Slimane AzemSlimane Azem è nato il 19 settembre 1918 a Agouni-Gueghrane, all'interno di una famiglia numerosa (5 fratelli e due sorelle). Il padre, Lamara n At Wali (Lamara Azem allo stato civile) era un agricoltore di modeste condizioni. La madre, Yamina Lhadj, è probabilmente colei da cui il dono della poesia si è trasmesso alla famiglia (oltre a Slimane, che avrà successo come cantante, una sorella, Ouardia sarà conosciuta per le sue composizioni poetiche). Yamina conosceva a memoria e recitava spesso centinaia di composizioni di Si Mohand, ed è da lei che Slimane imparò a conoscere e ad amare questo grande poeta.
Come per Si Mohand, anche per Slimane Azem la tradizione vuole che il dono della poesia gli sia giunto in occasione di un incontro con un essere soprannaturale. Ancora ragazzo, un giorno, di ritorno dai campi, gli si parò dinnanzi un vecchio dalla barba bianca, mai visto prima, che gli disse «avrai un grande avvenire. Ma devi scegliere oggi: õõa˜ lbaÒr-ik neÌ õõa˜ axxam-ik (“Riempi la tua sensibilità oppure riempi la tua casa”)». Slimane preferì la poesia, e questo spiegherebbe anche perché non abbia avuto figli dal suo matrimonio con Lucienne-Malika, una franco-tunisina sposata nel 1957. Frequentò per pochi anni la scuola del villaggio, appassionandosi soprattutto alle fiabe di La Fontaine (che riappariranno spesso nelle sue canzoni a sfondo gnomico). A 11 anni smise di studiare e si occupò soprattutto dell’attività di pastore, che gli permetteva di passare gran parte della giornata suonando il flauto di canna e cantando canzoni in luoghi solitari e adatti alla meditazione. In seguito, per guadagnarsi il pane, Slimane deve rivolgersi all’emigrazione. Dapprima come bracciante presso un colono francese nella piana della Mitidja, e poi direttamente in Francia (1937), dove già lavora il fratello maggiore Ouali, che lo accoglie e gli trova un lavoro come elettricista. La guerra mondiale lo coglie a Parigi, e nel 1942 viene mandato nei campi di lavoro in Germania, dove resterà fino al 1945, quando verrà liberato dagli Americani. Finita la guerra, torna a Parigi dove apre un caffé e comincia ad esibirsi cantando nei caffé per il vasto pubblico dei connazionali emigrati. Nel 1948 incide il suo primo disco. Il grande successo che ottiene è legato anche al fatto che Slimane ha sempre cantato con la sua poesia i dolori che affliggevano lui e la maggior parte di quanti, come lui, erano emigrati. Nel 1950, ormai celebre, fa ritorno al villaggio, dove lo coglierà lo scoppio della guerra di Algeria. Fervente nazionalista, compone due canzoni che verranno messe al bando dai Francesi per il loro contenuto: una è EffeÌ ay ajrad tamurt-iw (“Cavalletta, fuori dalla mia terra”) in cui era evidente l’allusione all’occupante francese, mentre l’altra, Idehr-ed waggur “è sorta la luna”, rimanda palesemente alla mezzaluna delle bandiere del FLN. La situazione di Slimane Azem in quegli anni è però complicata: il fratello maggiore (con cui ha sempre rapporti affettuosi e di rispetto) è infatti schierato con i Francesi e otterrà addirittura un posto di deputato, mentre altri due fratelli sono harki, cioè combattono nell’esercito francese contro i ribelli del FLN. Dal 1962 si stabilisce in Francia senza fare più ritorno in patria. Le sue canzoni sono ricche di insegnamenti morali, spesso tratti dalla letteratura orale tradizionale, ma anche dal buon senso comune. In quanto canzoni che non si limitano a divertire ma invitano anche a riflettere (e per di più in berbero, una lingua proscritta dalla politica di arabizzazione), dopo il colpo di stato di Boumediene, intorno agli anni 1966-67, era proibito non solo vendere le canzoni di Slimane, ma addirittura ascoltarle. Ciononostante, il nostro Slimane ha sempre conservato un’indipendenza di spirito che ne ha in un certo senso fatto un “prigioniero della propria coscienza”. Circa i motivi di questo ostracismo delle canzoni di Slimane Aze, vi sono diverse “voci” ma nessuna spiegazione ufficiale. C’è chi parla della situazione di harki di alcuni membri della sua famiglia e di suoi pretesi cedimenti al campo colonialista, dimenticando però le due canzoni che invece infiammarono i cuori dei resistenti. Altri accennano a una sua firma in calce ad una petizione pro-Israele nel 1967, all’epoca della guerra dei sei giorni, ma anche di questo documento-fantasma non vi è alcuna traccia. Più realisticamente, lo stesso Slimane affermava, dopo anni di esilio, che probabilmente non era lui che veniva bandito dalle istanze ufficiali del paese, ma tutta quanta la cultura berbera, da lui così degnamente rappresentata.
Probabilmente la sua prima canzone è stata A MuÍ a MuÍ che egli avrebbe composto durante la seconda guerra Mondiale, e che si apre con un asefru di Si Mohand. Il numero preciso delle sue composizioni in un quarantennio di carriera non è sicuro. Alla SACEM (la SIAE francese) ne sono registrate 173; il volume di Y. Nacib (2001) contiene i testi di 151 canzoni/poesie, ma l’autore riconosce che molti elementi sono incerti e che probabilmente con ulteriori ricerche questo numero si potrebbe ulteriormente incrementare. Aveva il dono di saper usare magistralmente le espressioni idiomatiche amazigh (cabile), e di conseguenza la sua conversazione era molto vivace ed ironica. Slimane Azem è morto in esilio in Francia a Moissac (Tarn-et-Garonne) il 28 gennaio 1983.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Slimane_Azem