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Carlo Martello torna [o: ritorna] dalla battaglia di Poitiers; o Carlo Martello

Fabrizio De André
Lingua: Italiano


Fabrizio De André

Lista delle versioni e commenti


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fabfuma
[1962]
Karim KN 177 [1963]

Testo di Fabrizio De André e Paolo Villaggio
Musica di Fabrizio De André
Arrangiamenti e direzione d'orchestra di Giampiero Boneschi
Corno (registrazione originale): Michelangelo Mojoli

Lyrics by Fabrizio de André and Paolo Villaggio
Music by Fabrizio De André
Arrangement and Direction: Giampiero Boneschi
French horn (original recording): Michelangelo Mojoli


Paroles: Fabrizio De André - Paolo Villaggio
Musique: Fabrizio De André
Arrangements et conduite: Giampiero Boneschi
Cor d'harmonie (enregistrement original): Michelangelo Mojoli

Sanat: Fabrizio De André ja Paolo Villaggio
Sävel: Fabrizio De André
Järjestelyt ja johtaminen: Giampiero Boneschi
Käyrätorvi (alkuperäinen äänitys): Michelangelo Mojoli


Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers. Disegno di Milo Manara ispirato alla canzone.
Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers. Disegno di Milo Manara ispirato alla canzone.


"Carlo Martello" una canzone contro la guerra? Eccome, e a mio parere tra le principali. Perché il suo antimilitarismo è qui espresso in una delle forme meno amate da generali, guerrafondai e patrioti vari: la satira e il ridicolo (che in questa canzone recano l'impronta inconfondibile di Paolo Villaggio). Nella vicenda dell' "eroico" Re cristiano, che tornando dalle gloriose gesta belliche contro i mori non trova di meglio che comportarsi da perfetto maschio cialtrone con una povera ragazza del popolo, per soddisfare i suoi appetiti sessuali, e che scappa quando la fanciulla gli chiede dei soldi per le sue "prestazioni", c'è tutta la feroce satira antimilitarsta dei due autori, che sbeffeggiano (in un linguaggio volutamente aulico sottolineato dalla musica buffamente solenne) tutta una tradizione medievale e cristiana fatta di "cavalleria". La cavalleria era riservata ai pari grado, non a una povera contadina.

La copertina originale del 45 giri Karim, dalla quale si desume il titolo esatto della canzone ("torna" e non "ritorna"). Ma il nome di Poitiers vi è scritto in modo errato.
La copertina originale del 45 giri Karim, dalla quale si desume il titolo esatto della canzone ("torna" e non "ritorna"). Ma il nome di Poitiers vi è scritto in modo errato.


Nel 1962 sia Fabrizio de André che Paolo Villaggio (coautore di un'altra canzone meno nota, "Il fannullone") sono pressoché sconosciuti al grande pubblico. Sarà proprio questa canzone che darà perlomeno a Fabrizio un granello di notorietà, accompagnato dalle ovvie grane legali nell'Italia bacchettona e democristiana del tempo.

La canzone è accompagnata da quelle che oramai mi diverto a chiamare le mie "classiche traduzioni" in inglese quattrocentesco e in francese antico. Un modo per sottolineare il dirompente valore satirico della canzone.[RV]


Paolo Villaggio «La scelta dell’ambientazione medioevale fu tutta farina del mio sacco; Fabrizio ci mise solo la musica. Cioè avvenne il contrario, lui aveva già la musica ed io ci misi le parole. Fu così: era una giornata di pioggia del novembre del 1962 io e Fabrizio, a Genova a casa mia in via Bovio, eravamo tutti e due in attesa del parto delle nostre signore, che poi partorirono lo stesso giorno, infatti Cristiano e il mio Pierfrancesco sono “gemelli”. Ebbene, forse per distrarci o per passare il tempo, Fabrizio con la chitarra mi fece ascoltare una melodia, una specie di inno da corno inglese e io, che sono di una cultura immensa, cioè in realtà sono maniaco di storia, ho pensato subito di scrivere le parole ispirandomi a Carlo Martello re dei Franchi che torna dalla battaglia di Poitiers, un episodio dell’ottavo secolo d.C., tra i più importanti della storia europea visto che quella battaglia servì a fermare l’avanzata, fino ad allora inarrestabile, dell’Islam. Erano arrivati fino a Parigi, senza Carlo Martello sarebbe stata diversa la storia dell’Europa. Comunque mi piaceva quella vicenda e la volli raccontare, ovviamente parodiandola. In una settimana scrissi le parole di questa presa in giro del povero Carlo Martello.

La canzone passò abbastanza inosservata, Fabrizio ancora non aveva inciso La canzone di Marinella e non era quindi famoso, tantomeno io. Qualcuno però notò questa strana filastrocca che sbeffeggiava il potente Re dei Franchi: fu un pretore, mi pare di Catania, che ci querelò perché la considerava immorale soprattutto per quel verso: “È mai possibile, o porco di un cane, che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane”. E pensare che noi eravamo già stati censurati e avevamo dovuto trasformare il verso finale che in originale suonava: “frustando il cavallo come un mulo, quella gran faccia da culo” con: “frustando il cavallo come un ciuco, tra il glicine e il sambuco...”. Ma a parte questo pretore nessuno notò la nostra canzone che fu riscoperta quando Fabrizio divenne famoso dopo Marinella.»
(da un'intervista a Paolo Villaggio)

«Ma - sentiamo ribattere - in questo disco mancano alcune canzoni, quelle più significative, quelle di cui si dice siano state proibite: "Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers", ad esempio. Avete sottratto alla nostra valutazione elementi preziosi. Questo è vero, Amici, ma vi siamo stati costretti da forza maggiore. E ce ne dispiace molto, tanto più che "Carlo Martello" è, tra l'altro, una pagina di veridica storia e veridico costume, ben trattata letterariamente e musicalmente.
E se anche è vero - come taluno sussurra - che qualche ragazzino, da Carlo Martello, avrebbe potuto imparare qualche parolaccia (anziché insegnarla, come usano i ragazzini), è anche vero che in compenso saprebbe meglio la Storia se i Grandi Uomini di essa fossero ricordati con la rustica vitalità di "Carlo Martello" e non sterilizzati come usa nei buoni testi scolastici.
Non lo credete? Ebbene, chiediamolo ad un autorevole testimonio, ad un Personaggio storico di larga e meritata notorietà, insospettabile per lealtà, e che rappresenta un simbolo di virtù militari e civili: - "Che ne pensa, Lei, della fedeltà storica, Generale Cambronne?".
Grazie, Generale. Come vedete, avevamo ragione.»
(Dalle note del disco Tutto Fabrizio De André 1966 Karim)


karim177


Nota sul titolo della canzone. Nell'incisione originale (Il Fannullone / Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitieres, Karim KN 177, 1963), il titolo suona “...torna...” (v. immagine); la località della celebre battaglia è inoltre scritta in modo errato (Poitieres). Nelle successive edizioni, il lungo titolo suona invece “...ritorna...” e il nome della località è corretto. Da sempre, però, la canzone è generalmente nota soltanto come Carlo Martello.

Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor.
Al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura del Sire vincitor.

Il sangue del Principe e del Moro
arrossano il cimiero d'identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite le bramosie d'amor.

"Se ansia di gloria, sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore.
Chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimé, è grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave".

Così si lamenta il re cristano
s'inchina intorno il grano, gli son corona i fior.
Lo specchio di chiara fontanella
riflette fiero in sella dei Mori il vincitor.

Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione il simbolo d'amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde ignudo in pieno sol.

"Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella"
disse re carlo scendendo veloce di sella;
"Deh, cavaliere, non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate".

Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso re Carlo s'arrestò;
ma più dell'onor poté il digiuno,
fremente l'elmo bruno il sire si levò.

Codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata in gran difficoltà
alla donna apparve un gran nasone
un volto da caprone, ma era Sua Maestà.

"Se voi non foste il mio sovrano"
-Carlo si sfila il pesante spadone-
"non celerei il disio di fuggirvi lontano;
ma poiché siete il mio signore"
-Carlo si toglie l'intero gabbione-
"debbo concedermi spoglia d'ogni pudore".

Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente d'onor si ricoprì;
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione tentò di risalir.

Veloce lo arpiona la pulzella
repente una parcella presenta al suo signor:
"Deh, proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire, è un prezzo di favor".

"E' mai possibile, porco d'un cane,
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane!
Anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire".

Ciò detto, agì da gran cialtrone
con balzo da leone in sella si lanciò;
frustando il cavallo come un ciuco
tra i glicini e il sambuco il re si dileguò.

Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra cingendolo d'allor.
Al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura del sire vincitor.

inviata da Riccardo Venturi





Versione in inglese quattrocentesco di Riccardo Venturi [1999]
A version in 14th century English by Riccardo Venturi [1999]
Version en anglais du 14ème siècle par Riccardo Venturi [1999]
Riccardo Venturin käännös englanniksi 1400-luvulta


Jean-Baptiste Joseph Debay (1802-1862): Mayor of the Palace Charles Martel. Versailles Royal Palace.Gallery.
Jean-Baptiste Joseph Debay (1802-1862): Mayor of the Palace Charles Martel. Versailles Royal Palace.Gallery.


"Tra tutte le versioni di canzoni italiane che ho fatto, questa è quella che forse mi ha fatto maggiormente sudare, e che quindi mi ha più divertito. Riproponendola per le 'CCG', ho effettuato qualche ulteriore aggiustamento."

"Among the many versions and translations of Italian songs, this is perhaps the one I have most toiled at, and, thus, that amused me most. On contributing it to AWS I have made further adjustments"
THE SONGE OF SYR CHARLES MARTEL
On his Way Backe from the Battle of Poytiers

Kynge Charles was on Hys Way backe from War,
His Countree welcometh Hym
Wreathynge Hym with Laurel,
In this most warme of Springes
The braue Victor's Armowr
Doth shyne in the Svn.

The Kynges Helmet was stayned
With the red Blvde of bothe
The Prynce and the Moor;
Now, it is Love's Lvst that maketh
Charles svffer greater Payne
Than Hys bodilie Woundes.

"Alas! War doth quench the Winner's Thyrste of Glory
And doth appease Hys Longyng for Honowre,
Yet He hath noe fuckynge Chaunce of makynge Loue,
Then, he who imposeth the Chastitie Belte
On Hys swete Spovse, he may well rvn the Riske
Of loosynge the Keye when the Battle is ragyng!"

Thvs is complainyng the Christian Kynge,
Encirclyd bye swete Flowers
Whyle wheat boweth at Hym;
The Mirror of a clear Sprynge of Water
Reflecteth the Prowd Victor
Well saddlyd on Horsses Back.

So suddenlie doth appeare in the Water
A wonderfvlle Ymage,
Lyke a Symbol of Loue,
Betwyxte her longe, fayre Braydes
Her naked Breastes do bothe
Shyne in the warme Svn.

