Farmacista e cantautore genovese, 53 anni.
"«Il problema è riuscire a dire "sono del Cep" con gli angoli della bocca rivolti all'insù, con il sorriso. Io ci ho provato». E c'è riuscito per gran parte dei dodici anni della sua attività sulla collina di Pra', Carlo Besana, 53 anni, il farmacista corteggiato dalla politica e temuto dal malaffare, lusingato dai sindaci degli ultimi tre mandati e osservato, con un misto di ammirazione e invidia, dall'associazionismo di tutta la città. Besana lascia la farmacia. Ma non se ne va.
Da oggi non sarà più lui a sollevare la saracinesca di via Due Dicembre, molto più di un semplice negozio, da sempre. Da quando lo gestiva il "mitico" dottor Pozzi e di fianco c'era ancora la sede del Partito comunista. Non sarà più lui il farmacista di questo paese, da molti considerato un ghetto per undicimila abitanti, ma una dottoressa di Torino che ha rivelato insieme al banco «gli oneri e gli onori» di essere un punto di riferimento insostituibile per una malattia, chiamata "disagio", che non si cura con le medicine. Carlo Besana ne ha fatto una missione e, ceduta la licenza, non ha scelto di andare a vivere a Santo Domingo insieme alla moglie Susanna, come sognava esattamente trent'anni fa quando ritirò il diploma di laurea. «Resterò qui», spiega ora, con il pizzetto imbiancato e la stessa risoluta determinazione commerciale del brianzolo, applicata alla solidarietà.
Venerdì scorso è stato il suo ultimo giorno di lavoro. Oggi con la nuova settimana inizia per lui una nuova vita da volontario a tempo pieno, da presidente cioè del consorzio Pianacci: l'unione, voluta proprio da Besana, di tutte le società sportive che hanno creduto nel Cep e nell'unica vera area per il tempo libero mai realizzata sulla collina del ponente, dando vita e iniziative per bambini e anziani, disoccupati e sfaccendati, ragazzi difficili per i quali è facile cadere nelle trappole della criminalità. Iniziative guardate con interesse da tutti i quartieri popolari della periferia genovese assediati dal degrado e dalla discriminazione.
«Sono felice e sicuro della mia scelta - spiega - potrò continuare a restituire tutto il bene che questo quartiere mi ha dato da quando sono arrivato a Cep. Era il 2 novembre del 1995 e stavo attraversando un periodo di gravi difficoltà. Con Susanna decidemmo di prendere questa farmacia che nessuno voleva. È stata una grande opportunità: ci ha cambiato la vita».
LA SFIDA. La sfida di Besana, oltre a quella di «fornire con la farmacia un servizio di serie A, moderno e tecnologico, a un quartiere considerato di serie B», è stata far leva sull'orgoglio degli abitanti del Cep, gli stessi che per anni si sono rifiutati di nominare quella strana sigla e pretendevano di essere residenti a "Ca' nuova". La svolta? «La sera dello spettacolo dei "Tre tenori" alla Pianacci - racconta l'ormai ex farmacista - ho visto persone scendere in piazza in vestito da sera, con i gioielli di famiglia e l'orgoglio di essere del Cep e poter finalmente avere ospiti in casa. C'è gente che si è vergognata per anni di invitare persino i parenti». Quel concerto fu il primo appuntamento per il "Cep pride" (l'orgoglio del Cep) a cui sono seguite negli anni decine di iniziative, tutte con titoli-slogan che giocavano con la sigla Cep. "Che Estate alla Pianacci", il primo programma per le serate di agosto; poi "C'E' Posto per tutti", invito a usare gli spazi dell'area polisportiva; "Cocomeri E Pattini", esilarante kermesse di pattinaggio; "Canzoni e Poesie", musica e recitazione in piazza; "CEPpions league", torneo di calcetto; il "Campionato Estivo di Play", competizione per la generazione dei videogiochi; e il concerto dell'orchestra del Carlo Felice, alla Pianacci, con «le "leggere" del quartiere impegnate a fare stare in silenzio i bambini». Senza dimenticare le due iniziative clou, segnalate da tutti i media nazionali come esperimenti pilota di integrazione tra la comunità islamica e quella italiana: "Couscous E Pesto", giornata arabo-genovese di scambi gastronomici, e la "Via crucis" che per la prima volta invertì il senso della processione e portò il Cristo dalla parte bassa del quartiere a quella alta: «Al termine del corteo religioso, padre Juan e il responsabile della comunità musulmana del Cep si incontrarono sull'altare e lessero un versetto della Bibbia e uno del Corano assolutamente identici. Parlavano del valore universale dell'albero dell'ulivo. Segno di pace».
PICCOLE RIVOLUZIONI. Carlo Besana le chiama «piccole rivoluzioni». Sono episodi capaci di cambiare il mondo: «Ricordo l'immagine di una donna del Cep che prendeva una tazza di té arabo da una donna con il velo sul viso. Una lezione di fratellanza per tutti, impartita da un quartiere spesso discriminato, abituato alla sofferenza e per questo più adatto alla comprensione».
Non è stata facile la vita, per il farmacista del Cep: «Un anno pensai di andarmene, abbandonando tutto e tutti - rivela - la notte di Natale, uscito dalla messa, trovai le quattro ruote della macchina tagliate. La cosa mi impedì di andare a pregare sulla tomba di mio padre, un appuntamento al quale non ero mai mancato. Fui preso dallo sconforto. Ma reagii e decisi di rimanere allora come oggi». Con una nuova sfida: «Cercare di favorire il ricambio, invogliando a partecipare tutti quelli che ancora oggi pensano ci sia già chi fa le cose anche per loro; soprattutto i giovani che al Cep sono tantissimi e difficili da coinvolgere. E' per loro che ho deciso di restare qui». Al Cep, detto e scritto con il sorriso.
Graziano Cetara"
http://www.arcigenova.it/news/viewart....