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Todavía cantamos

Víctor Heredia
Langue: espagnol


Víctor Heredia

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cantata in occasione del compleanno di Salvador Allende


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La canzone è del 1983 ed è dedicata ai "desaparecidos" della "guerra sucia" (1976-1983): il dolore e l'intollerabile assenza si trasformano in memoria, ricerca della verità, speranza in un futuro diverso, senza fame, senza paura e senza pianto.

Víctor Heredia.
Víctor Heredia.


Altre canzoni relative al periodo della dittatura militare in Argentina da questa pagina.
Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
a pesar de los golpes
que asestó en nuestras vidas
el ingenio del odio,
desterrando al olvido
a nuestros seres queridos.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
que nos digan adónde
han escondido las flores
que aromaron las calles,
persiguiendo un destino
¿Dónde, dónde se han ido?

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
que nos den la esperanza
de saber que es posible
que el jardín se ilumine
con las risas y el canto
de los que amamos tanto.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
todavía soñamos, todavía esperamos,
por un día distinto,
sin apremios ni ayuno,
sin temor y sin llanto,
porque vuelvan al nido
nuestros seres queridos.

Todavía cantamos, todavía pedimos,
Todavía soñamos, todavía esperamos...

envoyé par Maria Cristina Costantini - 26/11/2004 - 18:18



Langue: italien

Versione italiana di Maria Cristina Costantini
ANCORA CANTIAMO

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
nonostante i colpi
che ha inferto alle noste vite
la macchina dell'odio
esiliando nell'oblio
i nostri cari.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
che ci dicano dove
hanno nascosto i fiori
che profumarono le strade
inseguendo un destino
dove, dove sono andati?

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
che ci diano la speranza
di sapere che è possibile
che il giardino si illumini
delle risa e del canto
di coloro che abbiamo amato tanto.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo
per un giorno diverso
senza torture né fame
senza paura e senza pianto
perché tornino al nido
i nostri cari.

Ancora cantiamo, ancora chiediamo,
ancora sogniamo, ancora aspettiamo

envoyé par Maria Cristina Costantini - 6/12/2004 - 19:48


Un piccolissimo commento, non tanto sulla canzone, quanto sul contesto che l'ha generata.
Nel 1982, quando già la dittatura militare è entrata in crisi, Mercedes Sosa torna in Argentina con un grande concerto cui assistono migliaia di persone.
In scaletta c'è anche "Volver a los diecisiete" di Violeta Parra:

"...El amor es torbellino
de pureza original,
hasta al feroz animal
susurra su dulce trino,
detiene a los peregrinos,
libera a los prisioneros,
el amor con sus esmeros
al viejo lo vuelve niño..."

Quando la voce della Sosa si abbassa a sottolineare il verso "libera a los prisioneros", il pubblico esplode
in un lungo applauso, migliaia di voci in un solo grido. La memoria è anche questo riconoscere in un verso la tragedia e la speranza di una generazione.

Maria Cristina Costantini - 9/12/2004 - 17:16


E' davvero toccante questo brano...
La dittatura o la finta democrazia, vanno sempre combattute!

Zamby

4/3/2009 - 21:52


L'ULTIMA MESSA DI DON ALESSANDRO SANTORO ALLE PIAGGE

alessandro santoro


Ieri don Alessandro Santoro, prete delle Piagge, sollevato dal vescovo per aver unito in matrimonio Sandra e Fortunato ha celebrato la sua ultima messa al centro sociale di via Lombardia.

Cita più volte questa canzone, don Alessandro Santoro. Ancora cantiamo, ancora sogniamo, ancora resistiamo, ancora andiamo avanti. Il peccato peggiore, dice, è quello di aggettivare le persone, di etichettarle. Quello è omosessuale, quello è transessuale, povero, quello è rom, straniero, immigrato, musulmano, diverso. Mentre nella sua esperienza, da quando quindici anni fa esatti arrivò in punta di piedi alla comunità delle Piagge, Alessandro ha incontrato molte persone, ognuna con una sua storia, un suo percorso, le sue battute d'arresto e la sua capacità di rialzarsi. Quelle persone che il vescovo Betori si è rifiutato di incontrare, sia prima che dopo questa decisione così platealmente ingiusta, presa dalle stanze dorate di un bel palazzo fiorentino. E quelle parole del Vangelo, lette ogni domenica in cattedrali, chiese e chiesette, suonavano infinitamente più vere in quel prato davanti ad una "baracca", interrotte dal frastuono degli aerei che atterrano, ascoltate da tantissime persone vere, variopinte e commosse.

Lorenzo Masetti - 2/11/2009 - 11:41




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