"No fayrer Ymage haue I neuer ysene!
Noewhere is svch a fayre maiden to bee met!"
Saide Kyng Charles dismountyng qvicke frose Stede;
"Ye prowde Knyghte, I warne Ye!
An other Man doth enjoie mine Beautie.
Ye shoude quench Yowre Thyrste to an easyer Sprynge!"

Surprysyd by svlche sharpe Wordes
And feelynge laughëd at
Kynge Charles hee dyde stoppe;
But Hunger hadde more Powre on Hym than Honovr,
And tremblyng dyd the Kynge
Slippe Hys Helmet off.

The Kynge was a valyaunte Knyghte:
He dyde deserue all Honowrs
In that Situacyoun too;
And when he had finisshyd Hys Dvtie
He tryde so vncertaynlie
To get on Hys Horsse agayne.

The Mayden dyd stoppe Hym at once
And a Bill handyd shee
Svddenlie to Her Majestee:
"Wel, ivste for Ye are my Lorde and Kynge,
Ye owe me fyue Powndes,
And 'tis a specyal Pryce."

"Howe can ytt bee, the Lorde damne ytt alle,
That all adventures in thys gracyous Kyngedome
Ende vp regvlarlie wyth payinge a Whore?
Damn, their Billes too are incresyd greatlye:
I can remember that beffore I lefte
Three Powndes were a fayrlye acceptable Pryce!"

Then he prouyd to bee a Mother fvckere,
and He got on Hys Stede
As qvicke as Lyghtenynge;
Whyppynge the poor Horsse to Deathe
Among Wisteriae and Elders
The Kynge dyd disappeare.

Kynge Charles was on Hys Way backe from War,
His Countree welcometh Hym
Wreathynge Hym with Laurel,
In this most warme of Springes
The braue Victor's Armowr
Doth shyne in the Svn!



Lingua: Inglese

Traduzione inglese / English translation / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös : Dennis Criteser [2014]
Dal blog Fabrizio De André in English

"This song was released in 1963 as the B side of a 45 with "Il fannullone" as the A-side. The text was written by a friend from childhood, Paolo Villagio, and the music is by De Andrè. The Battle of Poitiers occurred in 732, a battle between the Franks and the Moors in what is now northern France. The song is in the style of popular French pastourelles sung by medieval troubadours about encounters between knights and country girls. In 1965 a complaint was brought against De Andrè and his label Karim for obscene content in the lyrics. The case was settled in De Andrè's favor in 1968. The Italian in this song is an old style, and Riccardo Venturi has done a nice translation into a similarly "olde" style of English." - Dennis Criteser
CHARLES MARTEL RETURNS FROM THE BATTLE OF POITIERS

King Charles was returning from the war.
His land welcomes him,
crowning him with a laurel.

In the hot spring sun
flashes the suit of armor
of the victorious Sire.

The blood of the prince and the Moor
redden the crest,
of identical color.

But more than the wounds of the body,
Charles felt
the yearning for love.

“If eagerness for glory and a thirst for honor
extinguish war for the victor,
it allows you not a moment to pursue love.

"One, then, who imposes on the gentle wife
the chastity belt - alas it is heavy -
in battle can run the risk of losing the key.”

Thus complains the Christian king.
The grain bows down and
flowers gather about.

The mirror of the clear fountain
reflects, proud in his saddle,
the victor of the Moors.

When here in the water is formed,
marvelous vision,
the symbol of love -

in the fullness of the long blond braids
the breast intermingles,
naked in broad daylight.

“Never was seen something more beautiful,
never did I catch such a maid,”
said King Charles, dismounting quickly from his saddle.

“But oh, Knight, come no closer,
that which you seek is already the joy of another.
Quench your thirst from some easier spring.”

Surprised by a response so sharp,
feeling put down,
King Charles stopped.

But greater than honor was the power of abstinence.
Trembling, his brown helm
the King lifted off.

This was the secret weapon
by Charles often used
in dire straights -

to the woman appeared a big nose
and the face of a goat,
but it was her majesty.

“If you were not my sovereign,” -
Charles takes off his heavy sword -
“I wouldn’t conceal the desire to run far away."

"But since you are my Lord,” -
Charles frees himself from the prison of his armor -
“I must give myself over bare to every shame.”

He was indeed a valiant knight,
and even at that juncture
was covered again with honor.

And, conjoined at the end of the duel,
uncertain, the saddle
he tried to remount.

Quickly the maiden harpooned him.
Suddenly a bill
she presents to her Lord.

“Ah, just because you are my Lord,
it’s five thousand lira,
a special price.”

“It’s ever possible, son of a bitch,
that the adventures in this realm
should all end up with big whores.

"Even the price, then, can be criticized.
I remember well that before I left
there were lower prices of three thousand lira.”

Thus spoken, he acted like a scoundrel -
with the leap of a lion
he mounted his steed.

Whipping the horse as if it were a donkey,
through the wisteria and elderberries
the king disappeared.

King Charles returned from the war.
His land welcomes him,
crowning him with a laurel.

In the hot spring sun
flashes the suit of armor
of the victorious Sire.

inviata da Riccardo Venturi - 9/2/2016 - 06:56





Versione "in una specie di lingua d'oïl" di Riccardo Venturi, dal newsgroup it.cultura.linguistica.francese [2002]
Version "dans une espèce de langue d'oïl" par Riccardo Venturi, d'après le forum it.cultura.linguistica.francese [2002]
LY ROY CHARLES MARTEL
revient de la bataylle de Poytieres

Ly Roy Charles revient de la guerre,
L'attend a luy sa Terre
Pour le ceyndre de lauriere
Au chauld soleyl del printemps muure
Que çe brilloit l'armuure
Du Syre ly vaynquiere.

Ly sang du Prynce et del Maure
Rougisçent son cemiere
De pareylle couleur ;
Mays plus tost que del corps lys blessuures
Le Roy sent lys piquures
De maladye d'amour.

Si fievre de gloyre et soëf d'Honneur
Esteint la guerre a le Vaynquiere,
Ce ne luy donne un moment pour fayre l'amour.
Y est aussy quy met a son espouse suave
De chastetee la ceynture et c'est bien grave,
En bataylle yl pourrait bien en perdre la clef.

Ainsy se plaint ly Roy de la Chrestiente,
A son passage le ble
Se courbe et puys les fleurs ;
Ly miroyre de clere fontaynelle
Reflect fier svr sa selle
Des Maures le Vaynquiere.

Vois la que dans l'eëue se forme
La vision pulchriforme,
L'ymage de l'Amour
Al bout de ses longs cheveulx blons
Son seyn se confond
Tout nuu dans sa splendeur.

Homme ne vist jamais chose si belle,
Ne vist jamais vne telle pvlcelle,
Ce dist ly Roy ; et desçendoyt vite de la selle.
Oï ly Chevalere ! A moy n'approchiez,
Aultruy ja gouste ce que vous cherchiez,
A vne aultre fontayne vostre soëf esteigniez !

Surprys par cest mot quy l'affeule,
Croïant qu'on se fout de sa gueule,
Ly Roy layssat tomber ;
Mais la faym put plus que le jeuune,
Fremisçant, son heaulme bruune
Ly Roy va s'enlever.

Vois la, son arme secrete estoit
Dont yl souvent se servoit
Dans les difficvltees ;
A a fille apparut vn nez d'Abacouc,
Vne Fygvre de vieulx Bouc
Mais yl estoit sa Magestee.

Si Vous ne fvssiez mon Souverayn,
-Ly Roy s'enleeve sa lourde espee-
Je ne cachierays poynct mon desir de fuyr loyntayn.
Mays puys que Vous estes mon Seygneur
-Ly Roy se debarrasse de son armuure-
Fault que je me donne a Vous sans pvdeur.

Chevalere yl estoit si vayllant,
Et aussy en ce moment
D'Honneur yl s'est couvert ;
Et a la fin de ce combat
Svr sa selle yl essayat
Incertayn de remonter.

Si vite la Pvlcelle l'attrape
Soudayne ses honorayres
Elle presente a son Roy :
Heïn, comme Vous estes mon Souverayn
Ça fait cent Livres d'Argient,
C'est pas cher, croïiez moy.

Coment se pëut qu'en ce Reaulme
I aït tant de dames quy sont sy vilaynes
Et se revelent seulement des grandes Pvtaynes ?
Mesme svr le Pris on y trueve a redire,
Bien me souviens qu'advant de partir
Lys prys n'arrivoient guere a treinte Livres.

Cela dict, yl se tint comme un grand con,
Avecques un grand bond
A cheval remontat ;
Feuëttant son cheval comme un bavdet
Par my ly surel et ly genest
Ly Roy s'envolat.

Ly Roy Charles revient de la guerre,
L'attend a luy sa Terre
Pour le ceyndre de lauriere
Au chauld Soleyl del printemps muure
Que ce brilloit l'armuure
Du Syre ly Vaynquiere.

(clairons)



Lingua: Francese

Version française – Charles Martel de retour de la bataille de Poitiers – Marco Valdo M.I. – 2009
Chanson italienne – Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitiers – Fabrizio De André - 1962

Riccardo Venturi avait fait une version de cette chanson dans un "françois d'époque", enfin disons, une manière de grommelot amélioré; c'est une version très amusante. Celle, ici proposée, est plus contemporaine; j'ose l'espérer assez distrayante.

On a tous dans l'oreille la chanson du Roi Renaud et de son lugubre destin : « Le Roi Renaud de guerre s'en revînt portant ses tripes dans ses mains... ». J'aime à penser que Fabrizio connaissait ce destin du pauvre Renaud; un destin de roi. Ceci donne tout le sel à sa chanson « Charles Martel de retour de la bataille de Poitiers », car – ainsi qu'on le verra – Charles revînt vainqueur en portant tout autre chose que ses tripes dans ses mains. La donzelle l'apprit à ses dépens. De première part, en étant contrainte de laisser Charles et son fameux marteau honorer sa (disons) pudeur, à moins que ce ne fut son (disons) postérieur; de seconde part, en voyant l'ignoble séducteur s'enfuir sans honorer sa dette.
Mais il y a quand même une justice dans ce monde, il y a quand même une morale dans la chanson : le roi penaud s'en alla finir sa guerre dans les taillis – cul par dessus tête – c'était bien son tour.
Voilà une vision moins glorieuse de Charles et de son marteau, duquel on nous a tant rebattu les oreilles et cassé nos enfantines roubignoles en de grands élans européoxénophobes.
Rappelez-vous, en ces temps-là, on enfonçait la chrétienté dans nos têtes à coups de marteau... Le fait-on encore aujourd'hui ? C'est à craindre.

Cela dit, ne vous mettez pas martel en tête avec tout çà, voilà une chanson revigorante et rabelaisienne, dont tout un chacun se réjouira hautement.
Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.
CHARLES MARTEL DE RETOUR DE LA BATAILLE DE POITIERS

Le Roi Charles de guerre s'en revînt.
Fut accueilli sur ses terres d'une couronne de laurier.
Au chaud soleil du printemps angevin
Scintille l'armure du vainqueur de Poitiers.

Le sang du Prince, le sang du Maure
Arrosent le cimier de mêmes atours
Mais plus que des blessures corporelles,
Charles ressent les affres de l'amour.

