaetano Bresci, from Prato (Tuscany), who wanted this way to avenge the dozens of victims of the proletarian riots of Milan (1898); see Il feroce monarchico Bava o Inno del sangue, an anonymous final stanza was added to Addio a Lugano. This stanza is no more sung.
Shortly after King Humbert I of Italy's assassination by the anarchist Gaetano Bresci, from Prato (Tuscany), who wanted this way to avenge the dozens of victims of the proletarian riots of Milan (1898); see Il feroce monarchico Bava o Inno del sangue, an anonymous final stanza was added to Addio a Lugano. This stanza is no more sung.
Si può ascoltare questa strofa, assieme alle ultime due del testo di Pietro Gori, intonata da un interprete di eccezione: Alfonso Failla. Lo stesso Failla specifica che la strofa era stata creata dagli anarchici livornesi. Grazie a Adriana per aver reperito questo prezioso documento sonoro. [RV]
Vittorio Emanuele
figlio di un assassino.
Evviva Gaetano Bresci
che ha ucciso Umberto Primo.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
Victor Emmanuel
is a murderer's son,
Long live Gaetano Bresci
who killed Humbert I.
This is the revenge
the Anarchists can take.
This is the revenge
the Anarchists can take.
figlio di un assassino.
Evviva Gaetano Bresci
che ha ucciso Umberto Primo.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
Victor Emmanuel
is a murderer's son,
Long live Gaetano Bresci
who killed Humbert I.
This is the revenge
the Anarchists can take.
This is the revenge
the Anarchists can take.
envoyé par Riccardo Venturi
Langue: italien
"Addio Bologna" - Nel 1943/44 i partigiani bolognesi cantavano queste due strofe (il cui testo riproduciamo dal Deposito) evidentemente riprese da "Addio a Lugano" (in particolare dalla prima e dall'ultima).
Addio Bologna bella,
o dolce terra pia,
per una vil menzogna
i partigiani van via.
Vanno sulle montagne
con la speranza sul cuor
E tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica fascista,
un dì ne avrai vergogna
Il partigiano errante
ha la sua fede nel cuor.
o dolce terra pia,
per una vil menzogna
i partigiani van via.
Vanno sulle montagne
con la speranza sul cuor
E tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica fascista,
un dì ne avrai vergogna
Il partigiano errante
ha la sua fede nel cuor.
envoyé par Riccardo Venturi - 14/11/2005 - 14:11
Langue: anglais
INGLESE / ENGLISH
Versione inglese di Riccardo Venturi
English version by Riccardo Venturi
(2000)
Versione inglese di Riccardo Venturi
English version by Riccardo Venturi
(2000)
FAREWELL, LUGANO
Farewell beautiful Lugano
Farewell, my sweet land,
Driven away guiltlessly
The anarchists are leaving,
and they set off singing
with hope in their heart,
and they set off singing
with hope in their heart.
It is for you, exploited
and it is for you, workers
that we are handcuffed
just like criminals.
Yet our ideal
is but an ideal of love,
yet our ideal
is but an ideal of love.
Anonymous comrades
friends who remain
the social truths
do spread like strong people.
This is the revenge
that we ask of you,
this is the revenge
that we ask of you.
And you who drive us away
with an infamous lie,
you, bourgeois republic
will be ashamed one day.
In the face of the future
today we accuse you,
in the face of the future
today we accuse you.
Ceaselessly banished
we will go from land to land
promoting peace
and declaring war,
peace among the oppressed
war to the oppressors,
peace among the oppressed,
war to the oppressors.
Helvetia, your government
surrenders like a slave,
a brave people's traditions
offending with no shame,
and insults the legend
of your Wilhelm Tell,
and insults the legend
of your Wilhelm Tell.
Farewell, dear comrades
friends of Lugano
farewell, white snowy
mountains of Ticino,
the knight-errants
are dragged to the North,
and they set off singing
with hope in their heart.
Farewell beautiful Lugano
Farewell, my sweet land,
Driven away guiltlessly
The anarchists are leaving,
and they set off singing
with hope in their heart,
and they set off singing
with hope in their heart.
It is for you, exploited
and it is for you, workers
that we are handcuffed
just like criminals.
Yet our ideal
is but an ideal of love,
yet our ideal
is but an ideal of love.
Anonymous comrades
friends who remain
the social truths
do spread like strong people.
This is the revenge
that we ask of you,
this is the revenge
that we ask of you.
And you who drive us away
with an infamous lie,
you, bourgeois republic
will be ashamed one day.
In the face of the future
today we accuse you,
in the face of the future
today we accuse you.
Ceaselessly banished
we will go from land to land
promoting peace
and declaring war,
peace among the oppressed
war to the oppressors,
peace among the oppressed,
war to the oppressors.
Helvetia, your government
surrenders like a slave,
a brave people's traditions
offending with no shame,
and insults the legend
of your Wilhelm Tell,
and insults the legend
of your Wilhelm Tell.
Farewell, dear comrades
friends of Lugano
farewell, white snowy
mountains of Ticino,
the knight-errants
are dragged to the North,
and they set off singing
with hope in their heart.
Langue: français
FRANCESE - FRENCH
Versione francese di Riccardo Venturi (2004)
Version française de Riccardo Venturi (2004)
Cette traduction est pour Oreste, pour qu'il puisse la chanter.
Versione francese di Riccardo Venturi (2004)
Version française de Riccardo Venturi (2004)
Cette traduction est pour Oreste, pour qu'il puisse la chanter.
ADIEU, LUGANO
Adieu Lugano la belle,
ô douce pieuse terre,
chassés dans l’innocence
partent les anarchistes,
ils partent et chantent
avec l’espoir au coeur,
ils partent et chantent
avec l’espoir au cur.
C’est pour les exploités,
pour vous, les travailleurs
qu’on nous a enchainés
comme des malfaiteurs;
mais notre idée, ce n’est
qu’une idée d’amour,
mais notre idée, ce n’est
qu’une idée d’amour.
Les camarades sans nom,
les amis qui restez là,
propagez avec force
les vérités sociales:
c’est la seule vengeance
que nous vous demandons,
c’est la seule vengeance
que nous vous demandons.
Mais tu, qui nous chasses
de ta vile mensonge,
république bourgeoise
un jour tu auras honte
et tu seras accusée
devant l’avenir,
et tu seras accusée
devant l’avenir.
Et chassés sans plus trève
nous parcourrons la terre
pour prêcher la paix
et annoncer la guerre:
la paix aux opprimés,
la guerre aux oppresseurs,
la paix aux opprimés,
la guerre aux oppresseurs.
ô Suisse, ton gouvernement
d’autrui s’est fait esclave,
et d’un peuple courageux
les traditions outrage
et la mémoire insulte
de ton Guillaume Tell,
et la mémoire insulte
de ton Guillaume Tell.
Adieu, chers camarades,
les amis de Lugano,
adieu, vous les montagnes
du Tessin blanches de neige!
Les chevaliers errants
sont traînés vers le nord,
et ils partent et chantent
avec l'espoir au cur.
Adieu Lugano la belle,
ô douce pieuse terre,
chassés dans l’innocence
partent les anarchistes,
ils partent et chantent
avec l’espoir au coeur,
ils partent et chantent
avec l’espoir au cur.
C’est pour les exploités,
pour vous, les travailleurs
qu’on nous a enchainés
comme des malfaiteurs;
mais notre idée, ce n’est
qu’une idée d’amour,
mais notre idée, ce n’est
qu’une idée d’amour.
Les camarades sans nom,
les amis qui restez là,
propagez avec force
les vérités sociales:
c’est la seule vengeance
que nous vous demandons,
c’est la seule vengeance
que nous vous demandons.
Mais tu, qui nous chasses
de ta vile mensonge,
république bourgeoise
un jour tu auras honte
et tu seras accusée
devant l’avenir,
et tu seras accusée
devant l’avenir.
Et chassés sans plus trève
nous parcourrons la terre
pour prêcher la paix
et annoncer la guerre:
la paix aux opprimés,
la guerre aux oppresseurs,
la paix aux opprimés,
la guerre aux oppresseurs.
ô Suisse, ton gouvernement
d’autrui s’est fait esclave,
et d’un peuple courageux
les traditions outrage
et la mémoire insulte
de ton Guillaume Tell,
et la mémoire insulte
de ton Guillaume Tell.
Adieu, chers camarades,
les amis de Lugano,
adieu, vous les montagnes
du Tessin blanches de neige!
Les chevaliers errants
sont traînés vers le nord,
et ils partent et chantent
avec l'espoir au cur.
envoyé par Riccardo Venturi
Langue: allemand
TEDESCO / GERMAN
Versione tedesca di Riccardo Venturi (2004)
Riveduta il 18 giugno 2005
Deutsche Fassung von Riccardo Venturi (2004/05)
Versione tedesca di Riccardo Venturi (2004)
Riveduta il 18 giugno 2005
Deutsche Fassung von Riccardo Venturi (2004/05)
HAB’ WOHL SCHÖNES LUGANO
Hab’ wohl, schönes Lugano
o süsses, frommes Land
ohne Schuld rasch vertrieben
gehn die Anarchisten weg
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n.
Ist’s für die Ausgebeuteten
und ist’s für alle Arbeiter
dass man hat uns gefesselt
wie Diebe und Missetäter
doch hat unsere Idee
der Liebe volle Kraft,
doch hat unsere Idee
der Liebe volle Kraft.
