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Storia del finanziere, del vuotabotte, degli occupanti e di due fiaschi di vino

Riccardo Venturi
Language: Italian


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(Bob Dylan)
Sono nata il ventuno a primavera
(Milva)
Le temps passé
(Georges Brassens)


[2009]
Testo di Riccardo Venturi
Musica di Krzysztof Wrona

fiasco

Mia madre e mia zia, oramai, sono vecchie. Di storie, delle storie della loro fanciullezza e adolescenza passate in mezzo alla guerra e alla miseria nera, ne raccontano sempre di meno. Però ci sono delle serate in cui, ancora, ogni tanto se ne lasciano sfuggire una; e così è successo non molti giorni fa dopo una cena, in cucina, mentre una cuginetta di quattro anni faceva il casino ch'è debito alla sua età e i suoi genitori si addannavano per calmarla a base di promesse di giostre e di gelati.

È una storia poverissima e, inoltre, ha a che fare con il Natale. Non credo che esista al mondo persona meno qualificata di me a parlare del Natale, e infatti ne parlo a fine agosto che fa ancora un caldo da schiantare; però è una storia, e le storie chiedono di essere raccontate. Io non faccio altro che da tramite tra l'oblio e Google. Così io sia preso. E la racconterò, stavolta, in modo secco. Secco sia perché è una storia che mi è stata raccontata, a voce, troppo di recente per averla metabolizzata; e secco anche perché è una storia molto bagnata.

A Marina di Campo, durante l'occupazione militare germanica (durata dal settembre del '43 fino al giugno del '44), c'era ancora la Guardia di Finanza. Si doveva occupare di dazi, gabelle e, soprattutto, di mercato nero e di contrabbando; senonché, il mercato nero e il contrabbando erano l'unico modo per campare e i finanzieri lasciavano più che correre. Specialmente un finanziere mandato all'Elba dalla provincia di Viterbo, che era arrivato con la moglie croata e con la figlia piccola. Mia madre e mia zia raccontano che erano un prodigio di sporcizia, sia la madre che la figlia; e pur bambine, educate com'erano state a fare le donne di casa fin da quando avevano cinque anni, se ne occupavano. Soprattutto della bimba, che lavavano e cambiavano perché la madre non se ne occupava. Il padre portava il pane a casa, e anche e soprattutto il vino: gli piaceva e non poco. Per un fiasco di vino di quello buono (e il sangioveto nominato qui è buono assai), chiudeva un occhio su certi trafficucci e spesso e volentieri anche tutti e due.

L'antivigilia di Natale del '43, raccontano mia madre e mia zia, nel paese deserto e sotto coprifuoco scoppiò una tempesta terrificante. Lampi, tuoni, fulmini, e acqua a catinelle. Una sciroccata tremenda, che fece “tappo” al mare e fece andar di fuori, in paese, i fossi e qualunque cosa potesse contenere acqua; tra cui i vuotabotte. I vuotabotte sono quelli che, ora, si chiamerebbero fosse biologiche; però, allora, erano delle cisterne con dei botoloni di legno, nelle quali la gente vuotava davvero la botte, detta in Toscana più comunemente bottino: le acque nere di casa. La merda, insomma. E poiché i vuotabotte, in generale, scaricavano nei fossi, i fossi tappati e riempiti fecero saltare pure loro.

Si dà il caso che il finanziere di Viterbo o provincia, proprio quella notte, se ne stesse tornando a casa con due preziosissimi fiaschi di vino. Sorpreso dalla burrasca, nella notte buia, inciampò chissà in cosa e finì diritto in un vuotabotte, vicino alla chiesa del paese. E non era uno scherzetto: c'erano, dentro, metri d'acqua lurida. Stava, letteralmente, annegando nella merda; gridava aiuto, ma gridando si premurava di tenere alti, con un braccio, i due fiaschi di vino. Affogare va bene, ma il vino si doveva salvare. Arrivò una ronda di soldati tedeschi che aveva sentito gli urli. Videro quel pover'uomo che stava affogando coi fiaschi in mano, e prima di salvarlo da morte oramai certa è probabile che si siano prima concessi una scarica di risate. Andò a finire che il finanziere e i due tedeschi, smerdati tutti e tre e sotto la pioggia battente, si rifugiarono nella prima porta aperta che trovarono. Era quella della chiesa. Era la vigilia di Natale e la chiesa restava aperta. Naturalmente, i due fiaschi di vino erano rimasti intatti.