«  Si la guerre étanche chez le vainqueur
La passion de la gloire et la soif d'honneur,
Elle ne te concède pas un moment pour faire l'amour.
Celui qui impose la ceinture de chasteté
à sa suave épouse, commet un geste bien lourd
Et court le risque à la bataille d'en perdre la clé. »

Ainsi se lamentait ce roi chrétien.
Le blé s'incline, les fleurs le décorent.
Le miroir de la fontaine d'étain
Reflète le fier vainqueur des Mores.

Quand voici que dans l'eau débonde
Admirable vision, le symbole de l'amour.
Au cœur de longues tresses blondes
Paraît en plein soleil son sein nu.

« Je n'ai jamais vu de chose plus belle
Jamais je ne vis si jolie pucelle »,
dit le roi en descendant rapidement de selle.
« Hé, chevalier, ne vous approchez pas,
D'autres déjà ont joui de celle-là,
À d'autres fontaines plus faciles, apaisez votre émoi. »

Surpris de mots si décidés
Charles s'arrêta en s'entendant ainsi moqué.
Mais le jeûne pèse plus que l'honneur,
Tout tremblant le roi offrit son cœur.

C'était là le répertoire caché
Dont usait Charles dans les grandes difficultés.
À la dame, il montra un grand nez
Un visage de bouc, mais c'était Sa Majesté.

« Si vous n'étiez mon souverain ».
Charles dégagea sa grande rapière.
« Je ne cèlerais pas mon désir de fuir au loin,
Mais puisque vous êtes mon seigneur »
Charles relève sa bannière.
« Je dois vous concéder toute ma pudeur ».

C'était un cavalier des plus vaillants
Et dans cette passe d'honneur, il se redressa.
Et arrivé à l'acmé tout fringant
Il tenta de remonter encore une fois.

Rapide, la pucelle le harponna
Et présenta ses honoraires à son seigneur:
« C'est bon que vous êtes le roi,
Cinquante mille, c'est un prix de faveur. »

« C'est pas Dieu possible, nom d'un chien,
Qu'en ce royaume, toutes les aventures
Se déroulent avec de grandes putains !
Même sur le prix, il y a redire. Pour sûr,
Je me souviens très bien qu'avant mon départ,
Les tarifs étaient inférieurs à trente mille patards ».

Cela dit, comme un grand saligaud
D'un bond de lion, en selle il sauta.
Fouettant son cheval comme un bourricot
Dans les glycines et le sureau, le roi s'étala.

Le Roi Charles de guerre s'en revenant
Fut accueilli sur ses terres d'une couronne de laurier.
Au soleil d'un chaud printemps
Scintille l'armure du vainqueur de Poitiers.

inviata da Marco valdo M.I. - 13/1/2009 - 00:35




Lingua: Francese

Version française – CHARLES MARTEL DE RETOUR DE LA BATAILLE DE POITIERS – Marco Valdo M.I. – 2009 – 2019
Chanson italienne – Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitiers – Fabrizio De André – 1962


Introduction 2009

Riccardo Venturi avait fait une version de cette chanson dans un « françois d’époque », enfin disons, une manière de grommelot amélioré ; c’est une version très amusante. Celle, ici proposée, est plus contemporaine ; j’ose l’espérer assez distrayante.

On a tous dans l’oreille la chanson du Roi Renaud et de son lugubre destin : « Le Roi Renaud de guerre s’en revint portant ses tripes dans ses mains… ». J’aime à penser que Fabrizio connaissait ce destin du pauvre Renaud ; un destin de roi. Ceci donne tout le sel à sa chanson « Charles Martel de retour de la bataille de Poitiers », car – ainsi qu’on le verra – Charles revint vainqueur en portant tout autre chose que ses tripes dans ses mains. La donzelle l’apprit à ses dépens. De première part, en étant contrainte de laisser Charles et son fameux marteau honorer sa (disons) pudeur, à moins que ce ne fut son (disons) postérieur ; de seconde part, en voyant l’ignoble séducteur s’enfuir sans honorer sa dette.
Mais il y a quand même une justice dans ce monde, il y a quand même une morale dans la chanson : le roi penaud s’en alla finir sa guerre dans les taillis – cul par-dessus tête – c’était bien son tour.
Voilà une vision moins glorieuse de Charles et de son marteau, duquel on nous a tant rebattu les oreilles et cassé nos enfantines roubignoles en de grands élans européoxénophobes.
Rappelez-vous, en ces temps-là, on enfonçait la chrétienté dans nos têtes à coups de marteau… Le fait-on encore aujourd’hui ? C’est à craindre.

Cela dit, ne vous mettez pas martel en tête avec tout ça, voilà une chanson revigorante et rabelaisienne, dont tout un chacun se réjouira hautement.

Ainsi Parlait Marco Valdo M.I.

Charles2BMartel2BPoitiers2B


Dialogue maïeutique – 2019

Avant d’aborder notre conversation à propos de la chanson elle-même, laisse-moi te faire remarquer, Lucien l’âne mon ami, qu’au temps où j’avais fait la première version de cette chanson, je parlais tout seul dans le désert ; tu ne m’avais pas encore rejoint.

Ah ! Combien de chansons, combien de version françaises, j’ai ainsi ignorées, Marco Valdo M.I. mon ami ? Je suis bien conscient de cette lacune et il me plaît de la combler en ta compagnie.

Je te le dis en vérité, Lucien l’âne mon ami, le hasard, le sort, les circonstances, toutes choses du genre font parfois bien de nous ramener à certain moment de notre passé.

Je te crois volontiers, Marco Valdo M .I. mon ami, mais, dis-moi encore, que signifie tout ce préambule énigmatique ?

Rien de fort mystérieux, Lucien l’âne mon ami, tu peux me croire en cela aussi. Il s’agit tout simplement de ceci qu’un mien ami, qui s’intéresse pour l’heure à l’histoire, celle des historiens, pas celle des conteurs, car l’une n’a que de lointains rapports avec l’autre, cet ami, donc, me disait étudier le fameux épisode de Charles Martel à la bataille de Poitiers et ce qui s’ensuivit ; un moment où d’aucuns voient le fondement de l’Europe. Et à propos de fondement de Charles Martel et pas seulement, tu verras que la chanson ne manque pas d’y faire allusion. Cependant, n’anticipons pas. Le fait est que je voulais lui faire connaître cette excellente chanson.

Certes, dit Lucien l’âne, voilà une belle intention, mais pourquoi donc l’Europe, Charles Martel et ses successeurs n’auraient-ils pas de fondement ?

En effet, c’est une bonne question, Lucien l’âne mon ami, car de fondement, ils en ont besoin, rapport aux coups de pied qu’ils méritent amplement d’y recevoir.

De qui parles-tu ?, Marco Valdo M.I. mon ami.

Eh bien, Lucien l’âne mon ami, je t’imaginais plus perspicace. Oh, je vois à ton clin d’œil que ton interrogation était encore une de ces fleurs de rhétorique dont tu parfumes régulièrement nos propos.

En effet, Marco Valdo M.I. mon ami, j’avais parfaitement saisi ce que tu entendais signifier, mais je te tendais la perche pour que tu puisses développer ton point de vue.

Soit, Lucien l’âne, nous parlons bien des lointains successeurs de Charles Martel, lui-même fils et petit fils de Pépin, tous Maires du Palais, tous gens de Meuse ; Charles était né à Herstal dans le pays de Liège. Une chose que négligent benoîtement ces ardents thuriféraires de racines nationales, européennes et pour tout dire, chrétiennes, racines qui se trouveraient au pied de la Hesbaye et de ses cultures de carottes. Certains y ajoutent un brin de réminiscence celtique. Ces gens-là, friands de racines, ce sont les rongeurs de notre temps ; ils ne se déplacent qu’en bandes et la plupart du temps, armés – parfois, jusqu’aux dents. Ils ont un goût excessif pour Les Chemises de Couleur uniforme et pour toute sorte de signe de reconnaissance, et tout particulièrement pour la croix. Tout comme Charles martel, ils sont les marteaux de la civilisation, un concept assez fumeux dont ils enfument le monde. Je dis le monde, car leurs pratiques, leurs haines et leur tempérament se sont exportés ou ont été imités dans le monde avec des variantes adaptées aux religions, aux lieux et aux climats. Et sache que les plus grands pays, les plus peuplés ou les plus riches en sont infectés. Cependant, on s’en tiendra ici aux descendants directs de Charles Martel, ceux qui sévissent sur notre continent.

Ça fait déjà pas mal de gens, dit Lucien l’âne. Ils sont partout. Mais dis-moi, la chanson ?

J’y reviens, dit Marco Valdo M.I. ; c’est d’ailleurs le cas de le dire, puisque c’est en discutant avec l’adepte de l’histoire médiévale que m’est venue l’idée de reprendre ma version française de cette chanson italienne que j’avais écrite en janvier 2009, il y a tout juste dix ans. Je l’ai un tout petit peu modifiée, rajouté une virgule, un point, une majuscule, changé un mot, changé un temps, que sais-je ?, mais c’est surtout l’occasion de remettre en avant cette superbe chanson de Fabrizio De André, qui donne un éclairage particulier de la « grande » victoire de Poitiers et qui la redimensionne sans avoir l’air d’y toucher. Évidemment, comme pour bon nombre de chansons, il faut aussi y écouter le contre-chant, la signification profonde, celle qui n’est pas dite explicitement, en quelque sorte au figuré et à laquelle précisément, il convient de réfléchir.

Certes, dit Lucien l’âne, mais hors de toute cette réflexion, que se passe-t-il vraiment dans cette chanson ? Que rencontre Charles Martel au retour de la bataille et que fait-il de si remarquable ?

Vu comme ça, Lucien l’âne, tu me pousses dans mes retranchements et il me faut bien révéler l’indigne conduite du Charles frappeur. En fait, le brillant guerrier avait des envies de soudard et croisant une dame au bord de la route, le cavalier encore tout corseté sous son armure, sent soudain croître une turgescence maligne et profite de la circonstance pour lutiner la dame, qui n’en peut, mais. Elle lui fait croire à sa fidélité pour monter le prix de la course et finalement cède en le flattant plus encore du nom de roi, qu’il n’est pas. Car, Charles Martel n’a jamais été roi, comme sans doute, tout le monde s’en souvient. Après l’intermède ludique, la dame lui présente sa facture et Charles comme un malpropre tente de s’enfuir sans régler la note. Mais sa grivèlerie n’aboutit pas, car la dame le retient par sa manche et après moult récriminations, obtient son dû. Furieux d’être ainsi fait comme un rat, qu’il était, l’ardent vainqueur de la bataille de Poitiers s’élance en catastrophe et finit dans un buisson d’épineux au terme d’une pirouette ridicule, se blessant finalement au fondement (de l’Europe, de la nation, de la religion, de la chrétienté, de la civilisation, etc).