Namenlose Genossen,
Freunde, die ihr dort bleibt
die soziale Wahrheiten
sollt ihr so stark verbreiten;
und das ist die Rache
die man von euch verlangt,
und das ist die Rache
die man von euch verlangt.
Du aber, uns verjagdend
mit einer feigen Lüge,
bürgerliche Republik
hiervor sollst du dich schämen
und nun wirst du beschuldtigt
vor dem Zukunftsgericht,
und nun wirst du beschuldigt
vor dem Zukunftsgericht.
So ohne Rast vertrieben
gehn wir von Land zu Lande
um Friede zu verbreiten,
und um den Krieg zu ächten,
Friede den Unterdrückten,
den Unterdrückern Krieg,
Friede den Unterdrückten,
den Unterdrückern Krieg.
Schweiz, deine Regierung
anderen sich versklavt,
und eines tapfren Volkes
die Tradition beleidigt
und die Sage beschimpft
deines Wilhelms Tell,
und die Sage beschimpft
deines Wilhelms Tell.
Habt wohl, liebe Genossen,
und Freunde aus Lugano,
und Adieu den Tessiner
schneeweissen Bergketten,
die fahrenden Ritter
werden nach Nord gedrängt,
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n.
Hab’ wohl, schönes Lugano
o süsses, frommes Land
ohne Schuld rasch vertrieben
gehn die Anarchisten weg
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n.
Ist’s für die Ausgebeuteten
und ist’s für alle Arbeiter
dass man hat uns gefesselt
wie Diebe und Missetäter
doch hat unsere Idee
der Liebe volle Kraft,
doch hat unsere Idee
der Liebe volle Kraft.
Namenlose Genossen,
Freunde, die ihr dort bleibt
die soziale Wahrheiten
sollt ihr so stark verbreiten;
und das ist die Rache
die man von euch verlangt,
und das ist die Rache
die man von euch verlangt.
Du aber, uns verjagdend
mit einer feigen Lüge,
bürgerliche Republik
hiervor sollst du dich schämen
und nun wirst du beschuldtigt
vor dem Zukunftsgericht,
und nun wirst du beschuldigt
vor dem Zukunftsgericht.
So ohne Rast vertrieben
gehn wir von Land zu Lande
um Friede zu verbreiten,
und um den Krieg zu ächten,
Friede den Unterdrückten,
den Unterdrückern Krieg,
Friede den Unterdrückten,
den Unterdrückern Krieg.
Schweiz, deine Regierung
anderen sich versklavt,
und eines tapfren Volkes
die Tradition beleidigt
und die Sage beschimpft
deines Wilhelms Tell,
und die Sage beschimpft
deines Wilhelms Tell.
Habt wohl, liebe Genossen,
und Freunde aus Lugano,
und Adieu den Tessiner
schneeweissen Bergketten,
die fahrenden Ritter
werden nach Nord gedrängt,
und singend gehen sie fort
mit hoffnungsvollem Herz'n.
Langue: espagnol
SPAGNOLO / SPANISH
Versione spagnola di Riccardo Venturi (2004)
Versión castellana de Ricardo Venturi (2004)
Para la memoria de Buenaventura Durruti y de todos los Anarquistas hibéricos fallecidos en la guerra contra los opresores fascistas y estalinistas.
Versione spagnola di Riccardo Venturi (2004)
Versión castellana de Ricardo Venturi (2004)
Para la memoria de Buenaventura Durruti y de todos los Anarquistas hibéricos fallecidos en la guerra contra los opresores fascistas y estalinistas.
ADIOS LUGANO LINDA
Pedro Gori (1895)
Adios Lugano linda,
o dulce tierra mía,
expulsados sin culpas
parten los Anarquistas,
y parten cantando
la joya en el corazón,
y parten cantando
la joya en el corazón
Para los explotados
y los trabajadores
estamos maniatados
como los malhechores,
pero nuestra idea
sólo es idea de amor,
pero nuestra idea
sólo es idea de amor.
Queridos camaradas,
amigos aqui quedando
las verdades sociales
seguiréis propagando,
y esta es la venganza
que vamos preguntar,
y esta es la venganza
que vamos preguntar.
Y tú que nos expulsas
con una vil mentira,
república burguesa
un día tendrás vergüenza
y ahora te acusamos
delante del porvenir
y ahora te acusamos
delante del porvenir.
Perseguidos sin tregua
vamos de tierra en tierra
predicando la paz
y pregonando guerra,
la paz al oprimido
y guerra al opresor,
la paz al oprimido
y guerra al opresor.
Helvecia, tu gobierno
como esclavo se viende,
y de un pueblo valiente
la tradición ofende
e insulta la leyenda
de tu Guillermo Tell,
e insulta la leyenda
de tu Guillermo Tell.
Adios los camaradas
y amigos luganeses,
adios, blancas de nieve
montañas ticinesas,
los caballeros errantes
marchan al septentrión
y parten cantando
la joya en el corazón.
Pedro Gori (1895)
Adios Lugano linda,
o dulce tierra mía,
expulsados sin culpas
parten los Anarquistas,
y parten cantando
la joya en el corazón,
y parten cantando
la joya en el corazón
Para los explotados
y los trabajadores
estamos maniatados
como los malhechores,
pero nuestra idea
sólo es idea de amor,
pero nuestra idea
sólo es idea de amor.
Queridos camaradas,
amigos aqui quedando
las verdades sociales
seguiréis propagando,
y esta es la venganza
que vamos preguntar,
y esta es la venganza
que vamos preguntar.
Y tú que nos expulsas
con una vil mentira,
república burguesa
un día tendrás vergüenza
y ahora te acusamos
delante del porvenir
y ahora te acusamos
delante del porvenir.
Perseguidos sin tregua
vamos de tierra en tierra
predicando la paz
y pregonando guerra,
la paz al oprimido
y guerra al opresor,
la paz al oprimido
y guerra al opresor.
Helvecia, tu gobierno
como esclavo se viende,
y de un pueblo valiente
la tradición ofende
e insulta la leyenda
de tu Guillermo Tell,
e insulta la leyenda
de tu Guillermo Tell.
Adios los camaradas
y amigos luganeses,
adios, blancas de nieve
montañas ticinesas,
los caballeros errantes
marchan al septentrión
y parten cantando
la joya en el corazón.
Langue: suédois
SVEDESE / SWEDISH
Versione svedese di Riccardo Venturi
Svensk översättning av Riccardo Venturi
25 giugno / 25. juni 2005
Versione svedese di Riccardo Venturi
Svensk översättning av Riccardo Venturi
25 giugno / 25. juni 2005
FARVÄL SKÖNA LUGANO
Farväl sköna Lugano,
mitt söta och fromma land,
drivna bort utan skuld
gå anarkisterna borta
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av.
Det är för Er, utnyttjade,
det är for Er, arbetare,
som vi äro nu fängslade
liksom förbrytare,
och dock var vår idé
bara människokärlek,
och dock var vår idé
bara människokärlek.
O vänner och kamrater
som namnlöst skola stanna,
den sociala sanningen
med största kraft fortplanta!
Det är hämndlystnaden
vi ber Er att ta för oss,
det är hämndlystnaden
vi ber Er att ta för oss.
Men du, som jagar oss bort
med en lågsinnad lögn,
borgerlig republik,
en dag skall du skämmas!
Och nu beskylla vi dig
framför framtidens rätt,
och nu beskylla vi dig
framför framtidens rätt.
Bortdrivna utan vila
gå vi från land till land
för att predika freden,
för att kungöra kriget!
Freden för de förtryckta,
för förtryckarna krig,
freden för de förtryckta,
för förtryckarna krig!
Helvetien, din regering
bliver till andras träl
och ett kraftiga folks
traditioner kränkar
och förolämpar sagan
av din Wilhelm Tell,
och förolämpar sagan
av din Wilhelm Tell.
Farväl kära kamrater
och vänner från Lugano,
farväl snevita höga
tessinska fjälltoppar!
De strövande ryttarna
drivas nörröver bort,
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av.
Farväl sköna Lugano,
mitt söta och fromma land,
drivna bort utan skuld
gå anarkisterna borta
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av.
Det är för Er, utnyttjade,
det är for Er, arbetare,
som vi äro nu fängslade
liksom förbrytare,
och dock var vår idé
bara människokärlek,
och dock var vår idé
bara människokärlek.
O vänner och kamrater
som namnlöst skola stanna,
den sociala sanningen
med största kraft fortplanta!
Det är hämndlystnaden
vi ber Er att ta för oss,
det är hämndlystnaden
vi ber Er att ta för oss.
Men du, som jagar oss bort
med en lågsinnad lögn,
borgerlig republik,
en dag skall du skämmas!
Och nu beskylla vi dig
framför framtidens rätt,
och nu beskylla vi dig
framför framtidens rätt.
Bortdrivna utan vila
gå vi från land till land
för att predika freden,
för att kungöra kriget!
Freden för de förtryckta,
för förtryckarna krig,
freden för de förtryckta,
för förtryckarna krig!
Helvetien, din regering
bliver till andras träl
och ett kraftiga folks
traditioner kränkar
och förolämpar sagan
av din Wilhelm Tell,
och förolämpar sagan
av din Wilhelm Tell.
Farväl kära kamrater
och vänner från Lugano,
farväl snevita höga
tessinska fjälltoppar!
De strövande ryttarna
drivas nörröver bort,
och med hoppfullt hjärta
sjungande resa de av.
