“Papi’ Satàn Papi’ Satàn, sapessi,”
cominciò Pluto con voce pastosa,
“quando nascesti, tutto ti concessi,
la Mediassette e la Villa Certosa,
quella d’Arcòre e quella di Macherio
e Milàn la quinta, ma prima lucrosa,
con ciò che sia appo a un cimiterio.
Dei maladetti fior, quelli a bizzeffe
n’avesti ancor e ancor, per adulterio,
e l’almo Mìlan, non l’Albinoleffe.
Pure il Banco nomato Mediolano
per mia grazia avestù, e non per beffe
stendesti le sue man dal monte al piano.
Ma ricorditi ben ch’a la tua cuna
Afrodite non fu con la sua mano,
e le Grazie ancor loro ad una ad una
s’affacciaron per sé ritrar lontano,
sì che di lor tesor non fu fortuna:
ché poco pelo in capo e corpo nano
ben ti toccò in cambio del danaio,
e senza topa sospirar in vano.
Di Capaneo emulo sezzaio
tu ti levasti contro quel decreto
per cui, se Tizio sei, non sarai Caio.
E pulzelle e matrone ad ogni peto,
che natura t’addusse alla ventraia,
presumisti d’aver, d’oro repleto.
Ora Afrodite per ogni loco abbaia
e a buon diritto tienesi fregata
per il capriccio di tua anguinaia.
E ne fa grave me quell’affannata,
però che dei fiorin di che pagasti
solamente da me n’avesti entrata.
Mentre ognun sa che tu ‘l patto violasti.
Nimis displicet hic scelestus cibus:
piantala ahò, Papi’, de ffà ‘sti guasti.
Te l’ho cantata, e sta’ contento ai quibus”.
cominciò Pluto con voce pastosa,
“quando nascesti, tutto ti concessi,
la Mediassette e la Villa Certosa,
quella d’Arcòre e quella di Macherio
e Milàn la quinta, ma prima lucrosa,
con ciò che sia appo a un cimiterio.
Dei maladetti fior, quelli a bizzeffe
n’avesti ancor e ancor, per adulterio,
e l’almo Mìlan, non l’Albinoleffe.
Pure il Banco nomato Mediolano
per mia grazia avestù, e non per beffe
stendesti le sue man dal monte al piano.
Ma ricorditi ben ch’a la tua cuna
Afrodite non fu con la sua mano,
e le Grazie ancor loro ad una ad una
s’affacciaron per sé ritrar lontano,
sì che di lor tesor non fu fortuna:
ché poco pelo in capo e corpo nano
ben ti toccò in cambio del danaio,
e senza topa sospirar in vano.
Di Capaneo emulo sezzaio
tu ti levasti contro quel decreto
per cui, se Tizio sei, non sarai Caio.
E pulzelle e matrone ad ogni peto,
che natura t’addusse alla ventraia,
presumisti d’aver, d’oro repleto.
Ora Afrodite per ogni loco abbaia
e a buon diritto tienesi fregata
per il capriccio di tua anguinaia.
E ne fa grave me quell’affannata,
però che dei fiorin di che pagasti
solamente da me n’avesti entrata.
Mentre ognun sa che tu ‘l patto violasti.
Nimis displicet hic scelestus cibus:
piantala ahò, Papi’, de ffà ‘sti guasti.
Te l’ho cantata, e sta’ contento ai quibus”.
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