Ainsi soit-il, conclut Lucien l’âne. Alors, tissons le linceul de ce vieux monde chrétien, civilisé, enraciné, menteur, hâbleur et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien l’âne.
CHARLES MARTEL RETOUR DE LA BATAILLE DE POITIERS


Le Roi Charles de guerre s’en revient.
Accueilli sur ses terres d’une couronne de laurier,
Au chaud soleil du printemps angevin,
Scintille l’armure du vainqueur de Poitiers.

Le sang du Prince, le sang du Maure
Arrosent le cimier de mêmes contours,
Mais plus que des blessures corporelles,
Charles ressent les affres de l’amour.

« Si la guerre étanche chez le vainqueur
La passion de la gloire et la soif d’honneur,
Elle ne concède pas un moment pour faire l’amour.
Celui qui impose la ceinture de chasteté
À sa suave épouse, commet un geste bien lourd
Et à la bataille, court le risque d’en perdre la clé. »

Ainsi se lamentait ce roi chrétien.
Le blé s’incline, les fleurs le décorent.
Le miroir de la fontaine d’étain
Reflète le fier vainqueur des Mores.

Quand voici que dans l’eau débonde,
Admirable vision, le symbole de l’amour.
Au cœur de longues tresses blondes
Paraît en plein soleil son sein nu.

« Je n’ai jamais vu chose plus belle,
Jamais je ne vis si jolie pucelle ! »,
Dit le roi en descendant rapidement de selle.
« Hé, chevalier, ne vous approchez pas,
D’autres déjà jouissent de celle-là,
À d’autres fontaines plus faciles, apaisez votre émoi. »

Surpris de mots si décidés,
Charles s’arrête en s’entendant ainsi moqué.
Mais le jeûne pèse plus que l’honneur,
Tout tremblant, le roi offre son cœur.

C’était là le répertoire caché
Dont use Charles dans les grandes difficultés.
À la dame, il montre un grand nez
Un visage de bouc, mais c’était Sa Majesté.

« Si vous n’étiez mon souverain »,
Charles dégage sa grande rapière,
« Je ne cèlerais pas mon désir de fuir au loin,
Mais puisque vous êtes mon seigneur, »
Charles lève sa bannière.
« Je dois vous concéder toute ma pudeur ».

C’était un cavalier des plus vaillants,
Dans cette passe d’honneur, il se redresse
Et arrivé à l’acmé tout fringant,
Il tente de remonter une fois encore.

Rapide, la pucelle le harponna
Et présente ses honoraires à son seigneur :
« C’est bon que vous êtes le roi,
Cinquante mille, c’est un prix de faveur. »

« C’est pas Dieu possible, nom d’un chien,
Qu’en ce royaume, toutes les aventures
Se déroulent avec de grandes putains !
Même sur le prix, il y a à redire. Pour sûr,
Je me souviens très bien qu’avant mon départ,
Les tarifs étaient inférieurs à trente mille patards ».

Cela dit, comme un grand saligaud,
D’un bond de lion, en selle, il fait un saut.
Et fouettant son cheval comme un bourricot,
Le roi s’étale dans les glycines et le sureau.

Le Roi Charles de guerre s’en revenant
Est accueilli sur ses terres d’une couronne de laurier.
Au soleil d’un chaud printemps,
Scintille l’armure du vainqueur de Poitiers.

inviata da Marco Valdo M.I. - 1/1/2019 - 09:21




Lingua: Tedesco

Traduzione tedesca / Deutsche Übersetzung / German translation / Traduction allemande / Saksankielinen käännös:
Lobolyrix (Wolfgang) (L. Trans.)
Karl Martell kehrt zurück aus der Schlacht von Poitiers

König Karl [1] kehrte zurück aus dem Krieg.
Sein Land empfing ihn und bekränzte ihn mit Lorbeeren,
In der warmen Frühlingssonne
Blitzte die Rüstung des siegreichen Herren.

Das Blut des Fürsten und des Mauren
Röten die Brust in gleicher Farbe,
Doch mehr als die Wunden des Körpers
Fühlt Karl das Verlangen nach Liebe.

"Der Krieg löscht zwar beim Sieger
Den Hunger nach Ruhm, den Durst nach Ehre,
Doch gewährt er dir nicht einen Moment für die Liebe.

Wer verpasst dann der süßen Braut
Den Keuschheitsgürtel, oje, das ist schwer,
In der Schlacht kann man leicht den Schlüssel verlieren."

So klagt der Christenkönig,
Rundum verneigen sich Halme, deren Krone die Blüte ist.
Der Spiegel des klaren Quellteichs
Reflektiert den Maurenbezwinger, stolz im Sattel.

Da siehe, plötzlich formt sich im Wasser
Eine wunderbare Vision, das Symbol der Liebe.
In der Fülle langer blonder Haare
Verschwimmt der Busen nackt in der prallen Sonne.

"Noch nie hat man Schöneres gesehen,
Nie hatt' ich ein Mädchen dergleichen",
Sprach König Karl und stieg eilends vom Sattel.

"Oh Ritter, kommt mir nicht näher,
Andere schon hatten das Vergnügen, das Ihr sucht,
Eine andere, leichtere Quelle hat Euren Durst schon gestillt."

Verblüfft über diese entschiedene Haltung,
Fühlte König Karl sich verspottet und verharrte,
Doch mehr als die Ehre vermochte das Fasten,
Und bebend nahm der Herr den braunen Helm ab.

Dies war seine geheime Waffe,
In großen Schwierigkeiten von Karl oft genutzt,
Dem Weib erschien eine lange Nase,
Ein Bocksgesicht, doch er war ja 'Seine Majestät'.

"Wäret Ihr nicht mein König",
Karl zückt das wuchtige Schwert,
"Ich würde den Wunsch nicht verbergen, weit weg zu fliehen.

Doch da Ihr mein Herr seid,"
Karl enstieg vollends seinem Käfig,
"Muss ich mich hingeben, enblößt von Schamgefühlen."

Er war ein vortrefflicher Ritter,
Und auch in dieser delikaten Lage blieb er bedeckt,
Und, als der Zweikampf zum Ende gelangt war,
Wollte er, unsicher im Sattel, den Rückweg antreten.

Flink nagelt das Mädchen ihn fest
Und präsentiert eine Rechnung ihrem Herrn:
"Oh, gerade weil Ihr der Herr seid -
Macht fünftausend Gulden, ein Sonderpreis."

"Ist denn das möglich, oh du Schweinehündin,
Dass die Abenteuer in diesem Reiche
Letztlich alle bei großen Huren enden?

Auch zum Preis ist dann zu sagen:
Ich erinnere mich gut, bevor ich aufbrach,
Waren die Tarife niedriger, um die dreitausend Gulden."

So sprach er, handelnd wie ein großer Lump,
Und schwang sich mit einem Löwensatz in den Sattel.
Sein Pferd peitschte er wie einen Esel
Und entschwand zwischen Glyzinien und Holunder.

König Karl kehrte zurück aus dem Krieg.
Sein Land empfing ihn und bekränzte ihn mit Lorbeeren,
In der warmen Frühlingssonne
Blitzte die Rüstung des siegreichen Herren.
[1] Obwohl weitaus mächtiger als die letzten Merowingerkönige, war Karl Martell
(* zwischen 688 und 691; † 741 in der Königspfalz Quierzy) nicht selbst König, sondern fränkischer Hausmeier (Majordomus); erst sein Sohn Pippin der Jüngere wurde 751 König der Franken und begründete die Dynastie der Karolinger. In der Schlacht bei Tours und Poitiers (732) setzte Karl dem weiteren Vordringen der muslimischen Araber ("Mauren" bzw. "Sarazenen") nach Mitteleuropa ein Ende und erhielt dafür den Beinamen "Martell" (Hammer); dass er sich nach seiner Heimkehr als Schürzenjäger betätigte, ist historisch nicht verbürgt, aber denkbar (dichterische Freiheit...)

inviata da Riccardo Venturi - 3/11/2020 - 15:20




Lingua: Spagnolo

Traduzione spagnola / Traducción al español / Spanish translation / Traduction espagnole / Espanjankielinen käännös: Santiago
CARLOS MARTEL REGRESA DE LA BATALLA DE POITIERS

El rey Carlos regresaba de la guerra
lo acoge su tierra y lo ciñe de laurel.
Bajo el sol de la cálida primavera
relampaguea la armadura del Sir vencedor.

La sangre del Príncipe y del Moro
enrojecen la cresta de idéntico color
pero más que del cuerpo las heridas
por Carlos son padecidos los anhelos del amor.

"Si el afán de gloria, la sed de honor,
que apaga la guerra, al vencedor
no le concede un momento para buscar el amor.
Quien, entonces, impone a la gentil novia
el cinturón de castidad, por desgracia, es grave,
en batalla puede correr el riesgo de perder la llave".

Así se lamenta el rey cristiano
se inclina a su alrededor el trigo, lo coronan las flores.
La clara fuente de espejo refleja orgulloso
en su silla al vencedor de los Moros.

Cuando de pronto en el agua se forma,
maravillosa visión, el símbolo del amor
en la espesura de unas largas trenzas rubias
el pecho se confunde desnudo a pleno sol.

"Nunca fue vista cosa más bella
nunca tomé yo doncella tal "
dijo el rey Carlos bajando veloz de la silla;
"Ah, caballero, no os acerquéis
ya de otros es alegría aquello que buscas
en otra más fácil fuente calma la sed".

Sorprendido por un decir tan decidido
sintiéndose burlado el rey Carlos se detuvo;
pero más que el honor pudo el ayuno,
temblando el yelmo obscuro el Sir se levantó.

Era ésta su arma secreta
por Carlos a menudo usada en gran dificultad
a la mujer le apareció una gran nariz
un rostro de cabra, mas era Su Majestad.

"Si no fuerais el mío soberano"
—Carlos se desprende del pesado espadón—
"no ocultaría el deseo de huir lejanamente;
mas porque sois mi señor"
—Carlos se quita entero el gavión—
"debo concederme despojada de todo pudor".

Caballero él era muy valeroso
e incluso en aquel frangente de honor se recubrió;
y al llegar al final de la tensón,
incierto a la silla, intentó volver a montar.

Veloz lo arpona la doncella
de pronto una partida presenta a su señor:
"Ah, propiamente porque sois el Sir
son cinco mil liras, es un precio de favor".

"¡Cómo es posible, maldita sea,
que las aventuras en este reino
deban resolverse todas con grandes putas!
Incluso sobre el precio, hay poco para reír,
bien me recuerdo que previo a partir
habían tarifas inferiores a las tres mil liras".

Dicho esto, actuó como gran bribón
con salto de león a la silla se lazó;
azotando al caballo como a un burro
entre las glicinas y el saúco el rey se desapareció.

El rey Carlos regresaba de la guerra
lo acoge su tierra y lo ciñe de laurel.
Bajo el sol de la cálida primavera
relampaguea la armadura del Sir vencedor.

inviata da Santiago - 5/7/2016 - 00:59




Lingua: Russo

Versione russa / Русский перевод / Russian version / Version russe / Venäjänkielinen käännös:
raf_sh, --> Livejournal.