Langue: romanche
RETOROMANCIO (ROMANTSCH GRISCHUN) / SWISS ROMANCHE
Versione retoromancia grigionese (Romantsch Grischun) di Emil Schavut
Ricevuta il 25 giugno 2005
Versione retoromancia grigionese (Romantsch Grischun) di Emil Schavut
Ricevuta il 25 giugno 2005
ADIA LUGANO BELLA
Adia, Lugano bella
o dultscha terra pia
stgatschads senza culpa
partan ils anarquistas
e partan chantond
plains da speranza el cor,
e partan chantond
plains da speranza el cor.
Ed è per vus explotads,
ed è per vus lavurers
ch’essan enchadainads
sco ils malfacturs
dentant nossa idea
n’è ch’in’idea d’amur,
dentant nossa idea
n’è ch’in’idea d’amur.
Camarats senza num,
amis che restais
las vardads socialas
cun forza propagai:
e questa è la vendetga
che nus as dumandain,
e questa è la vendetga
che nus as dumandain.
Ma tu ch’ans stgatschas
cun ina mal’ manzegna,
republica burgaisa,
quest’è per tia vargugna
e ussa t’accusain
en fatscha a l’avegnir,
e ussa t’accusain
en fatscha a l’avegnir.
Stgatschads senza paus
nus giain da terra en terra
a predegiar la pasch
e ad annunziar la guerra,
la pasch als opprimids,
la guerra als oppressurs,
la pasch als opprimids,
la guerra als oppressurs.
Svizra tia regenza
d’auters daventa sclava,
d’in pievel fort e ferm
las tradiziuns offenda
turpegiond la legenda
da tes Guglielm Tell,
turpegiond la legenda
da tes Guglielm Tell.
Adia chars camarats,
adi’amis luganais,
adia, alvas da naiv
muntognas tessinaisas
ils chavalers vagants
èn chatschads al nord
e partan chantond
plains da speranza el cor.
Adia, Lugano bella
o dultscha terra pia
stgatschads senza culpa
partan ils anarquistas
e partan chantond
plains da speranza el cor,
e partan chantond
plains da speranza el cor.
Ed è per vus explotads,
ed è per vus lavurers
ch’essan enchadainads
sco ils malfacturs
dentant nossa idea
n’è ch’in’idea d’amur,
dentant nossa idea
n’è ch’in’idea d’amur.
Camarats senza num,
amis che restais
las vardads socialas
cun forza propagai:
e questa è la vendetga
che nus as dumandain,
e questa è la vendetga
che nus as dumandain.
Ma tu ch’ans stgatschas
cun ina mal’ manzegna,
republica burgaisa,
quest’è per tia vargugna
e ussa t’accusain
en fatscha a l’avegnir,
e ussa t’accusain
en fatscha a l’avegnir.
Stgatschads senza paus
nus giain da terra en terra
a predegiar la pasch
e ad annunziar la guerra,
la pasch als opprimids,
la guerra als oppressurs,
la pasch als opprimids,
la guerra als oppressurs.
Svizra tia regenza
d’auters daventa sclava,
d’in pievel fort e ferm
las tradiziuns offenda
turpegiond la legenda
da tes Guglielm Tell,
turpegiond la legenda
da tes Guglielm Tell.
Adia chars camarats,
adi’amis luganais,
adia, alvas da naiv
muntognas tessinaisas
ils chavalers vagants
èn chatschads al nord
e partan chantond
plains da speranza el cor.
envoyé par Riccardo Venturi - 25/6/2005 - 23:02
Langue: grec moderne
GRECO / GREEK
Versione greca di Haralambos Nikolaidis
Greek Version by Haralambos Nikolaidis
Versione greca di Haralambos Nikolaidis
Greek Version by Haralambos Nikolaidis
ANTIO ΛΟYΓΚΑΝΟ
Aντίο Λουγκάνο ωραίο
ώ γλυκιά χώρα μου!
Διωγμένοι χωρίς σφάλμα
φεύγουν οι Aναρχικοί.
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά,
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά.
Kι είναι γι’εσάς φτωχούς,
γι’εσάς, εργαζομένους
που μας αλυσοδέσαν
ως αν κακοποιοί!
Mα η ιδέα μας, μόνον
της αγάπης είναι η ιδέα,
Mα η ιδέα μας, μόνον
της αγάπης είναι η ιδέα.
Aγαπητοί συντρόφοι,
φίλοι, που ‘δω θα μείνετε,
την κοινωνικήν αλέθεια
δυνατά διαφημίζετε!
Aυτή είναι η εκδίκηση
που τη ζητούμε απ’εσάς,
Aυτή είναι η εκδίκηση
που τη ζητούμε απ’εσάς.
Eσύ, που μας διώχνεις
μ’ένα δειλό ψεύδος,
αστική δημοκρατία,
θα ντρέπεσαι μία μέρα!
Kαι σε κατηγορούμε
ενώπιον του μέλλοντος,
Kαι σε κατηγορούμε
ενώπιον του μέλλοντος.
Διωγμένοι χωρίς διακοπή
θα πάμε γι’όλες τις χώρες
ν’αγγέλλουμε την ειρήνη
και να κηρύσσουμε τον πόλεμο,
την ειρήνη στους καταπιεσμένους,
τον πόλεμο στους καταπιεστές,
την ειρήνη στους καταπιεσμένους,
τον πόλεμο στους καταπιεστές.
Eλβετία, η κυβέρνησή σου
σ’άλλων δουλεία πέφτει,
ενός θαρραλέου λαού
την παράδοση προσβάλλει
και βρίζει τον θρύλο
του Γκουλιέλμου Tελ,
και βρίζει τον θρύλο
του Γκουλιέλμου Tελ.
Aντίο, συντρόφοι μου,
φίλοι από Λουγκάνο,
αντίο σας, χιονιένα
βουνά απ’ το Tιτσίνο!
Oι πλανόβιοι ιππότες
σέρνονται προς τον βορρά,
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά.
Aντίο Λουγκάνο ωραίο
ώ γλυκιά χώρα μου!
Διωγμένοι χωρίς σφάλμα
φεύγουν οι Aναρχικοί.
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά,
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά.
Kι είναι γι’εσάς φτωχούς,
γι’εσάς, εργαζομένους
που μας αλυσοδέσαν
ως αν κακοποιοί!
Mα η ιδέα μας, μόνον
της αγάπης είναι η ιδέα,
Mα η ιδέα μας, μόνον
της αγάπης είναι η ιδέα.
Aγαπητοί συντρόφοι,
φίλοι, που ‘δω θα μείνετε,
την κοινωνικήν αλέθεια
δυνατά διαφημίζετε!
Aυτή είναι η εκδίκηση
που τη ζητούμε απ’εσάς,
Aυτή είναι η εκδίκηση
που τη ζητούμε απ’εσάς.
Eσύ, που μας διώχνεις
μ’ένα δειλό ψεύδος,
αστική δημοκρατία,
θα ντρέπεσαι μία μέρα!
Kαι σε κατηγορούμε
ενώπιον του μέλλοντος,
Kαι σε κατηγορούμε
ενώπιον του μέλλοντος.
Διωγμένοι χωρίς διακοπή
θα πάμε γι’όλες τις χώρες
ν’αγγέλλουμε την ειρήνη
και να κηρύσσουμε τον πόλεμο,
την ειρήνη στους καταπιεσμένους,
τον πόλεμο στους καταπιεστές,
την ειρήνη στους καταπιεσμένους,
τον πόλεμο στους καταπιεστές.
Eλβετία, η κυβέρνησή σου
σ’άλλων δουλεία πέφτει,
ενός θαρραλέου λαού
την παράδοση προσβάλλει
και βρίζει τον θρύλο
του Γκουλιέλμου Tελ,
και βρίζει τον θρύλο
του Γκουλιέλμου Tελ.
Aντίο, συντρόφοι μου,
φίλοι από Λουγκάνο,
αντίο σας, χιονιένα
βουνά απ’ το Tιτσίνο!
Oι πλανόβιοι ιππότες
σέρνονται προς τον βορρά,
Kαι φεύγουν τραγουδώντας
μ’ελπίδες στην καρδιά.
envoyé par Riccardo Venturi - 1/7/2005 - 23:27
Langue: espéranto
ESPERANTO
Versione in esperanto di Gianfranco Molle
da questa pagina
Albumo: Horo da opozicio
Jaro: 1979
Aĉetebla ĉe
Versione in esperanto di Gianfranco Molle
da questa pagina
Albumo: Horo da opozicio
Jaro: 1979
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AL VI, LUGAN', ADIAŬ
Al Vi, Lugan', Adiaŭ
Al Vi, Lugan', adiaŭ
Vi, dolĉa urbo nia
Anarĥiistoj iras
Devige al land' alia
Kantante ili iras
Kaj kun esper' en kor'
Pro viaj la suferoj
De vi laboristaro
Kantenas nin malice
La svisa registaro
Kaj tamen la ideo
Baziĝas nur sur am'
Karegaj kamaradoj
Restontaj en la lando
Socion plijustigu
Per nia propagando
Jen estas nia venĝo
Petata nun al vi
Vi, kiu nin forĝetas
Pro aĉa kalumnio
Burĝara respubliko
Agnoskos vi vian fion
Ni kune vin akuzas
Antaŭ la estontec'
Senhalte ni pelitaj
Irados por agito
De homoj al la paco
Kaj kontraŭ la milito
Al subpremato paco
Milit' al subpremant'!