Ripeto: le storie natalizie proprio non fanno per me. Non sarei credibile neppure se lo volessi. Però, almeno per questa volta, mi concedo un pensiero assai edificante: quello che, la notte di Natale, in chiesa abbiano trovato due bei fiaschi vuoti. E magari tutti belli col naso arrossato anche nella mangiatoia. Nel dicembre dell'anno di disgrazia 1943, su un'isola sotto occupazione militare, tre poveri cristi, il Cristo legittimo titolare, suo padre e sua madre, le bestie, i re, le comete e tutto il resto. [RV]
Passa la ronda, e non c'immaginiamo
le sue parole. Silenzio. Stille. Ruhe,
oppure mentalmente un uno-due

Per darsi il passo nella notte scura
di quel paese polvere e salmastro
immerso dentro al buio del disastro.

Venuti di Turingia o Pomerania
a camminare soli, uno, due, tre
nella tempesta del Quarantatré.

E prima piove, verso mezzanotte,
e poi burrasca, e vento, e fortunale
due giorni prima che venga Natale;

Venuti di Turingia o Pomerania,
a sorvegliare un'isola ormai morta,
a misurare, svegli, ognuna porta

E l'acqua che veloce si riversa
a empire fossi, stagni e vuotabotte
e prima piovve, verso mezzanotte

E poi nella tempesta il finanziere
tornava a casa quasi fosse un gioco
burlando occupazione e coprifuoco.

Si dice, in giro, che gli piaccia il gòtto,
ha moglie di Croazia ed una figlia,
più zozze della merda di fanghiglia

E mia madre bambina le accudisce,
ché lui deve badare a controllare
gabelle, e dazi, e conti da pagare.

Venuto da Tuscania già in divisa
ha moglie di Croazia ed una figlia
a far la cresta per la sua famiglia.

Si dice, in giro, che gli piaccia il gòtto,
ed in paese lo san tener cheto:
un fiasco pieno di quel sangioveto

Che fa passar la guerra e la miseria,
che fa passare indenne il coprifuoco,
che fa pigliar la vita come un gioco.

E quella notte ce ne aveva tanto,
due fiaschi pieni presi chissà dove
e fuori c'è burrasca, e fuori piove

Nel buio verso casa già briaco
inciampa il finanziere nella notte
e casca dritto dentro al vuotabotte.

E casca dritto nell'acqua merdosa
profonda da affogare e spaventosa,
e affoga, e grida, e urla senza posa

E casca dritto nell'acqua merdosa
e affoga, però i fiaschi tiene alzati
per non volerli anch'essi trascinati

Nel buio della morte e della merda,
si salvi il vino rosso che dà vita,
e quando già la forza era finita.

Nel buio della guerra e della notte
arrivan di Turingia o Pomerania,
lo tiran fuori dalla sporca pania

E i fiaschi là, son sempre belli asciutti.
E han trovato dove rasciugarsi,
e han trovato dove riscaldarsi.

Ché solo c'era una porta aperta,
la porta della chiesa del Signore
già pronto per rinascer fra tre ore.

E io credo, in quella notte disgraziata
che tutti abbian bevuto di quel vino
salvato dalla merda e dal bottino

L'abbia stappato tutto il finanziere
offrendo alla Madonna di quel vino
e pure ai tre re Magi ed al Bambino

E pure a Erode e alla stella cometa,
e a quei soldati senza incenso e mirra,
a quei soldati che bevevan birra

Quand'erano ragazzi senza guerra;
salvarono un briaco di Tuscania
venuti di Turingia o Pomerania.