I russi sono, probabilmente, i più grandi traduttori di cantautori che esistano sulla terra. Forti di un Vysotskij o di un Okudzhava, e maneggiatori come pochi della propria lingua, ora sembrano avere "scoperto" Fabrizio De André. E ci si dedicano a capofitto. Inutile dire che la versione è pienamente cantabile. [RV]
КАРЛ МАРТЕЛЛ ВОЗВРАЩАЕТСЯ ПОСЛЕ БИТВЫ ПРИ ПУАТЬЕ

С победой
верхами едет воин -
триумф ему пристоен
и лавровый венок,
и солнце
весны его ласкает,
при свете дня сверкают
и латы и клинок.

К неверным
сведен наш счет немалый -
от крови гребень алый
по цвету недалек,
но все же,
пусть Карл изрядно ранен -
один ему желанен
живой любви глоток:

- Служенье славе и жертвы державе
сгладить невзгоды военные вправе,
но не уступят минуты любовной забаве...
Тот, кто из ревности нежной супруге
чресла замкнет в строгий пояс упругий -
в битвах рискует совсем потерять ключ к подруге!

Сетует так
король наш христианский
у нивы у крестьянской,
в короне из цветов,
и в зеркале
источника студеного
мелькает образ конного,
что мавров пролил кровь.

Внезапно,
воды ли наважденье -
чудесное виденье:
о, вот - сама любовь:
под сенью
волос, густых и длинных, -
светла, как Магдалина,
жемчужен кожи зов.

- Не доводилось и в прежнее время
видеть прекрасней меж девами всеми, -
вымолвил Карл, покидая походное стремя.
- Рыцарь, Вам здесь оставаться не надо,
Я не для Вас, для других я услада, -
Пусть у иного ручья Вам найдется награда!..

Смущенный
решимостью ответа -
и колкостью задетый,
запнулся гордый Карл...
Честь - честью,
а страсть сильнее гложет -
не удержал он дрожи
и шлем свой темный снял:

секретное
оружие решает,
когда любви мешает
нежданный карамболь -
и деве
открылся лик козлиный
и нос отменно длинный -
ах, это сам король!

- Если б не правили Вы королевством,
(Карл опускает тяжелые ножны)
я без раздумья спасалась бы праведным бегством,
Вы же во власть эту приняли землю, -
(Карл уже снял все, что рыцарю можно)
сдамся - и цену любого стыда я приемлю!..

Столь рыцарь
он был небесталанный -
в баталии нежданной,
себе не изменя,
к победе
со славою прорвался -
и с ходу попытался,
взобраться на коня...

Но тщетно -
его хватает дева,
сеньору, не без гнева,
свой предъявляет счет:
"Поскольку
Вы - сир, из настоящих, -
в пять тысяч лир звенящих
Вам встанет эпизод!"

"Черт побери, но в стране этой странной
все приключения, страсти, романы -
сводятся к счетам с какой-нибудь новой путаной!
Если ж коснуться цены инфернальной,
помню, на выезде к славе батальной, -
три тысячи лир и тогда был тариф максимальный!.."

Сказал, и
как негодяй отпетый,
не совладав со сметой,
в седло взлетел тотчас,
пришпорив
коня, как на картине,
меж дрока и глициний
исчез - долой из глаз...

С победой
вернулся славный воин -
триумф ему пристоен
и лавровый венок,
сияя,
весна его ласкает,
при свете дня сверкают
и латы и клинок!..

inviata da CCG/AWS Staff - 8/12/2011 - 04:08




Lingua: Polacco

Versione polacca cantabile / Polska wersja poetycka / Poetical Polish version / Version poétique en polonais / Puolankielinen runollinen versio: Krzysiek Wrona, 23/24-4-2014
KAROL MŁOT WRACA Z BITWY POD POITIERS

Król Karol powracał z wojny srogiej,
a skronie jego zdobił zwycięstwa dumny laur,
lśni zbroja ciężka Jego Wysokości
triumf święci władca Franków w upalnej wiosny czas.
Czerwono barwi się na hełmie kita
schlapana krwią książęcą i Maura rudą krwią,
lecz bardziej Karolowi doskwierają
niźli bojowe rany ognie cielesnych żądz.

”O ile chwały, sławy pożądanie
i honor syci wojny uprawianie
nie daje ci jednak ni chwili na zwykłe kochanie.
A kto przed wyjazdem wybrance swej lubej
cnoty pas kładzie, aj, to na swoją zgubę,
bo przecież w bitwy ferworze kluczyk zgubić może”.

Biadoląc król chrześcijan tak się żali,
a w koło kwitną kwiaty, pochyla zboże kłos
i w lustrze zaszczyconego zdroju
ten co Morysków pobił, odbija się waleczny mąż.
Lecz oto, w zwierciadle jasnym źródła
zjawia się wizja cudna, różanej Wenus wdzięk,
i w burzy warkoczy rozpuszczonych
w kosmyków złotym gąszczu, jędrna się jawi pierś.

”Nigdy piękniejszej rzeczy nie widziałem
nigdy pączuszka słodszego nie zerwałem”
– rzekł król Karol w pośpiechu z wierzchowca zsiadając.
”Ach, mój rycerzu, nie zbliżaj się, panie,
gasi już pragnienie innego me oddanie,
konia napoić racz raczej na innej polanie”.

Odprawą tak gwałtowną zaskoczony
i w uczuciach zraniony, jak wryty Karol tkwi,
lecz głód był jeszcze sroższy od żałości
i władca wyposzczony hełm ściągnął raz, dwa, trzy.
To była tajna broń jego ukryta,
a Karol ją stosował, gdy zawiódł każdy plan,
ujrzało hoże dziewczę nos czerwony
kozła rozpromieniony pysk, Miłościwy go miał Pan.

”Gdybyś ty nie był mym władcą i panem
– Karol miecz wielki odpina, spocony –
pokusie bym nagłej uległa, by zwiać, jak najdalej,
Będąc mym jednak wodzem zasłużonym
– Karol rynsztunek szarpie pokręcony –
muszę bez wstydu poświęcić mój wianek różowy”.

Karol jeźdźcem był i świetnym ujeżdżaczem
i również w tej sytuacji kunsztu wykazał moc
i akt ten konkludując sprawnie
niepewnie za łęk łapie, rumaka dosiąść chcąc.
Tu chyżo dziewczyna go dopada
rachunek mu przedkłada, choć to jej przecie pan:
”Ach, tylko boście królem, Sire,
talarów pięć w tę chwilę, promocję dzisiaj mam”.

”Czy to być może, przy mym całym męstwie,
że w popieprzonym tym moim królestwie
wszystko pogrążyć się musi w powszechnym kurestwie,
A jeśli chodzi o stawkę wspominam,
że nim wyruszył na wojnę to było
niecałe talary trzy lub drobny bilon”.

Po słowach tych, jak łajdak się zachował
Lwim skokiem opanował wierzchowca swego grzbiet,
niemiłosiernie chłoszcząc go jak osła
w zarośla bzu i pnącza, król niczym królik pierzchł.
Król Karol powracał z wojny srogiej,
a skronie jego zdobił zwycięstwa dumny laur,
lśni zbroja Jego Królewskiej Mości
triumf święci władca Franków w upalnej wiosny czas.

inviata da Krzysiek Wrona - 24/4/2014 - 01:05





Traduzione greca / Μετέφρασε στα ελληνικά / Greek translation / Traduction grecque / Kreikankielinen käännös :
Christos Alexandridis (L. Trans.)
Ο Κάρολος Μαρτέλος επιστρέφει από τη μάχη του Πουατιέ

Ο βασιλιάς Κάρολος γυρνούσε από τον πόλεμο,
τον υποδέχεται η χώρα του και τον δαφνοστεφανώνει.
Στον ήλιο της ζεστής άνοιξης
αστράφτει η πανοπλία του νικητή Άρχοντα.

Το αίμα του Πρίγκιπα κι εκείνο του Σαρακηνού
βάφουν την περικεφαλαία με το ίδιο χρώμα,
αλλά περισσότερο και από τις λαβωματιές στο σώμα
ο Κάρολος αισθάνεται τον πόθο του έρωτα.

«Μπορεί τη λαχτάρα για τη δόξα και τη δίψα για την τιμή,
που έχει ο νικητής, να τα ικανοποιεί ο πόλεμος,
δεν του χαρίζει όμως ούτε μια στιγμή για να κάνει έρωτα.
Να επιβάλεις στη γλυκιά συμβία να φορέσει
τη ζώνη της αγνότητας, είναι δυστυχώς επικίνδυνο,
γιατί στη μάχη μπορεί να χάσεις το κλειδί».

Κι ενώ παραπονιέται έτσι ο χριστιανός βασιλιάς,
γέρνουν τριγύρω τα στάχυα και τα άνθη τον στεφανώνουν.
Μες στα καθάρια νερά της πηγής
καθρεφτίζεται περήφανος επάνω στη σέλα ο νικητής των Σαρακηνών.

Και να που ξαφνικά μες στο νερό εμφανίζεται
σαν εξαίσιο όραμα το σύμβολο του έρωτα:
μέσα από τις πυκνές, μακριές, ξανθές κοτσίδες
γυμνό στον ήλιο προβάλλει το στήθος.

«Δεν ξαναφάνηκε ποτέ μια τέτοια ομορφιά,
δεν απόλαυσα ποτέ μια τέτοια κόρη»,
είπε ο βασιλιάς Κάρλος κατεβαίνοντας γρήγορα από τη σέλα.
«Ε, ιππότη, μην πλησιάζετε,
άλλος το χαίρεται αυτό που εσείς ζητάτε.
Πηγαίνετε να ξεδιψάσετε σε άλλη, πιο βολική πηγή».

Έκπληκτος από μια τόσο αποφασιστική συμπεριφορά
και νιώθοντας να τον χλευάζουν ο βασιλιάς Κάρολος σταμάτησε,
αλλά περισσότερο και από την τιμή το λόγο είχε η νηστεία
και μ’ έξαψη ο άρχοντας έβγαλε το σκούρο κράνος του.

Αυτό ήταν το μυστικό όπλο του,
που ο Κάρολος χρησιμοποιούσε συχνά στα δύσκολα.
Στη γυναίκα εμφανίστηκε μια μεγάλη μύτη,
ένα τραγίσιο πρόσωπο, ήταν ωστόσο η Εξοχότητά Του.

«Εάν δεν ήσασταν ο βασιλιάς μου»
(ο Κάρολος βγάζει τη βαριά του σπάθα)
«δεν θα έκρυβα την επιθυμία να το σκάσω.
Αφού όμως είστε ο άρχοντάς μου,»
(ο Κάρολος βγάζει όλη τη βαριά του πανοπλία)
«πρέπει να σας δοθώ γυμνή από κάθε ντροπή».

Σαν ιππότης ήταν αρκετά ικανός,
αλλά και στο μπλέξιμο αυτό τα’ βγαλε πέρα με τιμή
και αφού έφτασε στο τέλος της μάχης
δισταχτικός πάνω στη σέλα έκανε να ξανανέβει.