Ho! Svisa la estraro
Sklava de fremda volo
Vi la kutimojn spitas
De brava la popolo
Perfidas la legendon
Vi de "Vilhelmo Tel'"
Karegaj kamaradoj
Amikoj el Tiĉino
Ĝis la revido, homoj
Ĝis la glorvenka fino
Vagantajn kavalirojn
Oni forpelas plu
Al Vi, Lugan', Adiaŭ
Al Vi, Lugan', adiaŭ
Vi, dolĉa urbo nia
Anarĥiistoj iras
Devige al land' alia
Kantante ili iras
Kaj kun esper' en kor'
Pro viaj la suferoj
De vi laboristaro
Kantenas nin malice
La svisa registaro
Kaj tamen la ideo
Baziĝas nur sur am'
Karegaj kamaradoj
Restontaj en la lando
Socion plijustigu
Per nia propagando
Jen estas nia venĝo
Petata nun al vi
Vi, kiu nin forĝetas
Pro aĉa kalumnio
Burĝara respubliko
Agnoskos vi vian fion
Ni kune vin akuzas
Antaŭ la estontec'
Senhalte ni pelitaj
Irados por agito
De homoj al la paco
Kaj kontraŭ la milito
Al subpremato paco
Milit' al subpremant'!
Ho! Svisa la estraro
Sklava de fremda volo
Vi la kutimojn spitas
De brava la popolo
Perfidas la legendon
Vi de "Vilhelmo Tel'"
Karegaj kamaradoj
Amikoj el Tiĉino
Ĝis la revido, homoj
Ĝis la glorvenka fino
Vagantajn kavalirojn
Oni forpelas plu
envoyé par Nicola Ruggiero - 22/2/2006 - 10:39
(
) Gori, arrestato con altri 17 profughi italiani, viene espulso dalla Svizzera dopo una breve prigionia durante la quale compone due poesie, una delle quali titola Il canto degli anarchici espulsi che poi sarebbe Addio a Lugano presumibilmente nella sua prima versione "...che presenta alcune varianti, sia nel testo che nella disposizione delle strofe, rispetto a quelle comunemente pubblicate e diffuse". Un’altra testimonianza sull’origine del canto la troviamo nel libro "Gli scariolanti di Ostia antica". Storia di una colonia socialista, allorché Pietro Gori si reca ad Ostia presso la comunità dei braccianti ravennati per passare con loro alcuni giorni. Siamo nel 1902, dopo il suo rientro in Italia dall’America del Sud dove si reca nel 1898 per sfuggire ad una condanna in seguito ai tumulti contro il carovita che si sono succeduti in tutta Italia con epilogo a Milano dove la monarchia ordina a Bava Beccaris la violenta repressione costata oltre 80 morti.
Scrive Liliana Madeo: "...Era un poeta, e aveva un bel viso, un corpo snello, elegante. Si accarezzava il baffo appuntito, e sapeva ascoltare i coloni ravennati che raccontavano la loro storia. Provava un profondo rispetto per il coraggio che avevano speso in quella impresa, e glielo diceva con calore. Gli ricordavano gli uomini della Pampa, ripeté. Avevano anche cantato insieme, fino a sgolarsi, quella notte. Avevano cantato le sue canzoni, gli Stornelli dell’esilio, Sante Caserio, Amore ribelle... Di "Addio Lugano Bella" Gori aveva raccontato com’era nata. Dopo che Caserio aveva pugnalato a morte Carnot, lui era dovuto riparare in Svizzera. Qui l’avevano arrestato, insieme con altri 150 fuorusciti italiani, anarchici e socialisti. Tutti poi erano stati espulsi. Quando li conducevano alla frontiera, avevano le manette ai polsi e i loro passi affondavano nella neve...Con le lacrime agli occhi, si era girato indietro a guardare Lugano e pensava agli anarchici scacciati senza colpa che partono cantando con la speranza in cuor..."
"Addio a Lugano" diviene popolarissimo con l’inizio del nuovo secolo anche grazie a numerose edizioni de "Il Canzoniere dei Ribelli" apparso per la prima volta nel 1904 a Barre - Vermont - e ancor oggi è uno dei canti politici più eseguito.
Con lo stesso titolo "Addio a Lugano" esiste una romanza del 1830 circa che canta anch’essa di un esilio politico in terra elvetica con testo siglato D. P.e musica di Fabio Campana.
Scrive Liliana Madeo: "...Era un poeta, e aveva un bel viso, un corpo snello, elegante. Si accarezzava il baffo appuntito, e sapeva ascoltare i coloni ravennati che raccontavano la loro storia. Provava un profondo rispetto per il coraggio che avevano speso in quella impresa, e glielo diceva con calore. Gli ricordavano gli uomini della Pampa, ripeté. Avevano anche cantato insieme, fino a sgolarsi, quella notte. Avevano cantato le sue canzoni, gli Stornelli dell’esilio, Sante Caserio, Amore ribelle... Di "Addio Lugano Bella" Gori aveva raccontato com’era nata. Dopo che Caserio aveva pugnalato a morte Carnot, lui era dovuto riparare in Svizzera. Qui l’avevano arrestato, insieme con altri 150 fuorusciti italiani, anarchici e socialisti. Tutti poi erano stati espulsi. Quando li conducevano alla frontiera, avevano le manette ai polsi e i loro passi affondavano nella neve...Con le lacrime agli occhi, si era girato indietro a guardare Lugano e pensava agli anarchici scacciati senza colpa che partono cantando con la speranza in cuor..."
"Addio a Lugano" diviene popolarissimo con l’inizio del nuovo secolo anche grazie a numerose edizioni de "Il Canzoniere dei Ribelli" apparso per la prima volta nel 1904 a Barre - Vermont - e ancor oggi è uno dei canti politici più eseguito.
Con lo stesso titolo "Addio a Lugano" esiste una romanza del 1830 circa che canta anch’essa di un esilio politico in terra elvetica con testo siglato D. P.e musica di Fabio Campana.
(Santo Catanuto-Franco Schirone, Il canto anarchico in Italia nell'ottocento e nel novecento, Edizioni Zero in condotta, Milano 2001, pp. 112-113)
Lungo la strada ferrata
di Angelo Toninelli
Sulla Piazza del Mare, nelle strade del porticciolo i capannelli si stringevano intorno a chi aveva un ricordo da raccontare o riferiva, per sentito dire, episodi della sua vita, già leggendari nella memoria: le arringhe alla pretura di Piombino e di Portoferraio in difesa anche del più povero dei diavoli, perché quando era nell’isola non rifiutava mai il suo aiuto ad un amico, ad un compagno, o a uno sconosciuto; la sua casa sempre aperta, la sua modestia, perché era un signore nei modi ma semplice nel cuore; e le piazze affollate e vibranti al martellare del suo discorso, la gioia, l’allegria, la speranza che irradiava intorno a sé.
Alla stazione, e dalla stazione al porto, e per tutto il giorno fu un continuo corteo di persone che volevano andare a Portoferraio, gruppi di anarchici di tutta Italia, delegazioni delle Camere del lavoro di tante città, con le bandiere strette in un nodo di lutto. Molti che non riuscirono a trovare posto nell’ultimo vaporetto si consolarono, sarebbero rimasti a salutarlo per l’ultima volta il giorno dopo, quando Gori si sarebbe fermato a Piombino, per poi raggiungere sua madre nella tomba di famiglia a Rosignano Marittimo.
E il giorno dopo i bastioni, piazza Bovio, il porto, le strade e le piazze che guardavano l’isola erano gremite di folla, quando nelle prime ore del pomeriggio la sagoma del piroscafo Giglio sbucò dalla foschia. Il suono della sirena raggiunse Piombino che nereggiava di dolore e la nave, scivolando al largo della Rocchetta, virò per entrare nel porto.
La folla seguì in silenzio le manovre di attracco. Si udivano solo lo stridore metallico della catena dell’ancora, gli ordini del capitano e il gridio acuto dei gabbiani che volteggiavano inquieti.
Si avvicinarono le barche per trasbordare i passeggeri: le mani protese accolsero la bara che altre mani, quelle dei minatori dell’Elba, porgevano dall’alto; su un’altra barca prese posto Bice, la sorella di Pietro, e il piccolo corteo si mosse nello specchio d’acqua.
La banda ora suonava meste melodie. Dietro la bara, portata a spalle da otto operai, si mosse poi il fiume di corone di fiori, tra due ali di gente, mani che lanciavano un rosso garofano, mani che salutavano, mani che avrebbero voluto toccare appena quel legno per imprimere meglio nella memoria il ricordo. Volti di donne che potevano piangere senza vergognarsi, mentre gli uomini si asciugavano frettolosamente gli occhi.
Il corteo entrò in città dalla Porta a mare, la attraversò e sfociò in piazza Bovio.
Pasella, a nome della Camera del lavoro, pronunciò un breve discorso, poi il sindaco, infine parlò Carlo, con il volto disfatto e la voce che gli tremava.
Noi che gli siamo amici, disse, e che abbiamo vissuto insieme a lui tante ore della nostra vita, e voi che ormai lo consideravate un vostro paesano, costretto ad allontanarsi spesso, ma legato profondamente alla nostra terra che ogni anno lo vedeva ritornare, e che lo ha accolto in questi ultimi giorni dolorosi, noi e voi non abbiamo bisogno di tante parole per dire chi è Pietro Gori, per ricordarci di lui. Ma alcune cose bisogna pur rammentarle, perché gli altri sappiano, perché almeno di fronte alla morte la menzogna ceda alla verità.