2009/8/30 - 05:02



Language: French

Version française - DU DOUANIER, DE LA TONNE À PURIN, DES OCCUPANTS ET DE DEUX FIASQUES DE VIN – Marco Valdo M.I. – 2009
Chanson italienne – Storia del finanziere, del vuotabotte, degli occupanti e di due fiaschi di vino – Riccardo Venturi – 2009

Musique, comme d'habitude, de celui qui voudra a faire (peut-être).

Ma mère et ma tante, désormais, sont vieilles. D'histoires, des histoires de leur jeunesse et de leur adolescence passées au cœur de la guerre et de la misère noire, elles en disent toujours moins. Cependant, il y a des soirs où, encore, parfois, elles en laissent échapper une; et ainsi, il est arrivé il y a peu, après le repas, dans la cuisine, tandis qu'une petite cousine de quatre ans faisait le chambard de son âge et que ses parents s'essayaient à la calmer par des promesses de carrousels et de glaces.

C'est une histoire très pauvre et, en outre, qui a rapport à Noël. Je ne crois pas qu'il existe au monde une personne moins qualifiée que moi pour parler de Noël [Si, elle existe, c'est Benoît et ses semblables passés, présents et à venir, dit Marco Valdo M.I.], et en fait, j'en parle à fin août alors qu'il fait encore chaud à crever; mais c'est une histoire et les histoires demandent à être racontées. Je ne fais qu'agir d'intermédiaire entre l'oubli et Google. C'est ainsi qu'il faut qu'on me prenne. Et je la raconterai, cette fois, de manière sèche. Sèche car c'est une histoire qui m'a été racontée, oralement, trop récemment pour l'avoir métabolisée; et sèche aussi car c'est une histoire très humide.

À Marina di Campo, durant l'occupation militaire allemande (de septembre 1943 jusque juin 1944), il y avait encore la Guardia di Finanza (la Douane). Elle devait s'occuper de taxes, d'octrois et surtout, du marché noir et de contrebande. À ceci près que le marché noir et la contrebande étaient les seuls moyens de survivre et les douaniers laissaient plus que courir. Spécialement un douanier envoyé à l'Elbe de la province de Viterbe, qui était arrivé avec sa femme croate et sa petite fille. Ma mère et ma tante racontent que c'étaient des prodiges de saleté, autant la mère que la fille; et pourtant encore enfants, éduquées comme elles l'étaient à faire les ménagères dès qu'elles avaient cinq ans, elles s'en occupaient. Surtout de la fillette, qu'elles lavaient et changeaient car la mère ne s'en occupait pas. Le père rapportait le pain à la maison, et même et surtout le vin, qui lui plaisait et pas un peu. Pour une fiasque de vin du bon (et le sangioveto d'ici est assez bon), il fermait un œil sur certains petits trafics et souvent et volontiers les deux.

L'avantveille de Noël de 1943, racontent ma mère et ma tante, dans le village désert et sous le couvrefeu éclata une tempête terrifiante. Des éclairs, du tonnerre, de la foudre et de l'eau à verse. Un vent dément, qui boucha la mer et fit déborder dans le village les fossés et toute chose qui pouvait contenir de l'eau, parmi lesquelles les tonnes à purin. Les tonnes à purin sont ce qu'on appelle à présent des tonnes biologiques. Cependant, alors, c'étaient des citernes avec des vannes en bois, dans lesquelles les gens vidaient vraiment la « botte », dite en Toscane communément « Bottino » : les eaux usées de la maison. La merde, en somme. Et comme les tonnes à purin, en général, se déchargeaient dans les fossés, les fossés bouchés et remplis débordèrent eux aussi.