Γρήγορα όμως τον αρπάζει η κόρη
και ξαφνικά παρουσιάζει το λογαριασμό στο βασιλιά της.
«Λοιπόν, για σας και μόνο, πού είστε ο αφέντης μου,
κάνει πέντε χιλιάδες λιρέτες, είναι προσφορά».

«Μα είναι δυνατόν, που να πάρει ο διάολος,
οι ερωτοδουλειές σ’ αυτό το βασίλειο
να καταλήγουν όλες σε μεγάλες πουτάνες;
Αλλά και για την τιμή υπάρχει αντίρρηση.
Θυμάμαι πολύ καλά ότι πριν αναχωρήσω
η ταρίφα ήταν μικρότερη από τρεις χιλιάδες λιρέτες».

Και αφού τα είπε αυτά, έπραξε σαν να’ ταν κανένας αλητήριος:
με πήδημα λιονταριού όρμησε προς τη σέλα
χτυπώντας το άλογο λες κι ήτανε γαϊδούρι.
Ανάμεσα στις γλιτσίνες και στις κουφοξυλιές ο βασιλιάς έγινε καπνός.

Ο βασιλιάς Κάρολος γυρνούσε από τον πόλεμο,
τον υποδέχεται η χώρα του και τον δαφνοστεφανώνει.
Στον ήλιο της ζεστής άνοιξης
αστράφτει η πανοπλία του νικητή Άρχοντα.

inviata da Riccardo Venturi - 3/11/2020 - 12:33




Lingua: Turco

Traduzione turca / Türkçe çeviri / Turkish translation / Traduction turque / Turkinkielinen käännös: Lyrics Translate
Charles Martel, Puvatya Savaşından dönerken

Kral Charles, savaştan dönüyordu,
toprağı, defne tacı takarak karşıladı onu.
Sıcak baharın güneşinde,
zırhı ışıldıyordu muzaffer komutanın.

Prensin ve Emevi hasmının kanı,
aynı kızıla boyuyordu sorgucu,
ama vücudundaki yaralardan çok,
Charles, alevlerini hissediyordu aşkın.

“Zafer özlemini, şeref susuzluğunu
giderse de savaş galip olan için,
bir an tanımıyor sevişmeye.
Olur da takarsa kişi tatlı eşine,
ah, o ağır bekaret kemerini,
savaşta bir bakarsın,
kaybetmişsin anahtarını”.

Böyle yakınıyordu Hıristiyan kral,
başak boyun eğiyordu çevresinde,
çiçekler taç oluyordu ona.
Duru pınarın aynasında
mağrur yansıyordu at sırtındaki
aksi, Emevilere galip gelenin.

Birden suda oluşuverdi
mucizevi görüntü: aşkın simgesi,
uzun sarışın saçlar, örgüler yumağı,
çıplak göğüsle birbirine karışmıştı gün ışığında.

“Hiç görülmemiştir böyle güzel şey,
hiç denk gelmedim böyle güzel bir kıza”,
dedi kral Charles hızla inerek atından.

“Durun, şövalye, yaklaşmayın
aradığınız haz, başkasına ait çoktan,
daha kolay başka kaynakta giderin susuzluğunuzu”.

Böyle kararlı bir tepkiye şaşıran
kral Charles, alay edildiğini hissedip durdu,
ama onura üstün geldi kadınsızlık,
titreyerek çıkardı senyör, kahverengi başlığını.

Bu, büyük zorluklarda sıkça kullandığı
gizli silahıydı Charles’ın,
kadının karşısında koca bir burun beliriverdi,
bir teke suratı, ama Majesteleriydi işte.

“Hükümdarım olmasaydınız”
--Charles kınından çıkardı ağır kılıcını--
“gizlemezdim uzağa kaçma arzumu,
ama efendim olduğunuz için”
--Charles sıyrıldı zırh kafesinden tamamen--
“boyun eğmeliyim bir yana bırakıp her tür utancı”.

Şövalye gerçekten pek yiğitti,
o zor durumda bile onur zırhını kuşandı
ve tamamlayıp nefsiyle mücadelesini,
kararsız, yeniden atına binmeye çalıştı.

Kız hızla yakalayıverdi kralı,
hemen bir ücret önerdi efendisine:
“Hadi, efendimiz olmanız hasebiyle,
beş bin lira olsun, özel fiyat”.

“Yahu, olacak iş mi, Tanrı aşkına,
bu krallıktaki serüvenlerin tamamının,
dönüp dolaşıp büyük yosmalarla son bulması?
Fiyata da söyleyecek bir çift sözüm var,
çok iyi hatırlıyorum, yola çıkmadan önce,
üç bin liradan aşağıydı tarifeler”.

Bunu söyleyip tam bir hergele gibi davrandı,
bir aslan sıçrayışı ile atına atladı.
Atını kırbaçlayıp bir eşek gibi,
morsalkımlarla mürverler arasından
gözden yitiverdi kral.

Kral Charles, savaştan dönüyordu,
yurdu, defne tacı takarak karşıladı onu.
Sıcak baharın güneşinde,
zırhı ışıldıyordu muzaffer komutanın.

inviata da Riccardo Venturi - 3/11/2020 - 15:40




Lingua: Ebraico

Versione ebraica di Daniel Shalev [דניל שלו], di Rishon LeTsion (Israele)
Speditami il 30 settembre 2005

La versione ebraica è in versi che rispettano la metrica originale ed è quindi pienamente cantabile. In alcune parole è munita anche della puntatura tiberiense (vocalizzazione).
Verrà quanto prima fornita una trascrizione in caratteri latini.


A Daniel vanno ovviamente tutti i nostri più sentiti ringraziamenti.[RV]
קרל הפטיש חוזר מקרב פואטיה
מילים ולחן: פבריציו דה אנדרה ופאולו וילג’ו, 1962

המלך הנוצרי קַרְל הפטיש
חוזר מקרב מתיש
עטור בנצחון.
חמה השמש בַּאָביב
,פורח מִסביב
,בוהק לו השריון.

כתמים בצבע ארגמן
,של האויב הדם
, צובעים את השיריון
,אך יותר מאשר פצעי הגוף
,החשק לניוף
מעיק על האדון.

" איש הרוצה תהילה וכבוד
,את כל אוֹנו הוא משקיע בַקרבות
,רגע, אַווֹי, לא נותר
לחַדר-המיטות.
הן למלכה, היפה כירח
יש חגורה, ולכן הוא בוטח
,אך מה, אם בלהט הקרב
יְאֲבֵּד המפתח?"

רוכב לו וּמֵקַטֵר המלך
,משתחווה הפרג
הסוּף והדגן
מַשְקֵה את הסוס ליד שלולית
ומיסביב מֵבּיט
יהיר על סוס אֵיתַן.

פתאֹם יוצאות לו העיניים
כי הוא רואה בַמים
מראה לא יאֵוּמן:
בִּסְבָך צמה בצבע-קש
,חזה - חלב וּדבַש -
נִשְקַף בַמעיין.

"אֵיכָה ראיתי יפָה שִבעתַיים
,עוד לא קטפתי כַזֶה פרח-מים!"
ובאֹמרוֹ הוא כבר שַֹם
על הקרקע רגליים.
"אנא, האדון, אנא אַל ייתקרב
,כי בחורה, ואֵינֵני אויב
,שְעַל שולחן קל מִמֵני
יֹאכָל, הרעֵב!"

מופתע מתשובתָה הנִחְרֶצֶת
עָמד מול הרוחצת
,אל-מול החָמודה
,אך הצום גבָר על הכבוד
והוא, רעֵב מאד
,הסיר את הקסדה.

היה זה הנשק הסודי
הרב השימושי
בקרב, בעת צרה.
חוֹטְמוֹ, באמצע הפרצוף
דַמַה לשל יַנשוף,
אך הוא-הוא הַשְֹרָרַה!

"לוּלֵא הייתָ אתה השליט
(הוא שֹם בצד גם את כובד חַרְבּוֹ)
לא אַוותֵר לרצון
להימלט,
אך, ומשום שאתה השליט,
(מכל הכלוב הוא כבר מתפשט)
עַשֶה ממני, האדון,
כל מה שתחליט!"

המלך היה פרש אמיץ,
הפעם לא החמיץ,
ניצֵח גם על הזאת,
אך בתום דו-קרב מאד עמוס
עייף הוא על הסוס
ניסה להתעלות.

תופסת אותו המִתְמָסֶרֶת
וּלידַיו מוסרת
חשבון (כולל הכל) :
"תִתְנֵנִי, למען השרות
,זהב, חמש מַעוֹת,
וזה נורא בזול!"

"איך ייתכן, לכל הרוחות,
לעזאזל, כל ההזדמנויות,
הן נגמרות לבסוף
בבית הזונות!
על המחיר יש לי גם השגות,
היטב זכור לי, לפני הקרבות,
שאז שילמתי רק שתיים-
שלוש מטבעות!"

אמר ונהג כבן בליעל,
זינק פתאם אל-על
כמו אלוף עולם.
דירבן את סוסו כמו חמור,
וככה, כציפור,
פרח ונעלם.

המלך הנוצרי קַרְל הפטיש
חוזר מקרב מתיש
עטור בנצחון.
חמה השמש בַּאָביב
,פורח מִסביב
,בוהק לו השריון.

inviata da דניל שלו וריקךדו ונטורי - 30/9/2005 - 15:58




Lingua: Italiano

Versione letterale della versione ebraica.

E' assai interessante vedere come Daniel Shalev ha...riscritto il testo della canzone in ebraico, per mantenere la metrica e renderla cantabile. Anche lo stile dell'ebraico è stato volutamente tenuto assai arcaico.

NB: Ovviamente, lo ripetiamo, si tratta della versione letterale della versione ebraica, la quale è in versi e in rima.
Il re cristiano Carlo il Martello
Torna da una battaglia spossante
Coronato di vittoria.
È caldo il sole di Primavera,
fiorisce intorno,
brilla l’armatura.

Macchie di color porpora,
del nemico il sangue,
tingono l’armatura,
ma più che le ferite del corpo,
la voglia di fornicare
pesa sul signore.

“L’uomo che vuole gloria ed onore
,tutta la sua potenza investe nelle battaglie,
un momento, ohi, non rimane
per la stanza da letto.
Sì, la regina, bella come la luna,
ha la cintura, e quindi lui è sicuro,
ma che [accadrà] se nella furia della battaglia
andrà persa la chiave?”.

Cavalca e sbuffa il re,
s’inchina il papavero,
il papiro, il grano.
Abbevera il cavallo accanto ad una pozza
Ed intorno guarda,
fiero, sul valido cavallo.

Improvvisamente gli escono fuori gli occhi
Perché lui vede nell’acqua
Una visione incredibile:
nel folto di una treccia color paglia,
un seno – latte e miele –
si specchia nella fonte.

“Ove ho visto una bella così tanto,
non ho ancora colto un tale fiore d’acqua!”
e, nel dirlo, mette già
sul terreno i piedi.
“Deh, signore, non si avvicini,
perchè [io sono una] ragazza, non un nemico,
che ad un tavolo più facile di me
mangi, l’affamato!”