Hanno sempre diffamato gli anarchici, li hanno detti violenti e assassini. Chi è stato più mite di Pietro, chi più di lui ha rifuggito la violenza, chi più di lui l’ha subita! Ai dotti che parlano di criminalità, di degenerazione della razza, e ai servi ottusi che pretendono di rappresentare la giustizia, Gori in tante opere ha sempre detto: cercate nella triste realtà sociale le cause che inducono al delitto, cercate nella miseria, nell’ignoranza in cui le moltitudini sono costrette a vivere le radici della violenza e della delinquenza, non limitatevi a giudicare con le fredde leggi, esse sì criminali. Non tappatevi gli occhi per non vedere. L’uomo nella sua natura è buono. E’ la società, questa società corrotta di egoismi e di rapine, di soprusi e di ingiustizie lo spinge all’odio e gli mette in mano l’arma fratricida. Non sono le nostre idee, la nostra parola di anarchici a farlo divenire assassino, perché noi diciamo: cambiamo questa società, creiamone una nuova, giusta, umana, libera, e l’uomo seguendo la sua natura vivrà in pace. Questa era l’anarchia che Pietro sognava e predicava e per la quale tanto è stato perseguitato e tanto ha sofferto.
Dicono che gli anarchici ripudiano la famiglia, che nel loro cuore di malfattori non albergano affetti profondi. Chi più di Pietro ha amato la madre, la sorella, lui che non aveva che questo unico tormento, questo solo rimorso, di aver dato alla madre più dolori che gioie, lui che ha lasciato, in poesie tenere e dolci, la più delicata testimonianza di amore filiale e fraterno.
Dicono che gli anarchici sono egoisti, pericolosi per la vita civile, che rinnegano la patria. Chi come Pietro ha donato tutto se stesso, i suoi beni, la sua vita, i suoi affetti, la sua mente per l’amore degli altri, per l’umanità intera. Si, è vero che gli anarchici non hanno patria perché il mondo intero è la nostra patria, perché tutti gli uomini sono nostri fratelli. E Pietro è stato americano con gli americani, inglese con gli inglesi, francese con i francesi. Non aveva patria perché aveva il mondo, ma dal lontano esilio guardava anelante alla terra in cui era nato, dove la famiglia e gli amici lo aspettavano con affetto, devozione, ammirazione, riconoscenza.
Uomo mite, ma forte, semplice e umile con gli umili e i semplici, ma fiero e orgoglioso combattente, tenace, mai ha piegato la testa di fronte all’ingiustizia, mai ha dubitato, in un attimo di debolezza o di sconforto, nella sua fede nell’uomo e nella libertà.
Per lui anarchia non ha mai significato sterile individualismo, ma collaborazione tra uguali. Per tutti noi è stato un maestro di vita, oltre che amico e fratello, un esempio di coerenza e di sacrificio.
Addio, Pietro. Senza di te saremo più smarriti, senza la tua guida faremo più fatica ad andare avanti, ma il tuo ricordo e il tuo pensiero ci aiuteranno, come quando in vita ci aiutavi con la tua parola, il tuo sorriso.
Accanto a Gigi, a pochi metri dalla bara ricoperta di bandiere e di fiori, Vera piangeva sommessamente, e quando, avviandosi tutti verso la stazione dove un carro merci era già pronto per portarlo al paese di sua madre, risuonarono le note di Addio Lugano, la sua voce si unì al canto di tutta la piazza: ... gli anarchici van via, e partono cantando con la speranza in cor.... Addio Gori, ti ho voluto bene, disse un vecchio avvicinandosi a salutare l’amico.
Il treno si mise in movimento alle quindici e trenta.
Lungo la strada ferrata, davanti ai passaggi a livello, tra i solchi dei campi, sul limitare delle case, la gente lo vide passare, gli uomini si tolsero il cappello, le donne si fecero il segno della croce. A Campiglia, a Follonica, a San Vincenzo, a Bolgheri, a Cecina, in tutte le stazioni dove sostò, lo attendeva da ore una moltitudine giunta dalle campagne e dai paesi vicini. il tetto dell’ultimo vagone dove viaggiava Gori si ricopriva ogni volta di garofani e di crisantemi, che cadendo mano a mano che il treno si allontanava lasciavano lungo i binari una scia rossa come di sangue. Alle prime ombre azzurre della sera ecco l’ultima tappa, Castiglioncello, e qui un’altra folla immensa, dopo le parole accorate del sindaco, si avviò lungo i sette chilometri di strada che, tra colline verdi di ulivi e di pini, si inerpicava tortuosa verso Rosignano. Nell’aria andavano le parole dell’Inno del primo maggio: "Date fiori ai ribelli caduti/ collo sguardo rivolto all’aurora/ al gagliardo che lotta e lavora/ al veggente poeta che muor...."
Rosignano, sulla collina in faccia al mare, con le bianche case e il castello rossiccio, si stagliava contro un cielo livido nell’ultima luce del giorno. Il mattino dopo, appena fuori del paese, al di là del cancello di ferro del piccolo camposanto, nella cappella di famiglia lo attendeva la madre, morta nel novembre del 1903.
Chi in quei giorni non ebbe un moto di commozione invidiò in cuor suo l’affetto e l’amore che stringevano tanta gente intorno a quella bara e si sentì alla fine meschino nella sua diversità. Lo stato, che lo aveva perseguitato in vita come il peggiore dei malfattori, non sentì il pudore di ritirarsi in disparte, di rispettare il dolore, di chiudere il suo occhio indagatore e allontanare la sua mano armata. Il paese e le strade intorno furono vigilati da centinaia di gendarmi in tenuta di guerra. Siete stati crudelmente cinici nella morte come foste persecutori spietati in vita, protestò Bice Gori in una lettera aperta al capo del governo Luzzatti.
(da Ritratti in piedi, a cura di Massimo Ortalli).
di Angelo Toninelli
Sulla Piazza del Mare, nelle strade del porticciolo i capannelli si stringevano intorno a chi aveva un ricordo da raccontare o riferiva, per sentito dire, episodi della sua vita, già leggendari nella memoria: le arringhe alla pretura di Piombino e di Portoferraio in difesa anche del più povero dei diavoli, perché quando era nell’isola non rifiutava mai il suo aiuto ad un amico, ad un compagno, o a uno sconosciuto; la sua casa sempre aperta, la sua modestia, perché era un signore nei modi ma semplice nel cuore; e le piazze affollate e vibranti al martellare del suo discorso, la gioia, l’allegria, la speranza che irradiava intorno a sé.
Alla stazione, e dalla stazione al porto, e per tutto il giorno fu un continuo corteo di persone che volevano andare a Portoferraio, gruppi di anarchici di tutta Italia, delegazioni delle Camere del lavoro di tante città, con le bandiere strette in un nodo di lutto. Molti che non riuscirono a trovare posto nell’ultimo vaporetto si consolarono, sarebbero rimasti a salutarlo per l’ultima volta il giorno dopo, quando Gori si sarebbe fermato a Piombino, per poi raggiungere sua madre nella tomba di famiglia a Rosignano Marittimo.
E il giorno dopo i bastioni, piazza Bovio, il porto, le strade e le piazze che guardavano l’isola erano gremite di folla, quando nelle prime ore del pomeriggio la sagoma del piroscafo Giglio sbucò dalla foschia. Il suono della sirena raggiunse Piombino che nereggiava di dolore e la nave, scivolando al largo della Rocchetta, virò per entrare nel porto.
La folla seguì in silenzio le manovre di attracco. Si udivano solo lo stridore metallico della catena dell’ancora, gli ordini del capitano e il gridio acuto dei gabbiani che volteggiavano inquieti.
Si avvicinarono le barche per trasbordare i passeggeri: le mani protese accolsero la bara che altre mani, quelle dei minatori dell’Elba, porgevano dall’alto; su un’altra barca prese posto Bice, la sorella di Pietro, e il piccolo corteo si mosse nello specchio d’acqua.
La banda ora suonava meste melodie. Dietro la bara, portata a spalle da otto operai, si mosse poi il fiume di corone di fiori, tra due ali di gente, mani che lanciavano un rosso garofano, mani che salutavano, mani che avrebbero voluto toccare appena quel legno per imprimere meglio nella memoria il ricordo. Volti di donne che potevano piangere senza vergognarsi, mentre gli uomini si asciugavano frettolosamente gli occhi.
Il corteo entrò in città dalla Porta a mare, la attraversò e sfociò in piazza Bovio.
Pasella, a nome della Camera del lavoro, pronunciò un breve discorso, poi il sindaco, infine parlò Carlo, con il volto disfatto e la voce che gli tremava.
Noi che gli siamo amici, disse, e che abbiamo vissuto insieme a lui tante ore della nostra vita, e voi che ormai lo consideravate un vostro paesano, costretto ad allontanarsi spesso, ma legato profondamente alla nostra terra che ogni anno lo vedeva ritornare, e che lo ha accolto in questi ultimi giorni dolorosi, noi e voi non abbiamo bisogno di tante parole per dire chi è Pietro Gori, per ricordarci di lui. Ma alcune cose bisogna pur rammentarle, perché gli altri sappiano, perché almeno di fronte alla morte la menzogna ceda alla verità.
