Le seguenti note biografiche su Pierre Perret sono tratta da un articolo di Alessio Lega pubblicato sull'ultimo numero di "A-Rivista Anarchica" n° 303, del novembre 2004. L'articolo è intitolato: "Pierrot contro i mostri - Il rigore e la tenerezza di Pierre Perret".
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Pierre Perret è un goloso maneggiatore della lingua, in quarant'anni di carriera si è affermato, al di là di ogni moda, al di là di ogni modo, come un punto fisso nella cultura francese. Personaggio adorabile, dal fisico boccoluto e rotondo di angioletto troppo cresciuto ma, per contrasto, malizioso e con la voce simpaticissima di un bambino rauco. La sua cifra stilistica è profondamente debitrice del sottile rigore formale di Georges Brassens, un rigore in realtà raggiunto attraverso uno straordinario lavoro di controllo e di affinamento, che lo ha innalzato dagli esordi, un po' troppo improntati alla facile goliardia dei temi, allo status di poeta raffinato e sensuale, di critico implacabile di una società che nasconde sotto la maschera del realismo "adulto" la sua brutalità.
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Il tono delle sue canzoni (chiamiamole così) di protesta è uno dei miracoli della poesia moderna: a un rigore di pensiero assoluto, a una posizione assunta sempre in favore dei più deboli, degli indifesi, delle vittime della storia corrisponde, anche quando vengono affrontate le situazioni più crude, una totale mancanza di quel livore sordo, di quella ringhiosità che macchia tanta parte della canzone sociale.
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L'attenzione che, sin dall'inizio della sua carriera lo ha contraddistinto, per il mondo dei bambini, la sua innata capacità di parlarvi assieme, senza ricorrere alle insulse scempiaggini dell'infantilismo di chi, da adulto, si ritiene in una posizione superiore, gli ha permesso di essere spesso utilizzato come autore di riferimento finanche nelle scuole elementari. Mal si calcola l'apporto di una canzone come "Lily" sulla coscienza degli antirazzisti francesi, chi potrà mai comprendere come, meglio di migliaia di pagine di articoli e saggi, tale canzone sia una barriera contro il dilagare dei fascisti del Front National di Le Pen (non a caso bersaglio favorito del nostro, che gli ha dedicato recentemente la canzone "La bête est retournée" (La belva è ritornata).
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Proveniente da una famiglia proletaria, ma con qualche velleità artistica, di Castelsarrazin presso Tolosa, Pierre Perret è nato il 9 luglio 1934. Pierre sale a Parigi nella prima metà degli anni cinquanta. Lì si lega d'amicizia a Georges Brassens, le cui prime canzoni l'avevano folgorato, spingendolo a intraprendere anche lui il mestiere; intrattiene un sodalizio intellettuale con Paul Léautaud, grandissimo scrittore libertario e animalista, rievocato nel bel libro dello stesso Perret "Adieu Monsieur Léautaud".
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La sua carriera si costruì attraverso una gavetta durissima, osteggiato al principio per il tono grevemente rabelaisiano dei testi, effettivamente poco più che bozzetti comici con osti scorreggioni e altre amenità al confine tra lo schifido e il surreale. Perret seppe in dieci anni, con un meraviglioso lavoro di lima, innalzare la sua scrittura a una ricchezza e a una forma così perfettamente compiuta, da essere oggi tenuto in considerazione come consulente per la riforma dell'ortografia francese. Di pari passo al lavoro di perfezionamento del linguaggio, andava in lui maturando un ampliamento dei temi: sulla barzelletta ruffiana andava prendendo piede il tema della tenerezza, che ora umoristica, ora pensosa, ha trovato nel nostro uno dei suoi massimi cantori.
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Negli ultimi tempi Perret ha rarefatto gli impegni canori, anche perché si è trovato sempre più assorbito dall'interesse per la scrittura che lo ha portato in pochi anni a pubblicare un'enorme antologia della poesia erotica francese, due libri di ricette, un'edizione per bambini della favole di La Fontaine, un dizionario di argot [*] e un grande libro (assolutamente imperdibile!) di memorie.
Alessio Lega.
[*] Si tratta de "Le parler des métiers" (2002) un dizionario completo e ragionato di tutti i linguaggi settoriali dei mestieri francesi (compresi i preti!). Un'altra opera, che ho la fortuna di possedere, assolutamente imperdibile.
(R.V.)