Sorpreso dalla sua risposta decisa,
stette di fronte alla bagnante,
di fronte alla graziosa,
ma il digiuno prese il sopravvento sull’onore,
e lui, molto affamato,
si tolse l’elmo.

Era questa l’arma segreta
pluriuso
in battaglia,
in tempo di difficoltà.
Il suo grugno, in mezzo alla faccia
Era simile a quello di un gufo,
Ma è proprio lui, l’Autorità.

“Se non fosti tu il sovrano
(lui mette da parte anche la pesante spada)
non rinuncerei alla voglia
di fuggire,
Ma, e poiché tu sei il sovrano,
(di tutta la gabbia lui già si spoglia)
fa di me, mio signore,
tutto quello che deciderai!”

Il re era un cavaliere coraggioso,
questa volta non fece cilecca,
fu vincitore anche su colei,
ma alla fine di un duello molto faticoso
lui, stanco, sul cavallo
tentò di innalzarsi.

Lo acchiapppa colei che si era data
E gli consegna nelle mani
Un conto (tutto compreso):
“Che mi dia, per il servizio,
oro, cinque monete,
ed è molto a buon mercato!”

“Come è possibile, per tutti i numi,
al diavolo, tutte le occasioni,
finiscono alla fine
in un bordello!”
Sul prezzo ho pure da ridire,
ben mi ricordo [che] prima delle battaglie,
allora pagavo solo due
- tre monete!”.

Disse, e si comportò da cialtrone,fece improvvisamente un salto in alto
come un campione del mondo.
Spronò il suo cavallo come un asino,
e così, come un uccello,
prese il volo e sparì.

Il re cristiano Carlo il Martello
Torna da una battaglia spossante
Coronato di vittoria.
È caldo il sole di Primavera,
fiorisce intorno,
brilla l’armatura.

inviata da Riccardo Venturi - 30/9/2005 - 16:05




Lingua: Italiano (Veneto / Venetian)

Traduzione veneta / Venetian translation / Traduction vénitienne / Venetonkielinen käännös:
Viola Ortes (L. Trans.)
Carlo Martello torna daea batàlia de Poitiers

Re Carlo el tornava daea guèra
Eo riséve el so paese coronandoeo col lauro
Al soe dea calda primavera
slùsega l'armadura del Re vinsidór

El sangue del Prìnsipe e del Moro
Arrossa l'elmo col stesso coeor
Ma più che 'e ferite sol corpo,
Carlo sente ea vògia de amor.

"Se ea vògia de gloria, ea sén de onor
Ea guera ghée smorsa al vinsidór
No te eassa un atimo par fare l'amor.

Po' chi che ghe mete aea so bèa mugèr
Ea sintura de castità, pòro mi, grave
Nea batàlia el pól ris-ciar de perdar ea ciave."

Cussì se lagna el Re cristiàn
Se inchina el formentòn, ghe fa ea corona i fiori.
El spècio dea aqua ciara
Riflete fiero sol cavaeo, dei Mori el vinsidòr.

D'un trato so l'aqua ghe compare
Bèa visión el simboeo d'amor
In mèxo a tante drésse bionde
El pèto se sconde nudo e nado1 in pien soe.

"No se ga mai visto 'na roba più bèa
Mai no go visto 'na fìa cussì"
Ga dito Re Carlo smontando in prèssa dal cavaeo.

"Beh, cavaliere, no 'ste vegner vissìn
Xa de altri xe gioia queo che serchè
'Ndè da n'altra parte più fàssie a calmarve ea sén"

Assà romaso da 'sto modo deciso,
Sentendose coionà, Re Carlo se ga blocà
Ma più che l'orgoglio xe sta ea fame,
Tremando el Re se cava l'elmo scuro.

Questa gèra ea so arma segreta
Che Carlo doparava co'l gèra in dificoltà
Aea dòna ghe se para 'na gran canappia
Un muso da cavarón, ma el gèra el Re

"Se no fussi el Re"
Carlo se cava ea spadona
"No scondarìa ea vògia de 'ndar via.

Ma visto che si el me Signor"
Carlo se cava tuta l'armadura
"Go da darme sensa nissùn pudór."

Eo el gèra un cavalier tanto vaeoroso
e anca in chel caso se ga coverto de onor
E rivà aea fine dea batàlia
Inserto sol cavaeo el tenta de montar.

In prèssa eo ferma ea bèa fia
de colpo ghe presenta el conto al so signor
"Beh, visto che voialtri si el Re
Xe sinque carte da mìe, xe un prèsso de favor."

"Xe mai parmesso, porco chel can,
Che 'e aventure in sto Regno qua
Ga da finir tute co dee gran putane?

Anca sol prèsso ghe n'è da dire
Me ricordo ben che prima de partir
Ghe gèra prèssi sóto 'e tre carte da mìe"

Dito questo, se ga comportà da cancarón
Co un salto da león se ga butà soea sèa
Frustando el cavaeo come un musso
Fra i glissini e i sambugari el Re xe scampà.

Re carlo tornava daea guèra
Lo riséve el so paese coronandoeo col lauro
Al soe dea calda primavera
Slùsega l'armadura del Re vinsidór

inviata da Riccardo Venturi - 3/11/2020 - 16:31




Lingua: Esperanto

Versione in esperanto di Renato Corsetti, da www.cinquantini.net
REĜ'KARLO

Reĝ' Karlo batalis kun la maŭro
nun kronas lin per laŭro
la danka patroland'
la suno printempa varme klaras
rebrilas l'armilaro
de l'venka triumfant'.
La sango de l'reĝ' kaj malamiko
makulas la tunikon
per sama la kolor'
sed pli ol la brulo de la vundo
sentiĝas en profundo
la pikoj de amor'.

Milit' estingas emon al gloro
por la venkanto serĉinta honoron
sed ĝi ne lasas momenton por ĝui amoron
Kiu devigis edzinon tre ĉarman
port sur korpo ĉastzonon malvarman
riskas perdi ŝlosilon kurante
en batalon plej varman.

Ĉi-vorte lamentis reĝ' kristana
kliniĝas ondo grena
lin kronas la florar'
de brava venkint' la ŝtalan bildon
la lancon kaj la ŝildon
spegulas fontan-klar'.
Subite, ĉu ver' aŭ iluzio?,
sur akvo la vizio
de am' aperas nun:
la blonda hararo mamojn nudajn
defendas de la krudaj
radioj de la sun'.

"Neniam vidis mi jam tian belon,
neniam plukis mi jam tian stelon"
diras reĝ' Karlo glitante rapide de l'selo.
"Ne proksimiĝu, ho vi kavaliro,
estas mi ĝuo nur por unu viro,
fontan' pli facila satigu soifan deziron".

De l'drasta parolo surprizita
sentante sin mokita
li haltis tuj kun gap'
sed povis la malsat' pli ol doloro
li helmon kun furoro
deprenis de la kap'.
Ĝi estis armil' lia sekreta
de Karlo jam uzita
en dubo pri sieĝ':
al la ino aperis nazohoko
vizaĝ' inda je boko
sed estis ja la reĝ'.

Se vi ne estus la suvereno",
(Karlo la longan glavegon demetas)
"montri deziron forkuri ne estus ja peno;
sed ĉar vi estas por mi la sinjoro"
(Karlo la tutan kirason forĵetas)
"devas mi cedi min nuda je ĉiu pudoro.

Li estis tre valora kavaliro
kaj eĉ en ĉi turniro
triumfis li ĝis cel'.
Kaj poste ĉe l'fin' de l'amduelo
surgrimpi sur la selon
li provis kun ŝancel'.
Subite lin kaptis ĉe l'femuro
kaj al sinjor' fakturon
prezentas la knabin':
"Nu, ĝuste ĉar vi estas ja la moŝto
la rabatita kosto
nur estas frankoj kvin".

Ĉu estas eble pro mil diablinoj,
ke amaferoj en miaj landlimoj,
devas regule solviĝi ĉe aĉaj putinoj!
Kaj pri la prezo nur estus dirite,
ke mi memoras ke antaŭmilite
pri prezo trifranka estis ja konsentita.

Post diro kondutis li fripone
kaj saltis tuj leone
sur dorso de l'ĉeval'.
Vipante la beston senprokraste
li malaperis haste
en la fundo de la val'.
Reĝ' Karlo batalis kun la maŭro
nun kronas lin per laŭro
la danka patroland'
la suno printempa varme klaras
rebrilas l'armilaro
de l'venka triumfant'.

inviata da Riccardo Venturi - 5/5/2005 - 11:36


Re Carlo ritornava dalla Battaglia,
lo accoglie la sua terra, ricoprendolo di Paglia,
La primavera e calda,
e la vittoria è davvero spavalda.

...e te tu sei un pochino grullo, anzi un po' (tanto) bischero! [CCG Staff]

2/11/2007 - 15:12


Ciao a te carissimo!

Come avrai visto, il tuo suggerimento è stato (ovviamente) accolto, e il disegno di Manara è stato sostituito nella versione ben più completa e visibile da te reperita e proposta.

Ovviamente mi aspetto e ci aspettiamo da te un 2009 assai "cospicuo" per questo sito del quale, te lo dico in tutta sincerità e con molto piacere, fai pienamente parte.

Tantissimi auguri, e a presto!

Riccardo Venturi - 23/12/2008 - 12:29


Ho sentito per la prima volta questa canzone di Fabrizio nel lontano 1962 (o 63, non sono sicura). Una mia compagna di liceo mi aveva prestato il disco insieme al"Testamento".
Se la memoria non m'inganna sulla faccia B di Carlo Martello c'era "la ballata dell'eroe" e sul retro del testamento "la ballata del Miché". Oggi tutti conoscono queste canzoni, ma allora erano diffuse solo dal passaparola, alla radio neanche a pensarci. Forse chi è nato dopo non riesce a immaginare l'impatto emotivo provocato da queste canzoni nella società di allora; era veramente l'inizio di un mondo nuovo (purtroppo solo nelle coscienze di molti giovani e non nella realtà)

Silva - 11/1/2009 - 09:39


anzi ora che ci ripenso, mi sembra che sul lato B di Carlo Martello ci fosse "il Fannullone"

Silva - 11/1/2009 - 20:32


C'era effettivamente il "Fannullone". Saluti!

Riccardo Venturi - 11/1/2009 - 23:12


Esterrefatto per la versione krzysiana...(o krzysiesca?)..!!

Uno sbalordito Riccardo Venturi - 24/4/2014 - 11:17


Ti ringrazio Riccardo, una lode scritta da te è un onore inesprimibile. Forse occorreranno piccoli cambiamenti di natura strettamente cosmetica, ma già così la versione funziona. Ovviamente come ogni traduzione letteraria, si differenzia un po' dall'originale, ma come sempre, cerchavo di farla in maniera fedele e vicina allo spirito del testo italiano. Mi stavo scervellando sul plurale del verbo "arrossano" in questi due versi:
"Il sangue del Principe e del Moro
arrossano il cimiero d'identico color",
perché sia il libro di Fasoli che il sito dedicato a Faber li riportano così:
"Il sangue del Principe del Moro
arrossano il cimiero d'identico color",
senza la congiunzione e solo dopo aver scoperto il mistero ho controllato sulle CCG, che impeccabilmente presentano la versione correta. È anche il mio record personale, due canzoni abbastanza lunge di De André, tradotte nelle versioni cantabili in una settimana sola. Sono esausto : )
Salud!
e grazie ancora.
p.s.
Credo comunque che "krzysiana" suoni meglio : D

Krzysiek Wrona - 24/4/2014 - 22:55


Vorrei sostituire il mio testo precedente, con la versione un po' "limata". Come sempre vale la mia regola di ricantare più volte la traduzione, per migliorarle la resa e la cantabilità. In più vengono magari pure le soluzioni più felici, come il aggettivo "popieprzony" al posto del più volgare "popierdolony" :-)
(Krzysiek Wrona)

Traduzione sostituita!