Il arriva que le douanier de Viterbe ou de la province, justement cette nuit-là, s'en retournait chez lui avec deux très précieuses fiasques de vin. Surpris par la bourrasque, dans la nuit noire, il trébucha qui sait sur quoi et finit directement dans une tonne à purin, à côté de l'église du pays. Ce n'était pas une petite plaisanterie : il y avait dedans des mètres cubes d'eau putride. Il se noyait, littéralement, dans la merde, il criait au secours, mais en criant il prenait garde à tenir bien haut, d'un bras, les deux fiasques de vin. Se noyer, certes, mais le vin devait être sauvé. Une patrouille de soldats allemands arriva qui avait entendu ses hurlements. Ils virent ce pauvre homme qui se noyait avec ses deux fiasques en main, et avant de le sauver d'une mort désormais certaine, il est probable qu'ils se sont d'abord autorisé une décharge de rires. Il advint finalement que le douanier et les deux Allemands, emmerdés [au sens propre, si j'ose dire..., dit l'âne Lucien] tous les trois et sous la pluie battante, se réfugièrent dans la première porte ouverte qu'ils trouvèrent. C'était celle de l'église. C'était la veille de Noël et l'église restait ouverte. Naturellement, les deux fiasques de vin étaient restées intactes.

Je répète : les histoires de Noël ne sont pas faites pour moi. Je ne serai jamais crédible même si je le voulais. Pourtant, au moins cette fois, je m'autorise une pensée édifiante; celle qu'on a, la nuit de Noël, trouvé deux belles fiasques vides. Et peut-être toutes belles avec leur nez rougi dans la mangeoire. En décembre de l'année de disgrâce 1943 [ n'est-ce pas Benoît..., redit l'âne Lucien], on trouva sur une île sous occupation militaire, trois pauvres hères, le Christ légitime, son père et sa mère, les bêtes, les rois, les comètes et tout le reste.[R.V.]
DU DOUANIER, DE LA TONNE À PURIN, DES OCCUPANTS ET DE DEUX FIASQUES DE VIN

La ronde passe, et on ne peut entendre
Ses paroles. Silence. Stille. Ruhe.
Ou alors, mentalement, un une-deux.

Pour scander le pas dans cette nuit obscure
De ce pays de poussière et de saumure
Immergé dans la pénombre de son désastre.

Venus de Thuringe ou de Poméranie
Ils marchent seuls, un, deux, trois
Dans la tempête de Quarantetrois.

Ce fut d'abord la pluie, vers minuit,
Et puis la bourrasque, le vent et la tornade
Deux jours avant Noël.

Venus de Thuringe ou de Poméranie
Pour surveiller une île déjà morte
Pour arpenter, attentifs, chaque porte.

Et l'eau qui se déversait vite
Remplissait fossés, étangs et tonnes à purin
Ce fut d'abord la pluie, vers minuit

Et ensuite, dans la tempête, le douanier
Retournait chez lui comme en jouant
Se moquant de l'occupation et du couvrefeu.

On dit, à la ronde, qu'il aime la goutte,
Qu'il a une femme de Croatie et une fille,
Plus sales que la merde de boue.

Et ma mère enfant les recueille,
Car lui doit veiller à contrôler
Taxes, octrois et comptes à payer.

Venu de Tuscania en uniforme
Il a une femme de Croatie et une fille
À arrondir son mois pour sa famille.

On dit, à la ronde, que la goutte lui plaît
Et dans le village on sait le faire taire :
Une fiasque pleine de sangioveto.

Qui fait passer la guerre et la misère,
Qui fait passer indemne le couvrefeu,
Qui fait prendre la vie comme un jeu.

Et cette nuit, il y en avait tant
Deux fiasques pleines prises on ne sait où
Et dehors la bourrasque, et dehors il pleut.

Dans la pénombre vers chez lui déjà bourré
Notre douanier trébuche dans la nuit
Et il tombe tout droit dans la tonne à purin.

Et il tombe tout droit dans l'eau merdeuse
Profonde à s'y noyer et épouvantable
Et il suffoque, crie et hurle sans arrêt

Et il tombe tout droit dans l'eau merdeuse
Suffoque, mais il tient les fiasques levées
Car il ne veut pas les voir entraînées

Dans le noir de la mort et de la merde.
On sauve le vin qui donne la force
Quand bien même la vie est finie.

