Paolo Fiorentino vive a Napoli e insegna Psicologia del Lavoro alla Federico II. Nel tempo libero scrive canzoni, che raccolgono tutta la sua esperienza, le sensazioni ed i profumi del suo Mediterraneo. "De Cantare" è un viaggio fatto di storie, di suoni vicini e lontani alla nostra tradizione, fra cantautorato ed etnico, fra familiare ed esotico. Nei suoi racconti musicali trova spazio tanto l'indignazione di fronte all'ipocrisia di un mondo alla deriva ("Un Giorno di Digiuno"), quanto l'amore sublimato, informe, aereo, minimizzato nella sua essenzialità ("Aerofago", "L'Uva Che Diventa Vino"). Venti caldi, impregnati di antichità sacrale, riportano le storie sofferte di clandestini, che come angeli "amano e vivono in questa Babele" ("Angeli Clandestini"). E ancora: i viaggiatori per caso, che scontrandosi come atomi, cambiano il corso delle loro vite ("Come Ti Chiami"), gli abusi egocentrici di un "Cattivo Maestro" messi in blues, il "Coccodrillo" invadente tenuto a bada dalle note della stessa canzone.
Ricamato da arrangiamenti ricchi, ma mai sopra le righe, "De Cantare" ha spazio anche per ospitate di lusso, come quella di Daniele Sepe, che regala ad alcuni brani una delicata trama di sax o clarinetto. Paolo Fiorentino è dotato di una voce e di uno stile altamente riconoscibili e si pone come diretto erede di quel genere ibrido che può ricordare i Radio Dervish ("Niroda" è sicuramente il pezzo più riuscito) o un certo Lucio Dalla ("Lo Splendido"). Così, in questo mercato di suoni del mondo, apprezziamo un'opera che si lascia ascoltare con disimpegno e spontaneità, pur toccando temi ed immaginari immanenti. La congiuntura con la leggerezza non può che farsi adorare: "Dopo il se non sempre viene il congiuntivo, a volte viene l'amore".