6/5/2014 - 20:03


A ricordo di Jehan de Braine (1198 – 1239)
da wikisource


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/...


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/...


PAR DESSOZ L'OMBRE D'UN BOIS

Pastourelle


I

Par dessoz l'ombre d'un bois
Trovai pastore a mon chois
Contre iver ert bien garnie
La tosete o les crins blois
Quant la vi senz compaignie,
Mon chemin lais, vers li vois.
Aé !

II

La tose n'ot compaignon
Fors son chien et son baston ;
Por le froit en sa chapete
Se tapist lez un buisson;
En sa fleüte regrete
Garinet et Robeçon.
Aé !

III

Quant la vi, sotainement
Vers li tor et si descent
Si li dis: « Pastore amie,
De bon cuer a vos me rent :
Faisons de fueille cortine,
S'amerons mignotement. »
Aé !

IV

« Sire, traiez vos en la,
Car tel plait oï je ja.
Ne sui pas abandonee
A chascun qui dit: « Vien ça. »
Ja por vo sele doree
Garinez riens n'i perdra. »
Aé !

V

« Pastorele, s'il t'est bel,
Dame seras d'un chastel.
Desfuble chape grisete,
S'afuble cest vair mantel.
Si sembleras la rosete
Qui s'espanist de novel. »
Aé !

VI

« Sire, ci a grant covent
Mais mout est fole qui prent
D'ome estrange en tel manière
Mantel vair ne garniment,
Se ne li fait sa proiere
Et ses bons ne li consent. »
Aé !

VII

« Pastorele, en moie foi
Por ce que bele te voi,
Cointe dame, noble et fiere
Se tu vueus, ferai de toi.
Laisse l'amor garçoniere,
Si te tien del tot a moi. »
Aé!

VIII

« Sire, or pais, je vos en pri
N'ai pas le cuer si failli
Que j'aim mieuz povre desserte
Soz la fueille o mon ami
Que dame en chambre coverte,
Si n'ait ou cure de mi. »
Aé !

Krzysiek Wrona - 10/11/2014 - 18:02


... S'amerons mignotement.
Aé !

– è troppo forte, comunque :–D !

krzyś - 10/11/2014 - 19:12


Sembra ispirata dal gran troviero.
È una canzone polacca più antica tramandatci per tutti questi secoli. Risale ad incirca al trecento (qua in una versione un po' rivisitata, ovviamente).

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/...


Krzysiek Wrona - 10/11/2014 - 23:52


In riferimento a questa canzone, il 13 dicembre 1967 (come regalo di Santa Lucia) sia Fabrizio che la sua etichetta di allora, la Karim, hanno ricevuto la citazione di un mio concittadino veronese per "avere in concorso tra di loro, prodotto e messo in commercio dischi pornografici e dal contenuto osceno"
L'anno seguente la vicenda giuridica si risolse con una assoluzione "perchè il fatto non sussiste"

Flavio Poltronieri - 14/12/2015 - 21:50


Villaggio,al termine dell'esecuzione della canzone con Baglioni che circola su you tube dice riguardo alla versione originale "siamo stati anche condannati"(?)forse ricorda male l'esito della vicenda giuridica (?)...sarà rimasta soprattutto traccia del peso di esser convocati in giudizio...complimenti per il vostro lavoro,decisamente tra le cose migliori che si trovano in internet,nel mare magnum...BEATIGLIOPERATORIDIPACE!LUNGAVITAAVOI,FRATELLICARI!

antonella battistessa 73 - 3/7/2017 - 15:13


Cara Antonella, si può perdonargli questa dichiarazione, soprattutto oggi che a Roma alle 6 del mattino Paolo Villaggio se n'è andato per sempre. Era ricoverato dai primi di giugno, i suoi figli hanno dichiarato che "ha curato poco e male" il suo diabete.

Flavio Poltronieri - 3/7/2017 - 16:15


Versione dei Folkabbestia da 25-60-38 Breve Saggio Sulla Canzone Italiana (2006)

saggio

Dq82 - 29/1/2020 - 23:17


Il nostro Annibale Gagliani, sul sito Treccani, ci regala una preziosa analisi dei primi due album di Fabrizio De André, ma travisa il senso della vicenda di Carlo Martello, che nella sua ricostruzione (il sire cerca di possedere senza garbo una ragazza del popolo, che con astuzia gli consegna un salato conto delle sue grazie, portandolo a desistere) avrebbe desistito dal suo intento di fare l'amore a causa della di lei richiesta di pagamento, mentre i versi ''anche in quel frangente d'onor si ricoprì'' non lasciano dubbi sul contrario.

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Tutto Fabrizio De André e Volume I sulle orme di Brassens e Villon


Durante le annate 1966-1967, Fabrizio De André (FDA) regala al cantautorato italiano due album che lo consacrano come penna e voce di assoluta cifra tematica e stilistica: Tutto Fabrizio De André (LP 45 giri, da dieci tracce, pubblicato dalla Karim) e Volume I (LP 33 giri, da dieci tracce, pubblicato dalla Blubell Records).
Nella ricerca che porta ai due prodotti culturali, spicca ...

Ugolino Stramini - 17/11/2021 - 07:40




Lingua: Latino

La Fabula regis Karoli Martelli dal Codex Fabricus Villaceus XIV 12 (Biblioteca Capitolare di Genova)

Poco o nulla, in realtà, si conosce della battaglia di Poitiers, ed è parecchio dubbio anche che si sia trattato di un cosiddetto “scontro decisivo”: le “battaglie decisive” sono in massima parte un’invenzione della storiografia nazionalistica ottocentesca. Le fonti sono scarse, ed assai scarne, ed è incerto anche se la battaglia si sia svolta effettivamente in quei luoghi (probabilmente da qualche parte tra Poitiers e Tours, tant’è che, in inglese, è nota come “Battle of Tours”), e la “data storica” del 25 ottobre 732 è, in gran parte, desunta in modo arbitrario. Tra le poche fonti sicure, ve n’è una che ricorda un curioso episodio, in forma di fabula, che avrebbe visto come protagonista Carlo Martello al ritorno dalla vittoriosa battaglia contro i Mori. Tale fabula viene desunta da un codice pergamenaceo miscellaneo (il Codex Fabricius Villaceus XIV 12) scoperto nel 1962 in un sotterraneo della Biblioteca Capitolare di Genova. Si tratta di un codice molto più tardo, probabilmente della seconda metà del XI secolo, redatto in buona unciale carolingia e contenente una silloge di storie popolari, favole, aneddoti e canzoni goliardiche redatte sia in latino che in alcuni volgari. Il codice prende infatti nome dagli sconosciuti autori di alcune canzoni, presumibilmente due chierici genovesi a nome Fabricius Andreius e Paulus Villaceus. La favola di Carlo Martello che ritorna dalla battaglia di Poitiers si trova al foglio .cxliii. Recto ed è redatta in un latino medievale piuttosto elegante decisamente lontano dal barbarico latino del VIII secolo e, più ancora, da quello dell’epoca Merovingia. [AT-XXI]

sessmed
.de ystoria Karoli regis Martelli cum rediret a pugna apud Pictauium. Ystoria regis et puelle.

Karolum regem a pugna redeuntem lauro ornatum terra patria accipere parabat.|. uictoris ducis armatura in uerno sole tepido &. crista cruore splendebat, principis Maurique ipso colore erubescebat.|.sed Karolus in se percipiebat permagnam libidinem magis quam uulnerum dolorem. Sic cogitabat rex.|. licet glorie cupiditatem atque honoris sitim certe exstinguat pugna uictori, ei tamen copulationem nisi paulisper impedit. Heu sunt etiam qui suaui coniugi usum imponunt castitatis cinguli quamuis in pugna clauem amittere periclitentur.

Sic querebatur rex Christianorum dum frumenta circumclinabantur et flores eum coronabant | &. fontis aqua limpida strenui Maurorum uictoris equitantis imaginem repercutiebat sicut speculum. Improuiso mirabilis imago in aqua est composita quasi amoris signum.|. & ubertosum puelle pectus apparuit circumdatum flauorum capillorum spiris confertis, in sole nudum. Exclamauit rex.|. nunquam uidi suauiorem imaginem neque uirginem tanta pulchritudine affectam.|. et rapide ex equo descendit. Respondit puella.|. eques noli appropinquare.|. iam alius letatur meis gratiis.|.ad alium fontem aditu faciliorem sitim exstingue. & Laus domino nostro Iesu Christo.

Hec uerba ualde prompta admiratus Karolus rex est qui constitit irrisionem percipiens in suam personam.|.sed postea in eo abstinentia a copulatione cum femina superauit honoris uoluntatem et fremitu excitatus rex fuscam cassidem e capite detraxit.|. erat hec arma eius secreta qua sepe utebatur in magnis difficultatibus, et puelle ostendit turgidum crassumque nasum et hircinum uultum.|.nasus et uultus tamen regis erant.|.hic dialogus postea accidit inter puellam et regem.

Dixit enim puella dum rex e latere detrahebat grauem gladium.|.nisi meus rex esses, ardenter uellem in pedem me dare.|.et dum Karolus rex armaturam totam detrahebat e corpore, dixit puella.|.sed meus dominus es, ergo michi tecum est impudicissime cubandum.|.eques prestantissimus erat Karolus rex et etiam illo casu optime et honestissime equitauit in puellam.|.equitatione acta suo equo ascendere rex conabatur incerte, cum puella eum retineret rapide et repentine suo domino rationes exigeret.|.heu dixit puella, recte quia meus dominus et rex es, em notulam accipe librarum .v. milium modo parui et beneuoli pretii.|.

Exclamauit Karolus furens.|.hec fieri solent in hoc regno exsecrabili et porcino, quod semper meretrices apparent sub aspectu suauium puellarum et iniquum pretium immo exigunt.|.nam memor sum quod meretricii pretia non superabant librarum .mmm. antequam pugnam adirem.|. Quo dicto, ualde fraudulente Karolus rex egit et equum insiluit leonino saltu, miserum animal uerberans sicut asinum.|. & effugit latens in uisteriis et sambucis.|. De hoc narratur in fabula Karoli regis cum rediret a pugna apud Pictauium anno .dccxxxii. Domini nostri Iesu Christi. Amen.

inviata da L'Anonimo Toscano del XXI Secolo - 15/2/2024 - 07:18




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