Dans le noir de la guerre et de la nuit
Ils arrivent de Thuringe ou de Poméranie,
Ils le tirent de la glu dégueulasse.

Les fiasques sont toujours bien sèches,
Ils ont trouvé où se sécher
Ils ont trouvé où se chauffer.

Il y a seulement une porte ouverte
La porte de l'église du Seigneur
Déjà prêt à ressusciter dans les trois heures.

Et moi, je crois, dans cette nuit de disgrâce
Que tous ont bu de ce vin
Sauvé de la merde et de la tonne.

Le douanier a tout débouché
Offrant à la Madone ce vin
Et même aux trois Rois mages et à l'Enfant

Et même à Hérode et à la comète.
Et à ces soldats sans encens et sans myrrhe
À ces soldats buveurs de bière.

Quand ils étaient des gars sans guerre.
Venus de Thuringe ou de Poméranie
Ils sauvèrent un ivrogne de Tuscania.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2009/9/1 - 23:04


J'ai au comme l'impression d'avoir raconté, avec mes verses très, très pauvres, une histoire décidemment "brassensienne", et je m'en suis rendu compte en lisant la traduction française de Marco Valdo M.I. Quand on écoute les histoires de Brassens, on a souvent l'impression qu'il s'agisse toujours d'histoires "inventées", ou "poétiques", dans son "moyen âge" sans temps; puis, un soir, on écoute sa mère et sa tante en raconter une, vraie, qu'elles ont vu de leurs yeux quand elles étaient dans leurs vertes années ("Si j'connus un temps de chien, certes, c'est bien le temps de mes vingt ans", écrivait tonton Georges dans Le temps passé; ma mère, en 1943, avait 10 ans, et ma tante 14). Mais on ne l'aperçoit qu'après. Je ne suis pas Georges Brassens, naturellement. Je m'amuse à écrire des histoires et n'ai jamais gratté une guitare. Mais, encore une fois, il faut que je rémercie Marco Valdo M.I. pour m'avoir donné cette impression, cette nuit. C'est la magie des langues.

Riccardo Venturi - 2009/9/3 - 05:50


Quante ne avrò raccontate, anche qua dentro, di storie sentite da mia madre e mia zia Clara. Avevo una famiglia che era, letteralmente, una tribù; se ne sono andati quasi tutti. Stanotte è toccato proprio alla zia Clara, mentre dormiva; le mancava un mese esatto a compiere ottantasette anni e mi sarà scusato un breve ricordo. Nel portafoglio, che porta di tutto fuorché soldi, tengo sempre una vecchia fotografia di quando avevo due anni, in collo a lei, davanti alla vecchia casa di Marina di Campo; e in quella casa c'è rimasta fino alla fine dei suoi giorni. Da qualche tempo stava, però, oramai in qualche altro mondo; l'ultima volta che l'ho vista, poco più di due mesi fa, mi aveva riconosciuto quasi allegra, ma subito dopo mi aveva domandato come andava con una fidanzata che avevo circa trent'anni fa. E così rimangono tutte le storie che mi ha raccontato fin da quando ero bambino, assieme a mia madre e a tante altre persone che non ci sono più. In qualche modo, vivranno assieme a me, finché anch'io non dovrò salutare. Ciao zia, e grazie di ogni cosa; ti si ricorderà sempre quando arrivavi sparata col motorino, tanto da meritarti il soprannome di "Agostini".

Riccardo Venturi - 2014/7/13 - 11:40


Carissimo Riccardo, credo che ogni volta che ci siamo visti ti sia accaduto prima o poi di parlarmi della tua zia. Sapendola così connessa a te, lasciami dire che un po' del tuo dolore arriva anche a me. Poco importa se la vita di chi se ne è andato è stata lunga, se nell'andarsene lascia tanto vuoto. Ti abbraccio, Riccardo, e sta' molto vicino alla tua mamma.

