Nel suo libro Cartoline Zapatiste, Luca Persico spiega che, sebbene nato (1970) nell’hinterland partenopeo, si esprimeva sempre in italiano, cosa che, unitamente al suo aspetto fisico (“ero corto e chiatto”, cioè basso e corpulento), lo esponeva allo scherno dei compagni. Di qui il suo nome d’arte, Zulù, gli innumerevoli piercing e tatuaggi che nel tempo si moltiplicano sul suo corpo, e la sua filosofia di vita: ostentazione orgogliosa del suo essere diverso, fuori dagli schemi e da ogni conformismo. L’esperienza del carcere (11 giorni dopo un’iniziativa nazionale a Napoli) fa erompere la sua irriverente vena compositiva: nascono i primi pezzi di denuncia e comincia la ben nota storia come leader della 99 Posse, la band che è riuscita nella difficoltosa impresa di coniugare impegno politico-intellettuale, rap-raggamuffin & dialetto napoletano con vendite su larga scala e imposizione a livello nazionale (e, perché no, anche qualche canzone più commerciale – meno scomoda, e perciò meno gradita ai veri cultori della 99). Dopo il già citato libro in cui descrive la sua partecipazione alla “Marcia Per La Dignità Indigena” nella regione messicana del Chiapas, il divorzio (o pausa di riflessione?) con gli storici compagni di viaggio lascia maggiori tempo ed autonomia al nostro che si lancia in nuovi progetti, come Al Mukawama. Nel 2005 Luca gira l’Italia con una nuova band (non mancano esponenti dello zoccolo duro come Massimo “Jrm” Jovine, ex bassista della 99, o il batterista Claudio “Clark Kent” Marino) e una nuova idea: riproporre in concerto i suoi migliori pezzi arrangiati in modo totalmente inedito, aggiungendo a ciò nuovi brani, vere e proprie chicche. Tutto ciò produce il doppio cd ‘O Zulù In The Al Mukawama Experiment 3, in barba al presunto declino della categoria discografica dei ‘live’. Cronologicamente parlando, l’ultima incarnazione dello Zulù è il gruppo fondato con due vecchi amici, Sergio “Serio” Maglietta (voce & sax) &d Elio “100 gr.” Manzo (voce e chitarra) dei Bisca, con i quali aveva già dato vita al supergruppo dei Bisca99Posse. L’album I Tre Terroni, meno ‘arrabbiato’ del precedente ma non per questo meno sferzante, esprime in maniera emblematica la tendenza di fondo dell’opera di Luca Persico: rimanere un ‘autonomo’ nel senso strettamente politico del termine come nei comportamenti di ogni giorno, gridare il suo “bevo, mi drogo e faccio occupazione” per dar fastidio al senso comune. Insomma, per rimanere sempre e comunque “’o Zulù”.