Giuseppe Schiera (Palermo, 1898-1943) è stato un poeta di strada.
Spirito insubordinato, antiautoritario (più volte in prigione e consegnato durante il servizio militare), da giovane fece per un po’ lo zolfataro ma poi preferì vivere come barbone declamando i suoi versi per strada. In seguito si sistemò sposando la figlia di un piccolo imprenditore che gli aveva offerto ospitalità in casa sua. Potè così dedicarsi più tranquillamente alla sua passione.
Durante il fascismo Giuseppe Schiera, poeta scomodo, era fra quelli che venivano sistematicamente sequestrati in via preventiva in occasione di ogni manifestazione del regime, sicchè i suoi versi si colorarono molto di antifascismo.
La sua aperta e coraggiosa avversione al regime, gridata incessantemente nei vicoli e nelle piazze, fu una rara scuola di libertà e di dignità umana.
Quando su Palermo si intensificarono i bombardamenti anglo-americani Giuseppe Schiera, a differenza di molt suoi concittadini, non sfollò ma continuò a girovagare per la città declamando i suoi caustici versi.
Morì insieme ad altri in una cantina usata come rifugio durante il bombardamento del 9 maggio 1943.
Non lasciò altro che qualche “pizzino” con i suoi versi, di quelli che era solito distribuire in strada in cambio di qualche centesimo. Ma anche quelli andarono perduti, che la moglie li distrusse prima dell’arrivo degli americani, spaventata del loro contenuto sovversivo…
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Negli anni 60 le poesie-canzoni di Giuseppe Schiera vennero riprese dal cabarettista Giorgio Li Bassi, che si esibiva in applauditi spettacoli presso il locale de “I Travaglini” a Palermo.
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