Gian Piero Testa - 2014/7/13 - 21:13


Un abbraccio forte, Rick
Ho fatto del mio meglio, e anche se la esecuzione scarseggi, una melodia c'è, da stornello, almeno così era concepita : D
Stammi bene
Salud!

Krzysiek Wrona - 2014/7/14 - 21:41


Ispiratosi:

k - 2014/7/15 - 02:47


E:

k - 2014/7/15 - 02:55


E ancora:

k - 2014/7/15 - 03:49


E ancora questo:

2014/7/15 - 06:03


Carissimi Gian Piero e Krzystof, non sono potuto nemmeno andare ai funerali di mia zia, non potendomi allontanare da Firenze. Con le vostre parole e con la vostra musica mi avete aiutato a fargliene di speciali, una cosa che -tra le altre- a lei avrebbe fatto un piacere immenso. Non ho e non posso nemmeno avere delle parole appropriate per ringraziarvi, ma capirete anche che in questi giorni mi si affollano in testa tanti e forse troppi ricordi. Mi chiedo che impressione mi farà tornare in quella casa e trovarla vuota, ma ci dovrò fare l'abitudine. E la vita, in fondo, è tutta una serie di case che si svuotano. Non mi riesce dire altro.

Riccardo Venturi - 2014/7/15 - 19:22


Le so anch'io, Riccardo, le case che si svuotano. Con mia sorella, poi, ho perduto la casa che più amavo: il mare.

Gian Piero Testa - 2014/7/15 - 20:47


Siccome è quasi il divino Natale e vorrei parlare di vino, mi inserisco a commento di questa canzone in cui si parla di entrambi.

Ho scoperto che c’è un paese in Abruzzo, nel teramano (o teramese, che di si voglia) con cui le CCG dovrebbero subito gemellarsi, primo, perchè la ridente località in questione si chiama Controguerra...



... secondo, per via di un vino assemblato che lì viene prodotto, il Controguerra DOC (rosso, bianco e spumante).



Pare che da quelle parti trovarono riposo e sollazzo i soldati di Annibale (grande generale nero) dopo la battaglia del lago Trasimeno... Certo all’epoca non bevettero il Controguerra (anche perchè sarebbe stata una bella contraddizione!) ma di certo qualcosa tipo il Montepulciano d’Abruzzo che ne è il vitigno di base...

Bernart Bartleby - 2014/12/21 - 12:17


Direi che la cosa si fa ancor più interessante considerando la seguente etichetta:

contgpass


Direi che il Controguerra Passerina di Passera delle Vigne possa assurgere tout court a simbolo universale di "Peace & Love"! Imbriachiamoci come tegoli e poi facciamo l'amore e non la guerra!! Certo ci sarebbe quasi da immaginare icché combinano in quelle vigne durante la vendemmia...!!!

Riccardo Venturi - 2014/12/21 - 19:28


Ciao a tutti.

Siccome tra un po' schiodo da qui, volevo augurare a tutti voi - perfidi admins e collaboratori di lungo corso - un buon anno.

Controguerra


Lo faccio mandandovi la foto della bottiglia che mi berrò stasera. Mancando contingentemente la Passerina, sono stato costretto ad aggiustarmi, ma pur sempre con un Controguerra DOC, un rosso Lumen di Illuminati Riserva 2007 (che comunque condividerò con alcuni dei miei cari, com'è giusto che sia: "Chi non beve in compagnia, la cappella gli salti via.")

Un abbraccio a tutti.
E un abbraccio speciale a GPT, ovunque tu sia.

Bernart Bartleby - 2014/12/31 - 16:08


confessa ...te le sei già scolata?! :)
Auguri a te, a tutti e al Testa che spero in un qualche altrove greco

adriana la perfida - 2014/12/31 - 16:38


Auguri a tutte e tutti anche da parte mia per un ottimo millenovecentonovantaventicinque...e a Gianpiero un abbraccio speciale a base di controguerra, passerine e tutto il resto!

Riccardo Venturi - 2014/12/31 - 18:26




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