Hanno sempre diffamato gli anarchici, li hanno detti violenti e assassini. Chi è stato più mite di Pietro, chi più di lui ha rifuggito la violenza, chi più di lui l’ha subita! Ai dotti che parlano di criminalità, di degenerazione della razza, e ai servi ottusi che pretendono di rappresentare la giustizia, Gori in tante opere ha sempre detto: cercate nella triste realtà sociale le cause che inducono al delitto, cercate nella miseria, nell’ignoranza in cui le moltitudini sono costrette a vivere le radici della violenza e della delinquenza, non limitatevi a giudicare con le fredde leggi, esse sì criminali. Non tappatevi gli occhi per non vedere. L’uomo nella sua natura è buono. E’ la società, questa società corrotta di egoismi e di rapine, di soprusi e di ingiustizie lo spinge all’odio e gli mette in mano l’arma fratricida. Non sono le nostre idee, la nostra parola di anarchici a farlo divenire assassino, perché noi diciamo: cambiamo questa società, creiamone una nuova, giusta, umana, libera, e l’uomo seguendo la sua natura vivrà in pace. Questa era l’anarchia che Pietro sognava e predicava e per la quale tanto è stato perseguitato e tanto ha sofferto.
Dicono che gli anarchici ripudiano la famiglia, che nel loro cuore di malfattori non albergano affetti profondi. Chi più di Pietro ha amato la madre, la sorella, lui che non aveva che questo unico tormento, questo solo rimorso, di aver dato alla madre più dolori che gioie, lui che ha lasciato, in poesie tenere e dolci, la più delicata testimonianza di amore filiale e fraterno.
Dicono che gli anarchici sono egoisti, pericolosi per la vita civile, che rinnegano la patria. Chi come Pietro ha donato tutto se stesso, i suoi beni, la sua vita, i suoi affetti, la sua mente per l’amore degli altri, per l’umanità intera. Si, è vero che gli anarchici non hanno patria perché il mondo intero è la nostra patria, perché tutti gli uomini sono nostri fratelli. E Pietro è stato americano con gli americani, inglese con gli inglesi, francese con i francesi. Non aveva patria perché aveva il mondo, ma dal lontano esilio guardava anelante alla terra in cui era nato, dove la famiglia e gli amici lo aspettavano con affetto, devozione, ammirazione, riconoscenza.
Uomo mite, ma forte, semplice e umile con gli umili e i semplici, ma fiero e orgoglioso combattente, tenace, mai ha piegato la testa di fronte all’ingiustizia, mai ha dubitato, in un attimo di debolezza o di sconforto, nella sua fede nell’uomo e nella libertà.
Per lui anarchia non ha mai significato sterile individualismo, ma collaborazione tra uguali. Per tutti noi è stato un maestro di vita, oltre che amico e fratello, un esempio di coerenza e di sacrificio.
Addio, Pietro. Senza di te saremo più smarriti, senza la tua guida faremo più fatica ad andare avanti, ma il tuo ricordo e il tuo pensiero ci aiuteranno, come quando in vita ci aiutavi con la tua parola, il tuo sorriso.
Accanto a Gigi, a pochi metri dalla bara ricoperta di bandiere e di fiori, Vera piangeva sommessamente, e quando, avviandosi tutti verso la stazione dove un carro merci era già pronto per portarlo al paese di sua madre, risuonarono le note di Addio Lugano, la sua voce si unì al canto di tutta la piazza: ... gli anarchici van via, e partono cantando con la speranza in cor.... Addio Gori, ti ho voluto bene, disse un vecchio avvicinandosi a salutare l’amico.
Il treno si mise in movimento alle quindici e trenta.
Lungo la strada ferrata, davanti ai passaggi a livello, tra i solchi dei campi, sul limitare delle case, la gente lo vide passare, gli uomini si tolsero il cappello, le donne si fecero il segno della croce. A Campiglia, a Follonica, a San Vincenzo, a Bolgheri, a Cecina, in tutte le stazioni dove sostò, lo attendeva da ore una moltitudine giunta dalle campagne e dai paesi vicini. il tetto dell’ultimo vagone dove viaggiava Gori si ricopriva ogni volta di garofani e di crisantemi, che cadendo mano a mano che il treno si allontanava lasciavano lungo i binari una scia rossa come di sangue. Alle prime ombre azzurre della sera ecco l’ultima tappa, Castiglioncello, e qui un’altra folla immensa, dopo le parole accorate del sindaco, si avviò lungo i sette chilometri di strada che, tra colline verdi di ulivi e di pini, si inerpicava tortuosa verso Rosignano. Nell’aria andavano le parole dell’Inno del primo maggio: "Date fiori ai ribelli caduti/ collo sguardo rivolto all’aurora/ al gagliardo che lotta e lavora/ al veggente poeta che muor...."
Rosignano, sulla collina in faccia al mare, con le bianche case e il castello rossiccio, si stagliava contro un cielo livido nell’ultima luce del giorno. Il mattino dopo, appena fuori del paese, al di là del cancello di ferro del piccolo camposanto, nella cappella di famiglia lo attendeva la madre, morta nel novembre del 1903.
Chi in quei giorni non ebbe un moto di commozione invidiò in cuor suo l’affetto e l’amore che stringevano tanta gente intorno a quella bara e si sentì alla fine meschino nella sua diversità. Lo stato, che lo aveva perseguitato in vita come il peggiore dei malfattori, non sentì il pudore di ritirarsi in disparte, di rispettare il dolore, di chiudere il suo occhio indagatore e allontanare la sua mano armata. Il paese e le strade intorno furono vigilati da centinaia di gendarmi in tenuta di guerra. Siete stati crudelmente cinici nella morte come foste persecutori spietati in vita, protestò Bice Gori in una lettera aperta al capo del governo Luzzatti.
(da Ritratti in piedi, a cura di Massimo Ortalli).
Riccardo Venturi - 25/6/2005 - 22:12
Langue: italien
ADDIO SANREMO BELLA - La canzone popolare toscana del 1830 sulla cui aria è cantata Addio a Lugano.
Ne sono state recuperate fortunosamente solo le prime due strofe da il Il canzoniere della radio dell'anno 1941, libro ritrovato in casa mia a Firenze e appartenente a mio padre, che aveva conservato.
Addio Sanremo bella
o dolce terra mia,
del mare tu sei stella,
ma deggio andare via!
E parto sconsolato
ma spero di tornar,
E parto sconsolato
ma spero di tornar!
Non più quel dolce canto
risuonerà sull'onde,
quel canto che da lungi
soave mi risponde!
E serberò rimpianto
per quel canto d'amor,
e serberò rimpianto
per quel canto d'amor.
o dolce terra mia,
del mare tu sei stella,
ma deggio andare via!
E parto sconsolato
ma spero di tornar,
E parto sconsolato
ma spero di tornar!
Non più quel dolce canto
risuonerà sull'onde,
quel canto che da lungi
soave mi risponde!
E serberò rimpianto
per quel canto d'amor,
e serberò rimpianto
per quel canto d'amor.
envoyé par Riccardo Venturi - 30/4/2006 - 01:16
Langue: italien
NOVISSIMA VERSIONE DI "ADDIO A LUGANO"
Ispirata alle sconsolanti vicende di Riccardo Venturi, amministratore di questo sito & gran traduttor de' traduttor de guèra.
Ei medesmo compose il dì XXVI del mese d'ottobre dell'anno MMVII, a un mese esatto dacché dette vicende occorsero.
Ispirata alle sconsolanti vicende di Riccardo Venturi, amministratore di questo sito & gran traduttor de' traduttor de guèra.
Ei medesmo compose il dì XXVI del mese d'ottobre dell'anno MMVII, a un mese esatto dacché dette vicende occorsero.
ADDIO A LUGANO
(Novissima versione)
Addio, Lugano bella,
seitan ed anarchia
scacciato senza colpa
il Venturi va via
e parte fischiettando
con qualche pena nel cor,
e parte fischiettando
con qualche pena nel cor .
E fu con gran baldanza
con treno metallurgo,
che un dì pien di speranza
lui se ne andò a Friburgo
perché la sua idea
è solo idea d'amor,
perché la sua idea
è solo idea d'amor.
Ma quel che lo aspettava
era un crudel destino:
lavoro non trovava,
vivea da clandestino
lassù fra le montagne
nel gel dell'altopian,
lassù fra le montagne
nel gel dell'altopian.
Ma tu che lo discacci
- sorte tapina e ria -
e che recidi i lacci
per correr la tua via
noi oggi ti facciamo
i più migliori augur,
e non bastasser mai,
i più migliori assai.
Scacciato senza tregua
e col culo un po' a terra
farà tante versioni
per "Canzoni contro la guerra"!
Sarà tra gli indefessi
e stoici traduttor,
sarà tra gli indefessi
e stoici traduttor.
Elvezia, cosa dirti?
Giunsi un di' di gennaio;
non per disminuirti,
meglio è Portoferraio
e la schiaccia briaca
del tuo Guglielmo Tell,
e la schiaccia briaca
del tuo Guglielmo Tell.
Ma addio, cara compagna,
o bella luganese,
addio ai grotti ed alla
gazzosa ticinese!
Il cavaliere errante
'un cià più voglia d'errar,
e parte fischiettando,
torna dai monti al mar!
(Novissima versione)
Addio, Lugano bella,
seitan ed anarchia
scacciato senza colpa
il Venturi va via
e parte fischiettando
con qualche pena nel cor,
e parte fischiettando
con qualche pena nel cor .
E fu con gran baldanza
con treno metallurgo,
che un dì pien di speranza
lui se ne andò a Friburgo
perché la sua idea
è solo idea d'amor,
perché la sua idea
è solo idea d'amor.
Ma quel che lo aspettava
era un crudel destino:
lavoro non trovava,
vivea da clandestino
lassù fra le montagne
nel gel dell'altopian,
lassù fra le montagne
nel gel dell'altopian.
Ma tu che lo discacci
- sorte tapina e ria -
e che recidi i lacci
per correr la tua via
noi oggi ti facciamo
i più migliori augur,
e non bastasser mai,
i più migliori assai.
Scacciato senza tregua
e col culo un po' a terra
farà tante versioni
per "Canzoni contro la guerra"!
Sarà tra gli indefessi
e stoici traduttor,
sarà tra gli indefessi
e stoici traduttor.
Elvezia, cosa dirti?
Giunsi un di' di gennaio;
non per disminuirti,
meglio è Portoferraio
e la schiaccia briaca
del tuo Guglielmo Tell,
e la schiaccia briaca
del tuo Guglielmo Tell.
Ma addio, cara compagna,
o bella luganese,
addio ai grotti ed alla
gazzosa ticinese!
Il cavaliere errante
'un cià più voglia d'errar,
e parte fischiettando,
torna dai monti al mar!
Ho sentito alcune frasi da una persona, Se fosse possibile vorrei poter avere la versione in musica per poterla suonare. Dove la posso trovare? Grazie.
(Gregori Flavio)
(Gregori Flavio)
Gli accordi si trovano in questa pagina dal "Deposito - Canti di lotta". [CCG/AWS Staff]
C'è ben poco da spiegare, Gaetano: nelle tradizioni popolari non hanno, spesso, valori (anche geografici) ben definiti; oppure ci possono essere stati dei motivi la cui origine, però, si è persa nel tempo. Faccio un esempio classico: Come mai la perfida amante della canzone popolare "Donna Lombarda", diffusa in tutta Italia e anche fuori di essa (Dame Lombarde o L'Empoisonneuse in Francia) deve essere proprio lombarda? Poi si è stabilito che la ballata ha origine da tempi e da fatti talmente remoti, altomedievali, e che quel "lombarda" sta per "longobarda". Un ulteriore fatto ben presente nei canti popolari: nascono in ambiti geografici ben definiti (mettiamo la Toscana), nominano un luogo che magari si chiama "Sarteano" che, col tempo e con la tradizione, diventa piano piano "Sanremo"; oppure in Toscana ci sarà stato, chissà, qualche "S. Remo" da qualche parte (c'è una Livorno in Piemonte e ci può essere una S. Remo in Toscana). Oppure ancora la canzone può avere origine marinaresca, in fondo la canzone non si chiama "Addio Sydney bella" o "Addio Città del Capo bella", Sanremo è un tiro di schioppo dalla Toscana in termini di navigazione. Ti faccio come ultima cosa presente che la melodia della famosa Badoglieide di Nuto Revelli è ripresa da un canto popolare sicuramente piemontese che si chiama "E non vedi che sono toscano". Le tradizioni popolari sono complesse, Gaetano, e hanno delle "logiche" tutte loro. Saluti!
Riccardo Venturi - 9/7/2014 - 11:51
EUROPA INGRATA: REPRESSIONE ED ESPULSIONE PER I CURDI
("Addio Lugano bella" 2022)
Gianni Sartori
Vedere centinaia di giovani curdi, una parte almeno, rivestiti di tute bianche percorrere le strade dell’Aia il 1 novembre poteva riportare alla memoria le prime giornate di Genova.
E come a Genova nel 2001 la manifestazione - per quanto assolutamente pacifica - è stata pesantemente repressa. Anche strumentalizzando creature innocenti come i cavalli e i cani che sarebbe il caso di non coinvolgere nel lavoro sporco.
L’iniziativa (indetta dalle organizzazioni della diaspora curda nell’ambito della settimana di azione #WeSeeYourCrimes), aveva lo scopo di denunciare l’utilizzo sistematico da parte dell’esercito turco di armi chimiche, vietate dalle Convenzioni internazionali, nel Kurdistan del Sud ((in territorio iracheno) contro la Resistenza curda. In particolare richiedere a chi di dovere (all’OIAC, l’Organizzazione per l’interdizione delle armi chimiche, con sede all’Aia) di avviare un’inchiesta in merito a questo uso criminale di sostanze proibite.
Possibilmente inviando una delegazione di osservatori internazionali indipendenti.
Stando alla versione ufficiale, i reparti della polizia mobile olandese sarebbero intervenuti preventivamente quando una parte dei manifestanti, inalberando cartelli con i volti delle vittime dei gas tossici, aveva mostrato di aver l’intenzione di raggiungere l’ambasciata turca.
Invece secondo gli organizzatori le cariche sarebbero iniziate quando ancora molti stavano raggiungendo il luogo convenuto per il raduno.
In ogni caso alla fine il bilancio finale è stato di una trentina di feriti (tutti piuttosto seriamente e due versano in gravi condizioni), sia per le manganellate, sferrate direttamente stando a cavallo, sia per essere stati travolti dai cavalli.
Un curdo che rischiava di annegare per essere caduto nel fiume è stato tempestivamente tratto in salvo dai suoi compagni.
Inoltre una dozzina di partecipanti alla protesta sono stati arrestati, addirittura prelevati mentre erano già sugli autobus per ritornare a casa dopo la dispersione.
Su questa infausta vicenda il Movimento delle donne curde in Europa (TJK-E) e la Confederazioneeuropea delle Associazioni curde (KCDK-E) hanno emesso un comunicato congiunto condannando la violenza esercitata sui manifestanti e richiesto delle scuse da parte del governo olandese.
Risale ormai a oltre sette mesi fa (17 aprile 2022) l’avvio dell’ennesima operazione turca contro il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), utilizzando l’aviazione e bombardando ripetutamente le zone in cui sono insediati i villaggi curdi del Sud-Kurdistan. Incendiando le foreste e facendo uso di sostanze chimiche. Stando a quanto denunciavano le HPG (Forze di Difesa del Popolo, considerate il braccio armato del PKK) tali sostanze negli ultimi sei mesi sarebbero state utilizzate in 2470 occasioni (quelle finora documentate). Mentre “soltanto” 367 volte nel 2021.
Dall’ aprile 2022 almeno una novantina di guerriglieri avrebbero perso la vita per tali cause.
Ma se in Olanda i curdi piangono, in Svizzera di sicuro non ridono.
In linea del resto con quanto sta avvenendo un po’ dovunque. Dalla Serbia alla Francia, dalla Germania addirittura all’Armenia.Ormai l’espulsione dei curdi (in genere verso le galere turche o iraniane) non fa più nemmeno notizia.
L’ultimo caso è quello di Tawar. In Svizzera da sei anni, la militante curda aderente a Lawan (organizzazione giovanile del Partito democratico del Kurdistan-Iran), è già stata convocata dalle autorità elvetiche per informarla che la sua domanda d’asilo viene rigettata e che dovrà lasciare il Paese. Tawar era politicamente in stretto rapporto con i militanti uccisi nella sede del PDK-I di Koya (città dove viveva prima di espatriare) dai missili iraniani nel settembre 2018. E molto probabilmente, qualora non se ne fosse andata in precedenza, sarebbe ugualmente rimasta vittima dell’attacco (orchestrato, pare, direttamente dai Guardiani della rivoluzione). Del resto anche recentemente i missili iraniani hanno nuovamente colpito le sedi del PDK-I in territorio iracheno (nella regione autonoma del Kurdistan del Sud) uccidendo una dozzina di persone.Peggio ancora se dovesse finire in Iran, pensando a quanto subiscono i curdi che vivono all’interno dei confini iraniani (dove forniscono circa la metà dei prigionieri politici dell’intero Paese).E' auspicabile che la Svizzera ci ripensi.In caso contrario dovremo tornare a intonare tristemente la canzone di Pietro Gori "Addio Lugano bella".Ricordate? "Elvezia il tuo governo schiavo d'altrui si rende, di un popolo gagliardo le tradizioni offende...".
Gianni Sartori
("Addio Lugano bella" 2022)
Gianni Sartori
Vedere centinaia di giovani curdi, una parte almeno, rivestiti di tute bianche percorrere le strade dell’Aia il 1 novembre poteva riportare alla memoria le prime giornate di Genova.
E come a Genova nel 2001 la manifestazione - per quanto assolutamente pacifica - è stata pesantemente repressa. Anche strumentalizzando creature innocenti come i cavalli e i cani che sarebbe il caso di non coinvolgere nel lavoro sporco.
L’iniziativa (indetta dalle organizzazioni della diaspora curda nell’ambito della settimana di azione #WeSeeYourCrimes), aveva lo scopo di denunciare l’utilizzo sistematico da parte dell’esercito turco di armi chimiche, vietate dalle Convenzioni internazionali, nel Kurdistan del Sud ((in territorio iracheno) contro la Resistenza curda. In particolare richiedere a chi di dovere (all’OIAC, l’Organizzazione per l’interdizione delle armi chimiche, con sede all’Aia) di avviare un’inchiesta in merito a questo uso criminale di sostanze proibite.
Possibilmente inviando una delegazione di osservatori internazionali indipendenti.
Stando alla versione ufficiale, i reparti della polizia mobile olandese sarebbero intervenuti preventivamente quando una parte dei manifestanti, inalberando cartelli con i volti delle vittime dei gas tossici, aveva mostrato di aver l’intenzione di raggiungere l’ambasciata turca.
Invece secondo gli organizzatori le cariche sarebbero iniziate quando ancora molti stavano raggiungendo il luogo convenuto per il raduno.
In ogni caso alla fine il bilancio finale è stato di una trentina di feriti (tutti piuttosto seriamente e due versano in gravi condizioni), sia per le manganellate, sferrate direttamente stando a cavallo, sia per essere stati travolti dai cavalli.
Un curdo che rischiava di annegare per essere caduto nel fiume è stato tempestivamente tratto in salvo dai suoi compagni.
Inoltre una dozzina di partecipanti alla protesta sono stati arrestati, addirittura prelevati mentre erano già sugli autobus per ritornare a casa dopo la dispersione.
Su questa infausta vicenda il Movimento delle donne curde in Europa (TJK-E) e la Confederazioneeuropea delle Associazioni curde (KCDK-E) hanno emesso un comunicato congiunto condannando la violenza esercitata sui manifestanti e richiesto delle scuse da parte del governo olandese.
Risale ormai a oltre sette mesi fa (17 aprile 2022) l’avvio dell’ennesima operazione turca contro il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), utilizzando l’aviazione e bombardando ripetutamente le zone in cui sono insediati i villaggi curdi del Sud-Kurdistan. Incendiando le foreste e facendo uso di sostanze chimiche. Stando a quanto denunciavano le HPG (Forze di Difesa del Popolo, considerate il braccio armato del PKK) tali sostanze negli ultimi sei mesi sarebbero state utilizzate in 2470 occasioni (quelle finora documentate). Mentre “soltanto” 367 volte nel 2021.
Dall’ aprile 2022 almeno una novantina di guerriglieri avrebbero perso la vita per tali cause.
Ma se in Olanda i curdi piangono, in Svizzera di sicuro non ridono.
In linea del resto con quanto sta avvenendo un po’ dovunque. Dalla Serbia alla Francia, dalla Germania addirittura all’Armenia.Ormai l’espulsione dei curdi (in genere verso le galere turche o iraniane) non fa più nemmeno notizia.
L’ultimo caso è quello di Tawar. In Svizzera da sei anni, la militante curda aderente a Lawan (organizzazione giovanile del Partito democratico del Kurdistan-Iran), è già stata convocata dalle autorità elvetiche per informarla che la sua domanda d’asilo viene rigettata e che dovrà lasciare il Paese. Tawar era politicamente in stretto rapporto con i militanti uccisi nella sede del PDK-I di Koya (città dove viveva prima di espatriare) dai missili iraniani nel settembre 2018. E molto probabilmente, qualora non se ne fosse andata in precedenza, sarebbe ugualmente rimasta vittima dell’attacco (orchestrato, pare, direttamente dai Guardiani della rivoluzione). Del resto anche recentemente i missili iraniani hanno nuovamente colpito le sedi del PDK-I in territorio iracheno (nella regione autonoma del Kurdistan del Sud) uccidendo una dozzina di persone.Peggio ancora se dovesse finire in Iran, pensando a quanto subiscono i curdi che vivono all’interno dei confini iraniani (dove forniscono circa la metà dei prigionieri politici dell’intero Paese).E' auspicabile che la Svizzera ci ripensi.In caso contrario dovremo tornare a intonare tristemente la canzone di Pietro Gori "Addio Lugano bella".Ricordate? "Elvezia il tuo governo schiavo d'altrui si rende, di un popolo gagliardo le tradizioni offende...".
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 2/11/2022 - 23:05
ALTRI RIFUGIATI CURDI ESPULSI DALLA SVIZZERA
Gianni Sartori
Sempre profetiche - purtroppo - le parole di Pietro Gori in Addio Lugano bella: “Elvezia il tuo governo etc. etc.”
Dopo quelle dalla Germania, Francia, Serbia, Armenia, Svezia…ancora espulsioni di rifugiati curdi dalla Svizzera. Un’intera famiglia di profughi scappati dal campo di Makhmour (in Basur, il Kurdistan entro i confini iracheni) è stata deportata in Croazia dove - stando a quanto dichiarato dall’agenzia Rojnews - avrebbero subito maltrattamenti se non di peggio.
Pare che l’espulsione (documentata con un vidéo realizzato dai parenti della famiglia Kilim), avvenuta tra le grida della madre, Viyan Kilim, le proteste del padre, Mehmet Nuri Kilim, i singhiozzi dei tre bambini (Avesta, Dunya e Adem), sia stata giustificata per una questione di impronte digitali. Dal campo profughi erano fuggiti per timore delle violenze jihadiste e dei bombardamenti turchi (le operazioni dell’esercito di Ankara nel nord Iraq proseguono ormai da oltre un anno, ininterrotte, anche dopo il terremoto).
Quanto alle minacce di espulsione dalla Svizzera per i rifugiati curdi, l’ultimo caso (o almeno quello di mia conoscenza) era stato quello di Tawar, militante curda aderente a Lawan (organizzazione giovanile del Partito democratico del Kurdistan-Iran) in Svizzera da oltre sei anni. Nel novembre dell’anno scorso veniva convocata dalle autorità elvetiche per informarla che la sua domanda d’asilo era stata rigettata per cui avrebbe dovuto lasciare il Paese. In passato Tawar faceva parte del gruppo di curdi uccisi dai missili iraniani nel settembre 2018 nella sede del PDK-I di Koya (la città dove Tawar abitava prima di espatriare).
Gianni Sartori
Gianni Sartori
Sempre profetiche - purtroppo - le parole di Pietro Gori in Addio Lugano bella: “Elvezia il tuo governo etc. etc.”
Dopo quelle dalla Germania, Francia, Serbia, Armenia, Svezia…ancora espulsioni di rifugiati curdi dalla Svizzera. Un’intera famiglia di profughi scappati dal campo di Makhmour (in Basur, il Kurdistan entro i confini iracheni) è stata deportata in Croazia dove - stando a quanto dichiarato dall’agenzia Rojnews - avrebbero subito maltrattamenti se non di peggio.
Pare che l’espulsione (documentata con un vidéo realizzato dai parenti della famiglia Kilim), avvenuta tra le grida della madre, Viyan Kilim, le proteste del padre, Mehmet Nuri Kilim, i singhiozzi dei tre bambini (Avesta, Dunya e Adem), sia stata giustificata per una questione di impronte digitali. Dal campo profughi erano fuggiti per timore delle violenze jihadiste e dei bombardamenti turchi (le operazioni dell’esercito di Ankara nel nord Iraq proseguono ormai da oltre un anno, ininterrotte, anche dopo il terremoto).
Quanto alle minacce di espulsione dalla Svizzera per i rifugiati curdi, l’ultimo caso (o almeno quello di mia conoscenza) era stato quello di Tawar, militante curda aderente a Lawan (organizzazione giovanile del Partito democratico del Kurdistan-Iran) in Svizzera da oltre sei anni. Nel novembre dell’anno scorso veniva convocata dalle autorità elvetiche per informarla che la sua domanda d’asilo era stata rigettata per cui avrebbe dovuto lasciare il Paese. In passato Tawar faceva parte del gruppo di curdi uccisi dai missili iraniani nel settembre 2018 nella sede del PDK-I di Koya (la città dove Tawar abitava prima di espatriare).
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 17/2/2023 - 10:48
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Testo di Pietro Gori
Lyrics by Pietro Gori
Musica: Sull'aria di Addio Sanremo bella, canzone popolare toscana
Music: To the tune of Addio Sanremo bella a Tuscan folksong
Il più celebre canto anarchico in lingua italiana è presentato in due versioni. La prima è quella "corrente", cantata ancora oggi; la seconda, con lievi variazioni testuali, è quella che Pietro Gori regalò poco prima di morire all'albergatore dell' "Ape Elbana" di Portoferraio, vergata di suo pugno su un foglio di carta. Il foglio è conservato presso l'archivio storico del Comune di Portoferraio.
“Addio a Lugano” is probably the most famous Anarchist song in the Italian language and also Pietro Gori’s best known song, along with “Stornelli d’esilio”. It is to be sung to the tune of a Tuscan folksong, “Addio Sanremo bella”, and was written by Pietro Gori in July of 1895 in Switzerland, where he had sought refuge after the French president Sadi Carnot’s murder by Sante Caserio. The Italian prime minister Francesco Crispi had then ordered a large repression campaign to be lead against Anarchists and Socialists, and Pietro Gori, being Caserio’s friend and maître, was arrested and accused to be the inspirer of the murder. Pietro Gori was forced to exile and settled in Lugano. Having escaped a mysterious attentate to his life, he was expelled from Switzerland together with other twelve refugees; it was then that he composed his immortal song, which the expelled Anarchists, according to witnesses, sung for the first time on their taking leave from Lugano railway station.
This most famous Italian Anarchist song is given in two version. The first is the standard version as sung still today; the other, with slight changes in the lyrics, is that which Pietro Gori himself , wrote by his own hand on a sheet of paper and presented to the keeper of Ape Elbana Inn in Portoferraio, Island of Elba, where he died shortly after. The sheet is stored in the Historical Archives of Portoferraio City Hall.